Illegittimità della personalizzazione astratta
25 Gennaio 2018
Massima
Con riguardo alla liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c. d. 'personalizzazione' del danno forfettariamente individuato attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento, spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, le 'specifiche' circostanze di fatto, 'peculiari' al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze 'ordinarie' già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assicurata dalle previsioni tabellari. Il caso
a Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'appello proposto da M.C. e D. D.M., e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rideterminato in aumento l'entità dell'importo liquidato dal primo giudice in favore degli appellanti, originari attori, con la conseguente riformulazione della condanna pronunciata nei confronti di C.R., M.P.M. e della N.T. s.p.a., per il risarcimento del danno subito dagli attori in relazione agli esiti di un sinistro stradale in occasione del quale M.C., a bordo del proprio ciclomotore, era stato investito dall'autovettura condotta da C.R., di proprietà di M.P.M. e assicurata dalla N.T. Spa. A sostegno della decisione assunta, la corte territoriale, confermata la concorrente responsabilità dei protagonisti del sinistro, in applicazione dell'art. 2054, comma 2, c.c., ha ritenuto di dover procedere a una più adeguata personalizzazione degli importi liquidati a titolo risarcitorio dal primo giudice, attraverso il riconoscimento di voci risarcitorie aggiuntive a quelle individuate sul piano meramente tabellare nella sentenza di primo grado. Avverso la sentenza d'appello, la compagnia assicuratrice (già Nuova Spa) propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d'impugnazione. In particolare, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 2059 c.c., nonché per omesso esame di fatti decisivi controversi, in relazione al tema della liquidazione del danno non patrimoniale e della relativa personalizzazione, tanto con riguardo alla quantificazione del danno alla persona direttamente subito dalla vittima (primo e secondo motivo), quanto in relazione all'individuazione del pregiudizio riflesso subito dalla coniuge del soggetto direttamente danneggiato (terzo e quarto motivo). Al riguardo, la società ricorrente si duole della mancata individuazione, da parte della corte territoriale, delle specifiche circostanze di fatto riferibili con carattere di originalità e irripetibilità in relazione alle persone dei danneggiati, idonee a rendere conto in modo inequivoco del carattere giustificato dell'adeguamento degli importi definiti nella tabella utilizzata ai fini della liquidazione del danno biologico, essendosi i giudici d'appello viceversa limitati al richiamo di occorrenze del tutto astratte, già necessariamente ricomprese nelle previsioni generali della liquidazione tabellare del danno biologico, tanto permanente, quanto temporaneo, con il conseguente (inammissibile) riconoscimento di vere e proprie duplicazioni risarcitorie in favore del danneggiato. La questione
La questione che la Suprema Corte si trova a dover affrontare attiene all'individuazione dei presupposti in presenza dei quali il Giudice di merito può legittimamente provvedere alla personalizzazione del danno non patrimoniale, liquidato sulla scorta delle tabelle di Milano. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte, nell'accogliere i primi due motivi di ricorso, ha osservato che il compito cui è chiamato il giudice ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, va distinto concettualmente in due fasi: la prima, vòlta a individuare le conseguenze 'ordinarie' inerenti al pregiudizio, cioè quelle che qualunque vittima di lesioni analoghe subirebbe (tenuto conto che, secondo la definizione di cui all'art. 138 cod. ass., il danno biologico s'intende come la lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito); la seconda, vòlta a individuare le eventuali conseguenze 'peculiari', cioè quelle che non sono immancabili, ma che si sono verificate nel caso specifico. Le prime vanno monetizzate con un criterio uniforme; le seconde con criterio ad hoc scevro da automatismi (cfr. Cass. civ., sez. III, sent. 13 agosto 2015 n. 16788). Da tali premesse discende che, ai fini della c.d. 'personalizzazione' del danno non patrimoniale forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che - occorre ribadire - devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze 'ordinarie' inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, le specifiche circostanze di fatto, 'peculiari' al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze 'ordinarie' già previste e 'compensate' dalla liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assicurata dalle previsioni tabellari; da esse distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore, o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un'ottica che, ovviamente, superi la dimensione 'economicistica' dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità. Tale 'personalizzazione' del danno legato agli aspetti immediatamente riferiti al pregiudizio della 'salute' della vittima è, quindi, caratterizzata da un'opportuna rivisitazione, e da un aggiuntivo adeguamento monetario, alla luce delle ulteriori circostanze di fatto al cui rilievo e alla cui valorizzazione il giudice è tenuto a provvedere (come già avvertito, sulla base delle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale) là dove si profilino aspetti che attengano a una specifica e particolare sofferenza interiore patita dalla vittima dell'illecito (che, in ossequio al linguaggio tradizionale, si traduce con l'espressione che allude al c.d. 'danno morale soggettivo'), e/o alla sofferenza derivante dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato che siano ricollegabili (non già al rilievo di aspetti idiosincratici, di comune riferibilità, o di non apprezzabile considerazione, in una prospettiva di solidarietà relazionale, bensì) alla lesione di interessi che assumano consistenza sul piano del disegno costituzionale della vita della persona. Nel caso di specie, la Corte d'appello di Roma, nel considerare l'opportunità di provvedere a una più adeguata 'personalizzazione' del danno non patrimoniale già riconosciuto dal giudice di primo grado in relazione ai danni alla persona subiti da M.C. attraverso l'importo c.d. tabellare allo stesso riferito, si sia erroneamente diffusa all'apprezzamento di circostanze solo asseritamente personalizzanti (e genericamente individuate come: "aiuto di terzi"; "paterni"; "motivi particolari"; "presidi"; "visibilità"; "iter clinico"; "terapia"; "chirurgia"; "rinunce"; "motivi familiari e sociali", etc.), trascurando di procedere all'opportuna articolazione analitica di dette 'voci' attraverso la valorizzazione dei profili di concreta riferibilità e inerenza alla personale, specifica e irripetibile, esperienza di vita del C., potendo astrattamente riferirsi, ciascuna delle 'voci' richiamate nella motivazione della sentenza impugnata, a qualunque altro soggetto che fosse ordinariamente incorso nelle medesime conseguenze lesive. Appare d'immediata percezione, pertanto, come una simile modalità di personalizzazione del danno non patrimoniale (incline ad 'aggiungere' poste risarcitorie per ogni conseguenza che di regola segue quel particolare tipo di lesioni) non possa che tradursi in un'inevitabile (e inammissibile) duplicazione risarcitoria, sol che si ponga mente alla circostanza per cui ciascuna delle conseguenze ordinariamente secondarie a quel tipo di lesioni (di quella specifica entità e riferite a un soggetto di quella specifica età anagrafica) devono presumersi come già per intero ricomprese nella liquidazione del danno alla persona operata attraverso il meccanismo c.d. tabellare.
Osservazioni
La sentenza in rassegna si inserisce nel solco di quell'orientamento giurisprudenziale, oramai consolidato, secondo cui la personalizzazione del danno alla salute non può avvenire in modo sistematico, vale a dire prescindendo dalle allegazioni di parte (Cass. civ., 24 marzo 2003, n. 4243; Cass. civ., 16 maggio 2003, n. 7632; Cass. civ., 14 luglio 2003, n. 10996; Cass. civ., 25 maggio 2004, n. 10035; Cass. civ., 25 febbraio 2014, n. 4447; Cass. civ., 18 novembre 2014, n. 23778; Cass. civ., 18 novembre 2014 n. 24471). In particolare, si è affermato che «la sussistenza di circostanze di fatto idonee a giustificare la personalizzazione del risarcimento è il fatto costitutivo della richiesta di personalizzazione, ed in quanto tale esso deve essere allegato con l'atto introduttivo del giudizio, e tale onere deve essere "adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche» (così, testualmente, Cass. civ., 13 maggio 2011, n. 10527); nello stesso senso, in seguito, si veda anche Cass. civ., 18 gennaio 2012, n. 691, secondo cui «le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta in tesi colpevole della controparte (...), ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l'attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, e ciò a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall'assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo». Il giudizio di personalizzazione richiede per sua stessa natura un diverso e specifico onere probatorio a carico del danneggiato che ne deve fornire la prova, atteso che il giudice può procedere alla liquidazione delle somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione previa analitica individuazione delle medesime senza poter ricorrere a motivazioni stereotipate (Cass. civ. sez. III, 7 novembre 2014 n. 23778; conf. Cass. civ., 13 ottobre 2016 n. 20630). Pertanto, la nozione unitaria di danno non patrimoniale, pur escludendo possibili duplicazioni risarcitorie, consente un risarcimento personalizzato –oltre quello già tabellarmente liquidabile- rispetto alle conseguenze specifiche che siano conseguenza del fatto illecito nei limiti in cui delle medesime il danneggiato fornisca prova ex art. 2697 c.c., mediante documentazione medica, prove testimoniali o anche presunzioni semplici. In casi particolari, laddove la portata del danno sia di tale gravità da trascendere i valori delle tabelle uniformi, si potrebbe esigere che una consulenza tecnica d'ufficio accerti che il grado di invalidità permanente non sia capace di tener conto dell'eccezionalità o della gravità del danno, a tal punto da richiedere la liquidazione di poste separate. COVUCCI, La quantificazione del danno non patrimoniale come categoria unitaria, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2015, 4, 10325; DE GIOVANNI, Onere della prova sulla personalizzazione del danno in applicazione della tabella milanese, in Ridare, 2017; FRATA, Nozione unitaria del danno non patrimoniale e personalizzazione del risarcimento, in Nuova Giur. Civ., 2013, 3, 10238; PENTA, Il danno morale, in Danno e Resp., 2017, 1, 115. |