Legge Gelli: la seconda pronuncia della Cassazione sulla disciplina intertemporale apre la strada alle Sezioni Unite

13 Dicembre 2017

La Suprema Corte, dopo avere respinto le doglianze del ricorrente in punto di omessa applicazione della legge Balduzzi, essendo stati riconosciuti in entrambi i giudizi di merito gli estremi della colpa grave, affronta d'ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., il tema dell'applicabilità della legge n. 24/2017 .
Massima

Il comma 2 dell'art. 590-sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di punibilità dell'esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell'applicazione delle stesse (nel caso di specie, contrassegnato da colpa grave per imperizia, la Corte ha ritenuto la disciplina introdotta dalla c.d. legge Gelli-Bianco più favorevole rispetto a quella di cui alla previgente legge Balduzzi, affermando inoltre che, al contrario, la legge Balduzzi si configurerebbe come più favorevole nei casi di colpa lieve per negligenza o imprudenza, essendo agli stessi inapplicabile la causa di punibilità prevista dalla legge Gelli-Bianco nei soli casi di imperizia).

Il caso

Un medico chirurgo era imputato di lesioni personali gravi, per avere, eseguendo un intervento di ptosi (lifting) del sopracciglio, cagionato al paziente un'ipoestesia tattile, ovvero una diminuita sensibilità nella zona frontale che ancora permaneva a cinque anni dall'intervento. La colpa veniva individuata in imperizia nella concreta esecuzione dell'intervento, determinante la lesione del nervo sovra orbitario. Il Tribunale di Bologna affermava la responsabilità dell'imputato e la Corte d'appello confermava la sentenza. L'applicabilità della legge Balduzzi veniva esclusa nel caso di specie in base al duplice rilievo della non particolare complessità dell'intervento e della gravità dell'imperizia, essendosi ravvisata una deviazione ragguardevole rispetto all'agire appropriato. Ricorreva per cassazione l'imputato, lamentando - tra l'altro - la mancata applicazione della legge Balduzzi, vertendosi in tema di imperizia e non potendosi escludere gli interventi di routine dal novero di quelli nel contesto dei quali l'esimente poteva trovare applicazione.

Essendo maturata la prescrizione nelle more del giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione (Cass. pen. sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 50078) annullava la sentenza senza rinvio agli effetti penali, mentre rigettava il ricorso agli effetti civili.

La questione

La Suprema Corte, dopo avere respinto le doglianze del ricorrente in punto di omessa applicazione della legge Balduzzi, essendo stati riconosciuti in entrambi i giudizi di merito gli estremi della colpa grave, affronta d'ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., il tema dell'applicabilità della legge n. 24/2017 (la legge c.d. Gelli-Bianco). Nella fattispecie, infatti, dato per accertato che vi era stata colpa per imperizia e stante la natura sostanziale dell'eventuale non punibilità del fatto, si doveva verificare se l'art. 590-sexies c.p., introdotto dall'art. 6 della legge n. 24/2017, costituisse legge successiva più favorevole, e dunque applicabile anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore, in ottemperanza all'art. 2, comma 4 c.p.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza, pur dando atto dei dubbi interpretativi suscitati dalla nuova normativa – con evidente implicito richiamo anche alla pronuncia della stessa Sezione IV, in diversa composizione, risalente a pochi mesi prima (Cass. pen. sez. IV, 20 aprile 2017, n. 28187) -, intende limitarsi ad affrontare le sole questioni ritenute rilevanti ai fini della decisione sul caso di specie, «giacché si discute di colpa per imperizia». La Corte di legittimità, pertanto, dichiara di non volersi occupare in questa sede dei possibili profili d'incostituzionalità, in relazione al dettato dell'art. 3 Cost., della scelta legislativa «di non punibilità dell'imperizia grave e invece della persistente punibilità di una negligenza ‘lieve' ». Così come non affronta – se non accennandovi appena – il tema del rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, poiché nella fattispecie le sentenze di merito non avevano svolto considerazioni al riguardo (ciò che – secondo la Corte – avrebbe reso necessario un annullamento con rinvio «per accertare la ricorrenza di tali circostanze e, quindi (…) della causa di non punibilità», cui non si è fatto luogo in ragione della maturata prescrizione).

Nell'ottica così delimitata, la sentenza rileva innanzitutto che l'avvenuta abrogazione ad opera della legge c.d. Gelli-Bianco della disciplina penale che, vigente la legge n. 189/2012 (c.d. legge Balduzzi), depenalizzava la colpa lieve comporta il venir meno del problema del grado della colpa, sia pure limitatamente a tutte quelle «situazioni astrattamente riconducibili alla imperizia, cioè al profilo di colpa che si fonda sulla violazione delle leges artis», situazioni che la nuova legge ritiene non punibili anche nei casi di colpa grave, ponendosi dunque in relazione a detta specifica evenienza come legge più favorevole. Per contro, la legge Balduzzi si configurerà come più favorevole «per i reati consumatisi sotto la sua vigenza coinvolgenti profili di negligenza ed imprudenza qualificati da colpa lieve (per ultrattività del regime Balduzzi più favorevole sul punto)».

In secondo luogo, la sentenza, pur non nascondendosi la «obiezione di fondo» - avanzata anche dalla precedente pronuncia della Sezione IV - quanto alla difficoltà di «conciliare il grave discostamento del sanitario dal proprium professionale con il rispetto delle buone pratiche clinico assistenziali e, soprattutto, decisivamente, che possa conciliarsi la colpa grave con un giudizio positivo di adeguatezza delle linee guida al caso concreto», vi ritiene opponibile «il concorrente rilievo della lettera e della finalità della legge». Sotto il primo profilo, prendendo atto dell'essere venuta meno – con riferimento all'imperizia - qualsiasi rilevanza del grado della colpa; sotto il secondo, osservando che «con il novum normativo si è esplicitamente inteso favorire la posizione del medico, riducendo gli spazi per la sua possibile responsabilità penale, ferma restando la responsabilità civile», nel tentativo di « proseguire in un percorso di attenuazione del giudizio sulla colpa medica” e «nell'ottica di una scelta del legislatore di non mortificare l'iniziativa del professionista (…) al fine di restituire al medico una serenità operativa così da prevenire il fenomeno della cd. medicina difensiva».

È nella descritta prospettiva che la sentenza conclude affermando che «l'unica ipotesi di permanente rilevanza penale della imperizia sanitaria può essere individuata nell'assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto; mentre non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che seguendo linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una ‘imperita' applicazione di queste», purché verificatasi – per l'appunto - «nella fase ‘esecutiva' dell'applicazione».

Osservazioni

Com'è noto (sul punto si veda anche Contrasto sulla rilevanza penale della colpa medica: la parola alle Sezioni Unite, in Ridare.it), sulla base di un affermato contrasto giurisprudenziale tra la più recente Cass. pen. sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 50078 e la precedente Cass. pen., sez. IV, 20 aprile 2017, n. 28187 (già commentata, sempre su questa rivista), è stato assegnato alle Sezioni Unite «il compito di dirimere il contrasto esistente in merito alla rilevanza penale della colpa medica a fronte del rispetto delle linee guida dettate in materia dalla legge 8 marzo 2017 n. 24» (l'udienza di trattazione è fissata per il 21 dicembre 2017).

Quanto al “significativo contrasto” evidenziato dal Presidente della IV Sezione nella segnalazione al Primo Presidente, si osserva che – almeno quanto all'individuazione da parte delle due sentenze della disciplina più favorevole tra legge Balduzzi e legge c.d. Gelli-Bianco -, in realtà il conflitto non appare così netto.

Come si è visto, infatti, Cass. pen. sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 50078 indica quale disciplina più favorevole nello specifico caso oggetto di giudizio - in quanto caratterizzato da colpa per imperizia grave come ritenuta correttamente accertata da una c.d. “doppia conforme” - la legge più recente, che – al contrario della previgente – esclude la punibilità dell'imperizia tout court, senza che rilevi il grado della colpa. La medesima sentenza afferma al contempo che la disciplina previgente si configurerà come più favorevole nei casi di colpa lieve per negligenza o imprudenza, la cui punibilità non è invece esclusa dal nuovo assetto normativo. E la correttezza di tali conclusioni non sembra poter essere messa in discussione.

Cass. pen., sez. IV, 20 aprile 2017, n. 28187, viceversa, aveva ad oggetto una peculiare vicenda in ambito psichiatrico, nella quale vi era stata una pronuncia di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p., impugnata dalla parte civile, e – per quanto non specificato – il profilo di colpa rilevante in quello specifico caso parrebbe non appartenere al campo dell'imperizia, quanto piuttosto a quello della negligenza e/o imprudenza. All'opposto della più recente pronuncia della Sezione IV – tutta incentrata, come si è detto, sul caso concreto – la sentenza in questione (già approfonditamente commentata su questa rivista) utilizza il caso concreto come spunto per esprimersi su gran parte dei temi rilevanti inerenti la responsabilità medica. E in tale ampio contesto tratta altresì delle questioni di diritto intertemporale, affermandoche la legge Balduzzi - che rispetto alla legge Gelli-Bianco «appare più favorevole con riguardo alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave» – potrà trovare applicazione «quando pertinente», e dunque – si ritiene – proprio in quelle situazioni dove si tratta di colpa lieve per negligenza o imprudenza in relazione alle quali la più recente sentenza si è espressa negli stessi termini.

Guida all'approfondimento

G.MARRA, Legge Gelli: la pronuncia della Cassazione sulla disciplina intertemporale, in Ridare.it, 19 luglio 2017;

C.BRUSCO, Cassazione e responsabilità penale del medico. Tipicità e detrminatezza nel nuovo art. 590-sexies c.p., in Dir. pen. cont., 28 novembre 2017;

C.CUPELLI, Cronaca di un contrasto annunciato: la legge Gelli-Bianco alle Sezioni Unite, in Dir. pen. cont., 21 novembre 2017;

P.GRILLO, La riforma ‘Gelli-Bianco' secondo la Cassazione: qualche spunto di riflessione, in Diritto & Giustizia, fasc.173, 2017.

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