Tutte inammissibili le vecchie impugnazioni se notificate via PEC

22 Giugno 2018

La Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla discussa vicenda degli atti d'impugnazione notificati utilizzando la posta elettronica certificata e ciò antecedentemente l'entrata in vigore del processo tributario telematico. Con la decisione in commento, il Collegio conferma il precedente orientamento riguardo la giuridica inesistenza della notifica dell'atto di appello o del ricorso effettuata, con modalità telematica, in una data antecedente l'entrata in vigore del PTT per la regione Abruzzo.
Massima

La Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla discussa vicenda degli atti d'impugnazione notificati utilizzando la posta elettronica certificata e ciò antecedentemente l'entrata in vigore del processo tributario telematico. Con la decisione in commento, il Collegio conferma il precedente orientamento riguardo la giuridica inesistenza della notifica dell'atto di appello o del ricorso effettuata, con modalità telematica, in una data antecedente l'entrata in vigore del PTT per la regione Abruzzo.

Il caso

Il Comune dell'Aquila impugnava la sentenza della CTR dell'Abruzzo che erroneamente, a suo parere aveva dichiarato l'illegittimità del diniego dell'istanza di autotutela formulata dalla contribuente e finalizzata allo sgravio nonché, alla sospensione di alcune cartelle di pagamento ad oggetto TARSU/TIA per le annualità 2001/2005 oramai definitive.

Il Collegio Abruzzese, rileva l'ente impositore, si era persino pronunciato sul rapporto sottostante, indicando le modalità con cui l'ente territoriale avrebbe dovuto provvedere “ex novo sull'istanza di autotutela”.

La società codifesa dall'Avv. Mariagrazia Bruzzone, a fronte del ricorso per cassazione, proponeva ricorso incidentale condizionato e deduceva la violazione dell'art. 53 comma, 2 in combinato disposto con gli artt. 20 comma, 1 e 16 comma, 2 e 3 del D.Lgs. n. 546/1992, letto alla luce della norma transitoria di cui all'art. 12 comma, 3 del D.Lgs n. 156/2015, nonché dell'art. 156 ultimo comma c.p.c., in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.. Difatti, il Collegio, secondo la contribuente avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'appello, per inesistenza della notifica dello stesso, in quanto il PTT all'epoca dei fatti era applicabile solamente all'Umbria e alla Toscana, come previsto dall'art. 16 del D.M. 4 agosto 2015 e non alle CTP e CTR dell'Abruzzo.

La Suprema Corte, sezione Tributaria, investita della controversia, in accoglimento del motivo del ricorso incidentale condizionato, ritenuto assorbente di ogni altra domanda eccezione proposta dalle parti e sottoposta all'attenzione del giudice, cassava senza rinvio la sentenza impugnata, le spese seguivano la soccombenza.

La questione

La questione trae origine dall'impugnazione di un diniego di autotutela proposto da una società abruzzese a fronte dell'istanza ivi formulata per lo sgravio e la sospensione delle cartelle TARSU /TIA anni 2001/2005.

L'Ente locale, soccombente in CTP, decideva così di impugnare la Sentenza difronte la CTR dell'Abruzzo e redatto l'atto di appello lo notificava con modalità telematica tramite PEC.

Tuttavia, il PTT diveniva facoltativo per le Commissioni Tributarie di Abruzzo e Molise solamente a partire dal 15 ottobre 2016 come previsto dal decreto MEF del 4 agosto 2015 pubblicato nella G.U. il 10 agosto al n. 184 e successivamente dal D.M. del 30 giugno 2016, pubblicato nella G.U. del 12 luglio al n. 161.

L'appellata, quindi, rilevava nella propria memoria di costituzione, l'inammissibilità dell'atto di appello per inesistenza della notifica dello stesso, avvenuta tramite PEC e non con le necessarie modalità cartacee.

Le soluzioni giuridiche

Il D.M. 4 agosto 2015, entrato in vigore il 1° dicembre 2015, ha avviato in via sperimentale il processo tributario telematico nelle regioni Toscana ed Umbria e comprende un percorso di evoluzione, tutt'ora in corso e finalizzato ad “aggiornare”il processo tributario alle nuove tecnologie informatiche, nonché al processo civile ed amministrativo. Si precisa che con l'entrata in vigore del D.M. 4 agosto 2015, ha acquisito efficacia nell'ordinamento italiano anche il D.M. n. 163/2013, norma a carattere tecnico che individua le modalità d'impiego del servizio da parte degli operatori.

Il percorso di digitalizzazione della P.A. può essere individuato a partire D.Lgs. n. 241/1997, che introdusse la nuova disciplina dell'intermediazione fiscale, per proseguire poi con il monitoraggio delle liti pendenti e la consultazione telematica c.d. “Telecontenzioso” che è attivo per i soggetti abilitati dal 20 marzo 2001.

Da segnalare inoltre l'art. 36 del D. Lgs. n. 5465/1992, d.P.R. n. 619/1996, e l' art. 49 del d.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, che regolava l'organizzazione del Ministero delle Finanze, e prevedeva la fornitura di servizi informatici da parte del Centro Informativo del Dipartimento delle Entrate.

L'informatizzazione, diveniva poi una “realtà prossima” con l'istituzione del servizio di monitoraggio e rendicontazione informatica del contenzioso tributario ad opera della Direzione Generale della Giustizia Tributaria (D.G.T.), previsto con il d.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43. Successivamente, con l'art. 16, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 546/1992 (introdotto dalla Manovra 2011 - art. 39, comma 8, del D.L. n. 98/2011), veniva previsto che «le comunicazioni sono effettuate anche mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata, ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni», così da “individuare” la posta elettronica certificata come strumento prima alternativo e poi prevalente per le comunicazioni di cancelleria.

Gli istituti dell'informatica giuridica vengono poi normati in modo puntuale a partire dal 14 febbraio 2014, in quanto veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 il D.M. 23 dicembre 2013, n. 163 del Ministero dell'Economia e delle Finanze recante il Regolamento sulla disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 39 c. 8 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111.

Nel D.M. n. 163 del 23 dicembre 2013, difatti all'art. 3 rubricato “Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T.)” ritroviamo l'impalcatura del nuovo processo tributario telematico (PTT).

In particolare, esso aveva previsto la possibilità di produrre sotto forma di documenti informatici, sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale, gli atti e i provvedimenti del processo tributario, nonché quelli relativi al procedimento attivato con l'istanza di reclamo e mediazione. Le modalità informatiche cui il decreto si richiama fanno riferimento alle attività di: trasmissione, comunicazione, notificazione e deposito di atti e provvedimenti del processo tributario, oltre a quelli attivati con l'istanza di reclamo e di mediazione.

Successivamente, con il decreto 4 agosto 2015, pubblicato nella G.U. il 10 agosto al n. 184 contenente “regole tecniche”, il MEF rendeva operativo il nuovo strumento di lavoro ed in particolare per le seguenti operazioni:

  • registrazione e accesso al S.I.Gi.T. (Sistema Informativo della Giustizia Tributaria)
  • notificazioni e comunicazioni
  • costituzione in giudizio
  • formazione e consultazione del fascicolo informatico
  • deposito degli atti e documenti informatici successivi alla costituzione in giudizio
  • pagamento del contributo unificato tributario.

Con il successivo decreto MEF del 30 giugno 2016, pubblicato nella G.U. del 12 luglio al n. 161, si sono individuate le tappe dell'entrata in vigore nelle CTP e CTR italiane, difatti a partire dal 1° dicembre 2015 la sperimentazione del PTT era limitata solamente alla Toscana ed all' Umbria.

Il PTT diventa una realtà:

  • dal 15 ottobre 2016 per le regioni Abruzzo e Molise;
  • dal 15 novembre 2016 per le regioni Liguria e Piemonte;
  • dal 15 dicembre 2016 per le regioni Emilia-Romagna e Veneto;
  • dal 15 giugno 2017 per le regioni Calabria, Sicilia e Sardegna;
  • dal 15 luglio 2017 per le regioni Marche, Val d'Aosta e Province autonome di Trento e Bolzano;

Orbene, l'analisi della vicenda in commento presuppone la lettura dell'art. 10, della Legge 11 marzo 2014, n. 23, che nel delegare al Governo, tra l'altro, alla “revisione” del “contenzioso tributario”, ha enunciato, tra i principi e criteri direttivi, “il massimo ampliamento dell'utilizzazione della posta elettronica certificata per le comunicazioni e le notificazioni”. In ottemperanza alla legge delega, l'art. 16-bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, rubricato “comunicazioni e notificazioni per via telematica”, inserito dall'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, ed in vigore dal 1° gennaio 2016, confermava l'utilizzabilità della posta elettronica certificata per le “comunicazioni”, come già disposto dal previgente comma 1-bis dell'art. 16 del D.Lgs. n. 546/1992, aggiunto dall'art. 39, comma 8, lett. a), del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111, che aveva ricondotto tali “comunicazioni” nell'ambito di applicazione del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. Codice dell'Amministrazione Digitale).

In sostanza, si ribadisce che sia le comunicazioni della segreteria (si pensi all'avviso di trattazione dell'udienza) sia le notificazioni degli atti (si pensi alla notifica del ricorso in primo e secondo grado di gravame) possono avvenire tramite mezzi telematici, in particolare utilizzando la "PEC". Se l'indirizzo PEC non è indicato oppure la posta non può essere consegnata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente presso la segreteria.

Le notificazioni tra le parti e il deposito presso la Commissione tributaria di atti e documenti possono avvenire secondo quanto disposto dal D.M. 23.12.2013 n. 163.

Il citato art. 16-bis del D.Lgs. n. 546/1992, al comma 3, espressamente prevede che le “notificazioni” tra le parti e i “depositi” presso la segreteria della Commissione tributaria adita “possono avvenire in via telematica”, nelle forme regolamentate dal D.M. 23 dicembre 2013, n. 163. In via transitoria, l'art. 12, comma 3, del D.Lgs. n. 156/2015, ha disposto che la nuova disciplina sulle “notificazioni” e sui “depositi” in via telematica si applica con “decorrenza” e “modalità” previste dai regolamenti di attuazione da emanarsi ai sensi dell'art. 3, comma 3, del citato D.M. n. 163/2013, la prima normativa ad essere emanata e quella relativa al D.M. 4 agosto 2015, seguita dai successivi decreti del 30 giugno 2016 e 15 dicembre 2016, che ha limitato l'applicazione in prima battuta della disciplina in via sperimentale, alle Commissioni tributarie provinciali e regionali di Umbria e Toscana. Quindi, in ottemperanza anche ad una nutrita schiera di pronunce conformi, la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza in commento, decide di seguire l'orientamento secondo cui la disciplina speciale processualtributaria non preveda l'utilizzo in via ordinaria ed immediata su tutto il territorio nazionale, di strumenti informatici per la notifica degli atti introduttivi del grado di giudizio.

Ciò posto, non è superfluo rammentare che nonostante l'utilizzo della Pec all'interno della Pubblica Amministrazione e l'equiparazione legale di tale strumento alla raccomandata A/R sia già operativa in riferimento alla disciplina generale al momento della notifica dell'appello e/o ricorso introduttivo come per la fattispecie in commento, al processo tributario sono riservate norme proprie che per quanto riguarda la notifica degli atti necessitano anche dell'adozione di una specifica disciplina operativa d'attuazione. Difatti come sopra ricordato, il processo tributario è stato disciplinato dall'adozione del D.M. 98 del 2011, il quale per poter operare è stato affiancato da specifici provvedimenti attuativi.

La CTR di Roma nell'articolata sentenza n. 1453/6/17 ha statuito che “Peraltro, si deve tener presente che la notifica degli atti processuali via Pec si inserisce in un più generale contesto telematico che riguarda tutto il processo, con riflessi sulle modalità di accesso agli atti. Non si tratta solo di «equiparare» una modalità di notifica ad un'altra, bensì di implementare una nuova struttura del procedimento, permeata dal mezzo informatico… Da ultimo, neppure può invocarsi la facoltà concessa agli avvocati di effettuare notifiche dirette, ex art. 1 della legge 21 Gennaio 1994 (nella quale è stata poi inserita la possibilità di ricorrere al mezzo della Pec per dette notifiche) poiché la stessa è riferita agli atti civili, amministrativi e stragiudiziali; e, soprattutto, anch'essa ha necessitato di un'attuazione, con specifici decreti, nell'ambito dei sistemi giudiziari e processuali in cui è possibile farne uso”.

Le varie pronunce sul punto hanno evidenziato che il “fraintendimento” in cui è incorsa la parte processuale è quello di aver ritenuto possibile la notifica via Pec degli atti d'impugnazione sull'erronea convinzione che l'art. 16, comma 1-bis, del D.Lgs n. 546 del 31 dicembre 1992, norma successiva al D.M. 163 del 2003 potesse applicarsi non solo agli uffici di segreteria delle CT e solo riguardo alle comunicazioni dispositivi, comunicazione udienze etcc…ma anche alle parti processuali, a maggior ragione se soggetti abilitati alle notifiche via PEC quali gli avvocati. Tale affidamento, trovava comunque un primo limite operativo proprio nell'art. 9, comma 2, del D.M. n. 163/2013 che prevede che il deposito del ricorso e degli altri atti di cui al comma 1, unitamente alle relative ricevute della Pec presso la segreteria della Commissione tributaria, “dovrà avvenire esclusivamente mediante il SIGIT”.

Difatti, a fronte della notifica a mezzo Pec, successivamente la parte avrebbe dovuto continuare a seguire la procedura telematica, depositando telematicamente il ricorso o l'appello, attività evidentemente preclusa in assenza dell'attivazione come nel caso in commento del PTT nella regione Abruzzo al momento della costituzione in giudizio.

A tal proposito va richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione sez. VI-T, n. 17941 del 12/09/2016, Cassazione civile, sez. VI, 27 novembre 2017, n. 28311, Cass. civ., sez. trib., 25 luglio 2017, n. 18321 secondo cui "in tema di contenzioso tributario, la notifica della sentenza effettuata a mezzo PEC dal difensore del contribuente, munito dell'autorizzazione del Consiglio dell'Ordine di appartenenza, all'Amministrazione finanziaria, in data 5 dicembre 2014, è inesistente e insuscettibile di sanatoria, per cui non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, atteso che, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992, che richiama il D.M. 23 dicembre 2013, n. 163, le notifiche tramite PEC degli atti del processo tributario sono previste in via sperimentale solo a decorrere dal 1 dicembre 2015 ed esclusivamente dinanzi alle commissioni tributarie della Toscana e dell'Umbria, come precisato dall'art. 16 del D.M. 4 agosto 2015”. Inoltre, la citata sentenza, a cui la CTR Roma, sez. III - Pres. Maurizio Block - Rel. Mariella n. 313 del 23 gennaio 2018 (ud 15 giugno 2017) si è conformata statuisce che “Detta notifica, in assenza delle regole tecniche di attuazione, emanate successivamente, deve ritenersi giuridicamente inesistente, non essendo nella fattispecie ipotizzabile alcuna forma di sanatoria, diversamente da quanto ritenuto possibile in fattispecie diverse dalla Corte di Cassazione. Il riferimento è all'arresto delle S.U. 18 aprile 2016, n. 7665 richiamate dall'appellante. Detta pronuncia, invero, afferisce alla diversa ipotesi della notifica di controricorso per cassazione a mezzo PEC, nella quale alcuna compromissione del diritto di difesa di parte ricorrente era configurabile, avuto riguardo al carattere meramente formale della violazione delle regole tecniche di cui all'art. 3 - bis commi 4 e 5 della L. n. 53 del 1994, non essendo stata dedotta difformità, quanto alla consegna telematica avvenuta in "estensione.doc" anziché in "formato pdf", dal formato cartaceo depositato in cancelleria. Viceversa, quanto all'ipotesi oggetto della presente controversia, nel quadro normativo di riferimento de iure condito sopra delineato, deve escludersi in radice che possa essere ipotizzato il conseguimento dello scopo proprio dell'atto con applicazione dell'art. 156 c.p.c. comma 3, attesa la particolare incidenza della notifica del ricorso introduttivo sulla regolare costituzione del rapporto processuale e sul diritto di difesa delle controparti”.

In evidenza:

Su tale solco interpretativo negli anni si sono succedute una serie di pronunce.

Cass. Civ. ordinanza 12 settembre 2016, n. 17941; Cass. civ., sez. trib., 25 luglio 2017, n. 18321; Comm. trib. reg. Roma, 15 marzo 2017, n. 1296/5/2017; Comm. trib. prov. di Milano, 13 luglio 2017, n. 4779/7/2017) C.T. Prov. Livorno 4.12.2015 n. 544/1/15; Comm. trib. reg. di Bologna (sentenza n. 2065/2015) che hanno ritenuto inutilizzabili le modalità telematiche in relazione a giudizi promossi quando nella Regione il PTT non era ancora attivo.

Un secondo orientamento interpretativo segue il sentiero già tracciato, dalla decisione della CTR Marche, con la sentenza n. 534/2016 depositata il 26 agosto 2016 con la quale si riteneva, contrariamente all'indirizzo in commento, valida la notifica della sentenza tramite PEC al fine della decorrenza del termine di 60 giorni entro cui l'agenzia delle Entrate ha possibilità di proporre appello, a prescindere se il PTT fosse già stato avviato presso le Commissioni Tributarie competenti.

Venendo ora alla giurisprudenza più recente, si rammenta quella della CTR Lombardia sentenza n. 5082/1/2017 del 5 dicembre 2017 Pres. Dott. Domenico Chindemi, che profilando nuovi spunti argomentativi, prevede una soluzione diametralmente opposta a quella elaborata della Cass. civ., sez. trib.,17 aprile 2018 n. 9430.

Difatti, la notifica dell'appello eseguita tramite PEC prima dell'attivazione del processo tributario telematico nel territorio di riferimento, rileva solo in termini di nullità ed è quindi sanabile per raggiungimento dello scopo quando la controparte si è regolarmente costituita senza contestare alcun pregiudizio al proprio diritto di difesa né la difformità tra il testo indirizzatole e quello depositato dall'appellante nella segreteria del giudice adito; il Collegio meneghino esclude dunque la qualificazione d'inesistenza della notificazione intervenuta, in vigenza delle “sole” specifiche regole tecniche per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario D.M. 4 agosto 2015 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 184 del 10 agosto 2015, recante le “Specifiche tecniche previste dall'art. 3, comma 3, del Regolamento (Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 23 dicembre 2013, n. 163 - pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2014, N.d.A.) recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 39, comma 8, del Decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111”, nell'ambito di un giudizio nella Regione Lombardia nel quale l'attivazione del PTT (15 aprile 2017) è avvenuta a distanza di 3 mesi dalla notifica dell'appello (16 gennaio 2017).

Il collegio milanese ha respinto, dunque l'eccezione osservando che la notifica dell'atto di appello, in quanto effettuata ai difensori di controparte che, essendo avvocati iscritti all'ordine professionale, sono obbligati per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata art. 16, comma 7, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 non può considerarsi inesistente, la sentenza sul punto argomenta “E' del resto noto principio consolidato della Giurisprudenza di legittimità che la notifica di un atto è inesistente "nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità" (Cass.Civ. Sez. Unite, Sent. 20.7.2016 n. 14917).

La Corte di Cassazione ha anche affermato che "il principio, sancito in via generale dall'art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali - pertanto la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario" (Cass. civ., sez. lav., n. 13857/2014 Cass. civ., sez. lav., n. 13857/2014 e Cass. civ., SS.UU. 18 aprile 2016 n. 7665).

E ancora: "Il risultato dell'effettiva conoscenza dell'atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverossia l'indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell'atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC”. Il Giudicante lombardo, attingendo al principio generale previsto dall'art. 156 c.p.c. e rilevata, pertanto, l'assenza di qualsivoglia pregiudizio sofferto dalla parte a fronte della modalità, seppur irrituale, dello strumento notificatorio, depone per la sanatoria del vizio formale sollevato.

Osservazioni

Risulta di palmare evidenza all'operatore che intraprende la strada della difesa tecnica sul punto in questione, la dicotomia delle soluzioni prospettate, ora più “formalistica”, ora più “sostanziale”.

Le problematiche che emergono all'alba dell'informatizzazione del Processo Tributario e che coinvolgono anche altre e diverse fattispecie rispetto a quella in commento, qui non trattate per esigenze di spazio, si rammentano tuttavia, a tal proposito le seguenti statuizioni CTP Reggio Emilia n. 241/1/2017 e CTR Toscana n. 1738/8/2017, CTP Roma n. 1591/13/2017, CTP Reggio Emilia 12/10/2017 n. 245/2/201, profilano uno scenario spesso di difficile “indicazione” prognostica da parte del difensore tributario. Nel caso esaminato dalla CTR Lombardia l'operatore rileva da parte dei giudici un modus operandi che individua come prioritaria la scelta incentrata sull'analisi dell'esistenza o meno del pregiudizio al diritto di difesa nei confronti della controparte.

Difatti, la “possibile” pronuncia di inammissibilità dell'appello, in assenza di puntuale elencazione dei vizi sostanziali della notifica, ha permesso l'applicazione del generale principio della sanatoria dei vizi formali per raggiungimento dello scopo Cassazione civile, sez. VI, 12 ottobre 2017.

Ed invero, questa Corte ha chiarito di recente che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito. In tale occasione questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal contribuente che, deducendo una tardiva produzione documentale verificatasi nel corso del giudizio di merito, aveva omesso di precisare l'effettivo e concreto pregiudizio che siffatta allegazione aveva comportato per l'esercizio del diritto di difesa – cfr. Cass. civ. n. 26831/2014, conf. Cass. civ. n. 23628/2016”.

Il procedimento notificatorio, seppur irrituale ha permesso la conoscibilità dell'atto alla controparte Cass. Civ., n. 7665/2016, quindi la valutazione da parte del Collegio si sposta, in seconda battuta, sulla legittimità della limitazione al diritto all'azione giurisdizionale, valutazione che necessariamente deve passare in prims attraverso i principi del giusto processo art. 111 Cost., ed in secundis attraverso i dattami della Sentenza S.U. 20 Luglio 2016, n. 14917 che individua in casi eccezionali il vizio di giuridica inesistenza della notifica per poi approdare al principio generale sancito dall'art. 156 c.p.c., Cass. civ. Sez. Unite, 18 aprile 2016, n. 7665Il principio, sancito in via generale dall'art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali, pertanto, la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario". Il risultato dell'effettiva conoscenza dell'atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l'indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell'atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l'interesse all'astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte. (Nella specie, i ricorrenti non hanno addotto né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l'eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione ".doc" in luogo del formato ".pdf", e quello cartaceo depositato in cancelleria)”.

Seppur le differenti evoluzioni giuridiche rendono di certo le questioni applicative del PTT, stimolanti e attualissime, tuttavia l'esigenza di una uniforme trattazione della fattispecie si rende, quantomeno necessaria in tema di notificazioni, con l'adozione di soluzioni che garantiscano prioritariamente l'operatore da strumentali eccezioni di inammissibilità, nonché l'applicazione orientata dei principi che regolano il processo.

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