Parcheggio garantito per disabili in condomino secondo un'ottica costituzionalmente orientata
22 Febbraio 2018
Massima
È annullabile la delibera con la quale l'assemblea di condominio non prevede l'assegnazione del posto auto nel parcheggio comune in favore del condomino dotato di contrassegno per la sosta di disabili, data la sua contrarietà all'art. 1102 c.c., interpretato alla luce dei principi costituzionali degli artt. 2 e 32 Cost., dell'art. 3, comma 2, Cost. e dell'art. 42, comma 2, Cost. contemperando i diritti di tutti i condomini all'utilizzo delle parti comuni con quelli di chi, trovandosi in condizioni di ridotta capacità o di incapacità motoria, ha bisogno di strutture o servizi che gli consentano di raggiungere o entrare agevolmente nell'edificio e di fruire dei relativi spazi in condizioni di adeguata autonomia. Il caso
Esperita negativamente la procedura di mediazione, l'attore/condomino ha citato in giudizio il condominio chiedendo l'annullamento e la revoca della deliberazione assembleare con la quale veniva stabilita l'assegnazione dei due posti auto condominiali per gli anni 2015 e 2016 secondo un criterio di turnazione in contrasto con l'art. 1102 c.c., attesa la perpetua esclusione di alcuni condomini, tra cui l'attore, dalla turnazione e che venisse ordinato di riservare un posto auto al veicolo del coniuge, in quanto persona affetta da disabilità. L'azione di annullamento della delibera impugnata proposta dall'attore si fonda sulla condizione di salute della moglie invalida civile, la quale beneficia del contrassegno per sostare negli stalli riservati ai disabili su suolo pubblico, ma non del posto auto condominiale; tale circostanza comporta una violazione del principio di eguaglianza nei confronti delle persone affette da disabilità e richiederebbe l'applicazione al caso di specie delle norme di cui al d.m. n. 236/1989. Il condominio si difende chiedendo l'accertamento della regolarità della delibera assembleare assunta il 21 gennaio 2015 e per l'effetto il rigetto della domanda attorea, eccependo che l'assegnazione dei posti auto condominiali è avvenuta sulla base delle richieste pervenute da parte dei singoli condomini interessati e che l'attore non ha mai espresso la volontà di vedersi assegnare un posto auto precedentemente all'adozione della delibera impugnata; in ogni caso, risultano privi di pregio sia il riferimento al d.m. 236/1989 - atteso che il condominio è stato costruito negli anni tra il 1955 ed il 1958 - sia il richiamo effettuato da parte attrice alla violazione del principio di eguaglianza nei riguardi di persone affette da disabilità, considerato che l'attribuzione esclusiva di uno dei due posti auto condominiali alla moglie dell'attore, così come da quest'ultimo domandato, avrebbe costituito una violazione del diritto di proprietà degli altri condomini. La questione
È legittima la delibera con la quale l'assemblea di condominio non prevede l'assegnazione del posto auto nel parcheggio comune in favore del condomino dotato di contrassegno per la sosta di disabili, o viceversa si può affermare che è stata adottata in violazione della normativa in tema di tutela dei portatori di handicap e dei principi costituzionali inerenti il diritto alla salute e la tutela dell'individuo? Le soluzioni giuridiche
Non si può sussumere il caso di specie nell'àmbito di applicazione della l. n. 13/1989, e successive modifiche, per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche, poiché l'edificio è stato costruito prima della sua entrata in vigore, né se ne può invocare l'applicazione dell'art. 2, in quanto, anche se detta disposizione riguarda gli interventi diretti all'eliminazione delle barriere architettoniche negli immobili preesistenti alla entrata in vigore della suddetta legge, essa consente al portatore di handicap, in caso di rifiuto dell'assemblea condominiale di eseguire a proprie spese esclusivamente le opere ivi tassativamente indicate, tra le quali non compare la delimitazione di una porzione del cortile da adibirsi a parcheggio esclusivo delle persone disabili. Tenuto presente che la doglianza attorea si limita esclusivamente a far valere la necessità di riservare uno dei posti auto (già esistenti) all'uso del condomino portatore di handicap a causa della sua invalidità, il caso si reputa sussumibile nell'art. 1102 c.c. Tanto premesso, il giudicante ha ritenuto che la fattispecie doveva essere considerata in un'ottica costituzionalmente orientata alla luce degli artt. 2, 3, 32 e 42 Cost. L'interesse del ricorrente di ottenere un posto auto da riservarsi alle persone disabili è ricollegabile al diritto inviolabile ad una normale vita di relazione, tutelato dall'art. 2 Cost., ed al diritto alla salute ex art. 32 Cost. Detti valori sono stati ritenuti preminenti a fronte del diritto di proprietà di cui all'art. 42, comma 2, Cost., che può al contrario subire limitazioni al fine di assicurare il rispetto del dovere di solidarietà, enunciato dall'art. 2 Cost., che mira a consentire proprio l'adeguato svolgimento della personalità, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono al superamento di situazioni di disuguaglianza ai sensi dell'art. 3, comma 2, Cost. Ad avviso del magistrato lombardo, la tutela di tali principi è stata riconosciuta nelle l. n. 13/1989 e n. 104/1992 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap). Anche l'art. 1102 c.c. è stato interpretato nell'ambito di questo quadro normativo e dei principi costituzionali che nel caso di specie vengono in rilievo, contemperando i diritti di tutti i condomini all'utilizzo delle parti comuni con quelli di chi, trovandosi in condizioni di ridotta capacità o di incapacità motoria, ha bisogno di strutture o servizi che gli consentano di raggiungere o di entrare agevolmente nell'edificio e di fruire dei relativi spazi in condizioni di adeguata autonomia. Sul punto, il Tribunale di Como richiama pure i principi espressi dalla giurisprudenza di merito, secondo cui una modesta compressione del diritto di cui all'art. 1102 c.c. deve ritenersi tollerabile quando sia giustificato dall'interesse altrui ad un più proficuo uso della cosa comune e non rechi in concreto alcun serio pregiudizio o grave sacrificio (Trib. Milano 9 settembre 1991). Nel giudizio di bilanciamento dei valori ed interessi in gioco, il Tribunale ha reputato preminente il diritto del portatore di handicap, con seri problemi di deambulazione e necessità di accompagnamento e cura, di poter accedere allo stabile condominiale, parcheggiando presso l'area comune a fronte del recessivo interesse degli altri condomini, rispetto ai quali non sono state dedotte analoghe difficoltà, dato che rimarrebbe in ogni caso un altro posto auto, passibile di godimento turnario. Pertanto la mancata assegnazione del posto auto al coniuge del disabile è stata ritenuta illegittima, ovvero in violazione dell'art. 1102 c.c. nella sua lettura costituzionalmente orientata. Osservazioni
Nelle aree di parcheggio condominiali, a norma degli artt. 4.1.14, 4.2.3 e 8.2.3 del d.m. 14 giugno 1989 n. 236, attuativo della l. 9 gennaio 1989 n. 13, devono essere previsti, nella misura minima di 1 ogni 50 o frazione di 50, posti auto riservati gratuitamente ai veicoli al servizio di persone disabili, di larghezza non inferiore a m 3,20, ovvero di dimensioni tali da consentire anche il movimento del disabile nelle fasi di trasferimento. Detti posti auto, opportunamente segnalati con segnali orizzontali e verticali, devono essere realizzati in aderenza ai percorsi pedonali e nelle vicinanze dell'accesso dell'edificio o delle apparecchiature, come gli ascensori e le piattaforme mobili, che consentono l'ingresso del disabile nell'edificio. Inoltre al fine di agevolare la manovra di trasferimento della persona su sedia a ruote in condizioni atmosferiche avverse i posti auto riservati devono, preferibilmente, essere dotati di una copertura. La sentenza annotata ritiene correttamente che queste disposizioni non siano applicabili al caso di specie in quanto l'edificio oggetto di causa è stato costruito in epoca antecedente alla data di entrata in vigore della l. n. 13/1989, il cui art. 1 al comma 1 limita l'obbligo del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche ai nuovi edifici ed a quelli oggetto di ristrutturazione ai sensi dell'art. 31, lett. d), della l. 5 agosto 1978, n. 457. Quindi, sulla scia del conforme provvedimento emesso dal Tribunale di Bologna il 7 aprile 2006, il Tribunale di Como ritiene che sia assegnabile in via esclusiva un posto auto al condomino il cui coniuge è affetto da disabilità motoria, in quanto l'art. 1102 c.c. - interpretato alla luce degli artt. 2, 3, comma 2, 32 e 42, comma 2, Cost., che garantiscono rispettivamente la solidarietà sociale, il superamento delle situazioni di disuguaglianza, la salute e la funzione sociale della proprietà - consente di contemperare i diritti di tutti i condomini all'utilizzo delle parti comuni con quelli di chi, trovandosi in condizioni di ridotta capacità o di incapacità motoria, ha bisogno di strutture o servizi che gli permettano di raggiungere o entrare agevolmente nell'edificio e di fruire dei relativi spazi comuni in autonomia. Contrariamente, si è affermato che la tutela richiesta dall'attore non può passare attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 1102 c.c., atteso che questa norma, nel sancire i limiti alla facoltà che il singolo condividente ha di modificare la cosa comune per conseguirne un miglior godimento, pone a carico degli altri condomini un mero obbligo di pati e non già, come si vorrebbe, un obbligo di facere o di cooperare alla realizzazione dell'altrui diritto (Trib. Avellino 22 novembre 2016 n. 3337). Sull'argomento, la Suprema Corte, in un recente arresto, ha stabilito che le disposizioni normative della citata legge n. 13 siano dirette a realizzare finalità di carattere pubblicistico poste nell'interesse generale e volte a favorire l'accessibilità agli edifici (Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2016, n. 3858). Simili finalità pubblicistiche si leggono pure nelle disposizioni normative contenute nell'art. 8, lett. c), della l. n. 104/1992, secondo cui l'inserimento e l'integrazione sociale della persona disabile si realizzano anche mediante interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati, nell'art. 2, comma 3, della legge n. 67/2006, il quale dispone che si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone, nonché nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 e sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007. Appare opportuno fare una riflessione circa l'applicabilità anche agli edifici in condominio, costruiti anteriormente all'entrata in vigore della citata l. n. 13/1989, di tutte quelle norme primarie e non, finalizzate alla tutela ed allo sviluppo della persona umana, e ciò anche con un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 1102 c.c. All'uopo giova ricordare come la Corte Costituzionale con la sent. del 10 maggio 1999 n. 167, dando luogo ad una c.d. contaminazione personalistica dei rapporti reali, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'art. 1052, comma 2, per violazione degli artt. 2, 32, 3, comma 2, e 42, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevedeva che il passaggio coattivo possa essere concesso dall'autorità giudiziaria quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilità di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap degli edifici destinati ad uso abitativo. Da una lettura coerente e coordinata dell'apparato normativo, finalizzato alla tutela della persona umana e più specificatamente dei disabili, e dalla giurisprudenza in materia emerge che - a prescindere dai limiti applicativi delle norme dettate in tema di superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche - esiste uno specifico obbligo giuridico, e non solo morale, a carico della collettività di realizzare o consentire la realizzazione di tutti quegli interventi edili per rendere le strutture pubbliche e private accessibili alle persone disabili, con il conseguente divieto assoluto di realizzare atti e comportamenti discriminanti e penalizzanti per le persone diversamente abili che abitano all'interno del condominio, le quali altrimenti potrebbero essere costrette a traslocare in un altro immobile, situazione questa che dovrebbe verificarsi soltanto nel caso di impossibilità reale di adeguamento delle strutture. Perché questo non accada occorre fare sempre un'analisi caso per caso ed un distinguo tra veicoli condotti da persone disabili e quelli posti a loro servizio, ma condotti da terze persone, ritenendo che nella prima ipotesi sarebbe discriminante non assegnare il posto auto sul suolo condominiale, eventualmente disponibile nei pressi dell'ingresso dell'edificio, mentre nel secondo caso per non discriminare basterebbe realizzare, nella medesima posizione di facile accesso, uno stallo per la sosta temporanea e limitata alle sole operazioni di trasferimento degli invalidi. Gli aventi diritto a tale tutela sono soltanto i titolari di «contrassegno di parcheggio per disabili» (art. 188 del Codice della Strada e 381 del Regolamento di esecuzione del Codice della strada), ovvero le persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, i non vendenti, le persone con temporanea riduzione della capacità di deambulazione a causa di infortunio o per altre cause patologiche o con totale assenza di autonomia funzionale e con necessità di assistenza continua, per recarsi in luoghi di cura. Piccinni, Ai confini della servitù: utilitas e predialità tra res e persona, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 11, 1582; Celeste, Barriere architettoniche e tutela dei portatori di handicap, Milano, 2008, 133; Perlingieri, La persona e i suoi diritti. Problemi del diritto civile, Napoli, 2005, 533. |