L'istituzionalizzazione del contraddittorio nei tributi armonizzati

Daniela Mendola
09 Aprile 2018

Il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio per le sole ipotesi di tributi “armonizzati”. Per i tributi “non armonizzati” non vi è un obbligo generale, limitandosi ai soli casi in cui sia espressamente prescritto dalla norma. Se il contraddittorio anticipato non è attivato l'atto sarà affetto da invalidità solo ove il contribuente abbia enunciato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere.
Massima

Il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio per le sole ipotesi di tributi “armonizzati”.

Per i tributi “non armonizzati” non vi è un obbligo generale, limitandosi ai soli casi in cui sia espressamente prescritto dalla norma. Se il contraddittorio anticipato non è attivato l'atto sarà affetto da invalidità solo ove il contribuente abbia enunciato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere.

Il caso

A seguito di accessi, ispezioni e verifiche nei locali commerciali della società Alfa SRL, in liquidazione, la Guardia di Finanza redigeva processo verbale di constatazione attestando l'indebita detrazione da parte della società di IVA per un valore di € 60.817,00 in relazione a numero sedici fatture ritenute afferenti ad operazioni inesistenti. Sul presupposto del predetto processo verbale di constatazione l'Agenzia delle Entrate notificava alla società Alfa un avviso di accertamento per l'anno d'imposta 2008. La società Alfa impugnava il suddetto avviso di accertamento eccependone l'illegittimità per assenza del preventivo contraddittorio e per infondatezza, nel merito, della pretesa.

L'Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio asserendo che non vi era alcuna norma prescrittiva del preventivo contraddittorio, oltrechè l'infondatezza delle eccezioni di merito sollevate dalla società accertata. Si pronunciava la Commissione Tributaria Provinciale di Bari accogliendo il ricorso della società. Avverso tale sentenza l'ente impositore proponeva appello dinnanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Bari.

La questione

Il contribuente impugnava l'accertamento per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo e per infondatezza nel merito della pretesa. La Commissione Tributaria Provinciale di Bari accoglieva il ricorso del contribuente. Proponeva appello l'Agenzia delle Entrate dinnanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Bari che rigettava il gravame perché “sussisteva a carico dell'Agenzia l'obbligo di contraddittorio preventivo, in quanto il tributo richiesto con l'atto di accertamento impugnato è l'IVA che è un tributo armonizzato”.

La sentenza oggetto del presente commento ripropone la questio iuris relativa all'obbligatorietà dell'instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, ogniqualvolta si controverta di tributi armonizzati, prima di emettere un atto invasivo della sfera giuridico-patrimoniale del destinatario.

Le soluzioni giuridiche

Sulla quaestio iuris si sono susseguiti contrastanti orientamenti di merito e di legittimità.

Ab origine la Suprema Corte, nel suo massimo consesso, stabiliva quale principio generale il preventivo contraddittorio muovendo dall'assunto che il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell'emanazione dell'atto realizza l'inalienabile diritto di difesa del cittadino presidiato dall'art. 24 Cost., nonchè il buon andamento dell'Amministrazione di cui all'art. 97 Cost. (Cass. civ., ss.uu., 18 settembre 2014 n. 1966). Tale arresto è, poi, mutato nel tempo e la stessa Suprema Corte ha affermato che il diritto nazionale, a differenza del diritto europeo, non pone a carico dell'Amministrazione Finanziaria l'obbligo di instaurazione del preventivo contraddittorio ove quest'ultimo non sia prescritto da un'apposita norma (Cass. civ., sez. trib., 26 maggio 2017, n. 13347).

L' ordinamento comunitario, infatti, con la sentenza Sopropè della Corte di Giustizia, ha istituzionalizzato il contraddittorio dando origine ad un principio di carattere generale. In particolare, i giudici comunitari hanno affermato che prima di emettere un atto invasivo della sfera giuridico – patrimoniale del destinatario l'Ente impositore è tenuto ad attivare il preventivo contraddittorio (C – 349/07 del 18 dicembre 2008). Tale decisum, enunciando un principio di carattere generale, ha dato vita ad una distinzione sostanziale circa l'obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale tra tributi non armonizzati e tributi armonizzati: per i primi valgono i principi europei, pertanto, occorre riconoscere al contribuente il diritto alla partecipazione al procedimento come derivante dall'art. 41 della Carta di Nizza; per i secondi manca un principio generale e valgono le singole norme interne (A. PERRONE, La questione del contraddittorio endoprocedimentale tributario innanzi alla Corte Costituzionale: un'occasione mancata in Giurisprudenza Costituzionale fasc. 4, 2017).

La giurisprudenza interna è concorde nel ritenere che l'istituzionalizzazione del contraddittorio operi solo in relazione ai tributi cd. armonizzati. I giudici nazionali giungono a tale conclusione muovendo dall'assunto che, a differenza del diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale non pone in capo all'amministrazione fiscale un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito (CTR Campania, Salerno, sez. X, 25 ottobre 2017 n. 9095).

Ad abundantiam “per i tributi c.d. armonizzati (IVA), invece, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione finanziaria comporta, in ogni caso, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato” (Cass. civ., sez. VI - T, 16 ottobre 2017, n. 24386).

Osservazioni

Il complesso di garanzie partecipative e di difesa che, nel tempo, si sono susseguite hanno condotto a diverse interpretazioni della giurisprudenza che, ad esempio, differenzia i tributi non armonizzati rispetto ai tributi armonizzati (G. M. ESPOSITO, Il sistema amministrativo tributario italiano, Padova, 2017).

L'applicazione o meno del contraddittorio endoprocedimentale ai tributi nazionali (locali) ha rappresentato un complesso dilemma, controverso anche all'interno della stessa Suprema Corte, tale da generare confusione negli stessi Uffici tributari nazionali (locali). Stante la legislazione interna attuale, le garanzie procedimentali, ex art. 12 comma 7, L. n. 212/2000, si applicano solo agli accertamenti emessi a seguito di accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove viene esercitata l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente, e non anche agli accertamenti cd. a tavolino, conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale, effettuata presso la sede dell'Ufficio.

Dalla complessa analisi sull'applicazione o meno del contraddittorio endoprocedimentale ai tributi “non armonizzati”, nasce un principio di diritto, con un orientamento, che si auspica sia definitivo.

Per un principio di “derivazione comunitaria”, il contraddittorio è istituzionalizzato per i soli tributi “armonizzati” a differenza dell'attuale diritto nazionale che non prevede in capo all'Amministrazione Finanziaria un generalizzato obbligo di contraddittorio preventivo, tale da invalidare, in sua mancanza, l'atto emesso. Il diritto comunitario deve considerarsi vincolante per l'ordinamento nazionale che, improntato ad un principio di gerarchia delle fonti, individua nel complesso delle regole comunitarie una fonte primaria e, dunque, vincolante (art. 117 Cost.). L'obbligo dell'Amministrazione Finanziaria di attivare il contraddittorio preventivo all'emanazione dell'atto, sussiste solo laddove specificamente previsto dalle norme che regolano quel tributo. Nell'ordinamento interno si ravvisano ipotesi tassative di contraddittorio istituzionalizzato. Ad esempio, in caso di accertamento sintetico ove è previsto il cd. doppio contraddittorio con conseguente doppia motivazione oppure nell'ipotesi di accertamenti cd. standardizzati. Il contraddittorio anticipato impedisce un automatismo nell'emissione di un avviso di accertamento e rileva ai fini di una individualizzazione della situazione giuridica del contribuente.

L'automatismo nell'emissione di un avviso di accertamento pregiudica la congruenza dell'iter logico, per tale motivo è necessario il riscontro della sussistenza della piena coincidenza tra la finalità effettivamente perseguita dall'atto posto in essere nel caso concreto e la finalità istituzionale ovverosia funzione propria del tipo astratto cui lo stesso atto potrebbe corrispondere. L'individualizzazione può aversi solo mediante l'espletamento del contraddittorio anticipato che consente di emanare un provvedimento il più possibile equo, perché partecipato. La sentenza in commento, segnatamente, evidenzia che il contraddittorio preventivo all'emanazione di un provvedimento di accertamento non debba rappresentare una mera condizione di procedibilità, ma un ausilio necessario ai fini dell'emanazione di un provvedimento il più possibile vicino ad un equo ed effettivo recupero erariale. Ne consegue che la mancata attivazione del contraddittorio nelle ipotesi di tributi armonizzati determina l'invalidità dell'atto nella sola ipotesi in cui l'esercizio di tale diritto da parte del contribuente avesse determinato l'Amministrazione Finanziaria ad un risultato diverso da quello in concreto adottato.

È posto, dunque, a carico del contribuente l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio. Si tratta della cd. prova di resistenza di cui all'art. 21-octies della L. n. 241/1990, in virtù della quale, “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. In sintesi si può concludere che la mancanza del contraddittorio, determina la caducazione dell'atto emanato rendendolo invalido, qualora le eventuali ragioni, non meramente “dilatorie”, addotte dal contribuente avessero indotto l'Amministrazione Finanziaria ad una diversa valutazione nell'emanazione dell'atto invasivo della posizione giuridico-economica del contribuente.