Lesione del consenso informato ed intervento medico correttamente eseguito: il risarcimento del danno non è automatico

19 Febbraio 2018

In caso di intervento medico correttamente eseguito, a quali condizioni è risarcibile la lesione del consenso informato?
Massima

La risarcibilità del danno da lesione della salute che si verifichi per le imprevedibili conseguenze dell'atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l'accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato.

Il caso

L'attrice citava in giudizio l'azienda ospedaliera chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti ad una operazione chirurgica di sostituzione protesica, oltre alla lesione del diritto di autodeterminazione per violazione del consenso informato. Il tribunale rigettava la domanda risarcitoria per malpractice medica, ritenendo l'intervento correttamente eseguito, riconoscendo, tuttavia, il risarcimento del danno per lesione del consenso informato. Il giudice di appello confermava la sentenza di prime cure. L'attrice proponeva, infine, ricorso in Cassazione sostenendo la tesi della doppia incidenza del consenso informato sul diritto di autodeterminazione e su quello della salute, ricorso che era rigettato dal giudice di legittimità.

In particolare, in caso di domanda risarcitoria per danno della salute verificatosi per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia compiuto senza la preventiva acquisizione di un consenso consapevolmente prestato, la Cassazione ha ritenuto che sia onere del paziente

allegare, anche sulla base anche di elementi soltanto presuntivi, che egli avrebbe rifiutato quel determinato intervento se fosse stato adeguatamente informato.

In particolare è onere del paziente allegare che tra il permanere della situazione patologica in atti e le conseguenze dell'intervento medico, avrebbe scelto la prima situazione, ovvero che, debitamente informato, avrebbe vissuto il periodo successivo all'intervento con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e le eventuali sofferenze) - predisposizione la cui mancanza andrebbe realisticamente e verosimilmente imputata proprio (e solo) all'assenza di informazione.

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di intervento medico correttamente eseguito a quali condizioni è risarcibile la lesione del consenso informato?

Le soluzioni giuridiche

Il consenso informato è la concretizzazione prevista nel nostro ordinamento giuridico del principio di autodeterminazione in ambito di trattamenti e prestazioni sanitarie, principio che stabilisce il necessario consenso, espresso e specifico, da parte dell'avente diritto alla sottoposizione a cure mediche, il quale se in stato di capacità legale e naturale di agire, ben potrebbe opporre un rifiuto all'esecuzione di dette prestazioni.

Affinché il consenso prestato sia valido è necessario che l'assistito venga informato correttamente, chiaramente ed esaustivamente dal medico in ordine alle diverse alternative terapeutiche disponibili, alle difficoltà ed ai rischi dell'operazione e alla natura ed ai possibili esiti della stessa.

Rappresenta ormai ius receptum che la manifestazione del consenso informato alla prestazione sanitaria, costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all'autodeterminazione, riferito alla persona fisica: la quale in piena libertà e consapevolezza sceglie di sottoporsi a terapia farmacologica o ad esami clinici e strumentali, o ad interventi o trattamenti anche invasivi, laddove comportino costrizioni o lesioni fisiche ovvero alterazioni di natura psichica, in funzione della cura e della eliminazione di uno stato patologico preesistente o per prevenire una prevedibile patologia od un aggravamento della patologia futura (Cass. civ., n. 20984/2012; Cass. civ., n. 25764/2013; Cass. civ., n. 14642/2015), che - se pure connesso - deve essere tuttavia tenuto nettamente distinto - sul piano del contenuto sostanziale - dal diritto alla salute, ossia dal diritto del soggetto alla propria integrità psico-fisica (Corte Cost. n. 438/2008: il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono, rispettivamente, che "la libertà personale è inviolabile", e che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge". La circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2,13 e 32 Cost. pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'art. 32, secondo comma 2, della Costituzione).

L'obbligo del consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario, senza il quale l'intervento del medico è - al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità - sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente (Cass. civ., n. 21748/2007).

Pertanto, ai sensi dell'art. 32 Cost., comma 2 (in base al quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), ai sensi dell'art. 13 Cost. (che garantisce l'inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica) e della l. n. 833/1978, art. 33 (che esclude la possibilità di accertamenti e trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.), un tale obbligo è a carico del sanitario, il quale, una volta richiesto dal paziente dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso.

Nell'eventualità in cui il medico non abbia acquisito dal proprio paziente un valido consenso informato o abbia addirittura omesso di raccoglierlo, qualora venga realizzata l'operazione prevista si ha sempre una lesione del diritto di autodeterminazione dell'individuo, indipendentemente dal fatto che il trattamento sia stato eseguito in maniera tecnicamente ineccepibile (Cass. civ., n. 24109/2013), con conseguente diritto al risarcimento del danno patito.

Può aversi altresì un danno alla salute quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava l'onere della prova, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze (Cass. civ., n. 20547/2014).

Al diritto indicato corrisponde l'obbligo del medico (di fonte contrattuale o derivante dalla analoga obbligazione ex lege che comporta il cd. "contatto sociale" (Cass. civ., n. 2847/2010) di fornire informazioni dettagliate, in quanto strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell'intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative (Cass. civ., n. 20984/2012; Cass. civ., n. 27751/2013).

Con la conseguenza che, in applicazione della regola del riparto dell'onere della prova, viene a gravare sul medico, in caso di contestazione del paziente, la dimostrazione di aver fornito tutte le indicazioni necessarie a compiere la scelta consapevole, e dunque di aver correttamente adempiuto all'obbligo informativo preventivo (Cass. civ., n. 20984/2012; Cass. civ., n. 19220/2013), mentre, nel caso in cui tale prova non venga fornita e dunque sussista inadempimento colpevole (il cui accertamento è del tutto indipendente dalla corretta esecuzione della terapia somministrata o dell'intervento chirurgico o dall'eventuale danno alla salute ad essi conseguito), occorrerà distinguere ai fini della valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria proposta dal paziente, l'ipotesi in cui alla omessa informazione (od al consenso non idoneamente acquisito dal paziente: Cass. civ., n. 24791/2008) sia conseguito un danno alla salute che costituisca esito non attendibile dalla prestazione tecnica se correttamente eseguita - e quindi imputabile a colpa professionale -, nel qual caso la mancanza del consenso informato si inserirà nella serie causale produttiva del danno non patrimoniale, dalla ipotesi in cui, invece, il peggioramento della salute corrisponda ad un rischio attendibile e cioè ad un esito infausto prevedibile ex ante nonostante la esatta esecuzione della prestazione tecnica-sanitaria che si rendeva comunque necessaria, nel qual caso, ai fini dell'accertamento del danno, graverà sul paziente l'onere della prova, anche tramite presunzioni, che il danno alla salute è dipeso causalmente dal fatto che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute (Cass. civ., n. 2847/2010; Cass. civ., n. 20984/2012, secondo cui il rispetto dell'autodeterminazione del paziente - che è ciò che si vuole tutelare, con il conseguente risarcimento del danno per mancato consenso - deve essere valutato in concreto, tenendo presenti le reali possibilità di scelta che si ponevano di fronte al paziente, nel caso in cui fosse stato adeguatamente informato).

Pertanto, l'acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell'intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell'eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente (Cass. civ., n. 11950/2013); e si tratta, in definitiva, di due diritti distinti (Cass. civ., n. 12830/2014).

La diversità tra il diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico ed il diritto alla salute è resa assolutamente palese dalle elementari considerazioni che, pur sussistendo il consenso consapevole, ben può configurarsi responsabilità da lesione della salute se la prestazione terapeutica sia tuttavia inadeguatamente eseguita; e che la lesione del diritto all'autodeterminazione non necessariamente comporta la lesione della salute, come accade quando manchi il consenso ma l'intervento terapeutico sortisca un esito assolutamente positivo

In tale direzione, si è statuito che nel caso in cui l'attore abbia chiesto con l'atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell'esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall'inadempimento, da parte dello stesso medico, al dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico), si verifica una mutatio libelli e non una mera emendatio, in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l'oggetto sostanziale dell'azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza (Cass. civ., n. 24072/2017; Cass. civ., n. 25754/2013).

Osservazioni

Il diritto ad essere correttamente informati al fine di potere esprimere un consenso al trattamento sanitario sulla propria persona va attentamente ricostruito alla stregua dei principi generali (Cass. civ., Sez. Un., n. 26972/2008):

a) la lesione del diritto ad esprimere il c.d. consenso informato da parte del medico si verifica per il sol fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sulla persona del paziente di atti medici senza avere acquisito il suo consenso;

b) il c.d. danno evento cagionato da tale condotta è rappresentato dallo stesso estrinsecarsi dell'intervento sulla persona del paziente senza la previa acquisizione del consenso, cioè, per restare al caso dell'intervento chirurgico, dall'esecuzione senza tale consenso dell'intervento sul corpo del paziente; danno-evento in questione che risulta, dunque, dalla tenuta di una condotta omissiva seguita da una condotta commissiva;

c) il danno conseguenza (quello che l'art. 1223 c.c., indica come perdita o mancato guadagno) è, invece, rappresentato dall'effetto pregiudizievole che la mancata acquisizione del consenso e, quindi, il comportamento omissivo del medico, seguito dal comportamento positivo di esecuzione dell'intervento, ha potuto determinare sulla sfera della persona del paziente, considerata nella sua rilevanza di condizione psico-fisica posseduta prima dell'intervento, la quale, se le informazioni fossero state date, l'avrebbe portata a decidere sul se assentire la pratica medica.

Vale a dire:

a) dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell'esecuzione dell'intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza;

b) eventualmente, dalla diminuzione che lo stato del paziente subisce a livello fisico per effetto dell'attività demolitoria, che abbia eventualmente eliminato, sebbene a fini terapeutici, parti del corpo o le funzionalità di esse: poiché tale diminuzione avrebbe potuto verificarsi solo se assentita sulla base dell'informazione dovuta e si è verificata in mancanza di essa, si tratta di conseguenza oggettivamente dannosa, che si deve apprezzare come danno conseguenza indipendentemente dalla sua utilità rispetto al bene della salute del paziente, che è bene diverso dal diritto di autodeterminarsi rispetto alla propria persona, ancorché in modo di riflesso incidente sul bene della salute;

c) se del caso, con riferimento alla possibilità che, se il consenso fosse stato richiesto, la facoltà di autodeterminazione avrebbe potuto indirizzarsi nel rivolgersi per l'intervento medico altrove, qualora si riveli che sarebbe stata possibile in relazione alla patologia l'esecuzione di altro intervento vuoi meno demolitorio vuoi anche solo determinativo di minore sofferenza, si verifica anche un danno conseguenza rappresentato da vera e propria perdita, questa volta relativa proprio ad aspetti della salute del paziente.

Se tanto è vero, delle sequenze causali che diano esito nelle conseguenze suddette almeno la sofferenza e contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell'esecuzione dell'intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza, corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità, ovverosia da normale frequenza statistica, corrispondendo all'id quod plerumque accidit e potendo quindi ritenersi di regola esentata da prova specifica, salvi la contestazione della controparte o l'onere dell'allegante che intenda giovarsi di fatti ancora più favorevoli a sé.

È infatti da ritenersi immediata, siccome riferita al foro interno della coscienza dell'individuo e sostanzialmente da questa inscindibile perché risolta nella stessa attività di percezione ed elaborazione di quelli, la compromissione della genuinità dei processi decisionali fondati su dati alterati o parziali per l'incompletezza delle informazioni. Solo per le altre due conseguenze (quelle sub b) e c), mano a mano che ci si allontana dalla sequenza causale normale e che si amplia il ventaglio di opzioni liberamente percorribili o di esiti possibili, occorre un'allegazione prima - ed una prova poi - sempre più puntuale e specifica.

In ogni caso, è indispensabile che la valutazione abbia ad oggetto la comparazione tra la situazione in cui si è venuto a trovare il paziente all'esito dell'espressione del suo consenso malamente informato con quella in cui si sarebbe comunque trovato se l'intervento sanitario non avesse avuto luogo: in altri termini, occorre che il descritto danno-evento sia correttamente inquadrato nella sua efficienza modificatrice di una sequenza causale preesistente incanalata lungo un suo sviluppo autonomo e che il danno-conseguenza da liquidare sia solo quello derivante dalla modificazione - in sostanza, dallo scarto o dalla differenza - del corso degli eventi cagionata dal consenso male informato rispetto a quanto poteva dirsi sviluppo normale - cioè, senza l'intervento o la pratica sanitaria della situazione in atto al momento in cui l'intervento - o la pratica sanitaria - oggetto del consenso è stato eseguito.

In tale contesto, deve ritenersi che il paziente, il quale invochi, dispiegando la relativa domanda risarcitoria, l'incompletezza del consenso informato e quindi l'inadempimento del correlativo obbligo dei sanitari di somministrargli le informazioni necessarie per formarlo, alleghi implicitamente il danno a quella sua libera e consapevole autodeterminazione che, in base a quanto accade normalmente e per riferirsi la lesione ad un diritto personalissimo e relativo alla sfera interna del danneggiato (almeno quanto alla sofferenza ed alla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell'esecuzione dell'intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza), si ricollega quale conseguenza ineliminabile alla carenza di un quadro informativo completo e ben compreso o spiegato a chi dovrebbe valutarlo come base di una responsabile decisione.

Nel medesimo contesto ed in modo del tutto analogo, sulla base di nozioni di comune esperienza può dirsi anche provato che, essendo stato tanto per implicito allegato attraverso la formulazione di una domanda siffatta, con il danno-evento dell'esecuzione dell'intervento sanitario seguito all'incompleta serie di informazioni si sia prodotta quale danno-conseguenza quanto meno la prima ed immediata delle conseguenze sopra descritte e cioè la lesione della libertà di autodeterminazione del paziente e la sofferenza ad essa connessa di cui sopra.

Guida all'approfondimento

F. AGNINO, Consenso informato e prestazione medica: distinte obbligazioni a carico degli allievi di Asclepio, in Ridare, 17 luglio 2015;

F. AGNINO, Il consenso ai trattamenti medici e la tutela giuridica dell'anziano, in Giur. merito, 2011, 2923 ss.;

F. AGNINO, Il consenso informato al trattamento medico-chirurgico. Profili penalistici e civilistici, Torino, 2006, passim.

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