Risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso abitativo per mancato versamento del canone non sussistendo l'inidoneità dell'immobile
06 Marzo 2018
Massima
In tema di locazione ad uso abitativo, costituisce grave inadempimento, ai sensi dell'art. 1455 c.c., il mancato versamento della pigione, posto che il non adempimento da parte del conduttore dell'obbligo principale comporta come conseguenza la risoluzione del rapporto contrattuale e della condanna al rilascio dell'immobile locato, non rilevando la presunta inidoneità dell'appartamento per la presenza di vizi mai denunciati nel corso del rapporto locatizio. Il caso
Il locatore con atto di citazione conveniva in giudizio il conduttore per sentir convalidare lo sfratto per morosità, ex art. 663 c.p.c., intimato in ragione del mancato pagamento dei canoni di locazione e delle spese di cui a contratto di locazione sottoscritto dalle parti, relativo ad un rapporto locatizio ad uso abitativo. Alla prima udienza di comparizione, l'intimante confermava la persistenza della morosità e, di contro, il conduttore si opponeva alla convalida di sfratto, adducendo l'inidoneità dell'immobile a fondamento della sua difesa per motivi igienico-sanitari e spiegava domanda riconvenzionale per i danni subiti. Il giudice adito si pronunciava sulla richiesta di emissione di ordinanza di rilascio, ex art. 665 c.p.c., accogliendola, poiché non sussistevano gravi motivi, fissava la data del rilascio e ordinava il mutamento di rito ex artt. 420 e 667 c.p.c., fissando altra udienza di discussione. Nel merito, il giudice non ammetteva alcuna C.T.U., richiesta dal resistente, posto che il giudizio era da considerarsi di natura documentale, poiché l'ASL intervenuta sullo stato dei luoghi non aveva riscontrato alcuna irregolarità, nonché, da quanto prodotto dal ricorrente, risultava anche la violazione in merito alla sublocazione effettuata dal conduttore senza alcuna autorizzazione. Il giudicante, pertanto, dall'attento esame della documentazione prodotta in atti, ha dedotto che le eccezioni del conduttore fossero del tutto infondate, sussistendo i presupposti per la declaratoria, ex art. 1453 c.c., della risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore, con condanna al pagamento dei canoni di locazione e spese per consumo di acqua, in quest'ultimo caso l'importo è stato determinato in via equitativa. Comunque rigettava domanda riconvenzionale spiegata dall'intimato circa la condanna ai danni per la presunta inidoneità dell'immobile, poiché minimamente provata. Accoglieva, altresì, l'istanza del ricorrente, ex art. 96, comma 3, c.p.c. circa risarcimento per lite temeraria sussistendone i presupposti, condannando il conduttore, in solido con due società garanti. Confermava l'ordinanza di rilascio, ex art. 665 c.p.c., emessa nel corso del procedimento sommario e condannava al pagamento delle spese di lite in favore del locatore, sempre in solido tra gli obbligati. La questione
Si trattava di verificare se fossero presenti, nella fattispecie posta al vaglio del Tribunale, i presupposti della declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso abitativo, sottoscritto tra le parti, ex art.1453 c.c. Tale circostanza rinveniva dal mancato adempimento nel pagamento delle pigioni da parte del conduttore,da considerarsi di non scarsa rilevanza da parte del giudice adito. In altri termini, il comportamento del conduttore non era proporzionato alla buona fede contrattuale, andando ad incidere in modo assai significativo sul sinallagma in relazione al concreto interesse del locatore all'esatta e tempestiva prestazione. Altro aspetto da esaminare era quello della violazione di una clausola contrattuale relativa alla sublocazione da parte del conduttore. Di contro, vi era anche da valutare l'eccezione, ex art.1460 c.c., sollevata dal conduttore circa l'inidoneità dell'appartamento ricevuto in locazione, e se fosse giustificato il mancato versamento dei canoni per i detti vizi dell'unità immobiliare locata per uso abitativo.
Le soluzioni giuridiche
In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale, in sede monocratica, secondo cui il mancato pagamento dei canoni di locazione comporta la risoluzione per inadempimento, nella disciplina dei rapporti locatizi ad uso abitativo. Considerato che, seconda espressa previsione (art. 1571 c.c.), la locazione costituisce il contratto tipico con cui una parte si obbliga a fare godere all'altra una cosa mobile o immobile verso un determinato corrispettivo. Infatti, l'art. 1587 c.c. pone tra le obbligazioni principali del conduttore quella di versare, nei termini convenuti o alla scadenza pattuita, il canone di locazione, contro il godimento della cosa altrui ed il locatore di ricevere l'esatta e puntuale corresponsione della pigione. Dunque, il corrispettivo non può essere sospeso (totalmente o parzialmente), attraverso la c.d. «autoriduzione», ai sensi dell'art. 1460 c.c., soluzione che è legittima solo quando venga a mancare completamente la prestazione del locatore, sicché anche in questo caso vi è l'alterazione dell'equilibrio sinallagmatico del negozio (Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n. 18987; Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2015, n. 1317). In tema di risoluzione per inadempimento, il giudice, per valutare la gravità, deve tener conto di un criterio oggettivo, avuto riguardo all'interesse del creditore all'adempimento della prestazione verificando come l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, così da dar consistenza al comportamento di entrambe le parti (Cass. civ., sez. III, 19 settembre 2016, n. 18345). Il giudicante nella fattispecie esaminata, ha valutato la non scarsa rilevanza del'inadempimento nel corso del giudizio di merito, spettando al giudice di valutare la gravità o meno dell'inadempimento anche in relazione a determinate circostanze inerenti il contratto (Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 2014, n. 25853). Nel rapporto locatizio ad uso abitativo, l'ordinamento offre un'ulteriore scelta al conduttore moroso (oltre quella di pagare tutti i canoni, interessi e competenze legali banco iudicis), ovvero può sanare la morosità nel corso del giudizio sommario di intimazione di sfratto per morosità, chiedendo al giudice adito la concessione del termine di grazia, ex artt. 5 e 55 della legge n. 392/1978, senza, di contro, alcuna forma di opposizione, ma tale possibilità non è stata adottata dal conduttore del presente caso, ritenendo rilevante l'eccezione ex art. 1460 c.c. (App. Napoli, 6 maggio 2015, n.1727). Il conduttore è stato inadempiente per due volte, non solo per il mancato versamento dei canoni di locazione e spese, ma anche per la violazione di una clausola contrattuale, con susseguente responsabilità, circa la sublocazione dell'appartamento senza il consenso del locatore, deducendo, a questo punto, in virtù dell'applicazione del principio della «verosimiglianza dell'evento», come l'immobile non era da considerarsi inidoneo all'uso e inabitabile quando poi veniva sublocato a terzi per il tramite del noto sito web “AIRBNB”. Osservazioni
La disposizione di cui al citato art. 1453 c.c. contiene un precetto fondamentale ove si individua la presenza di un contratto a prestazioni corrispettive e in caso di inadempimento la risoluzione. L'azione di risoluzione per inadempimento è da configurarsi come un'azione di accertamento costitutivo (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2010, n. 13248) e dalla formulazione della norma dell'art. 1455 c.c., combinata con la norma contenuta nell'art. 1453 c.c., si deduce che la gravità dell'inadempimento si deve determinare considerando la posizione di entrambe le parti, quindi sia l'inadempimento di una che l'interesse all'adempimento dell'altra (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2017, n. 1428). Per quanto attiene all'onere probatorio che grava sulla parte che agisce in giudizio, la Suprema Corte ha chiarito che questa deve provare il titolo costitutivo del rapporto mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento, gravando sulla controparte l'onere della prova contraria (Cass. civ., sez. un. 30 ottobre 2001, n. 13533). Nella locazione per la risoluzione del contratto, devono sussistere contemporaneamente gli elementi di colpevolezza e gravità dell'inadempimento (Cass. civ., sez. un., 13 dicembre 2011, n. 26709). In altri termini, la sospensione del versamento del canone, anche parziale, è illegittima in quanto non è possibile astenersi dal versare unilateralmente la pigione, anche nel caso di riduzione o di diminuzione del godimento del bene, e ciò anche quanto si assume che tale evento sia ricollegabile a fatto del locatore (Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n.18987; Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2015, n.1317). Nel caso esaminato dal Tribunale bolognese, il conduttore ha spiegato domanda riconvenzionale circa una presunta inidoneità dell'immobile ad uso abitativo, per carenze igienico sanitarie. Tale circostanza è stata eccepita dall'intimato solo nel momento del giudizio e mai prima, e, soprattutto, quando ha ricevuto in consegna l'appartamento, al momento della stipula del contratto, manifestava la volontà di accettare l'immobile nello stato in cui si trovava. Sicché non possono in alcun modo ravvisarsi vizi rilevanti, ex art.1587 c.c., nel momento in cui il conduttore ha goduto dell'immobile locato, ed ha continuato ad usare l'appartamento non solo per sé, ma anche in favore di terzi, per il tramite di un sito web per sublocarlo. Pertanto il non godimento di un appartamento, con l'eccezione sollevata ex art.1460 c.c., deve essere provato e non presunto, posto che con l'intervento dell'ASL nulla sì è rilevato, anzi ha reso del tutto ininfluente, ai fini processuali, la richiesta formulata dal conduttore di C.T.U. tecnica, posto che detta consulenza non è mezzo di prova, ma uno strumento in ausilio al magistrato. Va precisato che la riduzione dell'utilizzo della res da parte dell'affittuario, con susseguente richiesta del risarcimento del danno in capo al proprietario, deve essere provato giudizialmente e, soprattutto, deve esser provato di aver subito un danno ulteriore e diverso rispetto alla diminuzione o perdita dell'utilizzabilità della casa in affitto (Trib. Roma, 15 giugno 2017, n.12246). Sul punto, va rilevato per completezza che la denuncia dei vizi lamentati dal conduttore devono essere sempre precisi e concordanti e devono diminuire, in modo apprezzabile, l'idoneità ed il conseguente godimento del bene. Ciò stante, il potere di autotutela invocato dal resistente-conduttore, ritenendo unilateralmente di sospendere il pagamento del canone per la presenza di richiamati vizi del bene locato, non è applicabile alla presente fattispecie, per le ragioni ut supra spiegate. Per quanto attiene alla violazione della norma contrattuale della sublocazione da parte del conduttore, ex art.1595 c.c., va puntualizzato che la stessa consiste nella locazione posta in essere dal conduttore in favore di un terzo con la creazione di rapporti diretti, relativi al contratto subordinato, tra il conduttore-sublocatore e il sub-conduttore cui resta estraneo il locatore del contratto principale. Le norme del codice civile consentono, salvo patto contrario, la sublocazione e la disciplina speciale, per le locazioni abitative, subordina la sublocazione all'autorizzazione del locatore. La mancanza osservanza della richiesta di consenso da parte del conduttore nei confronti del locatore comporta la conseguente risoluzione per inadempimento del rapporto locatizio ad uso abitativo. La stretta e diretta dipendenza del contratto di sublocazione rispetto a quello principale ne evidenzia il carattere derivato: la cessazione e risoluzione del contratto base comporta la cessazione del detto rapporto derivato (sublocazione). Per contro non può ritenersi che sussista sempre un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di rilascio relativo all'uno e all'altro contratto, ad esempio per finita locazione del contratto principale e quello per morosità tra il sublocatore (conduttore) nel subcontratto e il subconduttore. In altri termini, la parziale diversità soggettiva delle parti dei rispettivi giudizi e tenuto conto dell'obbligo del subconduttore al pagamento dei canoni a favore del sublocatore persiste sino a che perduri l'occupazione dell'immobile senza che assuma rilievo l'intervenuta soluzione del contratto di locazione principale (Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2015, n.15094). Ferrari, Vizi dell'immobile, conoscibilità e sospensione dell'adempimento, in condominioelocazione.it Frivoli - Tarantino, Le proroghe nel contratto di locazione ad uso abitativo, 2015, Milano, pag. 66 Monegat, In nessun caso il conduttore può ridursi autonomamente il canone, in Immob. & proprietà, 2015, fasc. 2, pagg. 111 Pennazio, Inidoneità del bene locato e rimedi esperibili dal locatore, in Giur.it., 2011, fasc. 12, pag. 2520 Carrato - Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, 2010,Milano, pag. 115 D'Arcangelo, Il subcontratto, in Obbligazioni e contratti, 2006, fasc. 6, pag. 542 Zappata, Eccezione di inesatto adempimento e denunzia dei vizi della cosa locata, in Contratti, 2001, fasc. 6, pag. 995 |