Revisione giudiziale della tabella millesimale: oneri allegatori e probatori in ordine alle condizioni legittimanti
23 Febbraio 2018
Massima
Ciascun condomino, secondo quanto previsto dall'art. 69 disp. att. c.c., può chiedere la revisione giudiziale della tabella millesimale soltanto se essa sia affetta da originario errore ovvero nel caso in cui, in conseguenza di sopravvenuti mutamenti nella struttura dell'edificio, si sia determinata una modifica dell'originario rapporto di proporzionalità previsto dall'art. 68, comma 1, disp. att. c.c. nella misura eccedente un quinto e che deve rilevare in termini esclusivamente quantitativi e non già quale sola conseguenza della differente modalità di utilizzo della unità immobiliare in proprietà esclusiva; in applicazione dei principi sostanziali e processuali in tema di onere della prova grava, poi, sul condomino che agisce in giudizio l'indicazione e dimostrazione della sussistenza di tali presupposti.
Il caso
Un condomino aveva chiesto la revisione giudiziale della tabella millesimale del proprio condominio sostenendo che altri condomini avevano proceduto ad interventi di modifica delle unità immobiliari in loro proprietà solitaria - in particolare, coprendo con una veranda e rendendo così abitabile un precedente spazio adibito a giardino e trasformando in abitazioni locali soffitta - in tal modo alterando il rapporto di proporzionalità alla cui stregua era stata elaborata la tabella vigente. Nella resistenza del condominio, che aveva, invece, chiesto il rigetto della domanda, sostenendo l'insussistenza dei presupposti richiesti per la revisione, il giudice adito ha disatteso l'istanza.
La questione
Il giudice monocratico ha dovuto, quindi, dare risposta al seguente quesito: sulla base di quali presupposti sostanziali il condomino può chiedere la revisione giudiziale delle tabelle millesimali che ritenga non adeguate all'effettivo assetto dell'edificio al cui interno è posta l'unità immobiliare in sua proprietà esclusiva quanto al rapporto di proporzionalità previsto dall'art. 68 disp. att. c.c.? E, nella prospettiva processuale, a quali oneri - di allegazione e di prova - deve assolvere?
Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale è pervenuto alla decisione di rigetto della domanda sulla scorta di un iter motivazionale che si pone in stretta attuazione del dato normativo di riferimento e del quale ha offerto un'esegesi connotata da alcuni profili di originalità. Ha rilevato, preliminarmente, il decidente che la lettura sistematica delle previsioni portate dall'art. 69 disp. att. c.c., nn. 1) e 2), consente di affermare l'esistenza di due pretese: l'una, facente capo al singolo condomino, di poter conseguire, con il supporto della maggioranza qualificata, la rivisitazione della tabella millesimale che, perché originariamente affetta da errore ovvero perché, in conseguenza di modifiche della composizione delle singole unità immobiliari registri una alterazione dell'originario rapporto di proporzionalità eccedente un quinto, non rispecchi l'effettiva relazione, in termini millesimali, predicata dagli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c.; l'altra, di spettanza della minoranza, alla conservazione della tabella che registri detta divergenza che non sia, però, eziologicamente ascrivibile a tali presupposti tipici. Così inquadrata la fattispecie a livello sostanziale, il conseguente risvolto in termini processuali, sul piano del diritto di azione in giudizio, è che l'errore originario, ovvero la sopravvenuta alterazione in misura eccedente un quinto dell'originaria relazione di proporzionalità in conseguenza delle specifiche vicende espressamente prese a riferimento - “sopraelevazione”, “incremento di superfici”, “incremento o diminuzione delle unità immobiliari” - integra il fatto costitutivo del diritto di ciascun condomino alla revisione tabellare e, pertanto, nel rispetto degli oneri affermati dagli artt. 2697 c.c., 112 e 115 c.p.c., laddove non affermato in termini di allegazione e probatoriamente suffragato, non può avere giudiziale riconoscimento. La sentenza in esame evidenzia, poi, che ai fini della revisione della tabella ciò che rilevano sono le sole modifiche in termini quantitativi dell'assetto strutturale delle singole unità immobiliari in proprietà solitaria nella misura a ciò ritenuta idonea e con esclusione, pertanto, di quelle che si sostanziano in una differente modalità d'uso dell'immobile, deponendo in tal senso il testo normativo, come risultante all'esito delle modifiche apportate dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220 di riforma della materia condominiale. Nel caso deciso, poiché, all'esito di verifiche espletate a mezzo c.t.u., emergeva che le successive differenti forme di utilizzo di parti delle unità immobiliari interessate da mutamenti non avevano importato incremento della relativa superficie convenzionale - rilevante per l'enucleazione del pertinente dato millesimale - in misura eccedente ad un quinto, la domanda di revisione è stata, quindi, rigettata. Osservazioni
La pronuncia esaminata riafferma principi propri della esegesi del giudice di legittimità. La Corte di Cassazione ha, invero, sostenuto che la revisione della tabella millesimale può conseguirsi laddove si riscontrino errori, di fatto o di diritto, che afferiscano gli elementi su cui si fonda il calcolo del valore di ciascuna unità immobiliare in proprietà solitaria - quali l'estensione, l'altezza, l'esposizione - ovvero sopravvengano modifiche incidenti in modo apprezzabile sull'originario assetto proporzionale tra le proprietà individuali sicché, a tali fini, non rilevano gli errori che non attengano tali parametri di riferimento ovvero «i mutamenti successivi dei criteri di stima della proprietà immobiliare» sebbene implicanti alterazione dell'originario rapporto di proporzionalità. Ciò perché viene ritenuto valore da salvaguardare la «esigenza di certezza dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini, fissati nelle tabelle millesimali», il che determina l'esclusione della rilevanza degli errori che non siano obbiettivamente riscontrabili ovvero che conseguano a meri apprezzamenti di stampo prettamente soggettivo (in tali termini, v. Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 2016, n. 19797). In tale esigenza di certezza può, quindi, riscontrarsi il diritto della minoranza alla conservazione della tabella millesimale che, sebbene non rispondente al parametro proporzionale effettivo, tuttavia non può essere oggetto di rivisitazione, anche su iniziativa del singolo condomino e con l'avvallo della maggioranza, per carenza dei presupposti legittimanti. Gli stessi giudici di Piazza Cavour hanno, poi, sostenuto il principio, espresso anche dal giudice territoriale, per il quale, essendo la modifica del dato tabellare millesimale condizionata dall'esistenza dei presupposti indicati dall'art. 69 disp. att. c.c., chi intende far valere la pertinente pretesa deve dimostrarne la ricorrenza, in base alla regola generale del riparto dell'onere probatorio e quantomeno con riferimento agli errori obiettivamente verificabili (così Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2016, n. 25790). Va, per altro verso, evidenziato che la rivisitazione della tabella millesimale può essere oggetto anche di decisione unanime dei componenti tutti la collettività condominiale e, in tal caso, si prescinde dal rispetto dei presupposti indicati dal citato art. 69 disp. att. c.c. nn. 1) e 2). In tale evenienza, poiché trattasi non già di mero atto di gestione endocondominiale -che in quanto tale deve soggiacere alla regola maggioritaria disciplinata dall'art. 1136 c.c.- ma di accordo di contenuto dispositivo negoziale, la volontà dei condomini può liberamente estrinsecarsi senza soggiacere a tali limitazioni quanto a presupposti e contenuto. In tal senso, peraltro, depone la chiara lettera del medesimo comma 1 dell'art. 69 disp. att. c.c. che, nell'affermare il principio per il quale la modifica della tabella può conseguirsi «all'unanimità», sembrerebbe aver introdotto tale regola generale che soffrirebbe, poi, eccezioni nei soli casi indicati ai successivi nn. 1) e 2). L'attuale formulazione di tale norma, va osservato, è stata introdotta dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220 e, all'indomani della sua vigenza i primi commenti si erano espressi nel senso che sia l'atto genetico di adozione della tabella, così come il successivo di sua modifica e/o rettifica, avrebbe, di regola, richiesto l'adesivo apporto partecipativo dei condomini tutti. Tale lettura interpretativa comportava superamento del precedente sistema di disciplina, di derivazione pretoria, espresso a livello nomofilattico con la sentenza della Corte di Cassazione resa a Sezioni Unite del 9 agosto 2010, n. 18477 che, escludendo che la delibera assembleare di approvazione della tabella avesse natura e contenuto negoziale, aveva affermato, in conseguenza, la sua soggezione alla regola maggioritaria espressa dall'art. 1136 c.c. Il principio è stato, poi, riaffermato dagli ermellini che nella successiva sentenza, Cass. civ., sez. II, 13 maggio 2013, n. 11387, hanno espressamente sostenuto che la novella legislativa della materia condominiale, in parte qua, aveva normativizzato, e non già radicalmente innovato, il precedente assetto pretorio nomofilattico. Deve, per altro verso, evidenziarsi che la Corte regolatrice ha affrontato anche la tematica relativa all'esistenza di tabelle adottate su base negoziale e la cui valenza contrattuale, ha precisato, consegue non già alla loro annessione a regolamento di condominio di natura convenzionale bensì al contenuto derogatorio rispetto al pertinente paradigma normativo in punto di ripartizione delle spese comuni come previsto dall'art. 1123 c.c. In tal caso la modifica e la rettifica, quanto meno nel caso di errore, dovrebbe richiedere l'unanimità dei consensi dei condomini tutti, così escludendo la possibilità di revisione giudiziale nei casi previsti dall'art. 69 disp. att. c.c., comma 1, n. 1). Tale regola è stata, peraltro, di recente ribadita in altra pronuncia dal medesimo consesso giudicante - Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2018, n. 1848 - che, sebbene abbia fatto testuale riferimento alla previsione dell'art. 69 disp. att. c.c., ante modifiche ex l. n. 220/2012, tenuto però conto dell'ulteriore arresto, pure richiamato, espressosi nel senso di negare sostanziale portata innovativa alla previsione di nuovo conio, consente di ritenere attuali e vigenti tali principi. Pertanto, deve conclusivamente sostenersi che la procedura di revisione giudiziale prevista dall'art. 69 disp. att. c.c. e il rispetto del presupposto in esso richiamato quanto all'errore intervenga nel solo caso in cui siano oggetto di emenda tabelle millesimali che, quand'anche allegate a regolamento condominiale di natura convenzionale, non deroghino ai criteri legali ripartitori delle spese di interesse comune come previsti dagli artt. 1123, 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c. Diversamente, nel caso di tabella millesimale adottata all'unanimità dei consensi dei condomini tutti e il cui contenuto diverga da tali parametri di riferimento, in mancanza di intento unanimitario deve escludersi la possibilità di rettifica e/o di rivisitazione anche giudiziale, secondo il descritto meccanismo operativo individuato dall'art. 69, comma 1, n. 1), disp. att. c.c. laddove se ne denunci la sussistenza di errore. Rimane aperta e da definire, invece, la possibilità di rettifica della tabella millesimale convenzionale nel caso in cui intervengano le modifiche strutturali prese a riferimento dall'art. 69, comma 1, n. 2), disp. att. c.c., poiché, trattandosi di circostanze sopravvenute al perfezionamento dell'atto negoziale e incidenti sul suo contenuto ed effetti, secondo i generali principi affermativi del diritto dei contraenti al riequilibrio delle proprie posizioni a fronte di fatti successivi alla formazione del vincolo dovrebbero legittimare l'adozione, se del caso anche in via giudiziale, dei relativi rimedi.
Salciarini, La revisione delle tabelle millesimali ex art. 69 disp. att. c.c. e il calcolo delle pertinenze delle unità immobiliari presenti nel'edificio, in Condominioelocazioni.it, 2017, 21 dicembre 2017;
Bellante, L'approvazione delle tabelle millesimali, in Giust. civ., 2011, 1799. |