Lavori su parti private: si può chiedere il rimborso solo se si prova l'urgenza e l'indifferibilità
30 Marzo 2018
Massima
Ai fini dell'applicabilità dell'art. 1134 c.c., il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso delle spese effettuate a meno che non provi che si trattava di interventi urgenti e improrogabili. Il caso
La controversia in commento principiava con l'azione giudiziale di un condomino il quale conveniva in giudizio altri due comunisti, proprietari di immobili siti al piano inferiore rispetto al suo, domandando il pagamento di alcune somme a titolo di rimborso per alcuni lavori di manutenzione dallo stesso effettuati. In particolare l'attore aveva realizzato dei lavori di manutenzione sul proprio balcone aggettante, oggetto di copiose infiltrazioni, e domandava agli inquilini sottostanti un rimborso in ragione dell'urgenza degli stessi. Si costituivano in giudizio i convenuti di fatto negando la debenza di dette somme. Il Giudice di Pace adìto, all'esito del processo, accoglieva la domanda attorea. I convenuti soccombenti, quindi, appellavano la sentenza presso il Tribunale competente, lamentando una violazione degli artt. 1134 e 2697 c.c., ossia affermando come incombesse all'attore fornire prova in giudizio dell'urgenza dei lavori di manutenzione. Il Tribunale, tuttavia, rigettava l'appello proposto, affermando come lo stato di urgenza dei lavori non fosse mai stato contestato dagli attori nel corso del primo grado di giudizio e quindi tale argomentazione non potesse essere sollevata in grado di appello. I convenuti si risolvevano quindi a ricorrere in Cassazione per ottenere la riforma della citata decisione. La questione
L'ordinanza Cass. Sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4684 ha ad oggetto dei lavori di manutenzione eseguiti su un terrazzo. Tali lavori, eseguiti su parte privata, venivano realizzati e corrisposti dal privato in totale autonomia e senza attendere alcuna autorizzazione dell'assemblea o dell'amministratore. Il proprietario del terrazzo, però, domandava ad altri condomini proprietari di unità immobiliari sottostanti, una quota a titolo di rimborso per i lavori effettuati. I convenuti negavano la bontà di tale domanda sulla base dell'assenza dei presupposti di cui all'art. 1134 c.c. Tale fonte, in particolare, afferma che: «il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente». I condomini convenuti sostenevano, a tal fine, che non sarebbero state sussistenti ragioni di urgenza che avrebbero reso necessari e improrogabili i lavori sulla terrazza. Non era sufficiente - a detta loro - l'allegazione che fossero presenti sul terrazzo copiose infiltrazioni per giustificare la domanda attorea. Le soluzioni giuridiche
A seguito della duplice soccombenza nei gradi di merito, la questione veniva fatta oggetto di un ricorso in Cassazione. I due convenuti, infatti, depositavano ricorso fondato su quattro doglianze e con il quale, sostanzialmente, contestavano il ragionamento operato dai giudici di merito sulla base delle seguenti argomentazioni. A detta dei ricorrenti, i giudici di merito avrebbero errato nel non considerare che la parte attrice non aveva mai fornito prova dell'urgenza dei lavori. La sentenza contestata, infatti, affermava come tale eccezione fosse stata superata dalla mancata specifica contestazione della questione in primo grado e la conseguente improponibilità della domanda nuova in appello. Inoltre, sempre secondo il ricorso, essendo la terrazza ad uso esclusivo dell'attore, questi avrebbe dovuto fornire prova di non avere esso stesso causato o aggravato i danni della struttura. La Cassazione, con l'ordinanza in commento, rigettava integralmente il ricorso. Afferma la Corte come pacificamente ai fini dell'applicazione dell'art. 1134 c.c. sia necessario per chi richiede la tutela giudiziale fornire prova dell'urgenza delle riparazioni. Ciò altresì in accordo ai dettami dell'art. 2697 c.c. che afferma al primo comma che «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento», norma riassumibile nel noto brocardo latino actore non probante, reus absolvitur. Sul punto la Corte riporta che «il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente; né può confutarsi che debba considerare “urgente” la sola spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere». Dal punto di vista probatorio, la Cassazione, inoltre, ribadisce che l'onere incomba unicamente sull'attore, il quale deve documentare l'esistenza delle condizioni che legittimano il rimborso dei lavori. Continua l'ordinanza affermando come nella sentenza del Tribunale - pronunciata in grado d'appello, è bene ricordarlo - si faccia riferimento alla mancata contestazione dell'indifferibilità dei lavori da parte dei convenuti. La mancata contestazione, quindi, ha l'effetto di tramutare un fatto che necessità prova (urgenza dei lavori) in un fatto incontroverso e “non richiedente una specifica dimostrazione”. Nel ricorso, quindi, si sarebbe dovuto indicare gli atti nei quali vi era stata una puntuale contestazione della assenza di prova sull'urgenza dei lavori, ma così non è stato fatto. Precisano, inoltre, i magistrati di Piazza Cavour come sia dovere della Cassazione rigettare il ricorso anche per ragioni di diritto diverse da quelle prospettate dal ricorrente ed individuate d'ufficio. Nel caso specifico, infatti, secondo il giudice di legittimità, il rigetto del ricorso deriva altresì dall'erronea applicazione del paradigma normativo di cui all'art. 1134 c.c., dovendosi considerare applicabile la disposizione di cui all'art. 1126 c.c. La norma citata riporta difatti che, «quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno». Nel caso in oggetto, quindi, il rimborso, prima ancora del caso descritto dall'art. 1134 c.c. - ossia per urgenza e improrogabilità dei lavori - il rimborso sarebbe stato dovuto per la circostanza che i condomini del piano inferiore si giovavano della copertura offerta dalla terrazza dell'attore. In merito all'ulteriore contestazione della mancata dimostrazione dell'assenza di responsabilità dell'attore nei danni patiti dal proprio bene, la Corte affermava che, «qualora l'uso del lastrico solare o della terrazza a livello non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l'usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia, appunto, il condominio in forza degli obblighi inerenti l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore ex art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, nonché sull'assemblea dei condomini ex art. 1135 c.c., comma 1, n. 4), c.c. tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria», rilevando quindi un concorso di responsabilità nel mancato controllo. Alla luce delle predette argomentazioni, quindi, la Cassazione rigettava il ricorso e condannava i ricorrenti alla refusione delle spese del giudizio. Osservazioni
L'ordinanza in oggetto pare assolutamente puntuale nel rilevare gli elementi caratterizzanti della disciplina della ripartizione dei costi della manutenzione in condominio. Pare corretto, infatti, rilevare la circostanza che al fine di ottenere il rimborso delle spese sostenute ai sensi dell'art. 1134 c.c. il richiedente debba provare l'urgenza degli stessi e la sostanziale impossibilità di rivolgersi all'assemblea (in ragione della circostanza che l'attesa della decisione rischierebbe di compromettere le strutture e/o cagionare un aggravamento del danno). In caso questi requisiti non fossero fermamente fatti rispettare dai giudici di rito e merito, si assisterebbe verosimilmente a degli usi strumentali della norma che consentirebbero ai privati di effettuare dei lavori su parti private, domandando poi il rimborso agli altri condomini. L'ordinanza, a parere di chi scrive, manca però di precisare che l'attore sia chiamato non solo a provare l'urgenza, ma anche la congruità dei lavori effettuati (e dei loro costi) per porre rimedio alla stessa. È interessante, poi, notare come la Corte abbia fatto rilevare come nel caso concreto, in ogni caso, a prescindere dall'applicabilità o meno del combinato disposto degli artt. 1134 c.c. e 2697 c.c. fosse possibile riconoscere all'attore il rimborso richiesto alla luce dell'art. 1126 c.c. Triola, Il nuovo condominio, cap. XII,Torino, 2017; |