Nuove strategie processuali: anche l'ente impositore fa istanza di sospensione giurisdizionale

Antonella Lucarelli
14 Maggio 2018

L'art. 52, (e l'art. 62-bis per il ricorrente in cassazione) D.Lgs. n. 546/1992, riconosce all'appellante la possibilità di chiedere la sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata.
Massima

In caso di presentazione di appello avverso alla sentenza emessa dalla CTP, il nuovo art. 52 del D.Lgs. n. 546/1992 consente all'appellante di chiedere alla commissione regionale la sospensione dell'esecuzione della sentenza gravata di appello. Potendo essere parte “appellante” anche l'ente impositore, è riconosciuta anche ad esso la possibilità di richiedere ed ottenere la sospensione dell'esecutività della sentenza ad esso sfavorevole. L'istanza di sospensione impedisce, d'altro canto, al contribuente di proporre ricorso in ottemperanza. Il contribuente potrà, eventualmente, sterilizzare gli effetti della sospensiva mediante presentazione di idonea garanzia.

Il caso

La CTP di Milano, in accoglimento del ricorso di parte aveva annullato l'avviso di liquidazione emesso dall'agenzia delle Entrate – Dp I di Milano, ritenendo che la rettifica del valore di cessione operata dall'Ufficio fosse fondata unicamente sulla perizia predisposta dall'Ufficio del Territorio di Catania, non tenendo in debito conto che l'Ufficio si fosse basato anche sui chiarimenti e sulla documentazione fornita dalle contribuenti in risposta a questionari. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto, altresì, fondato il ricorso perché: la perizia si sarebbe basata su una diversa zona OMI rispetto a quella di appartenenza del ramo di azienda ceduto; e l'Ufficio non avrebbe dimostrato di aver svolto indagini di mercato, arrestandosi, invece, alle quotazioni OMI.

L'agenzia delle Entrate, propone appello avverso la sentenza della CTP e, contestualmente, formula istanza di sospensione della sentenza impugnata.

La questione

La richiesta di sospensione della sentenza può essere proposta anche dall'Ufficio impositore, in quanto l'art. 52, D.Lgs. n. 546/1992 fa riferimento all'appellante che, evidentemente, non coincide necessariamente con il contribuente. La formulazione dell'istanza di sospensione da parte dell'Ufficio impedisce al contribuente di proporre ricorso per l'ottemperanza della sentenza. Tuttavia, vi è la possibilità di privare di effetto la richiesta di sospensione attraverso la prestazione di una idonea garanzia.

Le soluzioni giuridiche

Con Ordinanza cautelare n° 445/01/2018, del 12 marzo scorso, (Presidente e relatore S. Labruna) la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha ricevuto ed accolto una insolita richiesta di sospensiva che sembra rappresentare per l'ente impositore l'esordio di una nuova strategia difensiva (segnatamente – come sarà chiaro in seguito – per la sospensione del pagamento delle spese di lite in pendenza del processo).

Il novellato art. 52, D.Lgs. n. 546/1992, dispone che: “l'appellante può richiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l'esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi”. Dunque la richiesta può essere formulata “dall'appellante” che non necessariamente coincide con il “contribuente” (come è, invece, espressamente previsto al successivo comma 2, per la sospensione dell'atto impugnato, dove – in assenza di iussum iudicis – l'ente impositore resta il dominus che scandisce i tempi amministrativi dell'esecuzione).

Nella fattispecie oggetto dell'Ordinanza, l'ente impositore ha formulato contestuale istanza di sospensione dell'esecutività la sentenza appellata, ritendo sussistenti gravi e fondati motivi, inquadrabili nella lata categoria del fumus boni iuris.

Infatti, l'art. 52 citato, nella versione novellata dal D.Lgs. n. 156/2015, richiede che il presupposto per la concessione della sospensione dell'esecutività della sentenza, ossia il fumus boni iuris, non debba necessariamente coniugarsi al periculum in mora che, peraltro, per il fatto di causa, può ravvisarsi nel rischio di insolvenza dell'appellato – eventualmente soccombente in appello – alla restituzione dell'eccedenza d'imposta già rimborsata ai sensi dell'articolo 68, comma 2, del più volte citato decreto, eventualmente assistito dalla procedura d'ottemperanza di cui all'articolo 69, comma 5.

La CTR, delibata nel merito la sentenza impugnata, ne ha concesso all'ente impositore la sospensione al fine di non procedere al rimborso del pagamento frazionato, ex art. 68, c. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, già riscosso in pendenza di giudizio. Proprio in questo è da rinvenirsi la possibilità di una strategia, del tutto nuova, per l'Amministrazione Finanziaria.

Da ciò discende, infatti, che il contribuente non può più presentare ricorso per l'ottemperanza ex articolo 69, comma 5, di una sentenza non esecutiva fino alla pubblicazione della sentenza d'appello (ex combinato disposto artt. 61 e 47, comma 7).

Mutatis mutandis, la medesima questione si pone formulando ex art. 62-bis stesso decreto, una richiesta di sospensione della sentenza d'appello impugnata in cassazione; in tal caso, però, l'ente impositore può formulare istanza solo per evitare un danno grave e irreparabile, inquadrabile nella lata categoria del periculum in mora e configurabile nel rischio di insolvenza del resistente – eventualmente soccombente in Cassazione – alla restituzione dell'eccedenza d'imposta già rimborsata ai sensi dell'articolo 68, comma 2, più volte citato decreto, eventualmente assistito dalla procedura d'ottemperanza di cui all'articolo 69, comma 5.

Questi passaggi si possono lucidamente cogliere da altro angolo visuale, quello offerto dalle sentenze di ottemperanza ex articolo 69, comma 5 (vds. ex plurimis CTR Lombardia, Milano, n. 4467/01/2017. Giudice Unico S. Labruna) dove, non avendo l'ente impositore appellante formulato istanza di sospensione della sentenza impugnata, va ope legis accolto il ricorso per l'ottemperanza della sentenza esecutiva ex art. 67-bis, con impossibile acquisizione di idonea garanzia per le spese di lite di qualsiasi importo e per rimborsi non superiori a € 10.000.

L'occhiuta interpretazione delle norme del D.Lgs. n. 546/1992 che l'Ordinanza (e la richiamata sentenza d'ottemperanza) in commento suggerisce, può essere efficacemente gestita da controparte privata, offrendo disponibilità – già in sede di udienza camerale per la trattazione dell'istanza di sospensione presentata dall'ente impositore – a prestare l'idonea garanzia prevista dall'articolo 69, comma 2, a cui fa riferimento il comma 6, dell'art. 52, D.Lgs. n. 546/1992 (o il comma 5 dell'art. 62-bis per il ricorrente in cassazione); in tal caso, viene meno l'interesse alla sospensione della sentenza, e pertanto nulla osta all'erogazione del rimborso – di qualsiasi importo – ed al pagamento delle spese di lite. Più semplicemente, di fronte ad una sentenza di CTP sfavorevole all'Ufficio impositore, questi in sintesi i singoli passaggi:

  • l'Ufficio, nel proporre appello, formula istanza di sospensione della sentenza di primo grado;
  • la sospensione può essere concessa in presenza, alternativamente, di uno dei presupposti richiesti dalla legge (fumus boni iuris e periculum in mora);
  • l'istanza di sospensione produce, contestualmente, l'effetto di contrastare efficacemente l'eventuale richiesta di ottemperanza del contribuente;
  • d'altro canto, il contribuente, anche in sede di udienza camerale, può farsi parte attiva e prestare idonea garanzia, sterilizzando, così, di fatto, gli effetti della sospensiva;
  • ciò determinerà, per il contribuente, il vantaggio di poter ottenere il rimborso di quanto versato in pendenza di giudizio, e per l'Ufficio di poter godere, comunque, della garanzia.
Osservazioni

Concludendo, è bene ricordare che:

  • la sospensione dell'esecutività della sentenza sospende anche il pagamento delle spese di lite ivi liquidate.
  • La sospensione dell'esecuzione dell'atto non sospende mai il pagamento delle spese di lite liquidate nella relativa sentenza, rimasta esecutiva.
  • I costi della garanzia, anticipati dal contribuente, saranno infine posti a carico della parte soccombente ai sensi dell'art. 8 c.4 della L. n. 212/2000 (e dell'art. 69, c. 3 del D.Lgs. n. 546/1992) all'esito definitivo del giudizio.
  • Il binomio: Ordinanza n°445/01/2018 e Sentenza n°4467/01/2017, segnala un sapiente percorso processuale che consente all'ente impositore di sospendere ope iudicis il pagamento delle spese di lite liquidate in sentenza (“Il giudice di seconde cure, che riforma in toto o in parte la sentenza impugnata, in difetto di una esplicita rinuncia della parte risultata poi vittoriosa (Cass. civ., nn. 13724/1999, 9859/1997 e 5720/1994) deve rivalutare d'ufficio il regolamento delle spese con riferimento all'intero giudizio (vds. Cass. civ., sez. 6 - L, Ordinanza n. 6259 del 18 marzo 2014 e sent. 4201/2002 e 15787/2000) nella misura in cui l'infondatezza originaria del ricorso introduttivo avrebbe giustificato la pronuncia sulle spese per la soccombenza della parte privata; ciò perché, per l'effetto devolutivo dell'appello, la valutazione della soccombenza opera in base ad un criterio unitario e globale”. (CTR Lombardia, Milano, n. 309-01-2017)), che altrimenti andrebbero pagate sempre e comunque senza garanzia (vds. art. 69, c. 1 del D.Lgs. n. 546/1992).

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