L'appropriazione indebita di somme da parte dell'amministratore condominiale
16 Novembre 2017
Massima
Il delitto di appropriazione indebita è integrato dalla interversione del possesso, che si manifesta quando l'autore si comporti uti dominus non restituendo il bene di cui ha avuto la disponibilità senza giustificazione, così da evidenziare in maniera incontrovertibile anche l'elemento soggettivo del reato. Il reato si consuma tramite l'interversione del possesso avvenuta nel momento in cui è risultata manifesta la volontà dell'amministratore condominiale di trattenere per sé le somme che sarebbero dovute essere presenti sul conto corrente condominiale al subentro del nuovo amministratore, dunque in coincidenza con il venir meno dell'incarico gestorio. Diversamente per la truffa contrattuale - nel caso di specie, l'amministratore condominiale aveva ha preteso il pagamento di compensi per prestazioni professionali fasulle - reato istantaneo e di danno la cui consumazione coincide con la perdita definitiva del bene in cui si sostanzia il danno del raggirato e il conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente. Nel valutare il ricorrere dei presupposti dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 7), c.p., in caso di reato continuato vale il principio della unitarietà, sicché la valutazione in ordine alla sussistenza o meno dell'aggravante del danno di rilevante gravità deve essere operata con riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione, ma a quello complessivo causato dalla somma delle violazioni.
Il caso
Nel caso concreto, l'imputato aveva dismesso l'incarico di amministratore condominiale nel giugno 2009 a favore di un collega nominato in sua successione dall'assemblea condominiale. Nella fase di merito del processo s'era constatato che:
La questione
Si trattava, quindi, di verificare il tempus commissi delicti di ciascun reato ascritto ai fini della valutazione della recidiva - rispetto a condanne precedenti rispetto alla dimissione del mandato ad amministrare ma non sempre anche antecedenti alle singole condotte illecite commesse durante l'esercizio del mandato - nonché soprattutto ai fini della prescrizione. In posizione subordinata per importanza, rispetto alle due questioni testé dette, si poneva quella quoad poenam della sussistenza della aggravante di cui all'art. 61 n. 7) c.p. (danno ai condomini di rilevante gravità), considerati gli importi in gioco, complessivamente o separatamente ponderati. Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione ha ritenuto del tutto esente da censure la decisione della Corte di Appello di Brescia, che aveva ravvisato il momento consumativo del reato di appropriazione indebita all'atto della interversione del possesso, avvenuta nel momento in cui è risultata manifesta la volontà dell'imputato di trattenere per sé le somme che sarebbero dovute essere presenti sul conto corrente condominiale al subentro del nuovo amministratore, dunque in coincidenza con il venir meno dell'incarico gestorio. Motiva la Corte di Cassazione che, pur essendo pacifico che l'appropriazione indebita è delitto istantaneo che si consuma nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria -mentre rimane irrilevante l'epoca in cui la vittima ne viene a conoscenza-, nel caso in cui l'agente abbia la disponibilità di denaro altrui in virtù dello svolgimento di un incarico gestorio il reato di appropriazione indebita è integrato dall'interversione del possesso, che si manifesta quando l'autore si comporta uti dominus non restituendo senza giustificazione le somme detenute, che non ha più ragione di trattenere, in modo da evidenziare in maniera incontrovertibile anche l'elemento soggettivo del reato. Per quanto riguarda l'individuazione del momento consumativo della truffa la Corte di Cassazione invece ha smentito la Corte di Appello, ritenendo che il perfezionamento della truffa è legato al verificarsi del doppio effetto del danno patrimoniale per la vittima e dell'ingiusto profitto per l'agente e si verifica nel momento in cui queste evenienze vengano entrambe a esistenza o, in caso di mancata contestualità, in coincidenza con l'avverarsi dell'ultima componente. Il perfezionamento del reato deve perciò ritenersi avvenuto nel momento in cui l'indebito esborso e il correlato ingiusto profitto si verificarono, a prescindere dalla sua constatazione da parte dell'amministratore subentrato a quello infedele, e dunque non con il venire meno dell'incarico gestorio ma fra l'1 giugno 2007 e il 1 febbraio 2008. La Suprema Corte torna a condividere i giudici d'appello in merito alla sussistenza della aggravante, confermando l'orientamento prevalente che stabilisce la necessità di una valutazione complessiva del danno cagionato in caso di reato continuato. Viene all'uopo richiamata come emblematica Cass. pen., sez. II, 27 ottobre 2015, n. 45504, per la quale in caso di reato continuato, valendo, in mancanza di tassative esclusioni, il principio della unitarietà, la valutazione in ordine alla sussistenza o meno dell'aggravante del danno di rilevante gravità deve essere operata con riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione, ma a quello complessivo causato dalla somma delle violazioni Osservazioni
La recente sentenza qui in commento si colloca nel solco già delineato dalla giurisprudenza di legittimità, ferma nel concludere che l'utilizzo delle somme versate nel conto corrente da parte dell'amministratore durante il mandato non profila l'interversione nel possesso, che si manifesta e consuma soltanto quando terminato il mandato le giacenze di cassa non vengano trasferite al nuovo amministratore con le dovute conseguenze in tema di decorrenza dei termini di prescrizione. Sempre secondo tale prospettazione, avendo l'amministratore la detenzione nomine alieno delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell'appropriazione indebita poiché in questo momento rispetto alle somme distratte si profila l'interversione nel possesso (Cass. pen., sez. II, 11 maggio 2016, n. 27363). È d'interesse annotare il caso regolato dal Tribunale di Bologna 17 marzo 2014 secondo cui configura il reato de quo anche l'utilizzo di quanto versato dai condomini di un condominio per il pagamento dei debiti di altro condominio dal medesimo soggetto professionale amministrato e non soltanto, quindi, nel caso in cui la distrazione sia finalizzata esclusivamente a soddisfare interessi altri, personali e privati dell'amministratore. |