Validità della delibera assembleare condominiale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

21 Marzo 2018

Il Tribunale di Parma, decidendo in secondo grado sull'appello proposto da un condominio avverso la sentenza con cui il Giudice di Pace, accogliendo la domanda del condomino, aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. e fatto oggetto di opposizione ex art. 645 c.p.c., ritenendo la delibera assembleare posta a fondamento del titolo monitorio non vincolante per non essere, l'opponente, stato convocato...
Massima

Nel procedimento, ex art. 645 c.p.c., di opposizione a decreto ingiuntivo che sia stato chiesto ed ottenuto dal condominio, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., per la riscossione degli oneri condominiali, non può essere incidentalmente sindacata la validità della deliberazione assembleare approvativa del bilancio e del relativo piano di riparto individuale in forza della quale il titolo monitorio è stato emesso, poiché ciò che rileva è la sola sua efficacia.

Il caso

Un condomino aveva proposto opposizione, ex art. 645 c.p.c., dinanzi al Giudice di Pace, al decreto ingiuntivo conseguito dal condominio, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., per la riscossione degli oneri gestori deducendo, quali motivo di contestazione, la sua omessa convocazione alla seduta assembleare nel corso della quale era stato approvato il bilancio ed il piano di riparto individuale con cui era stato determinato tale suo contributo partecipativo.

Il Giudice di Pace, in accoglimento dell'opposizione, aveva revocato l'opposto titolo monitorio ritenendo che l'omessa convocazione del condomino opponente alla seduta assembleare rendesse non vincolante, nei suoi confronti, la delibera di approvazione degli atti gestori sulla cui scorta era stata resa l'ingiunzione giudiziale di pagamento.

Avverso tale pronuncia, il condominio ha proposto appello dinanzi il Tribunale in composizione monocratica.

La questione

Il giudice d'appello ha dovuto, quindi, dare risposta al seguente quesito: è possibile, nel giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. al decreto ingiuntivo, che l'ente di gestione condominiale abbia chiesto ed ottenuto - ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c.- per conseguire il pagamento degli oneri individuali, di sindacare la validità della delibera assembleare e del pertinente piano di riparto con cui il contributo ingiunto è stato quantificato, di modo da pervenire alla revoca del titolo monitorio perché carente di relativa idonea prova scritta del credito?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale ha accolto il proposto gravame e ha condannato il condomino al pagamento degli importi ingiunti, rilevando come nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. non può essere vagliata la validità della delibera assembleare, approvativa del bilancio e del piano di riparto individuale, sulla scorta delle cui risultanze l'ingiunzione giudiziale sia stata emessa poiché ivi rileva la sua sola efficacia.

La pronuncia in esame riafferma, nella giurisprudenza di merito, i principi ormai consolidati nella esegesi di legittimità e che possono apprezzarsi espressivi di diritto vivente, relativi ai rapporti tra giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo che sia stato chiesto e ottenuto dal condominio per l'esazione degli oneri individuali e valutazione di validità della deliberazione assembleare con cui sono approvati il pertinente bilancio e piano di riparto individuale (v., da ultimo, Cass civ., sez. II., 23 febbraio 2017, n. 4672; Cass. civ., sez. II, 7 novembre 2016, n. 22573).

L'art. 63 disp. att. c.c., al comma 1, prevede che l'amministratore, sulla scorta del bilancio convalidato dall'assemblea unitamente al piano di riparto individuale, può ottenere decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, per così procedere alla riscossione degli oneri non spontaneamente versati dai condomini.

Qualora avverso l'ingiunzione il condomino, suo destinatario, proponga opposizione ex art. 645 c.p.c. è frequente che le relative ragioni di contestazione si incentrino sulla validità della deliberazione assembleare posta a fondamento del titolo monitorio, lamentando - come nel caso affrontato dalla decisione in esame - l'omessa convocazione alla relativa seduta ovvero la congruenza della spesa approvata.

In linea di principio, deve escludersi che nel giudizio di opposizione la parte opposta, per paralizzare l'azione ingiuntiva e pervenire alla revoca del titolo monitorio in contestazione, possa proporre critiche incentrate sulla validità della delibera approvativa del bilancio e del pertinente piano di riparto individuale.

Come costantemente sostenuto, in materia, dalla Corte di Cassazione, è la sola l'esecutività della decisione dell'assise condominiale che supporta validamente il provvedimento monitorio fatto oggetto di gravame.

L'esecutività è un attributo originario, genetico, della delibera assembleare di cui può esserne privata o a seguito di relativo provvedimento del giudice, ai sensi dell'art. 1137, comma 3, c.c. - che, a sua volta, può intervenire o incidentalmente nel corso del giudizio di impugnazione della medesima deliberazione ovvero per effetto di autonoma istanza cautelare ad hoc (ex art. 1137, comma 4, c.c.) - o per effetto della sentenza dichiarativa dell'invalidità, resa a definizione del relativo procedimento di suo gravame.

L'opposizione, pertanto, come evidenziato dal giudice di legittimità, potrà avere ad oggetto la sussistenza del debito - perché, in ipotesi, già adempiuto nelle more tra la richiesta e la pronunzia del decreto ingiuntivo ovvero dopo la sua emissione - e/o la documentazione costituente prova scritta dell'ingiunzione ovvero il verbale della delibera assembleare - a titolo esemplificativo perché il documento prodotto in sede monitoria non corrisponde a quello con cui è stato approvato il bilancio al quale il credito ingiunto avrebbe causale inerenza - ma non anche la validità della stessa, che può venire contestata, in via separata, solamente con l'impugnazione di cui all'art. 1137 c.c. (v., ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 20 luglio 2010, n. 17014; Cass. civ., sez. II, 24 agosto 2005, n. 17206).

E ciò perché qualora venisse consentita l'incidentale sindacabilità della legalità del deliberato verrebbe, di conseguenza, ad affermarsi la possibilità di suo giudiziale scrutinio, indipendentemente dal rispetto dei termini preclusivi dettati dall'art. 1137, comma 2, c.c. per la tempestiva impugnazione e la cui previsione risponde ed esigenze di certezza nell'assetto delle relazioni intersubiettive condominiali.

La sentenza in commento del giudice emiliano ha fatto puntuale applicazione di tali principi e, in accoglimento del gravame proposto dal condominio, ha, quindi, condannato, il condomino, al pagamento degli importi relativi agli oneri gestori, così confermando nella sua interezza il titolo ingiuntivo.

In tale contesto argomentativo è, poi, utile dare menzione dell'ulteriore indirizzo esegetico della Corte regolatrice, per il quale dovrebbe ammettersi la possibilità di accertamento incidentale dei soli vizi idonei a comportare la nullità della deliberazione assembleare e con esclusione degli ulteriori che ne potrebbero importare mera annullabilità (in tal senso si è espressa Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2016, n. 305).

Tale arresto si inserisce nel più ampio trend argomentativo relativo al doveroso rilievo d'ufficio delle cause di nullità di atti negoziali, che ha trovato formale espressa enunciazione nella sentenza delle Cass. civ. Sez. Un. 12 dicembre 2014, n. 26242.

Tuttavia, può osservarsi in senso contrario, l'esposta regola pretoria può trovare indubbia applicazione nell'ambito contrattuale comune nel mentre, per quel che concerne il contesto negoziale condominiale, non può non tener conto delle peculiarità e profili di specialità.

La previsione dell'art. 63 disp. att c.c. si pone come eccezione alla disciplina generale del procedimento monitorio di cui agli artt. 633 ss. c.p.c. in punto di irrilevanza, in seno al giudizio di opposizione, dei profili di invalidità del titolo in forza del quale l'ingiunzione è stata emessa e si giustifica in ragione dell'esigenza, in tal modo avvertita e soddisfatta dal legislatore, di permettere all'amministratore del condominio, in adempimento dei propri compiti d'istituto, di poter celermente acquisire, dai relativi obbligati, le risorse necessarie per provvedere all'attività conservativa delle parti comuni e alla prestazione dei servizi di interesse collettivo.

Tale ratio verrebbe radicalmente frustrata ed elusa laddove, operando il distinguo tra cause di nullità e ragioni di annullamento del deliberato assembleare, verrebbe permesso l'incidentale apprezzamento delle prime per pervenire alla revoca del titolo monitorio.

La stessa Corte di legittimità ha, peraltro, successivamente ribadito il proprio precedente e consolidato assetto interpretativo, escludendo la possibilità di rilievo ed accertamento di patologia alcuna della delibera condominiale nel procedimento di opposizione (così Cass. civ., sez. II, 7 novembre 2016, n. 22573).

Osservazioni

Tale lo stato dell'arte, all'evidenza espressione di favor per l'ente di gestione condominiale, rimane da interrogarsi sui rimedi, di fonte normativa o di consolidata derivazione giurisprudenziale, a disposizione del condomino per poter tutelare la propria posizione e riequilibrare i rapporti di forza.

È onere del condomino che lamenti un vizio del deliberato con cui è stato approvato il bilancio e il relativo piano di riparto individuale procederne all'autonoma giudiziale impugnativa ai sensi dell'art. 1137 c.c. e chiedere e conseguirne la sospensione dell'interinale efficacia.

In mancanza di provvedimento sospensivo la delibera manterrà la sua idoneità a costituire prova scritta per l'emissione di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 63 disp. att. c.c.

L'impugnativa del deliberato può essere promossa in relativo giudizio ad hoc ma nulla esclude che possa essere anche avanzata nel corso del procedimento di opposizione ex art. 645 c.p.c. e, in tal caso, dovrà essere distinta da quella avente ad oggetto il titolo monitorio e dovrà rispettare i relativi termini decadenziali.

In senso contrario, si è espressa la Corte di Cassazione in una pronuncia con cui ha sostenuto l'improponibilità del gravame assembleare se introdotto nel procedimento di opposizione e non in ulteriore e distinto giudizio (Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2012, n. 15642), ma, come può cogliersi dalla disamina della relativa motivazione, è pervenuta a tale conclusione valorizzando in senso estremistico l'attributo «autonomo» - riferito all'istanza avente ad oggetto l'impugnazione del deliberato assembleare - che, invece, può essere rispettato anche nel caso in cui la domanda ex art. 1137 c.c. sia proposta, sollecitandone una sua cognizione in via principale, nel procedimento ex art. 645 c.p.c., in tal modo dando origine ad un cumulo soggettivo ex art. 104 c.p.c.

La pendenza di entrambi i giudizi, di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c. e di impugnativa ex art. 1137 c.c. non importa, tra essi, relazione giuridicamente apprezzabile in termini di pregiudizialità, idonea, in ipotesi, a determinare la sospensione del primo sino alla previa definizione del secondo ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (in tal senso, v. Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4421, e più di recente, a conferma, Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4672).

Qualora, poi, la delibera venga privata di efficacia si determinerà la revoca del decreto ingiuntivo opposto e ciò potrà essere conseguenza o dell'intervento di provvedimento cautelare interinale di sospensione reso ai sensi dell'art. 1137, comma 3, c.c. ovvero della pronuncia di sentenza che abbia accolto l'impugnativa quand'anche ancora non passata in giudicato, poiché alla decisione di primo grado deve riconoscersi una valenza accertativa, quale attributo dell'imperatività correlata alle modalità giurisdizionali di sua formazione, che può espandersi anche al di fuori del contesto processuale di sua adozione (v., in tal senso, Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2012, n. 19938).

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