Trasferte: trattamento fiscale e retributivo

Matteo Pillon Storti
12 Febbraio 2018

I requisiti necessari per far si che l'indennità corrisposta al dipendente in seguito ad una o più trasferte sia assoggettata alla tassazione prevista dall'art. 51 c. 6 d.P.R. n. 917/1986, sono quelli previsti dall'art. 7-quinquies del D.L. n. 193/2016.
Massima

I requisiti necessari per far si che l'indennità corrisposta al dipendente in seguito ad una o più trasferte sia assoggettata alla tassazione prevista dall'art. 51 c. 6 d.P.R. n. 917/1986, sono quelli previsti dall'art. 7-quinquies del D.L. n. 193/2016.

Se la corresponsione dell'indennità, inoltre, assume un carattere continuativo, sebbene questa caratteristica sia un requisito necessario (ma non sufficiente) per l'applicazione del regime dei trasferisti, tale caratteristica non pregiudica l'applicazione del regime fiscale meno gravoso previsto dall'art. 51 c. 5 d.P.R. n. 917/1986.

Il caso

La Corte di Cassazione si è trovata a valutare un caso riguardante una cartella di pagamento con la quale veniva contestato il comportamento del contribuente, in particolare relativamente al trattamento contributivo delle somme corrisposte ai propri dipendenti a titolo di indennità di trasferta. Il contribuente non concorde con tali contestazioni proponeva ricorso presso le commissioni tributarie competenti, prima presso la CTP e, successivamente, di fronte alla CTR la quale aveva ritenuto non fondate le rimostranze del contribuente. In particolare, la commissione tributaria regionale accertava che la società ricorrente operava nel settore dell'impiantistica in cantieri itineranti e corrispondeva ai propri dipendenti nei giorni di presenza e di svolgimento di attività al di fuori del comune dove aveva sede, un'indennità di trasferta non eccedente i limiti di cui all'art. 51, comma 5, del TUIR. In secondo luogo il giudice d'appello sosteneva la tesi secondo la quale, nel caso di specie, il contribuente fosse tenuto a corrispondere i contributi dovuti all'INPS nella misura di cui all'art. 51, comma 6 del TUIR, dovuta per le indennità corrisposte ai lavoratori c.d. "trasferisti abituali", in luogo del minore importo dovuto per le indennità corrisposte ai lavoratori in caso di trasferta (occasionale).

La società contribuente, non soddisfatta della pronuncia della CTR, proponeva ricorso in Cassazione, denunciando per lo più la falsa applicazione dell'art. 51 TUIR.

La Suprema Corte ha deciso con sentenza n. 27093, depositata il 15 novembre 2017 accogliendo il ricorso e cassando la sentenza impugnata.

In particolare la Cassazione ha chiarito come la caratteristica della “continuatività” della corresponsione dell'indennità di trasferta non è di per sé sufficiente per assoggettare quest'ultima al regime fiscale più gravoso previsto dall'art. 51 c. 6 TUIR. Inoltre, la Cassazione stessa ha aggiunto che per applicare il regime fiscale suddetto, è necessario che sussistano contestualmente le 3 condizioni previste dall'art. 7-quinquies D.L. n. 193/2016.

Nel caso concreto, invece, non solo è pacifico che l'indennità per trasferta non è stata corrisposta in "misura fissa" ma risulta anche che i lavoratori svolgevano mansioni di preinstallaggio presso la sede della ditta nonché attività presso terzi, nel territorio del comune ove aveva sede la ditta. Pertanto, nel caso di specie, mancano due degli elementi richiesti dall'art. 51, comma 6, TUIR, nel testo risultante dall'art. 7-quinquies D.L. n. 193/2016.

La questione

La questione, come detto in precedenza, deriva da una cartella di pagamento con la quale, a fronte di alcune trasferte effettuate dai dipendenti della società contribuente, veniva contestata l'applicazione dell'art. 51 comma 5 TUIR, in luogo del comma 6 del medesimo articolo, con il conseguente minor assoggettamento della trasferta stessa a contribuzione Inps.

Com'è noto l'art. 51 comma 5 TUIR stabilisce che le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente 46,48 euro al giorno, elevate a 77,47 euro per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto. Il comma 6 del medesimo articolo, invece, disciplina i cd. “trasferisti abituali” statuendo che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare.

Infine è importante evidenziare che l'art. 7-quinquies D.L. n. 193/2016 è intervenuto sul tema fornendo “l'interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori dipendenti in trasferta e trasferisti”.

In particolare tale articolo prevede che il comma 6 dell'art. 51 TUIR si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti tre condizioni:

a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b) lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

L'art. 7-quinquies suddetto detta inoltre la regola secondo la quale ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni suddette, non è applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell'art. 51 TUIR è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51.

La normativa fiscale dell'indennità di trasferta ricevuta dal lavoratore dipendente ha riflessi anche per la determinazione del relativo trattamento ai fini contributivi.

Sul tema così riassunto, la corte di Cassazione nella sentenza oggetto del presente commento ha riconosciuto come la questione del calcolo dei contributi dovuti sulle indennità corrisposte dal datore di lavoro ai dipendenti che prestano la loro opera al di fuori della sede dell'impresa ha dato luogo, nel tempo, ad un rilevante contenzioso che ha visto susseguirsi plurimi e contrastanti interventi del legislatore e della corte stessa. Per questo motivo è stato deciso che la controversia oggetto della pronuncia fosse assegnata alle Sezioni Unite, considerando la suddetta questione qualificabile come questione di massima di particolare importanza, a norma dell'art. 374, secondo comma, cod. proc. civ.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha chiarito un tema oggetto di un'ampia attività legislativa e di numerose sentenze giurisprudenziali, anche contrastanti le une delle altre.

La Suprema Corte, dopo abbondante disamina della questione in oggetto, ha confermato la tesi giurisprudenziale secondo la quale la mancata contestuale presenza dei requisiti previsti dall'art. 7-quinquies del D.L. n. 193/2016, necessari per integrare la figura del cd. “trasferista”, fa venir meno la possibilità di applicazione del regime fiscale disciplinato dall'art. 51 comma 6 TUIR. In tali casi, quindi, sarà applicabile il trattamento fiscale per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo.

L'art. 7-quinquies suddetto quindi è una norma con la quale sono stati dettati criteri univoci per distinguere, ai fini contributivi e fiscali, la situazione dei “trasferisti abituali” da quella dei “trasferisti occasionali”, superando così il precedente criterio distintivo legato alla ricostruzione della singola fattispecie di volta in volta esaminata.

La Suprema Corte, nella sentenza in oggetto, ha enunciato due principi di diritto. Innanzitutto è stato chiarito che in materia di trattamento contributivo dell'indennità di trasferta, l'eventuale “continuatività” della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l'assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile), rispettivamente previsto dalle citate disposizioni.

In secondo luogo è stata confermata la tesi giurisprudenziale secondo la quale l'art. 7-quinquies del D.L. n. 193/2016, prevedendo alcuni precisi requisiti per l'applicabilità del regime previsto dall'art. 51 c. 6 TUIR, ha la finalità di porre rimedio ad una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, determinata da un persistente contrasto tra la giurisprudenza di legittimità, le pubbliche amministrazioni del settore e la variegata giurisprudenza di merito.

Osservazioni

La sentenza oggetto del presente approfondimento approfondisce i seguenti aspetti:

  • il carattere continuativo del pagamento dell'indennità di trasferta non comporta automaticamente l'assoggettamento del compenso suddetto al regime di tassazione e contribuzione più gravoso previsto dall'art. 51 comma 6 TUIR.
  • di fronte ad un'oggettiva situazione di incertezza normativa, l'art. 7-quinquies D.L. n. 193/2016 ha risolto l'incertezza suddetta introducendo precisi requisiti normativi utili e necessari per stabilire l'applicabilità del regime fiscale previsto dall'art. 51 comma 6 TUIR al caso concreto.

In relazione al primo punto evidenziato dalla suprema Corte, è stata confermata la tesi giurisprudenziale secondo la quale il regime fiscale e contributivo tipico dei cosiddetti “trasferisti abituali” non trova applicazione al verificarsi di altre caratteristiche se non quelle previste dall'art. 7-quinquies D.L. n. 173/2016. Da ciò ne consegue che l'eventuale periodicità continuativa della corresponsione dell'indennità di trasferta a favore del dipendente non comporta in automatico l'esclusione dell' assoggettabilità della stessa al regime fiscale più vantaggioso previsto dal comma 5 dell'art. 51 TUIR.

Relativamente al secondo punto evidenziato, la corte di Cassazione ha riconosciuto che l'art. 7-quinquies D.L. n. 193/2017 ha introdotto una norma “interpretativa” del comma 6 dell'art. 51 TUIR, indicando precisi paletti normativi al verificarsi dei quali trova applicazione il regime fiscale previsto dal comma 6 suddetto.

Tali “paletti normativi sono:

1 - mancata indicazione nel contratto di lavoro o nella lettera d'assunzione della sede di lavoro;

2 – svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

3 – la corresponsione al dipendente di un'indennità/maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

Preso atto di tale decisione legislativa, la Suprema Corte ha riconosciuto come la regolamentazione dei cosiddetti “trasferisti abituali” ha subito, a seguito dell'art. 7-quinquies suddetto, una notevole variazione, aumentando la “certezza delle situazioni giuridiche” grazie all'introduzione di precisi requisiti normativi e, conseguentemente, la verifica dei requisiti dei “trasferisti abituali” non è più soggetta alla ricostruzione della singola fattispecie di volta in volta esaminata.

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