Notifica di cartella tramite PEC in formato pdf e priva di firma digitale: l'impugnazione ne sana la nullità
30 Marzo 2018
Massima
La mancata sottoscrizione digitale della cartella elaborata non in estensione “p7m” bensì in file formato “pdf” non la priva delle caratteristiche della immodificabilità e sicurezza della comunicazione. Ciò in quanto le disposizioni del d.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68 e le specifiche tecniche del D.M. 2 novembre 2005 che disciplinano il servizio di posta elettronica certificata, prevedono che il messaggio venga “imbustato” all'interno di un ulteriore messaggio (c.d. “busta di trasporto”) che il gestore provvede a firmare digitalmente e che ne certifica l'invio e la consegna del messaggio e ne garantisce la immodificabilità. Pertanto, non si è in presenza di una notifica inesistente bensì di una fattispecie di nullità della notifica che viene sanata dalla proposizione del ricorso in forza del principio del raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c. Il caso
Una società impugnava dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo il ruolo e la relativa cartella di pagamento con cui l'Agente per la Riscossione chiedeva per conto della locale Agenzia delle Entrate il pagamento di somme a titolo di IRES ed IVA (anno 2013). La Società ricorrente eccepiva (tra l'altro) la inesistenza della notifica in quanto l'atto in questione risultava consegnato tramite posta elettronica certificata in formato pdf senza firma digitale e non si sarebbe fatto ricorso all'obbligatoria intermediazione del messo qualificato e, pertanto, non sarebbero state adempiute le formalità conseguenti, quale la compilazione della relata. I Giudici di prime cure rigettavano il ricorso ritenendo che nella fattispecie de qua ci si trovasse non di fronte ad una ipotesi di inesistenza insanabile, bensì di nullità della notifica sanata dall'avvenuto raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156 c.p.c.
La questione
La problematica affrontata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo è scaturita dal fatto che la cartella in questione non risultava sottoscritta digitalmente in quanto si trattava di un file pdf: ovvero della scansione di un atto cartaceo. Il Collegio territoriale per risolvere la questione sottoposta ha preliminarmente esaminato i due diversi prevalenti orientamenti giurisprudenziali:
Primo orientamento trova espressione nella pronuncia della CTP Milano n. 1023 del 3 febbraio 2017 - vorrebbe che qualora la cartella esattoriale allegata alla PEC e notificata sotto forma di documento informatico risulti essere un file formato “pdf” senza estensione “p7m” e quindi non firmato digitalmente, non potrà essere ritenuto idoneo a garantire con certezza l'identificabilità dell'autore, la paternità dell'atto, nonché la sua integrità e immodificabilità, conformemente a quanto richiesto dal Codice dell'Amministrazione digitale.
Secondo orientamento affermato con sentenza della CTP Palermo n. 798 del 3 febbraio 2017 - viceversa, vorrebbe che la mancata sottoscrizione digitale dell'atto trasmesso telematicamente non lo priva delle caratteristiche di immodificabilità e di sicurezza della comunicazione, in quanto le disposizioni del d.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68 e le specifiche tecniche previste dal D.M. 2 novembre 2005 che disciplinano il servizio di posta elettronica certificata prevedono espressamente che il messaggio venga “imbustato” in un ulteriore messaggio (c.d. “busta di trasporto”) che il gestore provvederà a firmare digitalmente.
L'operazione così descritta risulta funzionale a “certificare” l'invio e la consegna del messaggio ed a garantirne l'immodificabilità da parte di terzi soggetti. Il Collegio palermitano di prima istanza con la sentenza in commento, ha quindi aderito a questo secondo orientamento ritenendo che la società ricorrente avesse “ricevuto una cartella di pagamento in formato pdf e, pertanto, un atto presente nella sua consistenza informatica e stampabile, il quale era chiaramente riferibile all'Agente della riscossione, che l' aveva trasmessa tramite una casella di posta elettronica certificata, dovendosi concludere nel senso che viene in considerazione una fattispecie di nullità della notifica che è stata sanata con la proposizione del ricorso in forza del principio di raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c…”. Le soluzioni giuridiche
L'art. 26, comma 2, del d.P.R. n. 602/1973, come aggiunto dall'art. 38, comma 4, lettera b) del D.L. n. 78/2010 convertito nella Legge n. 122/2010 e successivamente sostituito dall'art. 14 comma 1 del D.Lgs. n. 159/2015, applicabile dal 1° giugno 2016, dispone che la notifica della cartella possa essere eseguita con le modalità di cui al d.P.R. n. 68/2005 a mezzo di posta elettronica certificata, all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI – PEC) ovvero all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta e che in tali casi si applicano le disposizioni dell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973.
Nell'argomentare la propria sentenza i Giudici della Commissione Tributaria Provinciale del capoluogo siciliano hanno richiamato anche l'art. 20 comma 1-bis del Codice dell'Amministrazione digitale secondo cui “l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità…”. Sul punto hanno richiamato la citata sentenza n. 1023 del 3 febbraio 2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano secondo la quale “spetta al giudice tributario il compito di accertare se la notificazione della cartella di pagamento sotto il formato digitale garantisca la conformità del documento informatico notificato all'originale….”. Nella fattispecie in questione,a parere del Collegio di prima istanza, siciliano la valutazione sulle “garanzie di conformità” deve intendersi positiva in quanto la cartella risulta trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata e, pertanto “… mediante un sistema che impone l'autenticazione dell'utente con credenziali di accesso (username e password), cosicchè può ritenersi che l'Agente per la riscossione la ha comunque fatta propria”.
Osservazioni
Partendo dalle superiori considerazioni la Commissione tributaria di Palermo ha ritenuto che poteva “trovare applicazione il principio di diritto costantemente affermato dalla Cassazione secondo cui la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l'invalidità dell'atto, la cui esistenza non dipende tanto dall'apposizione del sigillo o del timbro di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che, al di la di questi elementi formali esso sia inequivocabilmente riferibile all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo…” . Ad avviso del Collegio territoriale, inoltre, non erano stati forniti elementi che consentissero di dubitare della genuinità della cartella dovendo quindi trovare applicazione “il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'onere di disconoscere la conformità tra l'originale e la copia di un documento, pur non implicando necessariamente l'uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia senza che possano considerarsi sufficienti ai fini del ridimensionamento dell'efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive” (Cassazione civile, sez. III, 13 maggio 2014 n. 10326).
Riferimenti bibliografici – giurisprudenziali Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in tema di sanatoria dei vizi di notifica per “avvenuto raggiungimento dello scopo”, hanno recentemente ribadito il principio di diritto secondo il quale “Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile, con efficacia "ex tunc", o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c.. (Cassazione civile, sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916). Secondo la Corte quindi l'eventuale nullità della notifica può essere sanata dalla "tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento che produce l'effetto di sanare "ex tunc" la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 cod. proc. civ., pur non determinando il venire meno della decadenza, eventualmente verificatasi "medio tempore", del potere sostanziale di accertamento dell'Amministrazione finanziaria. (Cassazione civile, sez. trib., 12 luglio 2013, n. 17251).
A parere della Corte di legittimità diversa disciplina, è invece applicabile alla “l'inesistenza della notifica della cartella di pagamento che è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, tra cui, in particolare, i vizi relativi all'individuazione del luogo di esecuzione, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia "ex tunc" per raggiungimento dello scopo". (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto nulla e, pertanto, successivamente sanata dalla tempestiva impugnazione dell'atto la notificazione della cartella di pagamento effettuata presso la residenza del socio accomandatario invece che presso la sede legale della società). (Cassazione civile, sez. trib., 28 ottobre 2016, n. 21865).
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