L'istituto dell'accessione si applica anche nel caso di opera posta in essere da uno dei comproprietari

26 Febbraio 2018

L'istituto dell'accessione prevede che le opere, piantagioni o costruzioni esistenti sopra o sotto il suolo appartengano al proprietario di questo. Si tratta quindi non solo di un modo di acquisto della proprietà a titolo originario, ma anche di un'espressione del carattere assoluto dello stesso diritto di proprietà, inteso come...
Massima

La costruzione eseguita dal comproprietario sul suolo comune, salvo diverso contrario accordo avente forma scritta ad substantiam, diviene di proprietà comune tra i comproprietari del suolo. Il consenso alla costruzione dato dal comproprietario non costruttore, non è idoneo a costituire un suo favore un diritto reale ma vale ad inibirgli l'esercizio dello ius tollendi. I comproprietari del suolo, qualora la costruzione non venga abbattuta, sono tenuti in proporzione alle rispettive quote di proprietà a rimborsare le spese sopportate per l'esecuzione dell'opera.

Il caso

L'attore, conveniva in giudizio avanti al Tribunale una società, chiedendo lo scioglimento della comunione delle unità immobiliari edificate da quest'ultima sul suolo comune: si trattava esattamente di un corpo edilizio interrato composto da due piani sovrapposti e da altra costruzione a livello seminterrato adibita ad autorimessa e cantina. L'attore, chiedeva altresì l'attribuzione delle quote di spettanza con determinazione degli eventuali conguagli.

Si costituiva in giudizio la società convenuta chiedendo, tra le altre cose, l'attribuzione in proprietà esclusiva (per gli altri beni erano intervenuti accordi scritti) del corpo edilizio interrato.

Il Tribunale accoglieva la domanda della convenuta in merito alla proprietà esclusiva del bene reclamata da quest'ultima.

La sentenza appellata, veniva confermata dalla Corte d'Appello in base all'applicazione del seguente principio di diritto: alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari sul suolo comune non si applica la disciplina di cui al diritto di accessione, ma bensì quella in materia di comunione. Questo comporta che il bene edificato, qualora come nel caso di specie l'opera non sia stata eseguita nel rispetto delle norme sulla comunione, diverrà di proprietà esclusiva di chi la ha posta in essere.

Avverso tale decisione veniva proposto ricorso in cassazione da parte (nuovamente) soccombente.

La questione

Si tratta di stabilire se nel caso di costruzione posta in essere da solo uno dei comproprietari all'insaputa dell'altro, si applichi o meno il diritto di accessione, e se quindi il bene sia di proprietà comune o esclusiva.

Qualora, inoltre, si stabilisca che il bene divenga di proprietà comune, si devono individuare delle regole atte a disciplinare i rapporti tra le parti: se cioè il bene debba essere demolito o meno su richiesta di chi non ha partecipato alla sua costruzione, e cosa accade per le spese sopportate in caso contrario.

Le soluzioni giuridiche

La decisione del caso è stata demandata alle Sezioni Unite per porre fine al contrasto esistente ad oggi tra i giudici di legittimità.

In particolare, sul punto si contrapponevano due differenti orientamenti: l'uno (quello adottato dai giudici veneziani) che ritiene che per l'accessione sia necessaria la non corrispondenza tra il costruttore e i proprietari del bene, l'altro (più risalente nel tempo) che viceversa non ritiene in nessun modo, per l'accessione, siano rilevanti le caratteristiche soggettive di chi pone in essere l'opera.

Sono evidenti le differenti conseguenze alle quali conducono l'applicazione di uno o dell'altro dei predetti contrapposti regimi giuridici: nel primo caso, il bene sarà di proprietà comune solo se si saranno rispettate nell'edificarlo le norme sulla comunione, diversamente diverrà di proprietà esclusiva di chi lo ha posto in essere. Nel secondo caso, viceversa, si applicherà l'istituto della accessione con ogni conseguenza di legge in merito alla proprietà del bene in capo a tutti i comproprietari.

Le Sezioni Unite, ritengono di abbandonare il nuovo orientamento, adottato dai giudici di merito nel decidere il caso di specie, e di aderire a quello più risalente nel tempo.

Osservazioni

La decisione adottata dal Collegio appare non solo la più corretta dal punto di vista del diritto, ma anche decisamente preferibile per ragioni di giustizia oggettiva.

Si pensi, in proposito, come il più recente orientamento in materia portasse a soluzioni decisamente discutibili, quale su tutte quella di attribuire la proprietà esclusiva del bene al comproprietario che abbia agito all'insaputa dell'altro.

Un tale orientamento, fatto proprio come si è visto anche dalla Corte d'Appello, si prestava a porre in essere veri e propri abusi, finendo per promuovere comportanti illeciti che, viceversa, sarebbero stati semmai da sanzionare.

Come accaduto, già in passato, pertanto - si pensi tra le altre alla notissima decisione del 2008 della Corte in seguito alla quale era stato abbandonato il criterio della solidarietà del debito in odio ai condomini - le Sezioni unite hanno l'accortezza, e la sensibilità, di trovare una soluzione “giusta” sia per corretta applicazione del diritto, sia per le ripercussioni sulla vita dei cittadini che essa porta con sé.

Sono comunque ineccepibili le ragioni di diritto fatte proprie dal Collegio nel fare proprio un orientamento anzichè l'altro.

Da un lato, si è osservato, non esiste alcuna norma che preveda che la accessione si applichi solo qualora il costruttore sia terzo (cioè non legato al proprietario del suolo da un rapporto giuridico di natura reale o personale che lo legittimi a costruire sul bene) rispetto alla proprietà del bene, dall'altro lo stesso istituto giuridico della accessione (al quale la Cassazione dedica un breve escursus storico per palesarne la vera natura) si deve considerare come un'estrinsecazione e completamento del diritto di proprietà, del quale quindi, nel prevedere che i beni costruiti su un altro bene divengano di proprietà del proprietario del suolo, è una logica applicazione.

Il Collegio inoltre, correttamente, smentendo anche in questo caso la sentenza poi cassata, ricorda come gli istituti di accessione e comunione siano dedicati a regolare fattispecie tra loro totalmente differenti: con il risultato che non esiste nessun rapporto tra genere e specie tra di loro.

La disciplina giuridica della comunione, in particolare: - riguarda i rapporti tra i comproprietari nell'uso e nel godimento della cosa comune - fissa i limiti entro cui è consentito il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione del bene comune o sono permesse innovazioni o disposizione della cosa. Mentre l'accessione come è noto è un modo di acquisto del diritto di proprietà a titolo originario. In nessun caso, si ripete, si può quindi considerare la disciplina della comunione speciale, e quindi in deroga, di quella della accessione.

Il sistema posto in essere dalla Cassazione con la sentenza in oggetto appare quindi perfettamente equilibrato e retto da criteri di giustizia.

Il tutto si può brevemente riassumere nel seguente modo: - alle opere poste in essere dal comproprietario sul fondo si applica l'istituto della accessione e non quello della comunione - il comproprietario tenuto all'oscuro dei fatti potrà avvalersi dei rimedi esperibili con le azioni possessorie e richiedere altresì la demolizione del bene e il ripristino dello status quo ante - qualora il proprietario non costruttore fosse al corrente e non si sia opposto alla edificazione, non potrà avvalersi dello ius tollendi e dovrà rimborsare, in proporzione alle quote di proprietà, al costruttore le spese sopportate per l'edificazione dell'opera.

Guida all'approfondimento

Maccavino, Accessione e comunione legale: quale è il rapporto tra i due istituti, in Giuricivile, 26 luglio 2017;

Gallo, Evoluzione storica e disciplina attuale del diritto di superficie, in AmbienteDiritto.it;

Consiglio nazionale del notariato, Acquisto per accessione e condono edilizio, Studio n. 998, dalla commissione studi civilistici il 16 dicembre 1997;

Gambaro, Il diritto di proprietà, in Trattato di diritto civile, diretto da Cicu e Messineo, 1995, 761;

Pugliese, Usufrutto, uso, abitazione, in Trattato di diritto civile, diretto da Vassalli, 1972, 734.

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