Associazioni non riconosciute: possono detrarre l’IVA assolta nell’esercizio di attività commerciale

Ignazio Gennaro
20 Dicembre 2017

Le associazioni non riconosciute possono esercitare attività commerciale e detrarre la relativa IVA assolta. Ai fini della configurazione dell'attività commerciale è necessario che i soci paghino all'associazione un corrispettivo specifico in ragione dei vantaggi rispettivamente ricevuti.
Massima

Le associazioni non riconosciute possono esercitare attività commerciale e detrarre la relativa IVA assolta. Ai fini della configurazione dell'attività commerciale è necessario che i soci paghino all'associazione un corrispettivo specifico in ragione dei vantaggi rispettivamente ricevuti.

Non sono invece necessari il perseguimento dello scopo di lucro, ben potendo l'organizzazione svolgere attività commerciale anche senza perseguire profitti; né il requisito organizzativo che costituisce elemento imprescindibile dell'impresa commerciale agli effetti civilistici, non rilevante ai fini tributari.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate di Trento notificava ad una Associazione non riconosciuta costituita dai maggiori produttori di mele italiani due avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2008 e 2009, contestandole il diritto alla detrazione dell'IVA assolta su fatture emesse da una Società di marketing alla quale l'Associazione aveva commissionato alcune campagne per la promozione e la pubblicità della mela sui mercati europei ed extraeuropei.

L'Amministrazione Finanziaria con i propri provvedimenti (invocando gli artt. 4 e 19-ter del d.P.R. 633/1972) sosteneva la indetraibilità dell'IVA assolta, atteso che l'imposta sarebbe stata riconducibile all'attività istituzionale svolta dall'Associazione, ente non commerciale, alla quale sarebbe stata preclusa quindi la detrazione dell'imposta.

L'Associazione impugnava gli avvisi dinnanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Trento la quale, con sentenza n. 236/2016 pronunciata dalla prima sezione, rigettava il ricorso rilevando che l'Associazione “non svolge un'attività per la produzione di beni e/o prestazione di servizi” e che nella fattispecie si era limitata “ad alimentare un'attività promozionale che non può essere considerata attività di impresa”.

La sentenza di prime cure veniva quindi impugnata dall'Associazione dinnanzi alla Commissione Tributaria di secondo grado di Trento deducendo la violazione dei principi di neutralità, rivalsa e detrazione dell'IVA; delle regole di applicazione dell'IVA di cui al d.P.R 633/1972 sulla neutralità, considerato che l'Associazione attraverso l‘attività commerciale pubblicitaria aveva svolto una prestazione di servizi verso i propri associati; la natura commerciale dell'attività promozionale svolta in favore dei propri soci; l'infondatezza della statuizione di primo grado nella parte in cui aveva rilevato il difetto di una organizzazione in capo all'Associazione; la infondatezza della sentenza appellata nella parte in cui aveva affermato che “la sola attività di promozione non può essere considerata attività di impresa”.

La Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, con la sentenza in commento, accoglieva il gravame argomentando che “l'art. 4 commi 2, 3 e 4 del d.P.R. n. 633/1972 prevede tra i soggetti d'imposta anche le associazioni senza personalità giuridica” e considera ”effettuate in ogni caso nell'esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da tali associazioni ai propri soci, associati o partecipanti verso il pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari”.

I Giudici di appello evidenziavano inoltre che a mente della presunzione ex lege prevista dal citato art. 4 c. 5) lettera i) sono considerate operazioni “commerciali” quelle riguardanti l'effettuazione di “pubblicità commerciale” ed inoltre che l'art. 19-ter c. 1) del d.P.R. in parola stabilisce che “per gli enti indicati nel quarto comma dell'art. 4 è ammessa in detrazione, l'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni fatti nell'esercizio di attività commerciali”.

La questione

La problematica sottoposta ai Giudici trentini, nella sostanza è se un ente non commerciale nello specifico un'associazione senza personalità giuridica possa svolgere attività commerciale e se nell'ambito di questa possa portare in detrazione l'IVA assolta sulle relative fatture.

La risposta data con la sentenza in commento è stata affermativa.

Nella fattispecie concreta l'Associazione appellante è un'associazione non riconosciuta che aveva prestato una serie di servizi ai propri associati facendosi intermediaria nell'acquisto di attività promozionali–pubblicitarie finalizzate a sviluppare la commercializzazione della mela prodotta dagli stessi soci.

Secondo i Giudici territoriali d'appello, l'attività commerciale posta in essere dall'Associazione, infatti, si era sostanziata “nell'acquisto di mezzi promozionali-pubblicitari e nella successiva rivendita degli stessi a titolo oneroso ai suoi associati addebitando poi ai propri soci solo gli effettivi costi sostenuti, importi che gli associati hanno versato con un corrispettivo ad hoc che presentava un nesso diretto con la prestazione di servizio, per cui vi è stato un rapporto tra l'entità dei vantaggi che i singoli produttori potevano trarre dal servizio ottenuto e l'importo del corrispettivo da ciascuno versato”.

Ad avviso del Collegio di seconda istanza, inoltre, ai fini della detraibilità dell'IVA non sono necessari loscopo di lucro atteso che l'Associazione “può svolgere un'attività intrinsecamente commerciale anche senza perseguire la realizzazione di profitti intendendo soltanto garantire migliori condizioni di mercato”; né la presenza di “un‘organizzazione” atteso che “la nozione tributaristica dell'esercizio di imprese commerciali prescinde dal requisito organizzativo” che invece è “elemento per la configurazione civilistica dell'impresa commerciale”.

A parere dei Giudici del gravame la coesistenza dell'attività istituzionale e commerciale “non deve significare che la prima ha assorbito la seconda ”posto che quest'ultima per complessità, impegno, per l'autonomia che ha caratterizzato le funzioni in concreto espletate dall'Associazione postula che l'Associazione ha effettivamente svolto un'attività commerciale secondaria circa la quale va riconosciuto il diritto alla detrazione dei costi ai fini IVA”.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 4 commi 2, 3 e 4 del d.P.R. 633/1972 che disciplina l'IVA, prevede espressamente tra i soggetti d'imposta anche le associazioni senza personalità giuridica.

La norma in parola considera “effettuate in ogni caso nell'esercizio di imprese” le cessioni di beni e le “prestazioni di servizi” fatte da tali associazioni “ai propri soci, associati”, precisando che per le associazioni non riconosciute che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole “si considerano effettuate nell'esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali” ed inoltre che “si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici o di contribuiti supplementari”.

Il comma 5 lettera i) del citato art. 4 prevede poi una presunzione ex lege secondo la quale “agli effetti delle disposizioni di questo articolo sono considerate in ogni caso commerciali” alcune attività tra cui la ”pubblicità commerciale”.

Sullo specifico tema i Giudici di secondo grado trentini hanno osservato che, l'Associazione aveva poi addebitato ai propri soci solo i costi effettivamente sostenuti mediante il versamento di uno specifico corrispettivo riconducibile al vantaggio effettivamente ricevuto, determinato in ragione alla quota di mercato vantata da ciascun socio; ed ancora, il successivo art. 19 comma 1) dispone che “per gli enti indicati nel quarto comma dell'art. 4 è ammessa in detrazione, a norma degli articoli precedenti e con le limitazioni, riduzioni e rettifiche ivi previste, soltanto l'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni fatti nell'esercizio di attività commerciali”.

Con riferimento alla presunzione ex lege prevista dall' art. 19-ter comma 1) del d.P.R. 633/1972 i Giudici del gravame hanno inoltre rilevato “pare a questo Collegio indubbio che l'attività posta in essere dall'Associazione appellante, tramite la società di pubblicità, possa essere ritenuta pubblicità commerciale, giova in merito rammentare che la promozione, in termini generali, è l'insieme delle azioni e delle modalità (vendite personali, pubbliche relazioni, pubblicità) attraverso le quali un'attività economica si mette in contatto con i potenziali acquirenti per fa conoscere e per offrire un prodotto”.

Nella sentenza in commento i Giudici Tributari trentini hanno ritenuto che sia ininfluente la “non distinta soggettività fiscale” dell'Associazione (la quale secondo l'Amministrazione Finanziaria aveva svolto soltanto “attività istituzionali” in favore dei propri associati) dovendosi necessariamente “distinguere tra le operazioni ordinariamente poste in essere dall'Associazione in esecuzione del patto statutario da quelle più operative e aggiuntive” connesse alla selezione della Società alla quale affidare la campagna promozionale, all'elaborazione e valutazione della strategia di comunicazione, alla raccolta e spedizione dei prodotti agricoli nei luoghi di effettuazione degli eventi promozionali.

Osservazioni

Ai fini della detraibilità IVA, secondo i Giudici tributari di appello non assume rilievo l'eventuale violazione di prescrizioni formali, quale l'omessa adozione di una contabilità separata come previsto dall'art. 19-ter e dall'art. 144 c. 2) del TUIR, atteso che il rispetto di tali adempimenti “non costituisce conditio sine qua non per il riconoscimento del diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto, ove si acquisisca, anche altrimenti, la prova certa di quella imposta, purchè gli obblighi sostanziali connessi all'imposta in questione siano stati puntualmente osservati”.

Sul punto, richiamando recente giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile n. 20042/2017) hanno inoltre affermato che “l'Amministrazione finanziaria, una volta che dispone delle informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti non può imporre riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre tale imposta, condizioni supplementari che possano produrre l'effetto di vanificare l'esercizio del diritto medesimo”.

La Suprema Corte, in una fattispecie in cui un'associazione di produttori agricoli (che acquistava prodotti dai soci per rivenderli a terzi: nella sostanza inversa a quella oggetto della sentenza in commento) sosteneva di essere “ente non commerciale senza finalità di lucro”, aveva già affermato che “le associazioni dei produttori ortofrutticoli, costituite per migliorare le condizioni di esercizio dell'attività di vendita sul mercato dei prodotti degli associati sono caratterizzati da evidenti scopo commerciali” per cui possono svolgere attività di carattere commerciale. (Cass. civ., sez. trib., nn. 2903, 2904, 2905 del 7 febbraio 2013).

Riferimenti bibliografici

Con riguardo alla irrilevanza del requisito della ”stabile organizzazione” ai fini della detraibilità IVA, la Corte di legittimità con recente sentenza n. 8982 del 6 aprile 2017 ha affermato che “in tema di IVA, la nozione civilistica e quella tributaristica di “imprenditore commerciale” divergono per il requisito della necessità dell' “organizzazione”, indispensabile per il diritto civile ma non per il diritto tributario, per il quale rileva, invece, l'aspetto della “professionalità abituale”, anche se non esclusiva, dell'attività economica svolta”. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva qualificato in termini di esercizio di impresa tre cessioni immobiliari effettuate nel medesimo anno d'imposta dal contribuente, senza valutare la ricorrenza degli elementi indicativi di un'attività abituale di vendita di immobili).

In relazione alla soggettività passiva all'IVA delle Associazioni non riconosciute, la Suprema Corte con sentenza n. 20713 dell' 1 ottobre 2014 ha affermato che “In tema di IVA, è soggetto passivo chiunque eserciti un'attività economica che, ai sensi dell'art. 4 della Direttiva 17 maggio 1977 n. 77/388/CEE (norma oggi sostituita senza apprezzabile variazioni dall'art. 9 della Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE), come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria, comprende ogni operazione di "sfruttamento" del bene, da intendersi come possibilità di trarre da esso in modo stabile un'utilità sotto forma di corrispettivo, mentre va esclusa la "redditività", intesa come idoneità dell'attività a produrre reddito integri un presupposto impositivo. (Nella specie la S.C. ha ritenuto illegittimo il diniego di rimborso dell'eccedenza di IVA, assolta da ente comunale in relazione alle spese di ristrutturazione e illuminazione di un impianto sportivo, concesso in uso a terzi, motivato dal giudice di merito con riferimento all'esiguità dei ricavi procurati dalla gestione del bene)”. (Conforme: Cass. civ., sezione I, 11 settembre 1997 n. 8963).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.