Giurisdizione tributaria per l'opposizione a precetto su ingiunzione fiscale
27 Novembre 2017
Massima
In materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di precetto (ovvero, l'atto di pignoramento), che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della ingiunzione fiscale fondata su crediti tributari (ovvero, della cartella di pagamento o degli altri atti presupposti relativi a crediti tributari), è ammissibile e va proposta, ai sensi degli artt. 2, comma 1, e 19 D.Lgs. n. 546/1992, 57 del d.P.R. n. 602/1973 e 617 c.p.c. davanti al giudice tributario. Il caso
La vicenda trae origine dalla notificazione di un atto di precetto fondato su ingiunzione fiscale relativa ad Ici per gli anni di imposta dal 2000 al 2003.
Il contribuente proponeva opposizione a precetto dinanzi al giudice ordinario, il quale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice tributario. Tale decisione veniva impugnata dinanzi alla competente Corte d'appello, che confermava la pronuncia del giudice di primo grado. Pertanto, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 360, n. 1, c.p.c., rilevando la giurisdizione del giudice ordinario per l'opposizione a precetto e l'insussistenza di un valido titolo esecutivo in capo all'Ente locale per procedere all'esecuzione forzata. L'Ente locale resisteva con controricorso. La questione
La questione giuridica prospettata attiene alla individuazione del giudice - ordinario o tributario - cui è devoluta la cognizione della opposizione all'atto di precetto fondata sulla inesistenza di un valido titolo esecutivo per asserita mancata notifica della ingiunzione fiscale relativa a crediti tributari.
Come noto, l'art. 2 D.Lgs. n. 546/1992 attribuisce alle Commissioni tributarie, per i giudizi di merito, la giurisdizione in materia tributaria, prevedendo che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 d.P.R. n. 602/1973, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto".
Quest'ultimo, all'art. 49, comma 2, prevede altresì che il procedimento di esecuzione forzata tributaria è regolato “dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dal capo II del medesimo decreto e con esso compatibili”, nell'ambito del quale è statuito, ex art. 57 d.P.R. n. 602/1973, che non sono ammesse:
1) le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; 2) le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.
Pertanto, si è reso necessario individuare il giudice dinanzi al quale proporre l'opposizione a precetto, laddove questa concerna la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo e, in particolare, il contribuente, di fronte all'atto di precetto, deduca (come nella specie) di non avere mai ricevuto in precedenza la notificazione del titolo esecutivo. La soluzione giuridica
Nella giurisprudenza di legittimità si rinvengono due orientamenti che, pur divergendo sulla giurisdizione, condividono il comune presupposto interpretativo, secondo cui l'inammissibilità della opposizione di cui all'art. 57 d.P.R. n. 602/1973 non va intesa come assoluta esclusione della tutela giudiziale delle situazioni soggettive prese in considerazione da dette opposizioni, pena la violazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost.
I due orientamenti
L'individuazione del giudice fornito di giurisdizione
Nella pronuncia in commento, le Sezioni Unite, condividendo quest'ultimo orientamento, sono giunte alla conclusione che, “in materia di esecuzione forzata tributaria, sussiste la giurisdizione del giudice tributario nel caso di opposizione avverso l'atto di precetto, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della ingiunzione fiscale fondata su crediti tributari”.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale, come peraltro recentemente chiarito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 13913/2017, al fine di individuare la giurisdizione, rileva, principalmente, il dedotto vizio dell'atto di precetto, ovvero la mancata notificazione dell'atto presupposto (di natura tributaria) e non la natura di primo atto dell'esecuzione forzata.
Pertanto, prevedendo l'art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992 un'ipotesi di impugnazione congiunta che consente di impugnare un atto autonomamente impugnabile “non conosciuto” unitamente al successivo atto notificato e, quindi, “conosciuto” al fine di farne valere eventuali profili di illegittimità, la mancata notificazione della ingiunzione fiscale fondata su crediti tributari rende l'atto di precetto impugnabile, unitamente alla predetta ingiunzione, dinanzi alla Commissione tributaria. Osservazioni
Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, quindi, l'impugnazione dell'atto di precetto è strumentale all'impugnazione della ingiunzione fiscale onde far valere il difetto di notifica della stessa, non quale vizio proprio dell'atto di precetto, ma quale motivo di nullità della ingiunzione fiscale, trattandosi della soluzione in concreto praticabile per far valere l'illegittimità della ingiunzione ed arrestare la procedura esecutiva.
Tale soluzione non contrasta col disposto dell'art. 57 d.P.R. n. 602/1973, poiché l'inammissibilità in esso prevista comporta solo il divieto di proporre le opposizioni agli atti esecutivi riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, impugnando, unitamente all'atto di precetto, l'ingiunzione fiscale fondata su crediti tributari per mancata notificazione. D'altronde, l'art. 57 d.P.R. n. 602/1973, nel prevedere l'inammissibilità davanti al giudice ordinario di alcune opposizioni in sede di esecuzione forzata, va interpretato nel senso che le situazioni soggettive poste a base di esse possano essere preventivamente tutelate davanti al giudice tributario.
Concludendo, quindi, appare evidente come, in virtù di quanto chiarito dalla Corte di Cassazione:
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