Notifica cartella a società: legittima presso la “sede effettiva” anche se diversa dalla “sede legale”

Ignazio Gennaro
23 Aprile 2018

In tema di impugnazione di cartella notificata ai sensi dell'art. 145 c.p.c. ad una società, l'equiparazione ex art. 46 c.c. della “sede legale” della persona giuridica alla “sede effettiva” comporta che, a prescindere dalle indicazioni risultanti dal Registro delle Imprese, la notifica effettuata presso quest'ultima è regolare.
Massima

In tema di impugnazione di cartella notificata ai sensi dell'art. 145 c.p.c. ad una società, l'equiparazione ex art. 46 c.c. della “sede legale” della persona giuridica alla “sede effettiva” comporta che, a prescindere dalle indicazioni risultanti dal registro delle imprese, la notifica effettuata presso quest'ultima è regolare.

Nel relativo giudizio di impugnazione, la mancata attivazione del procedimento di reclamo – ricorso di cui all' art. 17-bis D.lgs. 546/1992 non determina l' inammissibilità se alla data dell'udienza di merito siano già esauriti i relativi termini e dagli atti risulti che non sussistono le condizioni per giungere ad una mediazione.

Qualora la controversia riguardi anche il merito della pretesa e ricorra l'ipotesi di “litis consorzio necessario” - e quindi l'integrazione del contraddittorio andrebbe comunque disposta - l'ente impositore potrà costituirsi in giudizio anche con il semplice deposito delle controdeduzioni, sempre che venga assicurato il contraddittorio ed il diritto di difesa.

Il caso

Una Società impugnava dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta una cartella esattoriale con la quale la locale Agenzia delle Entrate, tramite l'Agente per la riscossione, aveva richiesto per l‘anno 2011, in applicazione dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, il pagamento di somme per omesso o carente versamento IRAP.

La Società ricorrente contestava la legittimità di tale iscrizione a ruolo per nullità della notificazione, mancata sottoscrizione, omessa rituale notifica dell'accertamento quale atto presupposto, concludendo per l'annullamento, previa sospensione, dell'atto.

L'Agenzia delle Entrate, a seguito di notifica del ricorso da parte dell'Agente per la riscossione, si costituiva in giudizio intervenendo volontariamente e ribadendo la legittimità dei propri provvedimenti.

L'Agente per la riscossione si costituiva in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva con riguardo al meritodella pretesa, la infondatezza del ricorso nonchè la improcedibilità dello stesso per la mancata attivazione del procedimento di reclamo-mediazione ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.

La Commissione di prime cure preliminarmente rigettava la richiesta cautelare e, rilevato il lungo lasso di tempo intercorso (circa 2 anni) tra la data di notifica del ricorso e la data di celebrazione dell' udienza, riteneva di “dover disattendere” l'eccezione di improcedibilità ex art. 17-bis del D.lgs. n. 546/1992 osservando che dal tenore delle controdeduzioni dell'Agente per la riscossione non sussistessero le condizioni per raggiungere una mediazione.

Rilevava, inoltre, la infondatezza della ulteriore eccezione di “irritualità” dell'intervento dell'Agenzia delle entrate, avvenuto con il solo deposito delle controdeduzioni senza notifica alle altre Parti costituite (come disposto dall'art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992) atteso che nelle more le stesse ne avevano già ritirato le rispettive copie.

Rigettava, quindi, il ricorso della Società ritenendo legittima la notifica della cartella osservando che, a mente di quanto previsto dall'art. 46 c.c., a prescindere dalle indicazioni risultanti dal Registro delle imprese, ove la sede “effettiva” sia conosciuta dal notificante, la notificazione eseguita presso quest'ultima sede deve ritenersi regolare.

Le questioni

Le questioni di maggiore rilievo affrontare dai Giudici territoriali nisseni con la sentenza in commento, nella sostanza, sono state tre. La prima ha riguardato l'eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.

La Commissione, benché la controversia rientrasse tra quelle per le quali è prescritto l'obbligo del reclamo – ricorso e nel caso di specie la Società ricorrente non avesse proposto tale procedimento, ha ritenuto di poter trattare il merito ritenendo che il lungo lasso di tempo già trascorso dalla proposizione del ricorso (circa 2 anni) doveva far ritenere “…comunque esaurito il procedimento di mediazione…” e che non sussistessero le condizioni per il raggiungimento di una mediazione in quanto l'Agente della riscossione aveva preso posizione nel merito delle doglianze della Società ricorrente, chiedendone il rigetto.

La seconda questione affrontata ha riguardato la “irritualità” dell'intervento dell'Agenzia delle Entrate, avvenuto con il “…solo deposito delle controdeduzioni e non anche attraverso la preventiva notificazione delle stesse alle altre parti costituite…”.

Il primo Collegio ha ritenuto che la Costituzione dell'Agenzia “…ha comunque raggiunto il suo scopo…” e in ogni caso non fosse stato leso il principio del contraddittorio con le altre Parti.

La terza questione ha riguardato la legittimità della notifica alla società, ai sensi dell'art. 145 c.p.c., presso la sede “effettiva” pur se diversa dalla sede “legale” come risultante dal registro delle imprese, ritenendo che ai sensi dell'art. 46, II comma del c.c. nei confronti dei terzi la sede “effettiva” debba essere ritenuta “equiparata” a quella “legale”.

Le soluzioni giuridiche

Con riguardo alla prima questione – mancata attivazione del procedimento di mediazione-reclamo ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 – la Commissione di prime cure ha ritenuto di poter “disattendere” la relativa eccezione, nella considerazione che tra la data di proposizione del ricorso (9 dicembre 2015) e la data di celebrazione dell'udienza (23 ottobre 2017) erano già trascorsi quasi due anni.

Ad avviso del Collegio, tale notevole lasso di tempo dava motivo di “…ritenere comunque esaurito il procedimento di mediazione…” anche nella considerazioneche “…lo stesso agente della riscossione…ha preso posizione nel merito delle doglianze mosse dalla ricorrente, esplicitamente dimostrando che mancavano le condizioni per qualsivoglia ipotesi di mediazione...”.

La seconda questione – la “irritualità” della costituzione in giudizio dell'Agenzia delle Entrate avvenuta mediante il “…solo deposito delle controdeduzioni e non anche attraverso la preventiva notificazione delle stesse alle altre parti costituite…” secondo i primi Giudici andava affrontata alla luce della “ratio” dell'art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992 che è quella di garantire il contraddittorio tra le parti del giudizio che, nel caso in esame, era stato garantito.

Ed infatti, la costituzione dell'Agenzia era avvenuta oltre un anno prima (12 febbraio 2016) della udienza di trattazione (23 ottobre 2017) e comunque antecedentemente all'udienza (14 novembre 2016) per l'esame dell'istanza di sospensiva: tutte le Parti avevano provveduto al ritiro della copia dell'atto di costituzione dell'Agenzia e quindi avevano avuto modo di formulare le proprie difese.

La disposizione del citato art. 14 – ha osservato sul punto la Commissione – “… non prevede la notifica quale presupposto della regolarità dell'intervento…” ed inoltre “… nel caso di specie si verte in ipotesi di litis consorzio necessario atteso che con l'impugnativa il ricorrente ha inteso contestare non solo la cartella di pagamento ma anche il merito dell'imposizione, per cui andrebbe comunque disposta l'integrazione del contraddittorio…”.

Con riguardo alla terza questione – notifica effettuata a Società presso la sede “effettiva” e non presso la sede “legale” – la Commissione ha rilevato che “… l'equiparazione di fronte a terzi, ex art. 46 c.c., della sede legale della persona giuridica rispetto a quella effettiva, comporta che anche in materia di notificazione degli atti tributari i terzi possono considerare come sede anche quest'ultima…” con la conseguenza che “…indipendentemente dalla indicazione risultante dal registro delle imprese ove la sede effettiva è conosciuta dal notificante la notificazione eseguita presso quest'ultima sede deve ritenersi regolare…”.

Osservazioni

I Giudici della Commissione Tributaria Provinciale nissena hanno condotto una analitica disamina delle singole questioni loro sottoposte.

Con riguardo alla mancata attivazione della procedura di reclamo – ricorso pur evidenziando che la “… controversia rientra tra quelle per le quali l'art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 prescriva l'obbligo di promuovere il giudizio attraverso il procedimento di reclamo ricorso…” hanno ritenuto di poter “...comunque trattare il merito del ricorso” considerato che “…dalla proposizione del ricorso è comunque trascorso un lungo lasso di tempo che già fa ritenere comunque esaurito il procedimento di mediazione…” e che dalle prese di posizione dell'Agente della riscossione si evinceva che “…mancano le condizioni di qualsivoglia ipotesi di mediazione…”.

Analogamente anche per l'esame della eccepita “irritualità” dell'intervento in giudizio da parte dell'Agenzia delle Entrate, avvenuta solo con il deposito delle controdeduzioni e non anche con la “preventiva notifica” delle stesse alle altre parti costituite (come previsto dall'art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992).

Su tale punto la Commissione ha osservato che “…nel caso di specie si verte in ipotesi di litis consorzio necessario…” e che la “notifica” non è prevista “…quale presupposto della regolarità dell'intervento a pena di decadenza o di inammissibilità…”.

Pertanto il Collegio ha ritenuto che non vi fosse stata alcuna “violazione del principio del contraddittorio” in considerazione del fatto che la costituzione era avvenuta anteriormente all'udienza cautelare e che le altre Parti avevano provveduto a ritirare gli atti dell'Agenzia.

È la terza questione, riguardante la notifica dell'atto presso la “sede effettiva” e non presso la “sede legale” della società, che però offre i maggiori spunti per un approfondimento.

I Giudici territoriali nel loro percorso argomentativo hanno preso abbrivio dall'art. 46, II comma c.c., il quale in tema di “sede delle persone giuridiche” dispone che “nel caso in cui la sede stabilita dall'art. 16 o la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest'ultima”, per ritenere che la notifica in esame “deve ritenersi regolare”.

A parere del Collegio di prima istanza infatti “… l'equiparazione di fronte a terzi, ex art. 46 c.c. della sede legale della persona giuridica rispetto a quella effettiva, comporta che, anche in materia di notificazione degli atti tributari, i terzi possono considerare come sede anche quest'ultima con la conseguenza che indipendentemente dalla indicazione risultante dal registro delle imprese ove la sede effettiva è conosciuta dal notificante, la notificazione eseguita presso quest'ultima deve ritenersi regolare…”.

Spetterà quindi al soggetto notificato l'onere della prova volta “…ad escludere non solo il rapporto di dipendenza tra la società destinataria dell'atto e la persona fisica consegnataria del documento, ma altresì l'esistenza di qualsiasi rapporto in base al quale l'atto venga portato a conoscenza della persona giuridica destinataria…”.

Nella fattispecie concreta è stato ritenuto che tale prova contraria non potesse essere considerata raggiunta con la produzione della busta paga che indicava il soggetto consegnatario dell'atto, rinvenuto dall'ufficiale giudiziario nei locali della “sede effettiva”, quale dipendente di altra società e nella considerazione che la “…società aveva prodotto in giudizio integralmente la cartella della cui notificazione di discute…” dimostrando quindi di ben conoscere l'atto in contestazione.

Riferimenti bibliografici e giurisprudenziali

La Corte di Cassazione ha recentemente confermato che in tema di notificazione ex art. 145 c.p.c. alle persone giuridiche, l'art. 46 c.c. ai sensi del quale, ove la sede legale sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede anche quest'ultima, con conseguente validità della notifica ivi eseguita invece che presso la prima, vale a condizione che sia accertata l'esistenza di detta sede effettiva, in caso di contestazione graverà sul notificante il relativo onere probatorio (Cassazione civile, sez. VI, 18 gennaio 2017, n. 1248).

Tale pronuncia si pone sul solco di precedenti analoghe statuizioni.

Secondo il Collegio di legittimità, infatti, sebbene l'art. 46 c.c. stabilisca che i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quella effettiva, ciò non si traduce nella facoltà di non tenere conto di tale sede, da essi conosciuta.

Secondo il Giudice nomofilattico, infatti, il sistema delle notificazioni è preordinato a portare gli atti processuali a conoscenza del destinatario della notificazione e deve essere utilizzato dal notificante secondo i principi di buona fede e di solidarietà.

Al riguardo – ha affermato la Corte – rilevano anzitutto gli obblighi di ricerca che gravano sull'ufficiale giudiziario e che evidentemente presuppongono l'obbligo del notificante di fornire gli elementi in suo possesso, non potendosi ipotizzare che quest'ultimo richieda la notificazione senza indicare quel luogo da lui conosciuto, che una ricerca fruttuosa, da parte dell'ufficiale giudiziario potrebbe individuare.

Inoltre, da un lato, in materia societaria il rilievo della conoscenza dei fatti, indipendentemente dalla loro iscrizione nel Registro delle imprese, è stabilito in via generale dall'art. 2193 c.c., dall'altro, l'art. 145 c.p.c. prevede che la notificazione alle persone giuridiche si esegue presso la loro sede, senza distinguere tra sede legale e sede effettiva, il che comporta che questa ultima non possa essere pretermessa, ove sia conosciuta dal notificante. (Cassazione civile, sez. I, 20 marzo 2014, n. 6559).

Ad avviso della Suprema Corte nell'ipotesi di notifica a società ex art. 145 c.p.c., qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario o postale risulti, in tali sedi, la presenza di una persona che si trovava nei locali, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione.

Pertanto laddove la società, voglia vincere la presunzione in parola, avrà l'onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio. (Cassazione civile, sez. tributaria 7 marzo 2012, n. 3516).

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