La tutela del vicino per le immissioni intollerabili prodotte dal conduttore

Fulvio Troncone
21 Novembre 2017

Riproposta per l'ennesima volta all'esame del giudice di legittimità la questione della tutela accordabile al soggetto che subisca nella sua proprietà immissioni eccedenti la normale tollerabilità provenienti da immobile tolto in locazione, la seconda sezione civile della Cassazione conferma la tesi della diretta responsabilità risarcitoria del conduttore, precisando al contempo i presupposti ed i limiti della eventuale corresponsabilità del proprietario del cespite e ciò senza trascurare i consolidati principi posti a base della cumulabile e distinta azione di natura reale diretta alla eliminazione delle cause delle immissioni.
Massima

L'azione di natura «reale», esperita per l'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono è distinta e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto, per responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato Quest'ultima domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e cioè nei confronti del soggetto individuato dal criterio di imputazione della responsabilità; quindi nei confronti dell'autore del fatto illecito (materiale o morale), allorché il criterio di imputazione è la colpa o il dolo (art. 2043 c.c.) e nei confronti del custode della cosa allorché il criterio di imputazione è il rapporto di custodia ex art. 2051 c.c. Allorché le immissioni intollerabili originino da un immobile condotto in locazione, dunque, la responsabilità ex art. 2043 c.c. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi.

Il caso

Gli attori convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Sondrio la società gestrice di un esercizio pubblico (locale adibito a pub) per sentir accertare che le immissioni sonore nella loro abitazione eccedevano i limiti della normale tollerabilità e per sentir condannare la predetta società, conduttrice del cespite, ed il proprietario dei locali, in via solidale, ad eseguire le opere necessarie a metterli a norma ed evitare la produzione di immissioni sonore oltre i limiti consentiti, nonché al risarcimento del danno biologico e morale subito dagli istanti a causa delle immissioni suddette.

Il Tribunale adito accoglieva la domanda attorea condannando i convenuti, in solido, a corrispondere a ciascuno degli attori la somma di euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno biologico e di euro 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno morale.

La Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava cessata la materia del contendere su tutte le domande diverse da quelle di risarcimento dei danni, atteso che il pub-birreria era stato chiuso circa due mesi prima della notifica dell'atto di citazione innanzi al tribunale di Sondrio. La Corte, inoltre, rigettava le domande di risarcimento del danno proposte contro il proprietario dei locali, assumendo che la produzione delle immissioni sonore intollerabili non era addebitabile alla condotta del medesimo in quanto, sulla base della relazione predisposta dall'ARPA, la fonte di inquinamento acustico andava essenzialmente individuata nel vociare degli avventori che si trattenevano all'esterno dell'esercizio commerciale, unitamente alla musica diffusa ad alto volume all'interno del locale ed alle voci dei clienti ivi presenti e, dunque, la produzione delle immissioni acustiche intollerabili era riconducibile esclusivamente alla condotta del gestore dell'esercizio, per aver riprodotto brani musicali oltre limiti consentiti e per non aver dissuaso i clienti dal trattenersi all'esterno del locale vociando.

A ciò era da aggiungersi che il locatore aveva inserito nel contratto di locazione il divieto per il conduttore di esercitare attività rumorose che avessero potuto arrecare disturbo ai condomini. Ancora, lo stesso era stato informato della situazione solo poco prima della chiusura del locale e, comunque, recependo le lamentele, aveva invitato i gestori del pub a un comportamento rispettoso della quiete del vicinato.

In relazione alla domanda di risarcimento del danno proposta contro la società conduttrice, la Corte territoriale riduceva, in via equitativa, a euro 6.000,00 per ciascun coniuge il risarcimento del danno non patrimoniale, tenuto conto che le certificazioni mediche risultavano non idonee a provare il danno alla salute derivante dall'esposizione alle immissioni intollerabili e che il periodo di tale esposizione risultava di breve durata. La Corte, dunque, riteneva opportuno ridurre la liquidazione del danno non patrimoniale, ritenuto sussistente in re ipsa, per renderla compatibile con la modesta entità del fatto.

Gli originari attori proponevano ricorso per cassazione che veniva tuttavia integralmente rigettato.

La questione

Si tratta di verificare, nel caso di immissioni sonore eccedenti la normale tollerabilità provenienti da locale detenuto in locazione, quali siano le tutele accordabili al soggetto che le subisca e chi siano i soggetti legittimati passivi in relazione alle varie azioni esperibili.

Le soluzioni giuridiche

In primo luogo, è d'uopo rammentate che, ai sensi dell'art. 844 c.c. le immissioni tra fondi sono consentite solo ove esse non superino il limite della normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (comma 1), dovendosi contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e potendosi tener conto della priorità di un determinato uso (comma 2). Del criterio del preuso il giudice non può tenerne conto in presenza di una violazione della disciplina pubblicistica posta a tutela della salute pubblica (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564).

In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l'azione esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l'eliminazione delle cause delle immissioni - che rientra tra quelle negatorie, di natura reale, a tutela della proprietà - deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo dal quale le immissioni provengono quando sia volta ad accertare in via definitival'illegittimità delle immissioni ead ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per far cessare le stesse (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 8 marzo 1982, n. 1469; Cass. civ., sez. II, 23 marzo 1996, n. 2598), e che cumulativamente ad essa può essere introdotta la distinta azione per la responsabilità aquiliana prevista dall'art. 2043 c.c., per ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale che sia derivato dalle immissioni stesse (Cass. civ., sez.un., 15 ottobre 1998, n. 10186; Cass. civ., sez. II, 2 giugno 2000, n. 7420; Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2013, n. 4848).

Da ultimo, anche Cass. civ., sez II, 15 novembre 2016, n. 23245 ha ribadito l'appena delineato orientamento, evidenziando il difetto di legittimazione passiva del conduttore del cespite da cui si propagano le immissioni illegittime qualora l'azione, di natura reale, esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l'accertamento della illegittimità delle immissioni sia volta anche all'eliminazione delle cause originanti le stesse, sempre che implicanti modifiche strutturali del cespite.

Nell'arresto in commento, che si pone nel solco del descritto diritto vivente, viene ancora una volta chiarito che la distinta e cumulabile domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e, cioè, nei confronti del soggetto individuato dal criterio di imputazione della responsabilità; quindi nei confronti dell'autore del fatto illecito (materiale o morale), allorché il criterio di imputazione è la colpa o il dolo (art. 2043 c.c.) e nei confronti del custode della cosa allorché il criterio di imputazione è il rapporto di custodia ex art. 2051 c.c.

In particolare, allorché le immissioni intollerabili originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 c.c. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi (Cass. civ., sez. IlI, 28 maggio 2015, n. 11125). Occorre in altri termini che il proprietario sia qualificabile come autore o coautore del fatto causativo del danno. Il solo fatto che egli sapesse dell'esercizio dell'attività - lecita - al momento della conclusione del contratto, ovvero successivamente che il conduttore effettuava immissioni intollerabili in danno di terzi non comporta una responsabilità del proprietario locatore per tali danni.

Da segnalare, poi, sotto il profilo squisitamente risarcitorio, che, secondo Cass. civ., sez. un., 1 febbraio 2017, n. 2611 (conf. Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2017, n. 1606), l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni.

Infine, è d'uopo segnalare che in subiecta materia è configurabile anche una responsabilità penale, ovviamente personale, per il soggetto emittente (Cass. pen., sez. III, 22 novembre 2016, n. 14467 secondo cui, «in tema di getto pericoloso di cose, la contravvenzione prevista dall'art. 674 c.p. è configurabile, qualunque sia il soggetto emittente, anche nel caso di emissioni moleste olfattive che superino il limite della normale tollerabilità ex art.844 c.c.».

Osservazioni

La soluzione adottata dalla pronuncia in commento, avuto riguardo all'affermazione dell'esclusiva responsabilità del conduttore per i danni non patrimoniali arrecati ai vicini, vittime di immissioni di rumore eccedenti la normale tollerabilità, è senz'altro condivisibile e rafforza ulteriormente l'orientamento già da qualche tempo affermatosi nell'ambito della giurisprudenza di legittimità. In definitiva l'intollerabilità delle immissioni prodotte dall'attività svolta nell'immobile locato non comporta l'automatica responsabilità risarcitoria del proprietario. Del resto al proprietario non può richiedersi una vigilanza permanente tale da imporgli continui interventi o da risolversi in responsabilità oggettiva, ma tale vigilanza va valutata in relazione alle circostanze del caso concreto.

In particolare, gli ermellini ribadiscono che va esclusa ogni responsabilità risarcitoria del proprietario-locatore laddove la fonte dell'acclarato inquinamento acustico sia da individuare non già nella inidoneità dei locali concessi in locazione, ma in un utilizzo dei medesimi locali non corretto da parte della parte conduttrice (nel caso di specie per la diffusione di musica a volume eccessivo, nonché per il vociare degli avventori presenti nel locale e di quelli che si trattenevano all'esterno), con la conseguente riconducibilità della stessa in via esclusiva alla condotta dei gestori dell'esercizio commerciale.

La Suprema Corte nell'arresto in commento dà, altresì, rilievo - ai fini dell'esclusione della responsabilità risarcitoria del locatore - alla clausola del contratto di locazione che prevedeva il divieto di esercitare nei locali in questione attività rumorose e di utilizzare strumenti musicali.

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