Sulla legittimazione processuale attiva dell'amministratore di condominio e sulle spese personali addebitate al singolo condomino

Patrizia Petrelli
31 Gennaio 2018

La Corte di Cassazione, in una recente decisione, da un lato, conferma l'orientamento giurisprudenziale in base al quale l'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore, al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare e, dall'altro, chiarisce che...
Massima

In tema di condominio, in forza del disposto dell'art. 1131 c.c., l'amministratore del condominio, per conferire procura al difensore, al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare che, ove anche intervenga, ha il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall'amministratore medesimo.

Sotto altro aspetto, deve qualificarsi nulla la deliberazione dell'assemblea, non adottata all'unanimità, che attribuisce al condominio il potere discrezionale di imputare al singolo condomino, a titolo risarcitorio, le spese conseguenti ad attività straordinarie dell'amministratore, in quanto tale delibera configura una deroga ai criteri legali di ripartizione previsti dall'art. 1123 c.c.

Il caso

Nel caso concreto, un condomino aveva impugnato due delibere assembleari sostenendone la nullità, la prima per violazione del principio secondo cui la responsabilità di un condomino verso il condominio o altri condomini ex art. 2043 c.c. non poteva essere oggetto di statuizione assembleare, come tale vincolante anche per il danneggiante, e per conseguente violazione del principio di ripartizione delle spese tra i condomini di cui all'art. 1123 c.c. e la seconda in quanto gli erano state addebitate alla voce «spese personali amministratore» somme che, invece, avrebbero dovuto essere ripartite tra tutti i condomini.

In particolare, a sostegno delle domande, l'attore deduceva che il regolamento di condominio, approvato all'unanimità, conteneva una clausola in forza della quale le spese occorrenti per i solleciti o le pratiche legali erano ad esclusivo carico dei condomini che le avessero provocate; che con delibera non totalitaria si era deciso che le spese di fotocopie, fax e telefoniche, se non di interesse comune e non dirette simultaneamente a tutti i condomini, avvenissero con addebito di spesa personale, secondo un tariffario approvato dalla stessa assemblea; con successiva delibera si era confermato il tariffario e si era stabilito un meccanismo di controllo per verificare se le spese e le competenze dell'amministratore fossero riferibili all'interesse comune o a quello di singoli condomini.

Il condominio si era difeso eccependo l'inammissibilità della domanda in quanto proposta oltre il termine previsto all'art. 1137 c.c. e, nel merito, per il rigetto.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda dell'attore e, a seguito del gravame proposto dallo stesso, la Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza di prime cure, dichiarava la nullità di una delibera, nella parte in cui attribuiva al condominio il potere di condannare il singolo condomino, colpevole di aver cagionato un costo per una "patologica attivazione" dell'amministratore, al risarcimento di un danno previamente liquidato in favore del condominio stesso ed affermandone, invece, la validità con riferimento alle spese per solleciti dell'amministratore al singolo condomino, in forza dalla previsione contenuta nel regolamento contrattuale di condominio.

Il condominio proponeva ricorso e il singolo partecipante resisteva eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso proposto dal condominio per carenza del potere in capo all'amministratore di conferire la procura ad litem.

La questione

Si trattava, quindi, di verificare, in primo luogo, se il ricorso proposto dal condominio fosse inammissibile per carenza del potere in capo all'amministratore di conferire la procura ad litem.

In secondo luogo occorreva stabilire se la disposizione del regolamento di condominio contrattuale secondo cui le spese occorrenti per i solleciti e le pratiche legali erano ad esclusivo carico dei condomini che le avessero provocate, con conseguente addebito agli stessi come spese personali, fosse stata correttamente interpretata.

Ultima questione da affrontare era se la delibera impugnata, non adottata all'unanimità, che attribuiva al condominio il potere discrezionale di imputare al singolo condomino, a titolo risarcitorio, le spese conseguenti ad una patologica attivazione dell'amministratore, derogasse ai criteri di ripartizione delle spese di cui all'art. 1123 c.c. e se potesse avere una qualche rilevanza il comportamento concludente di tutti i condomini, anteriore alla delibera impugnata, diretto a dare attuazione a quanto poi successivamente deliberato.

Le soluzioni giuridiche

Le doglianze, compresa quella di inammissibilità del ricorso, sono state ritenute infondate dai giudici della Suprema Corte, sulla base delle seguenti considerazioni.

In via preliminare, si è evidenziato, confermando un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che l'amministratore, nell'ambito dei poteri delineati dagli artt. 1130 e 1131 c.c., nelle cause che rientrano nell'ambito delle sue attribuzioni, non ha bisogno di alcuna delibera autorizzativa del condominio per conferire procura al difensore.

L'eventuale delibera autorizzativa costituisce espressione di un mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall'amministratore medesimo, con l'ulteriore precisazione che l'eventuale scelta del difensore da parte dell'assemblea rileva nei soli rapporti interni tra assemblea e amministratore, ma non inficia la validità della procura ad litem conferita, nell'interesse del condominio, dall'amministratore.

Per quanto concerne la seconda questione la Corte precisa che la norma contrattuale era stata correttamente interpretata dalla Corte d'Appello che aveva ristretto l'espressione «pratiche legali», contenuta nella citata disposizione, alle sole spese strettamente inerenti ad attività giudiziale e stragiudiziale, contrapponendole alle spese per "solleciti" ed escludendo che tale espressione potesse riferirsi alle spese di cancelleria e attività straordinaria dell'amministratore.

Conseguentemente il giudice d'appello aveva escluso la nullità della delibera unicamente per le spese “solleciti”, dichiarando, invece, la nullità della delibera in ordine all'addebito come spese personali delle altre spese («piccole spese di cancelleria e attività straordinaria dell'amministratore») poiché non rientranti, secondo l'interpretazione data alla disposizione del regolamento, nella voce spese «pratiche legali» .

Con riguardo all'ultima questione si rileva che la nullità della delibera non totalitaria era stata affermata in quanto, in deroga ai criteri fissati all'art. 1123 c.c., veniva ad introdurre un ulteriore e diverso criterio di ripartizione delle spese laddove attribuiva al condominio il potere discrezionale di imputare al singolo condomino, a titolo risarcitorio, le spese conseguenti ad una patologica attivazione dell'amministratore.

Né in tale situazione poteva assumere un qualche rilievo, ai fini della modifica dell'originario regolamento contrattuale e della validità della delibera impugnata, non approvata all'unanimità, il comportamento concludente dei condomini alla luce del consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamato dalla Corte, secondo cui per la modifica di clausole del regolamento di condominio, avente natura contrattuale, è richiesto il consenso, manifestato in forma scritta ad substantiam di tutti i partecipanti alla comunione.

Osservazioni

La decisione affronta due interessanti problematiche spesso oggetto di accesso dibattito: una relativa ai poteri/doveri dell'amministratore di condominio sotto il profilo della rappresentanza in giudizio e l'altra inerente l'addebito al singolo di determinati costi, qualificati come «spese personali».

Con riguardo alla prima questione, come precisato anche in altra decisione (peraltro richiamata in motivazione nella sentenza de qua), le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che disciplinano, rispettivamente, le attribuzioni dell'amministratore e, in forma specifica, la rappresentanza del Condominio da parte dell'amministratore.

Più specificatamente per quanto concerne la legittimazione processuale l'art. 1131, c.c. è chiaro nell'attribuire tale legittimazione all'amministratore in tutte le controversie riguardanti i beni comuni.

Da questa disposizione deriva, da un lato, che il potere di rappresentanza processuale dell'amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni e, dall'altro, che l'amministratore ha, nei limiti di dette attribuzioni, la legittimazione processuale attiva e passiva, senza bisogno di alcuna delibera autorizzativa da parte dell'assemblea.

Alla luce dell'interpretazione giurisprudenziale consolidata, l'autorizzazione o la ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore è necessaria soltanto per le cause che esorbitano dalle sue attribuzioni (v., in proposito, Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2016, n. 16260).

Nella specie trattandosi di un giudizio rientrante nelle attribuzioni di cui al n. 1, comma 1, dell'art. 1130 c.c. (esecuzione di delibere assembleari) l'amministratore di condominio non doveva munirsi di autorizzazione dell'assemblea, né tanto meno l'assemblea doveva conferire mandato all'amministratore per conferire la procura ad litem al difensore, che, quindi, lo stesso amministratore aveva il potere di nominare.

Ne consegue che un'eventuale delibera sul punto avrebbe avuto il significato di mero assenso alla scelta già validamente effettuata dall'amministratore.

In ordine alla seconda questione occorre in primo luogo rilevare che non rientra tra i poteri dell'assemblea di condominio, ex art. 1135 c.c., addebitare ad un condomino spese di natura personale poiché le attribuzioni dell'assemblea condominiale sono circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono, quindi, il potere di introdurre deroghe ai criteri legali di riparto delle spese.

Pertanto i condomini, anche se all'unanimità, non possono imporre una spesa addossandola solo a uno di essi, se non con il consenso di quest'ultimo. Tali deliberati, infatti, esulano dalle attribuzioni dell'assemblea, che non ha il potere di imputare al singolo condomino una determinata spesa, al di fuori di quelle inerenti la gestione, manutenzione e conservazione dei beni comuni condominiali e solo per la quota di sua spettanza, senza che la stessa sia accettata e riconosciuta espressamente dal condomino.

La giurisprudenza con orientamento consolidato ha, in proposito, affermato che all'assemblea dei condomini non può essere riconosciuto, al di fuori delle proprie attribuzioni previste e regolate dalla normativa codicistica, un potere di autodichia consistente nel farsi giustizia da sé e nel richiedere somme di danaro e/o altre prestazioni che non rientrino in quelle sopra richiamate, con conseguente nullità delle delibere che, invece, statuissero in tal senso (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2013, n. 10196; Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2012, n. 8010; Cass. civ., sez. II, 22 luglio 1999, n. 7890). La Corte, nella decisione qui in commento, conferma tale orientamento laddove ritiene che attribuire al condominio il potere discrezionale di imputare al singolo condomino, a titolo risarcitorio, determinate spese equivale ad introdurre un ulteriore e diverso criterio di ripartizione delle spese, in deroga ai criteri fissati all'art. 1123 c.c.

Guida all'approfondimento

M. De Tilla, Legittimazione dell'amministratore del condominio ed azioni di natura reale, in Arch. loc. cond., 2015, fasc. 3, pp. 304-307.

D. Piombo, In tema di legittimazione ad agire del condominio nel giudizio di equa riparazione, in Foro it., 2013, fasc. 1, pt. 1, pp. 89-90.

E. Petrone, Sulla legittimazione processuale dell'amministratore di condominio il contrasto interpretativo persiste, in Giur. it., 2012, fasc. 2, pp. 310-315.

R. Cusano, La capacità dell'amministratore di stare in giudizio, in Arch. loc. cond., 2011, fasc. 3, pp. 277-278.

N. Izzo, Sulla distinzione fra nullità e annullabilità delle deliberazioni condominiali in materia di spese, in Giust. Civ., 2007, fasc. 12, pt. 1, pp. 2833-2836.

G. La Rocca Giovanni, Il rendiconto annuale delle spese condominiali e gli addebiti a singoli condomini a titolo personale, in Arch. loc. cond., 2005, fasc. 2, pp. 137-139.

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