I requisiti della comunicazione, da parte del locatore, del diniego di rinnovo alla prima scadenza del contratto di locazione ad uso abitativo

Augusto Cirla
13 Marzo 2018

Il procedimento speciale ex art. 657 c.p.c. non è praticabile qualora il conduttore intenda negare il rinnovo del contratto di locazione ad uso abitativo alla prima scadenza. È ormai principio consolidato che la comunicazione di diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza, ai sensi dell'art. 3 della l. n. 431/1998, è valida se, sia pur stringatamente, dal suo contenuto...
Massima

La comunicazione di diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza deve avere un contenuto di significazione compiutamente intellegibile, puntuale e determinato, idoneo dunque a mettere al corrente il conduttore delle ragioni del negato rinnovo. La serietà dell'intenzione del locatore giustificante il diniego di rinnovo si presume e, pertanto, non necessita di rigorosa prova.

Il caso

Il locatore aveva convenuto in giudizio il proprio conduttore per ivi sentire convalidare la licenza per finita locazione intimata per la prima scadenza triennale del contratto con il medesimo stipulato a canone concordato ex art. 2, comma 3, della l. n. 431/1998. Affermava e provava di avere tempestivamente manifestato al conduttore la propria volontà di negare il rinnovo alla prima scadenza, avendo egli intenzione di porre in vendita l'immobile oggetto della locazione e richiamando, per l'effetto, il disposto dell'art. 3, lett. g), della l. n. 431/1998. Ad evitare un possibile ritardo nella restituzione dell'immobile, sottolineava il proprio interesse a munirsi, con congruo anticipo, di un titolo giudiziale di rilascio.

La parte intimata, nonostante la regolarità della notifica, non compariva all'udienza di convalida, ma il giudice adìto, rilevando nella fattispecie l'irritualità del procedimento ex art. 657 c.p.c. scelto dall'intimante, disponeva il mutamento del rito in favore di quello previsto dall'art. 30 della l. n. 392/1978 e rinviava la causa ad udienza per la discussione nel merito.

Anche a tale udienza non si costituiva in giudizio il conduttore, talché ne veniva dichiarata la contumacia e si dava così avvio alla discussione, al termine della quale il Tribunale, ritenute fondate le motivazioni addotte da parte ricorrente a supporto della proprie domande, dichiarava risolto il contratto di locazione in essere tra le parti per la sua prossima prima scadenza e condannava il convenuto contumace a rilasciare l'immobile locato in favore del locatore entro il fissato termine ex art. 56 della l. n. 392/1978.

Per il giudice capitolino, la documentazione versata in atti era idonea ad impedire il rinnovo del contratto alla sua prima scadenza e a precluderne, quindi, la prosecuzione oltre tale termine, ritenendo la motivazione addotta dal locatore, appunto quella di vendere il bene locato, ben realizzabile in concreto e dunque meritevole di accoglimento.

La questione

La lunga durata dei contratti di locazione rende quanto mai attuale e di fondamentale importanza la fattispecie giuridica della disdetta del contratto da parte del locatore al fine di interrompere il prosieguo del rapporto dopo una prima scadenza obbligatoria e di rimpossessarsi dell'immobile locato.

L'istituto della disdetta alla prima scadenza rappresenta invero il punto di equilibrio degli interessi in gioco, quello del conduttore alla stabilità del rapporto e quello del locatore alla disponibilità dell'immobile.

La disdetta deve concretarsi in una manifestazione di volontà idonea ad esprimere al conduttore la seria intenzione di non rinnovare il contratto alla scadenza e non può essere formulata in termini contraddittori. Il contenuto non deve lasciare perciò nel conduttore neppure il minimo dubbio sull'intenzione del locatore di impedirgli di occupare l'immobile oltre la prima scadenza del contratto.

Spetta invero al giudicante il compito - e nella sentenza in esame è stato pienamente svolto - di valutare la portata del contenuto della comunicazione a mezzo della quale il locatore rende nota al proprio conduttore la sua precisa volontà di non procedere al rinnovo contrattuale in ragione di specifici motivi che la legge gli impone di indicare, tra quelli dalla stessa già individuati come idonei a porre termine a quell'affidamento che il conduttore ha risposto sulla più lunga durata del rapporto di locazione.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza formatasi in tema di disdetta per la prima scadenza del contratto ha da tempo confermato che il motivo posto a sostegno del diniego di rinnovazione deve esprimere un intento serio, realizzabile tecnicamente e giuridicamente, che il locatore ha l'onere di provare (Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2004, n. 8336).

Il concetto di intenzione a cui si è riferito il Legislatore non sta, quindi, a significare che il locatore abbia la possibilità di interrompere il rapporto locativo sulla base di un semplice proposito, ma richiede una volontà seria ed apprezzabile sia dal punto di vista tecnico che giuridico. In caso di contestazione, spetta al giudice stabilire se tale intendimento sia, in realtà, solamente un pretesto per ottenere il rilascio anticipato dell'immobile, oppure se invece costituisca un proposito effettivo ed attuabile. Il recesso del locatore non può infatti configurarsi legittimamente esercitato quando è costituito da malizioso comportamento, preordinato a creare uno stato di necessità.

Al di fuori di tale ipotesi, il locatore può agire liberamente ogni qual volta si presentino particolari esigenze di carattere personale che appaiono, in base ad un'equa valutazione, meritevoli di protezione secondo la comune esperienza e nel normale svolgimento dei rapporti umani, personali e giuridici. Grava su chi agisce per fare valere la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza l'onere di provare - ove sorga al loro riguardo contestazione - gli elementi richiesti dalla legge.

La sentenza in esame, pur confermando che nel caso in specie il motivo addotto dal locatore (di vendere il bene locato appena riottenutane la disponibilità), a motivazione dell'inviata comunicazione di disdetta fosse idonea a decretare la cessazione del contratto, sembra però attenuare il rigoroso principio dettato in tema di onere della prova, laddove, attraverso specifici richiami giurisprudenziali (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2013, n. 17577; Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2010, n. 12127; v. anche Cass. civ., sez. III, 19 marzo 2012, n. 4367), sostiene che la serietà dell'intenzione può essere presunta, tenuto conto delle conseguenze sanzionatorie che la legge pone a carico del locatore in caso di diniego illegittimo

Se il locatore esercita illegittimamente la facoltà di disdetta sorge, infatti, in capo al conduttore il diritto a vedersi risarciti tutti i danni subiti in conseguenza del rilascio dell'immobile. Ove invece il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito del diniego di rinnovazione e non lo abbia adibito nel termine di dodici mesi all'uso dichiarato, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento del danno predeterminato dalla legge e quantificato in misura non inferiore a n. 36 mensilità dell'ultimo canone versato (art. 3, comma 3, l. n. 431/1998). Trattasi di una severa sanzione che libera il conduttore da ogni onere di prova circa il danno subito, con possibilità semmai di richiederlo in misura maggiore fornendo opportuna giustificazione (Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2016, n. 1050).

Il solo suo logico presupposto è che il rilascio avvenga in conseguenza dell'intimato diniego di rinnovo, non potendosi dar luogo a risarcimento nel caso di rilascio spontaneo a conclusione di un'intervenuta transazione tra le parti (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2017, n. 1424).

Detta responsabilità è però esclusa qualora la tardiva o mancata destinazione dell'immobile allo scopo indicato nella comunicazione sia in concreto giustificata da esigenze, ragioni o situazioni meritevoli di tutela e non riconducibili al suo comportamento doloso o colposo (Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2016, n. 1050).

Alla luce proprio del rigoroso sistema sanzionatorio previsto dalla legge, è da escludersi - sostiene il Tribunale romano - che il giudizio radicato per ottenere la cessazione del contratto alla sua prima scadenza si risolva in un mero processo alle intenzioni, talché non è pensabile di onerare il locatore della prova circa la serietà delle sue intenzioni poste a fondamento della disdetta.

Osservazioni

L'art. 3 della legge del 1998 disciplina infatti in modo sufficientemente severo la facoltà concessa al locatore di negare il rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza, sia esso stipulato con le modalità di cui al comma 1 ovvero del comma 3 dell'art. 2 della medesima legge. Prevede invero espressamente specifici e circostanziati casi in cui il locatore può disdire il contratto alla prima scadenza senza che ciò sia previsto expressis verbis dalle parti nella stipulazione contrattuale.

Il Legislatore ha dunque preteso, peraltro a pena di nullità della comunicazione, l'indicazione dei motivi, tra quelli da lui tassativamente elencati, per cui non si intende rinnovare il contratto, così da consentire al conduttore, e semmai al giudice in caso sorga un contenzioso giudiziario, di verificarne la fondatezza. La specificità della ragione di diniego va infatti intesa come possibilità concreta di valutare ex ante la serietà dell'intenzione indicata, sia come possibilità del successivo controllo sulla effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato, ai fini dell'applicazione delle sanzioni di cui al citato art. 3, invocabili anche quando l'immobile sia poi stato adibito o destinato ad un uso magari riconducibile a quello indicato, ma di fatto diverso (Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2016, n. 6550).

La specificazione del motivo condiziona, quindi, l'efficacia della disdetta e la procedibilità della domanda di rilascio, che, dovendo esser fondata sul medesimo motivo, non può essere integrato o modificato in corso di giudizio stante la necessaria tempestività della disdetta, mentre nel processo è verificabile soltanto la realizzabilità giuridica e tecnica dell'intento manifestato dal locatore, in caso di contestazione del conduttore.

Viene ribadito, in primo luogo, che il giudizio per ottenere la declaratoria di cessazione del contratto alla sua prima scadenza deve essere radicato con le modalità di cui al combinato disposto degli artt. 30 della l. n. 392/1978 e 447-bis c.p.c., non già con il procedimento di cui all'art. 657 c.p.c.

Quanto al merito, la sentenza di adegua ai precedenti orientamenti giurisprudenziali in tema di contenuto della comunicazione che deve essere inviata al conduttore per evitare che il rapporto locatizio prosegua oltre la sua prima scadenza.

Il locatore può agire liberamente ogni qual volta si presentino particolari esigenze di carattere personale che, a giudizio del Legislatore, appaiono meritevoli di tutela.

È innegabile, d'altro canto, che la l. n. 431/1998 apporti una specifica disciplina in materia laddove, all'art. 3 prevede espressamente specifici e circostanziati casi in cui il locatore può impedire il rinnovo del contratto alla prima scadenza, senza che ciò sia previsto in modo espresso dalle parti nella stipulazione contrattuale.

I motivi, in quanto tassativamente previsti dalla legge, devono essere non solo ben specificati nella comunicazione, ma anche realizzabili in concreto, valutazione questa che può (ma non deve) essere svolta dal giudice chiamato a decidere sulla cessazione (a ben vedere anticipata) del contratto.

Al locatore non è per il vero richiesto un particolare rigore nel fornire la prova del fondamento della sua manifestata intenzione di riottenere la disponibilità del bene locato perché la legge ha previsto un sistema sanzionatorio talmente grave dal dissuaderlo dal rappresentare una volontà di liberazione dell'immobile che poi non realizzerà, una volta avvenuto il rilascio. La serietà delle intenzioni del locatore giustificanti il diniego di rinnovo del contratto alla sua prima scadenza addirittura può presumersi, tanto sono severe le sanzioni a cui andrebbe incontro in caso di dichiarazioni mendaci .

È questo, in sintesi, il principio che recita la sentenza in esame, dopo avere però sottolineato la necessità di una comunicazione negoziale con contenuto compiutamente intellegibile e in grado di permettere al conduttore di scientemente valutare l'intento del locatore, soprattutto ai fini delle sanzioni previste in caso di sua inottemperanza, una volta avvenuto il rilascio del bene locato.

Guida all'approfondimento

Scalettaris, La locazione abitativa di fatto stipulata su pressione del locatore, in Riv. giur. edil., 2015, fasc. 5, 1035;

Padovini, La disciplina della locazione immobiliare fra regime attuale e prospettive future, in Nuova giur. civ. comm., 2012, fasc. 4, 2265;

Serpolla, Le locazioni ad uso abitativo, Milano, 2008;

Grasselli - Masoni, Le locazioni, I, Contratti e disciplina, Padova, 2007;

Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 2002;

Bucci, La disciplina delle locazioni abitative dopo le riforme, Padova, 2000;

Cuffaro, Le locazioni ad uso di abitazione, Torino, 2000.

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