La sanatoria ex post delle locazioni ad uso diverso non registrate non opera per le locazioni abitative

08 Marzo 2018

I principi stabiliti dalla sentenza della Cassazione delle Sezioni Unite n. 23601/2017, sugli effetti sananti della nullità a seguito della tardiva registrazione dei contratti di locazione ad uso diverso dall'abitativo, non sono applicabili alle locazioni abitative, stante il disposto dell'art. 13 della l. n. 431/1998...
Massima

Il principio - secondo cui nelle locazioni ad uso diverso, la tardiva registrazione consente di sanare l' originaria nullità con effetti ex tunc, ossia decorrente dalla data di inizio del rapporto - non opera nelle locazioni abitative, che soggiacciono alla disciplina dell'art. 13 della l. n. 431/1998, nel testo attualmente vigente, per il quale la perentorietà del termine per la registrazione è posta a carico del solo locatore ed è finalizzata a consentire al conduttore la facoltà di ottenere la conformazione del contratto al regime autoritativamente predeterminato. La perentorietà del termine per la registrazione delle locazioni abitative, di cui al richiamato art. 13, entrato in vigore l'1 gennaio 2016, trova applicazione con esclusivo riguardo alle locazioni stipulate a partire da tale data, posto che il termine decorre dalla stipula del contratto, con la conseguenza che non può essere sanzionata la omissione in forza di una disposizione introdotta quando il termine per l'adempimento era già scaduto.

Il caso

Con atto di citazione regolarmente notificato, il locatore intimava al conduttore uno sfratto relativo ad alcuni immobili condotti in locazione dalla parte intimata ad uso abitativo in forza di due contratti scritti, del 20 aprile 2012 e 1 novembre 2012, deducendo una morosità rispettivamente per euro 46.000,00 e per euro 5.754,99, per complessivi euro 51.754,99.

All'udienza di convalida, l'intimato si costituiva in giudizio ed eccepiva la nullità di entrambi i contratti per omessa registrazione; nel merito, contestava la morosità, allegando di aver effettuato pagamenti privi di ricevuta e chiedendo comunque la concessione del termine di grazia.

Rigettata la richiesta di emissione di ordinanza di rilascio dell'immobile e disposto il mutamento del rito, la causa veniva decisa nei termini di cui alla massima soprariportata.

La questione

È noto l'ampio dibattito dottrinario e giurisprudenziale sugli effetti della tardiva registrazione del contratto di locazione, ossia oltre il termine di trenta giorni, previsto dalla normativa tributaria e dall'art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998.

In merito a tale dibattito, è anche nota l'ampia disamina effettuata, da ultimo, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 23601 del 9 ottobre 2017 che, intervenendo sulla questione, ha affermato - quanto alle locazioni ad uso diverso - che, in mancanza di norme espresse che qualifichino come perentorio il termine di registrazione del contratto, è consentito sanare tardivamente l'originaria nullità con effetti ex tunc, decorrenti dalla data inizio del rapporto. Per le Sezioni Unite, la nullità prevista dall'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004, è infatti una nullità “impropria o atipica”, con caratteri peculiari, che non consentono l'applicazione dei tradizionali canoni ermeneutici, stabiliti dal codice civile in tema di nullità.

Al contrario, la perentorietà del termine per la registrazione, stabilito dall'art. 13 della l. n. 431/1998 - come introdotto dalla legge di stabilità per il 2016, n. 208/2015, in vigore dal 1 gennaio 2016 - porta a ritenere che analoga sanabilità non sia consentita per le locazioni abitative, che soggiacciono alla disciplina dettata dal citato art. 13, nel testo modificato attualmente vigente. Tale perentorietà è sancita dal richiamato art. 13 della l. n. 431/1998 a partire dall'1 gennaio 2016 e trova conseguentemente applicazione con esclusivo riguardo alle locazioni stipulate a partire da tale data. Il comma 7 dell'art. 13 - secondo cui tale nuova disciplina si applica «a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge» - non potrebbe essere interpretato diversamente, sia perché non è configurabile un obbligo che decorra retroattivamente, sia perché il termine di registrazione decorre dalla stipulazione del contratto, termine scaduto per tutte le locazioni anteriori, stipulate fino al 1° dicembre 2015, non potendosi sanzionare un'omissione in forza di una disposizione introdotta quando il termine per l'adempimento è scaduto.

Le soluzioni giuridiche

Al fine di scoraggiare l'evasione dell'imposta di registro nelle locazioni, l'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004 ha disposto che «i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati». La disposizione ha riguardato i contratti di locazione e di comodato di unità immobiliari, con esclusione delle locazioni di terreni e delle locazioni di “cosa produttiva”, posto che una “unità immobiliare” non può configurarsi come «cosa produttiva», a norma dell'art. 1615 c.c.

In base alla richiamata normativa, sussiste nullità quando il contratto non sia registrato, «ricorrendone i presupposti», e cioè:

  • che i contratti di locazione e di comodato siano stipulati in forma pubblica o per scrittura privata autenticata;
  • che i contratti di locazione siano stipulati in forma verbale (art. 3 d.p.r. n. 131/1986);
  • che i contratti di locazione e di comodato siano stipulati in forma scritta non autenticata (art. 5, Tariffa parte prima, d.p.r. n. 131/1986), a meno che si tratti di locazioni di durata non superiore a 30 giorni complessivi annui. Per questi ultimi, infatti - se non stipulati in forma pubblica o per scrittura privata autenticata - la registrazione diventa obbligatoria solo in “caso d'uso” (art. 2-bis, tariffa parte seconda, d.p.r. n. 131/1986).

La nuova sanzione era ritenuta palesemente abnorme e senza precedenti, se si fa salva l'eccezione relativa alla nullità prevista dall'art. 164 del d.lgs. n. 42/2004, in tema di alienazione di beni culturali, senza l'osservanza delle prescritte modalità.

La disposizione di cui all'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004 - ancorché non equiparabile alla pregiudiziale tributaria prevista dall'art. 7 della l. n. 431/1998, già dichiarata incostituzionale da Corte Cost. n 333/2001 - è stata da sùbito contestata come incostituzionale. E infatti, la previsione di una nullità contrattuale, dipendente dal mero inadempimento di un onere esclusivamente fiscale, comporta la violazione della autonomia privata di cui all'art. 41 Cost. e della capacità contributiva, di cui all'art. 53, comma 1, Cost. Invero alla stregua dei precedenti dottrinali e giurisprudenziali, il mancato rispetto delle prescrizioni fiscali costituisce un illecito che trova nella medesima legge fiscale la propria sanzione e non comporta la nullità del negozio con cui tale illecito viene commesso, per violazione di norme imperative, ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c. Con la conseguenza che la violazione di una norma tributaria deve essere qualificata come mera irregolarità, inidonea a determinare conseguenze sul piano della validità ed efficacia del negozio giuridico.

Ciò nonostante, la Corte Costituzionale - ord. 5 dicembre 2007, n. 420, 25 novembre 2008, n. 389 e 9 aprile 2009, n. 110 - ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004, con riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui dispone che i contratti di locazione sono nulli se non sono registrati. Appare infatti non conferente il parametro evocato - si legge in una di tali pronunce - dal momento che nell'ordinanza di rimessione non è stato chiarito sotto quale profilo fosse stata prospettata la violazione dell'art. 24 Cost., stante il carattere sostanziale della norma denunciata, che non attiene alle garanzie della tutela giurisdizionale e stante che pur non evocando formalmente l'art. 3 della Costituzione - si legge nella ordinanza n. 420/2007 - tale censura rappresenta un mero argomento teso a supportare la denunciata violazione dell'art. 24 Cost.

Nonostante le prese di posizione del giudice delle leggi, l'illegittimità costituzionale della norma è stata ribadita da gran parte della dottrina, anche per violazione dell'art. 10 dello Statuto del contribuente che così recita: «le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto».

Oltretutto, per parte della giurisprudenza - v., per esempio, Trib. Reggio Emilia 5 marzo 2009 - al di là del dato letterale dell'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004, la registrazione del contratto di locazione, necessariamente successiva alla sua formazione, rileva non quale elemento di validità (nel senso che la sua omissione comporta la nullità del contratto), bensì quale evento condizionante la sua efficacia, con la conseguenza che la sopravvenuta, anche se tardiva, registrazione rende il contratto efficace sin dall'inizio (nello stesso senso, v. Trib. Modena 12 giugno 2006).

Non solo. Come osservato dalla dottrina, l'interpretazione fatta propria dalla Corte Costituzionale finisce per convertire i conduttori in detentori abusivi, esposti così alle azioni di rilascio, come occupanti senza titolo, privi quindi dell'ombrello protettivo di una adeguata sospensione dell'esecuzione.

Ciò nonostante, l'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha stabilito:

a) che in caso di omessa registrazione entro il termine stabilito dalla legge, il contratto di locazione deve autoritativamente ritenersi sottoposto ad una durata di quattro anni, rinnovabili secondo la previsione del comma uno, dell'art. 1, della l. n. 431/1998 (4+4), a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio, nonché con la stessa decorrenza, ad un canone pari al triplo della rendita catastale;

b) che le disposizioni contenute nell'art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311, devono applicarsi anche nei casi del contratto di locazione registrato per un importo inferiore a quello effettivo ovvero di contratto di comodato fittizio.

Senonché la Corte Costituzionale, con sentenza n. 50/2014, ha successivamente dichiarato incostituzionale l'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23/2011, limitatamente alla violazione della delega legislativa.

Nonostante quest'ultima sentenza della Corte Costituzionale, il Legislatore non si è dato per vinto, e con la l. 23 maggio 2014, n. 80 - di conversione del d.l. 28 marzo 2014, n. 47 - ha stabilito che «sono fatti salvi fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23». Tale ultimo intervento legislativo ha lasciato stupefatti, tenuto conto che l'effetto delle pronunce di incostituzionalità da parte del giudice delle leggi, è quello di espungere dall'ordinamento le norme illegittime, nel senso che la norma, dichiarata incostituzionale, si considera mai appartenuta all'ordinamento giuridico. Con la conseguenza che i contratti autoritativamente sorti per effetto della omessa e tardiva registrazione - in applicazione della norma dichiarata incostituzionale - devono ritenersi mai sorti, perché quella norma deve ritenersi inesistente fin dall'origine.

In tale contesto, i conduttori - già titolari di un contratto di locazione della durata di quattro anni rinnovabili, all'irrisorio canone di cui alla normativa censurata - tornavano ad essere titolari del contratto originario mentre il contratto, autoritativamente imposto, rimaneva caducato unitamente alla norma che aveva dato luogo al suo sorgere. Conseguentemente, il conduttore doveva pagare - per tutta la durata del contratto e sino al rilascio - il canone pattuito e non quello “legale” e doveva quindi versare gli arretrati posto che il contratto, scaturito ipso iure dalla mancata registrazione, era caducato ex tunc.

Si tenga presente che, anche con successiva sentenza 16 luglio 2015, n. 169, la Corte Costituzionale ha ribadito l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1-ter, del d.l. 23 maggio 2014, n. 80, con la seguente motivazione: «se, certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz'altro da escludere che possa legittimamente farlo - come avvenuto nella specie - limitandosi a “salvare”, e cioè a “mantenere in vita”, o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne. Il contrasto con l'art. 136 Cost. ha, in un simile frangente, portata addirittura letterale».

Osservazioni

In tale caotico contesto, la sentenza n. 23601/2017 delle Sezioni Unite - resa in tema di locazioni ad uso diverso - ha tirato le fila di una complessa situazione relativa alla nullità dei contratti, stipulati in contrasto con la forma scritta e la registrazione.

Secondo il ragionamento delle Sezioni Unite, è vero che la Corte Costituzionale ha elevato la norma tributaria al rango di norma imperativa, cosicché la sua violazione comporta la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 c.c.; è anche vero che detta norma è stata dettata nell'interesse pubblico e generale per il quale ciascun cittadino ha l'obbligo di concorrere alle spese pubbliche in relazione alla propria capacità contributiva.

Ma è anche vero che occorre tener conto della peculiarità di un contratto nullo per contrarietà a norme imperative del tutto indipendenti da violazioni collegate alla fattispecie contrattuale, e cioè alla struttura o al contenuto del contratto, ma correlato ad una attività esterna alla formazione del negozio. Tale profilo di nullità, secondo la Corte, rende ammissibile la possibilità di sanare la nullità adempiendo al precetto tributario previsto dall'ordinamento.

E dunque, nelle locazioni ad uso diverso la possibilità di sanatoria consente di mantenere stabili gli effetti del contratto voluto dalle parti, sia nell'interesse del locatore, che potrà trattenere quanto ricevuto in pagamento, sia nell'interesse del conduttore, che potrà godere della durata della locazione prevista nel contratto. Con il corollario che la sanatoria della nullità con effetti ex tunc si inserisce nel complesso delle norme tributarie che, a decorrere dal 1998, hanno superato il principio della non interferenza della norma tributaria con gli effetti civilistici del contratto attraverso l'istituzione del ravvedimento e la previsione più radicale della nullità per la mancata registrazione del contratto.

In sostanza, con la sentenza n. 23601/2017, le Sezioni Unite affermando la possibile sanatoria con effetti ex tunc dei contratti di locazione ad uso diverso, ha trovato il punto di equilibrio tra la esigenza delle parti alla validità del rapporto contrattuale sottoscritto e l'esigenza del fisco alla emersione dei contratti non registrati.

Senonché, dopo la sentenza delle Sezioni Unite, il novellato art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998, introdotto dalla legge di stabilità 2016 (l. n. 208/2015), in tema di locazioni abitative, ha stabilito che «è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. È fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all' articolo 1130, numero 6), del codice civile». Con la conseguenza che la perentorietà del termine di 30 giorni per la registrazione del contratto, non consente alcuna sanatoria tardiva e consente al conduttore di ottenere la conformazione del contratto al canone autoritativamente predeterminato dalla normativa vigente.

Guida all'approfondimento

Scarpa, Guida sui contratti di affitto non registrati, in Guida al diritto, 2016, fasc. 5;

Izzo, Locazione nulla se non registrata: perdura il dubbio di incostituzionalità, in Immob. & diritto, 2008, fasc. 4, 49;

Giove, Contratti di locazione e registrazione, in Arch. loc. e cond., 2005, 605;

Mazzeo, Il punto sull'interpretazione dell'art. 13, primo comma della legge 431/1998, in Arch. loc. e cond., 2002, 692.

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