Trasferimento di immobili in piani urbanistici particolareggiati: l'agevolazione non decade con il venir meno dell'edificabilità
21 Marzo 2018
Massima
In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di assoggettamento all'imposta di registro nella misura dell'1% ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa per i trasferimenti di immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, si applica a condizione che l'utilizzazione edificatoria avvenga entro 5 anni dall'acquisto. A tal fine non costituisce causa di forza maggiore, idonea ad impedire la decadenza dalle agevolazioni, il mutamento da parte dell'amministrazione comunale della destinazione d'uso dei beni: infatti non è caratterizzata da imprevedibilità la circostanza per cui la Pubblica Amministrazione, nell'ambito delle sue valutazioni discrezionali, possa in ogni momento modificare l'assetto urbanistico del territorio.
Il caso
Una società di costruzioni impugnava un avviso di liquidazione con cui l'Agenzia delle entrate revocava le agevolazioni concesse ai sensi dell'art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000, per mancata utilizzazione edificatoria dell'area entro il quinquennio. Nell'impugnare l'atto la contribuente eccepiva di non aver potuto portare a termine le costruzioni progettate per cause ad essa non imputabili costituite dal mutamento di destinazione d'uso dei beni, atteso che il Comune aveva stabilito, con atti autoritativi successivi all'acquisto, di sottoporre i terreni ad interventi di sistemazione urbanistica aventi finalità di interesse collettivo (verde pubblico). La CTP di Brescia accoglieva tale doglianza con sentenza poi ribaltata in sede di appello. Col successivo ricorso in Cassazione la società denunciava violazione e falsa applicazione dell'art. 33, terzo comma, della L. n. 388/2000, deducendo di avere pienamente realizzato le condizioni poste dalla disposizione per godere dei benefici fiscali. Sottolinea infatti che stava rispettando l'impegno all'edificazione dell'area ma, medio tempore, il Comune mutava destinazione d'uso dei terreni, privandoli dell'originario carattere edificabile e rendendoli disponibili solo per realizzare spazi da adibire a verde pubblico. Un'altra censura attiene all'aspetto motivazionale in quanto la CTR aveva omesso di considerare che la modificazione del piano urbanistico imposta dal Comune ha reso giuridicamente inattuabile il programma di realizzazioni edili, in ragione della perdita del carattere edificabile dei terreni. Nel decidere il ricorso, la Cassazione ricorda innanzitutto che la "ratio" dell'art. 33, comma 3, L. n. 388/2000 è quella di diminuire il costo di prima edificazione (e cioè, quello ulteriore, rispetto al costo ordinario di edificazione, quale, quello connesso all'adempimento delle prescrizioni del piano attuativo, per esempio, in tema di realizzazione degli oneri di urbanizzazione) ed è, pertanto, di stretta interpretazione (cfr. Cass. civ., n. 5933/2013 e n. 11771/2012). Per questo motivo, quindi, l'agevolazione non può spettare nel caso in cui l'edificazione sul terreno non sia realizzabile entro il quinquennio, anche se per causa indipendente dalla volontà dell'acquirente, come nell'ipotesi in cui l'ente comunale introduca varianti nel piano particolareggiato già adottato, e quindi i terreni compravenduti non siano più edificabili.
Infatti l'attività discrezionale della pubblica amministrazione, che scelga di destinare a verde pubblico un terreno prima edificabile, “non può essere ricondotta alla forza maggiore, mancando il requisito dell'imprevedibilità, atteso che la relativa esigenza, quella del perseguimento dell'interesse pubblico, è immanente nell'attività amministrativa, quindi certamente preesistente all'acquisto del bene, sebbene il contribuente di tali scelte ne sia venuto a conoscenza solo successivamente”. Sul punto è stata richiamata a supporto tutta la giurisprudenza formatasi in tema di agevolazione prima casa in relazione all'esimente della forza maggiore. Il ricorso è stato quindi rigettato con condanna della contribuente alla refusione delle spese di lite. Le questioni
La questione fondamentale trattata dalla pronuncia in commento riguarda il tema delle agevolazioni previste in tema di trasferimenti di immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati. In particolare viene chiarito che il factum principis non esime dalla revoca delle misure agevolative non rientrando nel concetto di “forza maggiore”. Si richiama a tal proposito la giurisprudenza formatasi in tema di “agevolazioni prima casa” e di mancato trasferimento della residenza nel termine perentorio di 18 mesi. Le soluzioni giuridiche
Ai sensi dell'art. 33, comma 3, della Legge n. 388/2000 i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all'imposta di registro dell'1 per cento e alle imposte ipotecaria e catastali in misura fissa, a condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area avvenga entro 5 anni dal trasferimento.
L'art. 36, comma 15, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, ha limitato l'applicazione dell'art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000 ai trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all'attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione.
Successivamente, l'art. 1, comma 306, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha eliminato dalla formulazione della norma il termine pubblica, estendendo, quindi, l'ambito applicativo di tale previsione agevolativa anche ai trasferimenti di immobili diretti alla realizzazione dei programmi di edilizia residenziale convenzionata privata.
L'art. 1 della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), commi da 25 a 28, nel riordinare la disciplina applicabile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali ai trasferimenti di immobili siti in aree individuate dai piani urbanistici particolareggiati, ha abrogato l'art. 36, comma15, del D.L. n. 223/2006 ed ha trasfuso la norma agevolativa nell'articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che prevedeva che Se il trasferimento ha per oggetto immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l'intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell'atto: 1 per cento. Quest'ultima disposizione agevolativa non risulta più vigente, a decorrere dal 1° gennaio 2014, per effetto dell'art. 10 D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23.
Sul punto si è sviluppato un contenzioso che riguarda, in particolare, l'applicabilità del regime fiscale agevolativo ai trasferimenti di immobili siti in aree di immediata sfruttabilità edificatoria secondo le previsioni del piano regolatore generale, pur in assenza, al momento della cessione, di un piano urbanistico particolareggiato.
La previsione agevolativa recata dall'art. 33, comma 3, della Legge n. 388/2000, nel testo vigente sino al 3 luglio 2006, subordina l'applicazione del beneficio fiscale alle seguenti condizioni:
In relazione al significato della locuzione “piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati” la Circolare 30 gennaio 2002, n. 9/E, ha precisato che sotto tale accezione “rientrano sia i piani particolareggiati ad iniziativa pubblica, disciplinati dagli artt. 13 e seguenti della L. n. 1150 del 17 agosto 1942 (cosiddetta legge urbanistica), sia i piani urbanistici ad iniziativa privata attuativi del piano regolatore generale (ad esempio, i piani di lottizzazione previsti dall'articolo 28 della legge 1150) purché la relativa convenzione, deliberata dal comune, sia firmata da quest'ultimo e dall'attuatore”.
Tale documento di prassi ha altresì chiarito che “l'esistenza del piano regolatore generale è una condizione necessaria ma non sufficiente ai fini dell'agevolazione, perché occorre che il trasferimento si compia all'interno di aree individuate da appositi piani che siano espressamente attuativi ed esecutivi del piano regolatore generale medesimo. Quindi anche in presenza del piano regolatore generale regolarmente approvato, in mancanza di un piano particolareggiato concretamente vigente, non è applicabile il regime di favore.” In merito all'ambito applicativo dell'agevolazione in argomento la Corte di Cassazione è intervenuta con diverse pronunce.
In particolare, con sentenza del 20 giugno 2008, n. 16835 la Suprema Corte ha statuito che “l'ampiezza e la vaghezza dell'espressione «comunque denominati»,” riferita alla locuzione “piani urbanistici particolareggiati” usata dall'art. 33, comma 3, della Legge n. 388 del 2000, “nonché il riferimento all'utilizzazione edificatoria entro un breve termine, fanno ritenere che la disposizione sia intesa a dare rilievo ai fini del riconoscimento della prevista agevolazione non al riscontro formale dell'insistenza dell'immobile in area soggetta a piano particolareggiato, quanto piuttosto al fatto che esso si trovi in un'area in cui, come in quelle soggette a piano particolareggiato, sia possibile edificare”.
Con la richiamata pronuncia la Corte di Cassazione ha inoltre affermato che, ai fini dell'applicabilità del regime di favore di cui trattasi, incide la circostanza che “l'immobile si trovi in un'area soggetta ad uno strumento urbanistico che consenta, ai fini della edificabilità, gli stessi risultati del piano particolareggiato, non rilevando che si tratti di uno strumento di programmazione secondaria e non uno strumento attuativo, essendo infatti possibile, ad esempio, che il piano regolatore generale esaurisca tutte le prescrizioni e non vi sia necessità di un piano particolareggiato, con la conseguenza che, in tal caso, il piano regolatore generale funge, ai fini in esame, anche da piano particolareggiato”.
Secondo la Suprema Corte tale orientamento è coerente con la ratio della disposizione di favore che, come affermato dagli stessi giudici di legittimità con ordinanze n. 7438 del 27 marzo 2009 e n. 18679 del 13 agosto 2010, è quella di “diminuire per l'acquirente edificatore il primo costo dell'edificazione connesso all'acquisto dell'area” (quale, quello connesso all'adempimento delle prescrizioni del piano attuativo, per esempio, in tema di realizzazione degli oneri di urbanizzazione). L'agevolazione è, pertanto, una "contropartita" per l'adempimento di prescrizioni, che scaturiscono dagli oneri contemplati dalla pianificazione urbanistica generale ed attuativa.
Ad ogni modo secondo l'orientamento interpretativo espresso dai giudici di legittimità, ai fini dell'applicabilità della previsione agevolativa in esame è sufficiente che l'immobile sia situato in un'area soggetta ad uno strumento urbanistico generale qualora, quest'ultimo, per contenuto e prescrizioni, assolva, ai fini dell'edificabilità, alle stesse funzioni di uno strumento urbanistico secondario, pur in assenza di un piano urbanistico particolareggiato.
Osservazioni
Quanto all'applicazione dell'esimente della forza maggiore la Cassazione nell'escludere il factum principis da tale casistica, richiama la propria restrittiva giurisprudenza formatasi in materia di agevolazioni prima casa e di decadenza per mancato trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell'immobile nel termine di 18 mesi.
Secondo giurisprudenza di legittimità ormai unanime, la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, obbligo che va rispettato, pure, da parte dell'acquirente di un immobile in corso di costruzione, non essendo ravvisabili, in assenza di specifiche disposizioni normative, plausibili ragioni per differenziare, ai fini della fruizione dell'agevolazione in esame, il regime fiscale di siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato, tenuto conto del congruo margine di tempo concesso dal legislatore ai fini dell'attuazione della destinazione dichiarata in atto. Trattandosi dunque di una situazione “inerente ad un comportamento del debitore, nella relativa valutazione va, quindi, tenuto conto della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento, essendo, per contro, irrilevanti le motivazioni soggettive relative al mancato trasferimento della residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile acquistato” (cfr. Cass. civ., n. 22022/2014). Per la definizione del concetto di forza maggiore la giurisprudenza tende ad adottare criteri interpretativi molto stringenti tendendo a limitare il campo di applicazione dell'esimente alle sole ipotesi in cui realmente si configurino accadimenti completamente estranei alla sfera soggettiva dell'acquirente.
In particolare deve trattarsi di eventi oggettivi e non prevedibili, tali da non poter essere evitati, sopravvenuti al contratto di acquisto e tali da impedire in modo assoluto e per tutto il tempo a disposizione non solo la presenza nell'immobile, ma in ogni caso l'ottenimento della residenza anagrafica (cfr. Cass. civ., n. 1392/2010).
Spesso, a tal proposito, i contribuenti invocano il protrarsi dei lavori di ristrutturazione dell'immobile: a fronte delle oscillazioni della giurisprudenza di merito sulla rilevanza di tale accadimento, la giurisprudenza di legittimità sembra orientata ad escluderlo dal perimetro della “forza maggiore”. Nella sua attività di elaborazione della casistica delle cause di forza maggiore che possono essere invocate dai contribuenti per evitare la decadenza dal beneficio previsto per chi acquista un immobile con l'impegno di adibirlo ad abitazione principale la Cassazione ha spesso escluso che il mancato completamento dei lavori di ristrutturazione possa integrare un evento oggettivo ed imprevedibile (cfr. ex plurimis Cass. civ., n. 22002 e 7067 del 2014, n. 17249/2013 ecc.).
Del resto, i giudici di legittimità avevano già affermato che il protrarsi dei lavori di manutenzione, anche se causato da terzi, comporta la perdita dei vantaggi fiscali richiesti, considerato che il contribuente ha pur sempre la possibilità di trasferire la propria residenza in un immobile ubicato nello stesso comune di quello acquistato (cfr. Cassazione, ordinanza n. 13800/2010).
Nella stessa direzione si può far riferimento anche alla più recente ordinanza n. 2527/2014, che ha escluso la natura di caso fortuito per l'ipotesi di tardivo rilascio del certificato di abitabilità da parte dell'amministrazione locale, trattandosi di circostanza che non ha carattere di oggettivo impedimento al trasferimento della residenza nel comune dell'immobile oggetto del contratto di compravendita.
Allo stesso modo, la Cassazione ha negato le agevolazioni “prima casa” in capo a un soggetto che invochi le infiltrazioni di acque reflue dall'appartamento del piano di sopra come causa esimente della mancata realizzazione dei presupposti normativi.
Infatti, un tale evento non configura di per sé “un impedimento avente le caratteristiche della forza maggiore (soprattutto considerato l'ampio lasso di tempo entro il quale il trasferimento avrebbe potuto realizzarsi) se non in caso di prova del momento della sua insorgenza, del suo protrarsi, ovvero di eventuali complicanze idonee a rendere particolarmente lunga e difficile la riparazione e ad impedire in (…) modo assoluto e per tutto il tempo a disposizione non solo la presenza nell'immobile, ma in ogni caso, l'ottenimento del trasferimento della residenza anagrafica”. I giudici di legittimità hanno ritenuto che, non ricorrendo nella fattispecie un'ipotesi di forza maggiore, il mancato trasferimento della residenza nei termini di legge comporti decadenza dal beneficio fiscale in parola (cfr Cassazione, sentenza n. 1392/2010).
Sulla questione si segnala, infine, la risoluzione n. 140/E del 2008 con cui l'Agenzia delle Entrate, richiamando la precedente risoluzione n. 35/E del 2002, ha chiarito che ricorre il caso della forza maggiore “quando si verifica e sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato, vale a dire un ostacolo all'adempimento dell'obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell'evento”. Infine, proprio in tema di agevolazioni di cui alla pronuncia in commento, si registra un arresto contrario della giurisprudenza di merito.
Secondo la CTR della Toscana (sentenza n. 882/13/17) in tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui all'art. 33, comma 3, della Legge n. 388/2000 (aliquota agevolata dell'1% ai fini del pagamento dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale anziché dell'8% per i trasferimenti di beni immobili, compresi in piani urbanistici particolareggiati), si applica anche qualora l'edificazione, che costituisce un obbligo di "facere" del contribuente, non sia realizzata nei termini di legge purché tale esito derivi non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all'acquirente, tempestivamente attivatosi, ma per una causa esterna, imprevedibile ed inevitabile, tale da configurare la forza maggiore.
Il giudizio aveva ad oggetto un avviso di liquidazione con cui l'Agenzia delle Entrate aveva revocato l'agevolazione prevista dall'art. 33, Legge n. 388/2000 per mancato avveramento della condizione prevista dalla norma, ovvero l'edificazione del terreno. In particolare l'Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che la contribuente non avesse utilizzato a fini edificatori l'area acquistata all'interno di un piano di lottizzazione con conseguente revoca dell'agevolazione (aliquota registro 1%) ed applicazione dell'aliquota ordinaria.
Nel suo ricorso alla CTP la società eccepiva che la mancata edificazione dell'area era dipesa da fattori esterni alla sua volontà e da lei non controllabili, vale a dire dal diniego di compatibilità paesaggistica delle opere in corso da parte della Sovrintendenza per i beni ambientali che aveva costretto la ricorrente a predisporre un nuovo progetto da sottoporre all'autorizzazione comunale.
La CTP di Pistoia accoglieva il ricorso osservando che il mancato rispetto del termine quinquennale non era dipeso dalla volontà della società ricorrente ma da una causa di forza maggiore. Nell'atto di appello l'Agenzia aveva contestato le conclusioni della CTP ritenendo che la condizione risolutiva della mancata edificazione entro il quinquennio doveva ritenersi operante a prescindere da qualsiasi impedimento dettato da causa di forza maggiore, caso fortuito o factum principis.
La CTR ha rigettato l'appello dell'Agenzia ritenendo che se è vero che la norma agevolativa è norma di stretta interpretazione, ciò non preclude l'applicazione nel caso di specie della causa di forza maggiore, individuabile in un evento reso tipico dall'essere imprevedibile, inevitabile ed a tal punto cogente da sovrastare, precludendone obiettivamente la realizzazione, la volontà dell'acquirente. Ciò si è senz'altro verificato nel caso in esame nel quale la contribuente non poteva prevedere che una valutazione successiva della P.A. l'avrebbe costretta a sospendere i lavori e predisporre un nuovo e diverso progetto. |