Il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore é improcedibile se non si dimostra la preventiva convocazione dell'assemblea?

26 Febbraio 2018

La Corte d'Appello di Torino ha confermato, in sede di reclamo, il decreto del Tribunale di Asti, con il quale era stato dichiarato improcedibile il ricorso per revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, proposto da un condomino ai sensi dell'art. 1129 c.c., ciò sul presupposto che l'assemblea condominiale...
Massima

L'istanza di revoca giudiziaria dell'amministratore di condominio, promosso da un condomino ai sensi dell'art. 1129 c.c., è improcedibile se non è preceduta dalla convocazione dell'assemblea che deve pronunciarsi su tale revoca. L'assemblea convocata per la nomina del nuovo amministratore non può essere equiparata a quella che deve obbligatoriamente essere convocata per la richiesta di revoca, né la delibera di nomina o conferma dell'amministratore equivale a mancata revoca.

Il caso

Un condomino ha proposto ricorso avanti al tribunale di Asti, ai sensi dell'art. 1129, comma 11, c.c., al fine di ottenere la revoca dell'amministratore, già condannato con sentenza di primo grado per il reato di appropriazione indebita.

Il tribunale di Treviso, nel rilevare che la condanna non era ancora passata in giudicato e che, pertanto, non ricorreva l'ipotesi della decadenza immediata ai sensi dell'art. 71-bis disp. att. c.c., ha comunque dichiarato l'improcedibilità del ricorso perché non preceduto da una convocazione assembleare, che avrebbe dovuto preventivamente discutere la richiesta di revoca.

Medesima motivazione si legge nel provvedimento della Corte d'Appello di Torino, in fase di reclamo, che ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale, per aver rilevato tale improcedibilità, ribadendo, altresì, che la conferma dell'amministratore deliberata dall'assemblea non potesse equipararsi ad una mancata revoca.

Sia il giudice di prime cure che quello distrettuale hanno, quindi, rigettato il ricorso e condannato il condomino alle spese del giudizio.

La questione

La revoca giudiziale dell'amministratore di condominio è stata da sempre oggetto di ampio dibattito in dottrina ed oggi, nella disciplina riformata dalla l. n. 220/2012, suscita maggiori dubbi interpretativi.

La precedente formulazione dell'art. 1129 c.c. prevedeva la possibilità per ciascun condomino di adire l'autorità giudiziaria, al fine di ottenere la revoca dell'amministratore, nei seguenti casi:

1) Ipotesi prevista dall'art. 1131, ultimo comma, c.c. (mancata comunicazione all'assemblea di un atto di citazione o provvedimento ricevuto dall'amministratore, qualora tali atti abbiano un contenuto che esorbita dalle attribuzioni riservate a quest'ultimo);

2) mancata resa del conto per due anni; e

3) sussistenza di fondati sospetti di gravi irregolarità.

Il legislatore riformatore, ha mantenuto in parte la medesima formulazione, oggi contenuta nel comma 9 dell'art. 1129, riducendo la «mancata resa del conto» ad un anno ed eliminando la previsione dei «fondati sospetti» per le ipotesi delle gravi irregolarità (queste ultime però dettagliate, seppure in modo esemplificativo, nel successivo comma 12).

Di assoluta novità è l'introduzione dell'ultima parte del comma 11 dell'articolo in questione, laddove il Legislatore ha voluto precisare che, nell'ipotesi di una grave irregolarità già tipizzata nel successivo comma (la mancata apertura e utilizzazione del conto corrente postale o bancario intestato al condominio) e nelle gravi irregolarità di carattere fiscale, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore.

Il periodo si conclude poi con la previsione della possibilità per ciascun condomino, in caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, di adire l'autorità giudiziaria e, in caso di accoglimento della domanda, rivalersi per le spese legali nei confronti del condominio, il quale a sua volta ha azione di rivalsa nei confronti dell'amministratore revocato.

La superiore nuova formulazione ha immediatamente posto la questione della «condizione di procedibilità» che sembrerebbe essere stata introdotta dal legislatore per le due ipotesi di revoca (gravi irregolarità fiscali e mancata apertura e tenuta del conto corrente condominiale), cioè la preventiva convocazione e celebrazione dell'assemblea che si pronunci sull'istanza di revoca avanzata anche da un solo condomino.

Le soluzioni giuridiche

Nell'applicazione della disciplina condominiale ante Riforma, non si è mai dubitato della facoltà del singolo condomino di adire l'autorità giudiziaria, senza preventivo passaggio assembleare, per ottenere la revoca dell'amministratore.

La chiara formulazione dell'art. 1129 c.c., invero, non lasciava dubbi di sorta sulla immediata e diretta legittimazione del singolo condomino a richiedere l'intervento dell'autorità giudiziaria, ciò nonostante si fosse in presenza di un procedimento di volontaria giurisdizione, i cui connotati sono certamente estranei ad un giudizio contenzioso e presuppongono una inerzia e/o una situazione di stallo dell'organizzazione condominiale che impone l'intervento risolutore e sostitutivo del giudice.

L'istituto della “revoca” ed il suo raffronto con quello della “nomina” giudiziaria, previsto dal medesimo art. 1129 c.c., è stato ampiamente commentato e dibattuto in dottrina.

Nella nomina dell'amministratore, l'autorità giudiziaria può intervenire alla sola condizione che i condomini siano più di otto (quattro nella precedente formulazione) e che l'assemblea non abbia provveduto in merito; nessun'altra condizione è stata definita dal legislatore, con ciò lasciando intendere che l'autorità giudiziaria non debba valutare le motivazioni della mancata nomina da parte dell'assemblea, ma semplicemente accertarne l'inerzia.

Nel caso della revoca, il Legislatore ha invece individuato tre precise fattispecie in presenza delle quali è concesso a ciascun condomino di ricorrere all'autorità giudiziaria. In tal caso, l'adito Tribunale, sempre in sede di volontaria giurisdizione così come per la nomina, dovrà valutare la sussistenza di una delle fattispecie indicate dalla norma e procedere alla revoca, con valutazione discrezionale (la norma utilizza appositamente il termine “può”), qualora dovesse accertate positivamente le gravi violazioni tipizzate dal legislatore.

In entrambi i casi, quindi, l'intervento dell'autorità giudiziaria, del tutto residuale ed eccezionale, si inserisce in un contesto riservato all'autonomia privata, nel quale, appunto, ogni ingerenza esterna può giustificarsi solo nei casi in cui gli organi preposti alle relative decisioni non possano o non vogliano provvedere alla bisogna. D'altra parte, i provvedimenti di volontaria giurisdizione - come quelli in commento - hanno una finalità meramente amministrativa, spesso di supplenza nella tutela di un interesse privato che il relativo titolare non sia in grado di soddisfare; interesse privato che, nell'ambito condominiale, assurge ad interesse collettivo per una corretta e trasparente gestione dei beni comuni.

In questo contesto, mentre la nomina giudiziaria dell'amministratore potrà giustificarsi solo per il caso dell'inerzia assembleare (la cui convocazione deve quindi ritenersi condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria), la revoca giudiziaria trova la propria ratio nella necessità di un controllo sull'operato dell'organo gestorio che, grazie ai presupposti tipizzati dal legislatore, consente l'intervento del giudice indipendentemente dal coinvolgimento dell'organo assembleare, il quale, tra l'altro, potrebbe avallare gli interessi di una maggioranza incline ad una “leggera” valutazione del comportamento scorretto dell'amministratore.

Orbene, le superiori argomentazioni, che fino alla Riforma del 2013 trovavano il consenso unanime di dottrina e giurisprudenza, sembrano oggi messe in discussione dalla nuova formulazione dell'art. 1129 c.c.

È indubbio che il nuovo “sistema condominio”, è improntato sulla nuova figura professionale dell'amministratore, al quale vengono, da un lato, imposti maggiori obblighi e responsabilità e, dall'altro, riconosciuti strumenti di tutela per lo svolgimento della professione; al contempo viene sollecitata una più ampia partecipazione dei condomini per la gestione della cosa comune e potenziati gli strumenti di tutela volti ad assicurare una gestione improntata a canoni di correttezza e trasparenza.

Così il nuovo art. 1129 c.c., nel mantenere le tre fattispecie di revoca giudiziaria, riduce ad uno gli anni di mancata resa del conto ed elimina la locuzione “fondati sospetti” nelle ipotesi di gravi irregolarità; dettaglia, seppure in modo esemplificativo, i casi di gravi irregolarità, inserendo quale prima fattispecie quella del «ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca...»; chiarisce che l'amministratore revocato giudizialmente non potrà più essere nominato nel condominio nel quale è stato destituito, con l'obbligo di annotazione del relativo provvedimento giudiziale nel nuovo obbligatorio registro di «nomina e revoca»; introduce un nuovo strumento di garanzia per il singolo condomino, il quale, in due ipotesi di gravi irregolarità (1. mancata apertura e utilizzo del conto corrente condominiale e 2. gravi irregolarità fiscali), potrà chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare l'amministratore, con possibilità di rivalsa nei confronti del condominio per le spese legali che sarà costretto a sostenere, in caso di inerzia o rifiuto dell'assemblea, per l'eventuale successiva azione di revoca giudiziaria.

Orbene, quest'ultima previsione, inserita nel comma 11 dell'art. 1129 c.c. è stata letta da unanime dottrina nel senso di una introdotta condizione di procedibilità dell'azione di revoca giudiziaria per le due fattispecie ivi indicate, restando invece immutata la facoltà dei singoli di adire immediatamente l'autorità giudiziaria nelle altre ipotesi di gravi irregolarità.

Il tribunale di Asti e la Corte d'appello di Torino hanno invece, con motivazione generica e certamente non condivisibile, aderito ad una suggestiva interpretazione della norma che estende la condizione di procedibilità (o presunta tale) prevista dall'ultimo periodo del comma 11 dell'art. 1129 c.c., ad ogni ipotesi di revoca giudiziaria, imponendo, quindi, al singolo condomino che agisce per la revoca, di dimostrare il preventivo coinvolgimento dell'assemblea sulla medesima richiesta di revoca portata al vaglio della magistratura.

Osservazioni

Ad avviso di chi scrive, i provvedimenti in commento sono il frutto di una lettura disattenta e superficiale della norma, e denotano una visione parziale e riduttiva dell'intero “sistema condominio”, così come delineato dal legislatore della Riforma, la cui ratio sembra sfuggire ai giudici piemontesi ed alla maggior parte dei commentatori della nuova disciplina condominiale.

La revoca giudiziale dell'amministratore, nella sua disciplina sostanziale e procedurale, non ha subìto particolari modifiche a seguito della riforma, se non nei termini sopra delineati. Viene, infatti, mantenuta dal Legislatore la medesima formula («può altresì essere...» ), che consente all'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, di disporre la revoca per le medesime tre tipiche fattispecie previste ante riforma.

Non vi è motivo, pertanto, di discostarsi dalla letterale interpretazione della norma, unanimemente accolta da dottrina e giurisprudenza, che vede il singolo condomino immediatamente legittimato ad adire l'autorità giudiziaria per ottenere la revoca dell'amministratore, senza necessità di coinvolgere preventivamente l'assemblea. Nessuna condizione di procedibilità può, quindi, ravvisarsi per tale procedimento di volontaria giurisdizione, contrariamente a quanto avviene per il procedimento di nomina dell'amministratore, per il quale il comma 1 dell'art. 1129 c.c. espressamente condiziona tale azione all'inerzia assembleare (l'inciso che si rinviene nel primo comma «se l'assemblea non vi provvede», non lascia spazio a dubbi di sorta sulla necessità di una preventiva convocazione assembleare prima di ricorrere all'autorità giudiziaria).

D'altra parte, la stessa natura del provvedimento di volontaria giurisdizione, come sopra evidenziato, e i presupposti dell'azione di revoca tipizzati dal legislatore, giustificano una tale interpretazione.

La diversa interpretazione offerta dai provvedimenti giudiziari in commento non trovano, invece, alcuna valida giustificazione giuridica, tale da poter mettere in discussione le superiori argomentazioni.

Né le novità introdotte dalla Riforma possono in qualche modo supportare l'assunto dei giudici piemontesi.

E invero, come detto, la vera novità della l. n. 220/2012 è la previsione dell'ultimo periodo del comma 11 dell'art. 1129 c.c. cioè la “facoltà” riservata ai condomini di chiedere, anche singolarmente, la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore, per le due ipotesi di gravi irregolarità, e precisamente:

1. il caso, già previsto come grave irregolarità dal successivo comma, della mancata apertura e tenuta del conto corrente;

2. le violazioni di carattere fiscale che devono avere il medesimo connotato di “grave irregolarità”.

Neanche in tale ipotesi, ad avviso di chi scrive, si può ravvisare quella condizione di procedibilità che i giudici piemontesi hanno inteso addirittura estendere a tutte le ipotesi di revoca giudiziaria.

Contrariamente a quanto sostenuto dai commentatori della riforma, il chiaro tenore letterale della norma non lascia dubbi interpretativi sulla natura facoltativa e non obbligatoria della richiesta di convocazione che il singolo condomino può effettuare in presenza dei predetti due casi di gravi irregolarità: il termine «possono», utilizzato dal Legislatore, non può essere interpretato nel senso che i condomini «devono» chiedere la convocazione dell'assemblea prima di procedere alla revoca giudiziaria dell'amministratore.

D'altra parte, se ciascun condomino può direttamente adire l'autorità giudiziaria in caso di mancata apertura e tenuta del conto corrente, ai sensi del combinato disposto del primo periodo del comma 11 e del comma 12, n. 3), trattandosi appunto di grave irregolarità, non si comprende una diversa regolamentazione della medesima fattispecie, che sarebbe, tra l'altro, prevista dall'ultimo periodo dello stesso undicesimo comma.

Occorre allora comprendere la ratio di tale previsione, cioè il motivo per cui il Legislatore abbia voluto prevedere il coinvolgimento, seppure facoltativo, dell'assemblea condominiale per queste due ipotesi di gravi irregolarità.

Alcuni autori sostengono che le due fattispecie in questione rappresentano ipotesi meno gravi di irregolarità, tali da rendere opportuna una preventiva valutazione del supremo organo condominiale, al quale sarebbe riservata ampia discrezionalità nell'adottare una decisione che ponga fine alla violazione e ristabilisca, se del caso, il rapporto fiduciario con l'amministratore.

Se fosse corretta tale interpretazione, il Legislatore avrebbe dovuto far prevalere l'interesse del gruppo su quello del singolo, ed impedire al singolo condomino di insistere nella richiesta di revoca giudiziale in caso di contraria volontà assembleare. La norma, invece, non solo prevede la possibilità del condomino di ricorrere all'autorità giudiziaria per ottenere comunque la revoca negata dall'assemblea, ma sanziona espressamente il condominio addebitandogli le spese del giudizio in caso di accoglimento della richiesta del singolo.

È evidente, pertanto, che la ratio della norma è ben diversa ed anzi del tutto opposta a quella sopra descritta.

In realtà, le due ipotesi di revoca devono ritenersi di maggiore gravità rispetto alle altre, tali da rendere opportuno un coinvolgimento immediato di tutti i condomini, affinché principalmente e preliminarmente si adottino quei provvedimenti immediati e necessari per «far cessare la violazione», prima vera ragione per cui il Legislatore ha concesso la facoltà di richiesta di convocazione dell'assemblea anche al “singolo” condomino. Rileviamo, invero, che la semplice revoca dell'amministratore, anche in via giudiziale, non risolve le conseguenze delle gravi violazioni da questi commesse, soprattutto quando tali violazioni comportino un pregiudizio di carattere fiscale che incide, a volte anche in modo irreparabile, su aspetti economici che, pertanto, necessitano di immediato intervento riparatore, o come nel caso della mancata apertura del conto corrente, che impedisce ai condomini di provvedere al versamento delle quote e al pagamento delle spese necessarie per garantire i servizi condominiali.

La revoca giudiziale dell'amministratore, infatti, comporterà la successiva convocazione dell'assemblea per la nomina di altro amministratore e, in caso di inerzia, la richiesta di nomina giudiziaria, con le evidenti lungaggini che tutta la procedura comporta.

Si giustifica, pertanto, la facoltà concessa al singolo condomino di richiedere, in alternativa alla diretta azione giudiziaria sempre ammissibile, la convocazione dell'assemblea che ponga immediato rimedio ad una situazione di grave violazione, le cui infauste conseguenze non possono attendere i lunghi tempi di una revoca giudiziaria e di una conseguente nomina assembleare/giudiziaria.

Si giustifica altresì la sanzione comminata al condominio, il quale nonostante sia messo nelle condizioni di deliberare in merito alla cessazione della violazione ed alla revoca dell'amministratore, non proceda in tal senso e costringe il condomino ad adire l'autorità giudiziaria ed a sostenere i relativi costi.

In tali casi, quindi, la revoca dell'amministratore sembra costituire una conseguenza inevitabile e necessaria, proprio in virtù della gravità delle violazioni che non lasciano spazio a discrezionalità né dell'assemblea, né dell'autorità giudiziaria.

Deve, pertanto, concludersi che, in tutti i casi di revoca, ed a maggior ragione nelle due ipotesi di gravi irregolarità previste dal comma 11 dell'art. 1129 c.c. ultima parte, non si rinviene alcuna condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria introdotta dal legislatore della Riforma, semmai una rafforzata tutela del singolo condomino che avrà a disposizione un nuovo strumento per sollecitare un maggiore partecipazione dei condomini per una corretta amministrazione della cosa comune ed evitare le lungaggini ed i costi di un intervento giudiziario.

Ogni singolo condomino potrà, quindi, sempre agire direttamente per ottenere la revoca giudiziaria dell'amministratore e, solo nei due casi indicati dalla norma, potrà chiedere la convocazione, anche singolarmente, per ottenere una delibera assembleare che prenda atto della grave violazione e disponga la revoca dell'amministratore, con la consapevolezza che potrà sempre adire l'autorità giudiziaria, in caso di contraria decisione assembleare, ed ottenere la rivalsa delle spese processuali sostenute in caso di provvedimento favorevole.

Del tutto non condivisibili devono, pertanto, ritenersi le statuizioni dei giudici piemontesi.

Guida all'approfondimento

Celeste, La volontaria giurisdizione in materia condominiale. Gli interventi “non contenziosi” dell'autorità giudiziaria nell'amministrazione del condominio, Milano, 2000, 165;

Nicoletti, La revoca giudiziale dell'amministratore, in Rass. locaz. e cond., 1995, 7.

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