È consentito collegare il lastrico in uso esclusivo al sottostante appartamento?
18 Dicembre 2017
Massima
Il condomino che abbia in uso esclusivo il lastrico di copertura dell'edificio e che sia proprietario dell'appartamento sottostante ad esso può collegare l'uno e l'altro mediante il taglio delle travi e la realizzazione di un'apertura nel solaio, con sovrastante bussola, non potendosi ritenere, salvo inibire qualsiasi intervento sulla cosa comune, che l'esecuzione di tali opere, necessarie alla realizzazione del collegamento, di per sé violi detti limiti e dovendosi, invece, verificare se da esse derivi un'alterazione della cosa comune che ne impedisca l'uso, come, ad esempio, una diminuzione della funzione di copertura o della sicurezza statica del solaio. Il caso
La fattispecie sostanziale sottesa alla sentenza in commento registrava l'iniziativa di un condomino, il quale aveva realizzato un'apertura nel soffitto del suo appartamento, al fine di accedere direttamente al sovrastante lastrico solare, con funzione di copertura di parte del fabbricato e in suo uso esclusivo; per consentire uno stabile collegamento tra alloggio e lastrico solare, veniva protetta l'apertura così realizzata, delle dimensioni poi accertate e comunque incontestate di circa 6 mq (mt. 3,75 x 1.6), con una “bussola in vetro”. A fronte di tale iniziativa, un condomino dello stabile, proprietario di un altro alloggio posto al di sotto della copertura del fabbricato, azionava, dapprima, un giudizio possessorio, svolto anche con la presenza del condominio, e, poi, nel merito, iniziava il presente giudizio, chiedendo l'eliminazione dell'apertura, praticata senza autorizzazione e comunque in violazione dell'art. 1102 c.c. In particolare, l'attore osservava che «la bussola in vetro non equivaleva ad un tetto vero e proprio a protezione della casa», e che «la sostituzione di parte del tetto con una bussola, di proprietà privata, e l'incorporazione di parte del tetto in proprietà esclusiva, costituiva violazione anche degli artt. 1118 e 1119 c.c.» Il Tribunale rigettava la domanda attorea, ritenendo, in particolare, che: a) la funzione di copertura rimaneva garantita dalla bussola, b) non c'era lesione dei diritti altrui, ma solo un migliore utilizzo del diritto esclusivo, c) il convenuto era legittimato a ciò non solo in quanto condomino, ma soprattutto in quanto usuario, d) quale unico usuario, aveva tutto il diritto di escludere dal godimento della cosa comune gli altri condomini, ad esclusione di quelle parti del terrazzo di uso comune (copertura vano ascensore e scale), e e) le opere non avevano compromesso la statica del condominio. In riforma dell'impugnata sentenza, la Corte d'Appello condannava, invece, il convenuto alla rimozione dell'apertura fatta nella copertura dello stabile (tetto) del fabbricato per accedere direttamente all'alloggio sottostante al tetto, «con ripristino a regola d'arte dello stato antecedente». Per quel rileva in questa sede, il giudice distrettuale evidenziava, al contrario, che: a) il suddetto convenuto era intervenuto sulle strutture comuni dell'immobile, senza autorizzazione alcuna, e, praticando un'apertura nel tetto-lastrico solare di circa 6 mq e, per realizzare detto accesso diretto, aveva tagliato alcune travi del tetto sottostante al lastrico solare; b) l'uso esclusivo riguarda il lastrico (e nemmeno tutto), e non coinvolgeva il tetto inteso come copertura dell'edificio (che era ovviamente parte comune), realizzando un'alterazione della cosa comune, stante il pacifico intervento sulle travi portanti del tetto tagliandole; c) l'opera in concreto, per le modalità con cui era stata realizzata, anche con il taglio delle travi, avrebbe dovuto essere autorizzata dal condominio, stravolgendo l'uso che il condomino poteva fare delle cose comuni. La questione
Si trattava di stabilire, in concreto, se il condomino, realizzando un accesso dal lastrico solare ad uso esclusivo all'appartamento sottostante, avesse, per un verso, impedito l'uso della parte comune da parte degli altri condomini (che poteva essere anche solo potenziale), e, per altro verso, avesse causato un mutamento dei luoghi che impediva, anche e soltanto sul piano delle possibilità o modalità di esercizio, la accessibilità e ispezionabilità del manufatto, senza contare che, con il taglio della struttura e con la disponibilità di un accesso diretto, si poteva verificare, di fatto, anche una possibilità di usucapione. Le soluzioni giuridiche
Il ricorso è stato accolto dai magistrati di Piazza Cavour sotto il profilo del dedotto vizio di motivazione in relazione all'art. 360, n. 5), c.p.c. (nel testo ratione temporis applicabile, ossia prima delle modifiche introdotte dalla l. n. 134/2012). Invero, la Corte territoriale, nel ritenere l'intervenuta violazione dell'art. 1102 c.c., aveva affermato che «non può dubitarsi che si sia realizzata l'alterazione della cosa comune, dal momento che è pacifico che il condomino sia intervenuto sulle travi portanti del tetto tagliandole», però, così facendo, non ha considerato che, di per sé, il taglio delle travi del solaio, ove non ulteriormente valutato anche con riguardo alla statica e comunque agli altri limiti dettati dall'art. 1102 c.c., non può determinare l'alterazione della cosa comune che ne impedisce l'uso ai sensi della norma civilistica in questione. Occorre, altresì, tener conto della peculiarità del caso in esame, nel quale era pacifico che l'apertura in questione risultava realizzata per mettere in collegamento l'appartamento di proprietà del condomino con il sovrastante lastrico solare in suo uso esclusivo; in tale situazione, la gravata sentenza avrebbe dovuto, con un'adeguata motivazione, individuare la specifica violazione dei limiti di cui alla norma citata, «non potendosi appunto ritenere che il solo necessario taglio delle travi ne integrasse la violazione, dovendosi altrimenti ritenere inibito qualsiasi intervento sulla cosa comune». In altri termini - ad avviso degli ermellini - si sarebbe dovuto specificamente valutare, adeguatamente motivando, la violazione degli altri limiti indicati, anche con la realizzazione della bussola a copertura della nuova apertura. Osservazioni
La soluzione offerta dai giudici di legittimità “sconta” la particolarità del caso concreto, nel senso che non consente di esportare, con la dovuta tranquillità, i principi affermati nella sentenza in commento ad altre fattispecie, laddove appare dirimente l'accertamento dello stato dei luoghi e, segnatamente, la portata quantitativa/qualitativa dell'intervento modificatore del condomino che ha assunto la relativa iniziativa. In argomento, il Supremo Collegio ha avuto modo di statuire che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell'edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, a condizione che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, restando così complessivamente mantenuta, per la non significativa portata della modifica, la destinazione principale del bene (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14107). E ancora, il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell'edificio, può effettuarne la parziale trasformazione in terrazza di proprio uso esclusivo, purché risulti - da un giudizio di fatto, sindacabile in sede di legittimità solo riguardo alla motivazione - che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione di copertura e protezione svolta dal tetto e che gli altri potenziali condomini-utenti non siano privati di reali possibilità di farne uso (Cass. civ., sez. VI/II, 4 febbraio 2013, n. 2500). In buona sostanza, anche nell'ottica del novellato art. 1122 c.c., in quanto trattavasi di opere eseguite all'interno dell'appartamento di proprietà esclusiva, ancorché interessanti le parti comuni dell'edificio, è apparsa apodittica l'affermazione del giudice di merito, secondo cui il solo fatto di un intervento sul bene comune, segnatamente con l'eliminazione di alcune travi, ne avrebbe determinato la sua alterazione, dovendosi invece valutare, in concreto, se vi fosse a stata o meno alterazione della destinazione della cosa comune, avendo riguardo alla destinazione che i condomini avevano concretamente dato alla cosa comune. Nello specifico, l'inserimento di una bussola di accesso su un lastrico solare con l'uso esclusivo dello stesso a favore del condomino non necessariamente alterava la destinazione naturale del lastrico de quo, potendo la bussola d'accesso fornire sempre una copertura in sostituzione di quelle originaria. Nella stessa lunghezza d'onda, non sempre l'eliminazione di alcune travi costituisce alterazione vietata dall'art. 1102 c.c., in quanto si tratta di dimostrare, di volta in volta, se tale iniziativa possa assumere o meno aspetti lesivi per l'integrità dell'edificio, se ne comprometta la sicurezza, il decoro o altra essenziale caratteristica. Resta inteso, comunque, che l'apertura di un varco nel muro perimetrale per esigenze del singolo condomino è consentita, quale uso più intenso del bene comune, con eccezione del caso in cui tale varco metta in comunicazione l'appartamento del condomino con altra unità immobiliare attigua, pur di proprietà del medesimo, ricompresa in un diverso edificio condominiale, poiché, in questo caso, il collegamento tra unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni e struttura del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2013, n. 15024; Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3035; Cass. civ., sez. II, 18 febbraio 1998, n. 1708). In quest'ultimo ordine di concetti, si è, di recente, affermato (Cass. civ., sez. II, 5 marzo 2015, n. 4501), che, in tema di uso della cosa comune, è illegittima l'apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell'edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo ad una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini.
Guida all'approfondimento
Nasini, Condominio, proprietà esclusive e responsabilità civile, in Arch. loc. e cond., 2012, 633; Zuccaro, Brevi note in tema di limiti del condomino all'uso della proprietà esclusiva, in Giust. civ., 2002, I, 2907; Celeste, I rapporti di vicinato urbano tra libere esplicazioni del dominio ed insopprimibili esigenze di coabitazione, in Arch. loc. e cond., 2001, 779; De Tilla, Opere eseguite dal condomino sulla proprietà esclusiva, in Giust. civ., 1995, I, 2144; Balzani, Se si possono mettere in comunicazione due vani contigui appartenenti al medesimo proprietario ma facenti parte di due stabili diversi, in Arch. loc. e cond, 1984, 207. |