Contraddittorio preventivo in materia di imposta di registro pre e post Legge di bilancio 2018

04 Giugno 2018

In materia di imposta di registro, nell'ipotesi di riqualificazione giuridica di atti negoziali tra loro collegati ex articolo 20 del d.P.R. n. 131/1986, il contraddittorio preventivo è obbligatorio, tanto a seguito della modifica introdotta al predetto articolo 20 con la Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205, del 27 dicembre 2017, articolo 1, comma 87, lett. a, in vigore dal 1 gennaio 2018).
Massima

In materia di imposta di registro, nell'ipotesi di riqualificazione giuridica di atti negoziali tra loro collegati ex articolo 20 del d.P.R. n. 131/1986, il contraddittorio preventivo è obbligatorio, tanto a seguito della modifica introdotta al predetto articolo 20 con la Legge di Bilancio 2018 (Legge n. 205, 27 dicembre 2017, articolo 1, comma 87, lett. a, in vigore dal 1 gennaio 2018). Invero, la norma, così come riformulata, ha natura innovativa e ove si voglia contestare elementi extratestuali all'atto registrato deve raccordarsi con la nuova disciplina dell'abuso del diritto, ex articolo 10-bis,L. n. 212 del 2000 (introdotto dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 1), per effetto della quale l'Amministrazione finanziaria, ove vorrà contestare l'intento volto a conseguire un indebito vantaggio fiscale in ragione del collegamento di più negozi, dovrà previamente esperire il contraddittorio endo procedimentale.

Il caso

Con avviso di liquidazione inviato ad una Società, l'Amministrazione finanziaria recuperava maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale, ritenute dovute in ragione della riqualificazione giuridica di atti negoziali tra loro collegati, ex art. 20 del d.P.R. n. 131/1986.

Nell'ordine, i negozi collegati – tutti risalenti al 2009 – erano: costituzione da parte della società contribuente, di nuova società unipersonale a responsabilità limitata; contestuale conferimento nel capitale sociale della società di nuova costituzione del ramo di azienda costituito dalla vecchia; cessione ad altra società dell'intera propria partecipazione al capitale sociale della nuova società.

La società destinataria dell'avviso di liquidazione predetto, impugnava l'atto eccependo la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo sull'assunto che l'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986 avesse natura antielusiva, alla stessa stregua dell'art. 37-bis del d.P.R. n. 600/1973, rubricato “Disposizioni antielusive”, in tema di accertamento delle imposte sui redditi.

Detto in altri termini, in materia di imposta di registro avendo l'articolo 20 predetto natura antielusiva, doveva, per l'effetto, ritenersi obbligatoria l'attivazione del contraddittorio endo procedimentale sulla scorta dell'omonima norma in tema di imposte sui redditi, ovvero l'articolo 37-bis, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973, che prevede(va) espressamente l'obbligo di attivarlo.

Il giudici di primo e secondo grado annullavano l'atto impugnato, ritenendo che la riqualificazione dovesse rispettare il procedimento ex articolo 37-bis, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973, che prevede(va) l'obbligo di attivazione del contraddittorio preventivo.

La questione

Ai giudici di legittimità veniva rimessa la decisione circa la sussistenza dell'obbligo del contraddittorio preventivo in materia di imposta di registro e nella specie nell'ipotesi di riqualificazione giuridica di atti negoziali tra loro collegati, previsto dall'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, nella formulazione ante riforma – Legge n. 205, del 27 dicembre 2017 – per atti posti in essere nel 2009.

La tesi sostenuta della società contribuente, ed accolta dai giudici di merito, muoveva dall'assunto che nel caso di violazione dell'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986 dovesse essere attivato (preventivamente) il contraddittorio, in quanto la natura della predetta norma, in materia di imposta di registro, è antielusiva, alla stessa stregua della norma antielusiva per eccellenza prevista dall'articolo 37-bis del d.P.R. n. 600/1973 in tema di accertamento delle imposte sui redditi - oggi abrogato e sostituito dall'art. 10-bis della L. n. 212/2000- che al comma 4 contempla(va) espressamente un previo confronto: “L'avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2.”

L'Agenzia delle Entrate, dal canto suo, ricorreva in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, in quanto la riqualificazione operata sulla base dell'articolo 20 del TUR, non presuppone una verifica della causa concreta dell'operazione negoziale, non è richiesta, a loro dire, la sussistenza di un intento elusivo delle parti; tanto diversamente dal d.P.R. n. 600/1973, articolo 37-bis, comma 4, quale vigente al tempo dell'emanazione dell'avviso di liquidazione, che contempla(va) la previa instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, unicamente in tema di imposte dirette e riguardo ad atti o negozi, anche collegati tra loro, aventi, invece, espressa finalità elusiva.

A tanto aggiungasi che la Suprema Corte ha dovuto considerare anche le intervenute modifiche legislative, infatti, il predetto art. 20 del TUR che è stato modificato dall'articolo 1, comma 87, lettera a), della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, ovvero dalla Legge di Bilancio 2018, in vigore dal 1° gennaio 2018, nell'intento di porre un limite all'attività riqualificatoria posta in essere dall'Amministrazione finanziaria negli anni passati, la quale, stando alla novella normativa, deve prescindere da elementi extratestuali all'atto registrato e dagli atti ad esso collegati.

Invero, come chiarito dalla relazione illustrativa della Legge n. 205/2017: “La modifica è volta a dirimere alcuni dubbi interpretativi sorti in merito alla portata applicativa dell'articolo 20 del DPR 26 aprile 1986 n. 131 (…). La norma introdotta è volta, dunque, a definire la portata della previsione di cui all'art. 20 del TUR, al fine di stabilire che detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all'atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici “collegati” con quello da registrare. Non rilevano, inoltre, per la corretta tassazione dell'atto, gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte”.

Purtuttavia, dubbi sono rimasti circa la retroattività della novella disposizione normativa e l'eventuale rilevanza degli elementi extra-testuali ai fini della disciplina dell'abuso del diritto ex art. 10-bis, della L. n. 212/2000, che ha sostituito l'articolo 37-bis, del d.P.R. n. 600/1973: perplessità che la Suprema Corte ha dovuto affrontare nell'ordinanza.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza resa della Suprema Corte di Cassazione, i giudici sono stati chiamati a pronunciarsi su in tema “caldo” nel panorama giuridico – tributario come quello del contraddittorio preventivo nell'ambito dell'imposta di registro e tanto, come anticipato, alla luce anche delle novità legislative intervenute ed entrate in vigore recentissimamente.

Ebbene, gli Ermellini hanno dato risposta a tutte le questioni prospettate, tenendo in considerazione anche delle modifiche all'impianto dell'art. 20 del TUR, dunque, da un lato rispondendo all'ammissione o meno del contraddittorio preventivo ante riforma, ovvero nel testo applicabile ratione temporis, e dall'altro lato definendo la portata del novello art. 20 del TUR.

In primis, i Supremi Giudici hanno affrontato la questione specifica posta alla base della loro cognizione, ovvero se la riqualificazione degli atti negoziali registrati nel 2009, ex articolo 20 cit., ed operata dall'Amministrazione finanziaria dovesse essere preceduta o meno dal contraddittorio preventivo. Essi, hanno, a chiare lettere, escluso la natura di norma antielusiva dell'art. 20 del TUR, infatti riferiscono che “(…)l'Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società senza essere tenuta a provare l'intento elusivo delle parti (…)”, e tanto in quanto la norma predetta ha mera natura di regola interpretativa e non antielusiva, tanto, parrebbe, in ossequio alla rubrica dell'articolo “Interpretazione degli atti”.

Per l'effetto, la natura interpretativa della norma in questione (nella formulazione ante riforma) esclude qualsivoglia apertura al contraddittorio endoprocedimentale, previsto, invece, per l'utilizzazione delle disposizioni antielusive, quale appunto il d.P.R. n. 600/1973, art. 37-bis, comma 4, vigente al tempo dell'emanazione dell'atto impugnato.

Tra l'altro, riferisce la Corte, tale impostazione è anche coerente con quanto affermato in generale dalle Sezioni Unite di Cassazione con la sentenza n. 28423, del dicembre 2015, secondo cui allo stato attuale della legislazione nazionale vigente, il previo espletamento del contraddittorio è richiesto nei soli casi in cui sia espressamente previsto dalla norma a pena di nullità dell'atto, mentre l'Amministrazione è invece gravata da un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale in tema di tributi armonizzati (come ad esempio per l'IVA), e purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa.

Ma non basta. La Suprema Corte di Cassazione va oltre, pronunciandosi in ordine alla sopravvenienza, in pendenza di lite, del nuovo testo dell'art. 20, del d.P.R. n. 131/1986, modificato dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), che pone nuovi limiti all'attività di riqualificazione giuridica.

Riferisce la Corte, che alla nuova disposizione debba riconoscersi natura innovativa e non meramente interpretativa, per tale ragione la nuova disposizione non può comunque trovare ingresso nel giudizio sottoposto alla loro attenzione, in quanto avente ad oggetto atti registrati nel 2009.

Chiariscono, in ogni caso, i Supremi giudici a riguardo, che a nulla vale l'intenzione del legislatore di "chiarire" il criterio di individuazione della natura e degli effetti che devono essere presi in considerazione ai fini della registrazione, tanto, appunto, diversamente dalla relazione illustrativa della Legge n. 205/2017 - che riferisce testualmente: “La modifica è volta a dirimere alcuni dubbi interpretativi sorti in merito alla portata applicativa dell'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131”.

Ebbene, tale precisazione, non è di poco conto, in quanto, ed in questo l'ordinanza in commento è dirompente, la Suprema Corte ammette che il novellato art. 20 del TUR dovendosi raccordare con la nuova disciplina dell'abuso del diritto, prevista dalla L. n. 212/2000, art. 10-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 128/2015, art. 1, l'Amministrazione finanziaria, ove vorrà contestare l'intento volto a conseguire un indebito vantaggio fiscale in ragione del collegamento di più negozi, dovrà previamente esperire il contraddittorio.

Seguendo il ragionamento degli Ermellini, dunque, il contraddittorio preventivo trova ingresso nell'ambito dell'imposta di registro, ove si contesti l'intento volto a conseguire un indebito vantaggio fiscale in ragione del collegamento di più negozi, facendo previamente appello all'art. 53-bis del d.P.R. n. 131/1986 (TUR), il quale si richiama per espresso all'art. 10-bis, Legge n. 212/2000 - rubricato Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale”.

Dunque, in conclusione, la natura innovativa e non meramente interpretativa della norma, porta ad escludere, senza ombra alcuna, l'ingresso del contraddittorio preventivo nella fattispecie de quo.

Osservazioni

Come anticipato l'ordinanza in commento aggiunge un nuovo tassello alla vexata quaestio relativa all'obbligatorietà (o meno) del contraddittorio preventivo con il contribuente.

Numerose, infatti, sono le sentenze che negli ultimi anni si sono succedute sull'argomento a partire dalla storica sentenza resa dalla Corte di Cassazione a Sez. Unite, del 18 settembre 2014, n. 19667, passando dalla sentenza del 9 dicembre 2015, n. 28423, senza però trovare unanime orientamento, bensì introducendo nuovi limiti sull'obbligo in argomento.

Orbene, tralasciando la questione di merito oggetto del provvedimento in commento, la Suprema Corte prende specifica posizione in ordine all'obbligatorietà del contraddittorio endo procedimentale in materia di imposta di registro, sollecitata delle modifiche apportate al d.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico delle disposizioni in materia di imposta di registro - TUR), con la Legge di Bilancio 2018, L. n. 205/2017, in vigore dal 1° gennaio 2018.

Con la pronuncia in oggetto, la Suprema Corte di Cassazione, infatti, ammette l'obbligatorietà del contraddittorio preventivo nell'ipotesi di avviso di liquidazione relativo alla riqualificazione di atti negoziali nella nuova formulazione dell'art. 20 del TUR, la quale dovrà raccordarsi con la nuova disciplina dell'abuso del diritto prevista dalla L. n. 212/2000, articolo 10-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 128/2015, art. 1.

Per l'effetto, ove l'Amministrazione vorrà contestare l'intento volto a conseguire un indebito vantaggio fiscale in ragione del collegamento di più negozi, dovrà previamente esperire il contraddittorio preventivo.

Semplificando all'estremo, il contraddittorio preventivo ha ragione di venire in essere per effetto delle nuove modifiche apportate dalla Legge di Bilancio e tanto in quanto, se da un lato le modifiche apportate all'articolo 20 predetto vietano l'utilizzo di elementi estranei all'atto da registrare ai fini dell'interpretazione di quest'ultimo, dall'altra parte la modifica contestuale all'articolo 53-bis del TUR – rubricato “Attribuzioni e poteri degli Uffici” – consente all'Amministrazione finanziaria di riqualificare l'operazione elusiva, anche mediante atti collegati o elementi extra-testuali, solo se ravvisa, però, la violazione dei principi dell'abuso del diritto e dunque nei limiti e nei modi di cui all'articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente.

Infatti, il predetto articolo 53-bis si richiama per espresso al nuovo articolo in materia di abuso del diritto di cui all'articolo 10-bis della L. 212/2000*, e proprio per effetto di tale richiamo che viene in considerazione la necessità del contraddittorio preventivo in sedes materiae.

* In evidenza:
L'articolo 10-bis della L. 212/2000, al comma 6, statuisce che: “Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto”.

Ciò posto, devesi però considerare che il discrimen temporale ai fini dell'applicazione della normativa in oggetto, essa questione riveste un ruolo fondamentale ai fini dell'esperimento del contraddittorio preventivo.

Infatti, se è vero come è vero che le modifiche normative predette per legge sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2018, perplessità sono state avanzate circa il momento in cui dette modifiche avessero valenza, ovvero se avessero valenza retroattiva o meno.

Ma andiamo con ordine.

Come richiamato dai Supremi Giudici nell'ordinanza de quo, la Corte di Cassazione ha preso posizione il 26 gennaio de 2018, con provvedimento n. 2007: statuendo che “L'art. 1, comma 87, lett. a), della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (che ha novellato l'art. 20 d.P.R. n. 131/1986) non avendo natura interpretativa, ma innovativa, non esplica effetto retroattivo; conseguentemente, gli atti antecedenti alla data di sua entrata in vigore (1° gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati ad imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell'art. 20 d.P.R. n. 131/1986. Alla norma non si può riconoscere l'effetto interpretativo di quella previgente poiché essa introduce dei limiti all'attività di riqualificazione giuridica della fattispecie che prima non erano previsti, fermo restando che l'amministrazione finanziaria può dimostrare la sussistenza dell'abuso del diritto previsto dall' art. 10-bis della Legge n. 212/2000 (introdotto dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128), il quale, alla lettera a), attribuisce espressamente rilevanza al collegamento negoziale, ma nel solo ambito, appunto, dell'abuso del diritto e non più in quello della mera riqualificazione giuridica. Ne consegue che la riqualificazione dell'atto da registrare in base al mero contenuto dello stesso senza potere ricorrere ad elementi extratestuali o al collegamento con altri negozi può operare soltanto per gli atti successivi all'entrata in vigore del nuovo art. 20”.

Trasponendo sinteticamente la statuizione degli Ermellini, gli atti registrati antecedentemente alla data dell'entrata in vigore della Legge di Bilancio (1° gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati ad imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell'art. 20 d.P.R. n. 131/1986.

Successivamente, in occasione del Telefisco 2018 l'Agenzia delle Entrate è stata chiamata a fornire il suo parere, secondo cui le nuove norme non hanno effetto sugli “avvisi di accertamento già notificati in data antecedenti il 1° gennaio 2018, ancorché non definitivi”.

Tanto, sta a significare che se leggiamo al contrario il parere dell'Amministrazione, le modifiche introdotte dalla legge predetta possono applicarsi agli avvisi di accertamento che hanno ad oggetto annualità precedenti al 2018 ma non ancora notificati.

Dunque, è evidente che permangono dei dubbi circa il momento in cui debbano ritenersi applicabili le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio in sedes materiae, perplessità che inevitabilmente si riflettono sull'applicazione o meno del contraddittorio preventivo; pur tuttavia, è certo che almeno per gli atti registrati a partire dal 1° gennaio 2018 se l'Amministrazione finanziaria volesse utilizzare elementi estranei all'atto registrato dovrà contestare la violazione dell'art. 53-bis del TUR con contestuale attivazione del contraddittorio preventivo a seguito del richiamo espresso all'articolo 10-bis della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente).

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