Validità della clausola di rinuncia del conduttore all'indennità di avviamento commerciale

Augusto Cirla
20 Aprile 2018

Il vantaggio che il locatore ricava dalla preventiva rinuncia da parte del conduttore a percepire, al termine del rapporto di locazione, l'indennità per la perdita del proprio avviamento commerciale ben può essere compensato con pari agevolazioni da lui concesse al conduttore al momento della stipula del contratto,che possono consistere nella previsione...
Massima

È valida la clausola del contratto che prevede la rinuncia del conduttore a percepire, al termine della locazione, l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, qualora ciò costituisca la controprestazione di un vantaggio al medesimo attribuitogli dal locatore, così da lasciare inalterato l'equilibrio contrattuale che la legge ha voluto tutelare con il divieto in tal senso invece previsto dall'art. 79 della l. n. 392/1978.

Il caso

Il locatore aveva convenuto in giudizio il proprio conduttore per ivi sentire accertare la piena validità della clausola di rinuncia di quest'ultimo a percepire l'indennità di avviamento commerciale al termine del contratto con cui gli era stato locato un garage verso un canone annuo non solo inferiore a quello normalmente applicato sul mercato per immobili similari, ma anche ulteriormente ridotto per i primi due anni di durata.

Il nuovo contratto costituiva peraltro un rinnovo di altro in precedenza stipulato tra le parti che, giunto a termine, era già stato giudizialmente dichiarato risolto, con fissazione del termine per il rilascio da parte del conduttore.

La rinuncia in discussione quindi era stata prevista a fronte non solo di un corrispettivo inferiore a quello di mercato e poi ancora parzialmente ridotto, ma anche di un ulteriore vantaggio rappresentato appunto dal rinnovo della durata della locazione.

Si era costituito in giudizio il conduttore eccependo - tra l'altro - la nullità di simile clausola contrattuale in quanto in palese contrasto con il dettato dell'art. 79 della l. n. 392/1978 laddove sanziona con la nullità qualsiasi pattuizione diretta a portare un vantaggio al locatore in contrasto con le disposizioni della legge stessa.

Non è sfuggito al giudice la circostanza che nel nuovo contratto il vantaggio che derivava al locatore dalla rinuncia all'indennità manifestata dal conduttore trovava giusta compensazione con pari vantaggi che costui riceveva non solo dalla possibilità di fare proseguire un rapporto di locazione che già era stato dichiarato risolto, ma anche dall'ottenere condizioni economiche di maggior favore rispetto a quelle di mercato. Il conduttore, a conti fatti, attraverso la consistente riduzione del canone concessagli dal locatore, in pratica andava a riprendersi, seppur nel corso della durata della locazione e non già in unica soluzione, parte di quella indennità a cui aveva rinunciato.

Il che lo ha portato ad escludere l'applicabilità del citato art. 79 sul presupposto della reciprocità dei vantaggi che con l'intervenuto accordo avevano avuto entrambe le parti e, di conseguenza, a ritenere pienamente valida la clausola del contratto di preventiva rinuncia del conduttore all'indennità di cui agli artt. 34 e 35 della legge n. 392/1978.

La questione

Per evitare che il locatore possa trarre un ingiusto vantaggio in danno del conduttore, l'art. 79 della l. n. 392/1978 - ad oggi in vigore per le sole locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione - punisce con la nullità tutte le clausola del contratto che prevedano una preventiva rinuncia da parte del conduttore ai vantaggi che la legge espressamente gli riserva, tra cui appunto la corresponsione da parte del locatore, al termine del contratto, dell'indennità in esame, benché ne sussistano i presupposti.

Lo scopo della norma è quello di impedire che il conduttore sia indotto ad accettare, al momento della conclusione del contratto, condizioni inique pur di assicurarsi il godimento dell'immobile.

La sua posizione di debolezza contrattuale cessa, tuttavia, nel momento in cui il contratto è concluso ed egli entra nella detenzione del bene e nella piena disponibilità dei diritti acquisiti. Ciò porta a ritenere che la tutela voluta dal legislatore riguardi unicamente le clausole che le parti inseriscono nel contratto prima della sua definitiva conclusione e non già quelle che le stesse pattuiscono nel corso dello svolgimento del rapporto, quelle cioè che incidono solo su situazioni, anche patrimoniali, già sorte ed equamente valutate da entrambe le parti. Pertanto, una volta che il contratto abbia avuto vita e sia in corso, riprende piena efficacia la libera volontà contrattuale delle parti e la loro discrezionalità nel concludere accordi che, se inseriti inizialmente nel contratto, avrebbero potuto incorrere nella nullità di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 perché ritenuti eccessivamente penalizzanti per il conduttore.

Il problema sorge dunque quando la rinuncia sia richiesta al momento della stipula del contratto, per risolvere il quale l'interprete - e in ultima analisi il giudice - è chiamato ad operare una valutazione dell'intero contenuto del contratto alla ricerca dell'esistenza o meno di un giusto equilibrio tra i reciproci sacrifici che i contraenti hanno inteso sopportare.

Le soluzioni giuridiche

Il citato art. 79 tende a garantire l'equilibrio sinallagmatico del contratto secondo la valutazione operata dal legislatore e sanziona quindi con la nullità, tra l'altro, la clausola contrattuale di rinuncia preventiva all'indennità per perdita di avviamento perché, fondamentalmente, essa esprime rinuncia ad un diritto ancor prima del suo reale maturarsi (Trib. Bari 22 febbraio 2010, n. 622).

Per contro, il divieto viene meno nel momento in cui è salvaguardato l'equilibrio contrattuale in conseguenza di reciproche rinunce, e cioè a fronte della concessione al conduttore stesso di determinati vantaggi.

Senza volere qui pretendere di creare una casistica rigorosa, può considerasi un vantaggio la previsione del canone annuo in misura sensibilmente inferiore a quello di mercato (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2015, n. 8705). Nelle locazioni ad uso diverso dall'abitativo vige infatti il principio della libertà di determinazione del canone per cui non sono imposti limiti all'autonomia negoziale con riguardo alla previsione di un canone in misura inferiore a quella originariamente concordata, ove la stessa trovi la sua giustificazione nella rinuncia, da parte del conduttore, ai diritti derivantigli dal contratto di locazione, in particolare a quelli spettantigli in tema di l'indennità di avviamento commerciale.

Del pari, la rinuncia del locatore ad avvalersi della facoltà di risolvere il contratto alla prima scadenza oppure la rinegoziazione del contratto per una durata complessivamente maggiore di quella prevista dalla legge rappresentano un innegabile vantaggio per il conduttore, che ben giustificano lo svantaggio derivante dalla mancata corresponsione dell'indennità al termine del rapporto locatizio.

Anche l'abbandono da parte del locatore di un giudizio da lui promosso contro il conduttore per suo grave e insanabile inadempimento nel pagamento dei canoni di locazione o di altra obbligazione scaturente dal contratto, oppure la rinegoziazione del contratto per una durata complessivamente maggiore di quella prevista dalla legge, giustificano la presenza della clausola, nello stipulare un nuovo contratto, di rinuncia del conduttore all'indennità.

Qualche dubbio può sorgere invece circa la concessione al conduttore, a fronte della sua rinuncia ad un proprio vantaggio, di un diritto di opzione per l'acquisto della unità immobiliare locata, trattandosi quest'ultimo di un fattispecie negoziale nuova che prescinde, come tale, dal costituendo rapporto di locazione e che dunque può apparire non come un vero e proprio vantaggio concesso al conduttore, se non nel caso in cui, stante l'attività che egli andrà a svolgere nell'immobile (priva di contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori) o per oggettive caratteristiche del bene (situato all'interno di una più ampia struttura), a questi neppure spetterebbe il diritto di prelazione.

Da escludersi infine la legittimità della rinuncia preventiva all'indennità verso il riconoscimento al conduttore di un corrispettivo forfettario (ovviamente di misura inferiore al dovuto) al momento della stipula del contratto. Tale versamento dovrà considerarsi come una mera anticipazione del maggior importo dovuto per tale titolo al termine della locazione

Osservazioni

La sentenza in esame, riprendendo un principio dettato dalla giurisprudenza più remota (Cass. civ., sez. III, 19 marzo 1991, n. 2945), conferma l'inapplicabilità dell'art. 79 della l. n. 392/1978 quando il vantaggio che il locatore ricava dalla rinuncia all'indennità da parte del conduttore è compensato dal danno che subisce per effetto della contestuale pattuizione di una proroga della locazione in favore del conduttore, che non ne ha diritto. Ancor più nel caso in specie, dove, oltre al rinnovo di un contratto che già era stato risolto e per il quale già era stato fissato il termine di rilascio ex art. 56 della l. n. 392/1978, il nuovo contratto è stato stipulato a condizioni economiche estremamente vantaggiose in quanto ben inferiori a quelle di mercato.

Sebbene la legislazione vincolistica abbia carattere imperativo, essendo i relativi diritti attribuiti alle parti per ragioni di ordine pubblico, è tuttavia valida la rinuncia totale o parziale ai diritti stessi, che mantengono pur sempre un contenuto privatistico e come tali possono costituire oggetto di accordo.

Le parti hanno stipulato una transazione davanti al Giudice di Pace menzionando espressamente le loro reciproche concessioni ed hanno così inteso non soltanto definire una lite tra di loro che aveva visto risolvere il precedente rapporto di locazione, ma anche prevenire, attraverso la stipula di un nuovo contratto, una lite che sarebbe potuta insorgere, come poi di fatto è insorta, al momento del rilascio dei locali, in ordine all'indennità di avviamento commerciale alla quale il conduttore aveva rinunciato proprio perché, come contropartita, aveva continuato a godere del bene per di più verso un canone di estremo vantaggio.

Il giudice ha rilevato che con il verbale di conciliazione redatto davanti al Giudice di Pace adito in sede non contenziosa le parti, reciprocamente, hanno subìto danni e conseguito vantaggi, talché non risultava che il locatore avesse conseguito, specificamente, alcun vantaggio in contrasto con la legislazione vincolistica in questione. In sostanza, il Tribunale ha fondatamente ritenuto che, in mancanza di prova contraria - il cui onere incombeva su colui che aveva eccepito la nullità della rinuncia all'indennità, con il conseguente vantaggio del locatore - la reciprocità dei danni e dei vantaggi derivanti dalla transazione per ciascuna delle parti, non consentiva di stabilire che il locatore avesse conseguito vantaggi maggiori di quelli conseguiti dal conduttore; sicché ha escluso che quelli conseguiti dal primo fossero in contrasto con le disposizioni della l. n. 392/1978.

Perché possa applicarsi tale ultima norma, infatti, non è sufficiente che il conduttore abbia pattuito con il locatore di rinunciare all'indennità di avviamento commerciale, ma è altresì necessario che da tale rinuncia il locatore abbia tratto un vantaggio con correlativo danno del conduttore: solo soltanto in tale ipotesi la pattuita rinuncia è nulla.

Allorché tale vantaggio non risulti emergere, dovendosi ritenere compensato dal correlativo danno subito dallo stesso locatore per avere pattuito col conduttore una proroga della durata della locazione alla quale quest'ultimo non ha diritto o un canone minore, deve escludersi l'applicabilità della suddetta norma, che, sebbene diretta ad evitare un'elusione preventiva dei diritti del conduttore, non esclude che lo stesso ne possa disporre.

È vero che la legge, con l'art. 34 della l. n. 392/1978, tutela il bene costituito dall'avviamento creato dal conduttore a mezzo dello svolgimento della propria attività nell'immobile locatogli e che l'indennità è volta a ripristinare l'equilibrio economico e sociale normalmente turbato per effetto della cessazione della locazione, così da compensare il conduttore della utilità perduta e da evitare che il locatore si avvantaggi dell'incremento di valore acquisito dall'immobile per effetto dell'attività svoltavi dal conduttore. Altrettanto vero è, però, che l'avviamento commerciale è un bene con contenuto economico di cui il conduttore può disporre liberamente, anche rinunciandovi in favore del locatore in compensazione di pari vantaggi che questi gli offre, vuoi sotto forma di rinunce in tema di durata del contratto, vuoi per una misura ridotta dei canoni richiesti e vuoi per mancato esercizio di diritti in tema di risoluzione del contratto o di risarcimento dei danni.

Può dirsi dunque che la rinuncia del conduttore a percepire a fine contratto l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale è pienamente legittima solo qualora trovi compensazioni con pari svantaggi che il locatore, con altrettante rinunce, accetta di subire, così da potersi escludere l'applicabilità del divieto di cui all'art. 79 della l. n.392/1978.

Spetta al giudice ogni valutazione circa l'effettiva volontà delle parti di rilasciarsi reciproche concessioni a salvaguardia dell'equilibrio del contratto e di escluderla nel caso in cui questa non risulti manifestata in modo chiaro e in forma tale da non destare dubbio alcuno sul reale loro intendimento di riservare ad entrambe un pari vantaggio.

Guida all'approfondimento

Pietroletti, Nessuna risoluzione dopo la scadenza del contratto di locazione, in Diritto & giustizia, 2017, fasc. 29, 5;

Bruno, Indennità di avviamento e interruzione del contratto, in Diritto & giustizia, 2015, fasc. 17, 41;

Lazzaro - Preden, Le locazioni per uso non abitativo, Milano, 2005, 737.

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