In assenza di contatori individuali, le spese del consumo idrico si ripartiscono secondo l'art. 1123, comma 1, c.c.

21 Marzo 2018

Anche nella ripartizione delle spese di consumo dell'acqua condominiale, considerato che il servizio idrico è di tipo comune, si deve fare riferimento al doppio criterio indicato dall'art.1123, commi 1 e 2, c.c. La scelta di adottare l'uno o l'altro metodo dipende solo dalla possibilità...
Massima

La ripartizione delle spese relative al consumo idrico deve avvenire nel rispetto dei criteri fissati dall'art. 1123 c.c., da ritenere disposizione di riferimento per la disciplina del riparto interno di qualsiasi spesa inerente alle unità immobiliari. Facendo applicazione di tale principio, il condomino che sostenga l'illegittimità della delibera impugnata per aver omesso di considerare il consumo effettivo di acqua imputabile alla propria unità abitativa, deve dare la prova di essere provvisto di apposito contatore interno, idoneo a fornire dati certi sui consumi ad esso imputabili.

Il caso

In un condominio formato da più palazzine due condomini di uno degli edifici impugnavano la delibera assembleare per violazione dell'art. 1123 c.c. sostenendo che, in sede di approvazione di più consuntivi e di preventivo per l'anno in corso, i costi relativi al servizio idrico erano stati ripartiti in base ai meri valori millesimali e non in base ai consumi effettivi imputabili alle singole unità immobiliari.

Il condominio contestava la domanda di annullamento della delibera sostenendone la legittimità per problematiche di allaccio alla rete idrica che interessavano alcune unità abitative delle palazzine condominiali. Accertati i fatti di causa il Tribunale rigettava l'impugnativa nonché la domanda del condominio per lite temeraria, compensando parzialmente le spese di lite non avendo il condominio provato alcun fatto che consentisse di ravvisare i presupposti di cui all'art. 96 c.p.c.

La questione

L'oggetto della controversia riguarda le modalità di ripartizione delle spese del consumo idrico quando nel condominio il numero delle unità immobiliari aumenta per effetto della divisione dei singoli appartamenti, talché il numero dei condomini non corrisponda più a quello originario.

Nel caso di specie il condominio, costituito da più palazzine, nel corso degli anni aveva subito numerosi interventi di ristrutturazione con la conseguenza che in una delle palazzine - quella ove erano situati gli immobili di proprietà degli attori - gli appartamenti erano passati da dieci a trenta. Tale modifica strutturale aveva portato, inevitabilmente, le unità preesistenti a sostenere un carico abnorme del consumo idrico, nel quale erano stati ricompresi anche quei costi imputabili alle nuove unità abitative che non erano state ancora registrate presso il fornitore del servizio.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale ha preliminarmente enunciato un pacifico principio di carattere generale, ovvero che le spese per i consumi dell'acqua devono essere ripartite secondo i criteri indicati nell'art. 1123 c.c. A conferma il giudicante ha richiamato il precedente orientamento della Corte di Cassazione, la quale aveva affermato che, nell'impossibilità di applicare la preferenziale ripartizione di detti oneri nel senso indicato dall'art. 1123, comma 2, c.c. (ovvero secondo l'effettivo consumo), non resta che applicare la regola prevista nel comma 1, il quale prevede la ripartizione secondo i millesimi di proprietà generale.

L'unica possibilità per corrispondere le spese in questione secondo l'utilizzo, in termini quantitativi, del servizio idrico è che tutti gli appartamenti siano dotati di un contatore interno che registri, alla lettura, il consumo in modo da consentire il giusto calcolo da addebitate ad ogni unità abitativa.

Nel caso di specie il Tribunale, preso atto che tale procedimento non poteva essere seguito essendo privi gli appartamenti di detti congegni ed evidenziato, altresì, che la prova del consumo certo ed imputabile ad ogni singolo condomino deve essere fornita dal condomino stesso, affermava che la delibera impugnata non poteva essere ritenuta illegittima nel senso voluto dagli attori.

Osservazioni

Il caso portato all'esame del Tribunale di Romanon è raro, poiché molto spesso accade che unità abitative di grandi superfici vengano frazionate in appartamenti di dimensioni minori. Questo comporta che interventi di questo tipo producono effetti sull'uso dei servizi comuni, sia in termini qualitativi che quantitativi. Ciò avviene, ad esempio, con il maggior utilizzo delle colonne di scarico e di adduzione, con l'incremento del servizio di fornitura dell'acqua, con l'aumento dei consumi di riscaldamento conseguente al maggiore numero di radiatori presenti nelle nuove e diverse unità abitative e così via. Il tutto, ovviamente, è strettamente collegato al numero di persone che occupano gli immobili, che fanno crescere i consumi e che provocano una rilevante usura degli impianti comuni a causa dell'uso più intenso degli stessi.

Una tale situazione impone, innanzi tutto, la modifica delle tabelle millesimali sia della proprietà che di quelle collaterali in modo da recepire, ufficialmente, la nuova situazione che integri nel condominio i nuovi proprietari.

Al di là di tale questione di carattere generale, va rilevato che nel caso specifico (suddivisione delle spese del servizio idrico) il problema diventa ancora rilevante allorché a un solo nucleo familiare, magari con un ristretto numero di componenti, se ne sostituiscano due o più (qualora il frazionamento interessi più unità abitative) con più conviventi. Ed ancora si può considerare analoga l'ipotesi in cui nell'ambito del condominio uno o più unità abitative siano trasformate in immobili destinati ad attività ad uso diverso, quali pensioni, affittacamere oppure bad & breakfast: attività notoriamente consentite ma portatrici, quanto alla fruizione del servizio idrico, di consumi più elevati.

Orbene, da quanto emerso è pacifico - secondo il costante orientamento giurisprudenziale - che se ciascun immobile non è dotato di un contatore individuale l'amministratore non potrà mai ripartire le relative spese secondo l'unico criterio equo indicato dal codice civile, che è quello previsto dall'art. 1123, comma 2.

Vale la pena, tuttavia, rilevare che la sentenza della Corte di Cassazione (Cass. civ.,sez. II, 1°agosto 2014, n. 17557), richiamata dal giudice capitolino come precedente utile, poneva una questione differente ma non meno interessante: la ripartizione delle spese di acqua, in un condominio privo di regolamento, secondo il numero degli occupanti delle unità immobiliari e con esclusione, nel computo, degli appartamenti disabitati.

La Suprema Corte, nell'affermare il principio al quale si è poi adeguato il Tribunale di Roma, ha ritenuto che quando le unità immobiliari non siano fornite di contatori di sottrazione «il sistema dell'art. 1123 c.c. non ammette che, salvo diversa convenzione tra le parti, il costo relativo all'erogazione dell'acqua, con una delibera assunta a maggioranza, sia suddiviso in base al numero di persone che abitano stabilmente nel condominio e che resti di conseguenza esente dalla partecipazione alla spesa il singolo condomino il cui appartamento sia rimasto disabitato nel corso dell'anno».

Ha specificato, inoltre, la Corte che, sebbene l'art.1123, comma 2, c.c. adotti un sistema di ripartizione in base all'uso potenziale che i condomini possono fare dei beni e servizi comuni, la ripartizione delle spese dell'acqua in base agli occupanti dell'immobile non è legittima, poiché sostituisce al criterio legale un metodo forfettario presuntivo su base personale, che solo apparentemente risponde ad esigenze pratiche e di esemplificazione.

Inoltre, escludere dai costi, sempre a maggioranza, gli appartamenti disabitati è decisione ugualmente illegale poiché sottrae i soggetti interessati dal contribuire non solo al costo dei consumi per l'uso dell'acqua per le parti comuni, ma anche a quella parte di tariffa per la fornitura del servizio che è rappresentata dal minimo garantito, quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore. Quota parametrata sul numero delle unità immobiliari facenti parte del condominio ed indipendente dal consumo effettivo.

Guida all'approfondimento

Terzago, Il condominio, Milano, 2015, 622;

Celeste, Il “ragionevole” riparto delle spese per il consumo dell'acqua, in Amministrare immobili, 2014, fasc. 187, 13;

Santarsiere, Ascensore ed acqua potabile senza misuratori nel condominio - Ripartizione delle spese, in Nuovo diritto, 2003, I, 1049;

De Tilla, Spese condominiali ed erogazione di acqua, in Rass. loc. e cond., 2003, 411.

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