Verbale incompleto nella mediazione obbligatoria: ammissibile la testimonianza del mediatore nella causa condominiale
26 Giugno 2018
Massima
In tema di mediazione obbligatoria in condominio, ove il convenuto eccepisca l'improcedibilità della domanda dell'attore per la mancata partecipazione personale della controparte all'incontro di mediazione, il giudice deve accertare, sulla base delle allegazioni e deduzioni fornitegli, l'effettiva presenza o meno della parte. Ne consegue che, se tale verifica risulti impedita per un'incompiuta verbalizzazione del mediatore, non si può ritenere di per sé inammissibile l'istanza di prova orale formulata dalla parte destinataria dell'eccezione di improcedibilità volta a provare la propria presenza all'incontro di mediazione. Pertanto, il giudice è tenuto a prendere in considerazione l'istanza e, se ne sussistono i presupposti, ad ammettere la prova testimoniale del mediatore in quanto trattasi di deposizione volta a rappresentare quanto avvenuto nella fase c.d. di identificazione che, per sua natura, non ha alcun contenuto sostanziale. Il caso
Innanzi al Tribunale di Udine, un condomino aveva proposto la domanda giudiziale nei confronti del proprio condominio. Quest'ultimo, essendo la controversia rientrante tra quelle “in materia di condominio” - per le quali, ex art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010, «l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale» - alla prima udienza di comparizione, innanzi al giudice istruttore, ha eccepito l'improcedibilità della domanda attorea per mancata presenza personale dell'attore all'incontro di mediazione. Alla prima udienza, il giudicante ha concesso i termini per il deposito di memorie e di replica. Secondo le difese di parte attrice l'incontro di mediazione si era svolto regolarmente. Invero, l'attore ha evidenziato che all'incontro in esame avevano partecipato il suo difensore ed il suo procuratore (Tizio). In tale vicenda il delegato procuratore, su richiesta del mediatore, aveva esibito una procura speciale da quest'ultimo già dimessa in una precedente procedura di mediazione tenutasi avanti il medesimo Organismo; sicché, il Mediatore, reperita la procura ed accertato che la stessa si riferiva ad una precedente procedura di mediazione, non ne aveva consentito l'utilizzazione. Di conseguenza, il mediatore aveva chiesto alle altre parti se autorizzavano il procuratore (Tizio) a presenziare all'incontro quale parte delegata dell'attore; le parti presenti hanno acconsentito. Durante l'incontro di mediazione, quindi, le parti hanno confermato di voler iniziare il tentativo di mediazione e il mediatore non ha ritenuto opportuno verbalizzare la presenza di Tizio. Ad ogni modo, in questa vicenda, il Condominio pur confermando la presenza di Tizio, tuttavia, nelle proprie difese, ha ribadito, però, come lo stesso fosse sprovvisto di procura speciale; circostanza che, a dire del Condominio, non consentirebbe di ritenere l'attore presente all'incontro di mediazione. Per i motivi esposti, l'attore, al fine di provare quanto esposto, ha chiesto al giudicante l'ammissione della prova testimoniale del mediatore. La questione
Le questioni in esame sono le seguenti: è valida la procura verbale ai fini del procedimento di mediazione? Se il verbale dell'incontro di mediazione risulti lacunoso, il giudice può autorizzare la prova testimoniale del mediatore?
Le soluzioni giuridiche
Prima di analizzare gli aspetti giuridici, occorre precisare che dall'espletata istruttoria di causa (memorie autorizzate e di replica dimesse dall'attore e dal Condominio), era del tutto pacifico che dal verbale dell'incontro di mediazione non risultava la presenza di Tizio. Tuttavia, dall'esame dello stesso risultava che: a) le parti «hanno deciso di iniziare il tentativo di mediazione»; b) le parti «hanno dichiarato di voler conciliare nel luogo in cui - oggi - si tiene la procedura»; c) l'incontro è durato circa due ore, dalle 15 alle 16:50; d) viene dato atto che vi è stata «ampia discussione». A tal proposito, il giudicante ha evidenziato che, sebbene Tizio fosse sprovvisto di procura speciale notarile in quanto quella esibita si riferiva ad una precedente procedura di mediazione promossa sempre dall'attore nei confronti del Condominio, era pur vero che la procura a partecipare all'incontro di mediazione, non trattandosi di un mandato a gestire atti per i quali è necessaria la forma scritta, può essere anche verbale, salvo in ogni caso la ratifica, con efficacia retroattiva, della parte che l'ha rilasciata. Difatti, l'attore, nell'affermare che Tizio era presente all'incontro di mediazione quale suo delegato, sebbene sprovvisto di procura speciale notarile, secondo il giudice, di fatto va a ratificare una procura verbale al medesimo rilasciata. Quanto agli aspetti giuridici, l'ordinanza in commento concentra la propria attenzione principalmente intorno al «dovere di riservatezza» e alle regole in materia di «inutilizzabilità e segreto professionale» nel procedimento di mediazione, disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 9 e 10 del d.lgs. n. 28/2010. In merito ai citati principi, il Tribunale di Udine precisa quanto già detto dal Tribunale di Roma con l'ordinanza emessa il 25 gennaio 2016. Per meglio dire, secondo il provvedimento del giudice romano, in tema di mediazione obbligatoria, il principio di riservatezza (art. 9 del d.lgs. n. 28/2010) deve intendersi riferito al solo contenuto sostanziale dell'incontro di mediazione, vale a dire al merito della lite. Diversamente ogni qualvolta le dichiarazioni, quand'anche trasposte al di fuori del procedimento di mediazione, riguardino circostanze che attengono alle modalità della partecipazione delle parti alla mediazione e allo svolgimento (in senso procedimentale) della stessa, il dovere di riservatezza non può essere invocato, con consequenziale assoluta liceità della verbalizzazione e dell'utilizzo da parte di chicchessia. Tuttavia occorre perimetrare con esattezza giuridica tale principio che, in primo luogo, non vale, per espressa disposizione di legge (art. 9 cit.) contro la volontà della parte dichiarante. Quindi, secondo i principi espressi dal giudice romano, il mediatore deve trascrivere ogni circostanza utile a consentire (al giudice) le valutazioni di competenza, altrimenti impossibili, attinenti alla partecipazione (o meno) delle parti al procedimento di mediazione e allo svolgimento dello stesso, come pure le circostanze che attengono al primo incontro informativo (in relazione al quale la parte che rifiuta di proseguire può esporne la ragione chiedendo che venga trascritta, con il correlativo obbligo del mediatore di verbalizzarla). Premesso ciò, secondo il Tribunale di Udine, nella fattispecie in esame il verbale di mediazione risultava lacunoso non essendo state correttamente rappresentate tutte le circostanze attinenti alla partecipazione delle parti alla mediazione. Difatti mancava ogni riferimento alla presenza di Tizio e al consenso espresso da tutte le altre parti a considerare quest'ultimo delegato dell'attore. E ancora, quanto all'inutilizzabilità e segreto professionale previste dall'art. 10 d.lgs. n. 28/2010, a parere del giudice friulano, la norma in esame richiederebbe un esame più approfondito che non può essere limitato al solo dato testuale. Ne consegue che il principio di riservatezza non può essere tout court applicato a tutte le fasi del procedimento di mediazione. In particolare, il giudice di Udine evidenzia che relativamente alle dichiarazioni che attengono alle modalità di partecipazione alla mediazione, non avendo ad oggetto il merito della lite, qualora il verbale risulti lacunoso, è ammissibile non solo l'utilizzo dello stesso durante il processo ma anche la testimonianza del mediatore volta ad accertare la partecipazione delle parti al procedimento. In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, con l'ordinanza in commento il giudice ha ritenuto opportuno ammettere l'istanza con la quale l'attore ha chiesto di assumere la prova testimoniale del mediatore, al fine di integrare la non completa verbalizzazione di quanto accaduto all'incontro di mediazione. Osservazioni
Per le liti condominiali è oggi prescritto il tentativo di mediazione obbligatorio secondo le regole dettate dal nuovo art. 71-quater disp. att. c.c. il quale si pone come norma speciale per la regolamentazione della procedura di mediazione in questo particolare ambito applicativo. Stando alle finalità della mediazione in condominio, e in particolare, del primo incontro, il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Difatti, senza le parti, non avrebbe senso la mediazione obbligatoria per il contenzioso condominiale in quanto, all'incontro col mediatore, devono partecipare le parti personalmente, assistite dall'avvocato, perché non si può ritenere espletata la procedura compositiva e, di conseguenza, assolta, la condizione di procedibilità della domanda di giudizio. (In tal senso Trib. Modena, ord. 2 maggio 2016). Quindi, nell'ottica di garantire lo svolgimento della mediazione e stando al tenore letterale dell'art. 8, comma 1 d.lgs. n. 28/2010 (modificato dall'art. 84 del d.l. n. 69/2013), sia al primo che agli incontri successivi, devono partecipare le parti personalmente assistite da un difensore, non essendo sufficiente che compaia unicamente quest'ultimo, nella veste di delegato della parte (Trib. Bologna 5 giugno 2014). In àmbito condominiale, il condominio deve essere rappresentato dall'amministratore il quale dovrà convocare l'assemblea per ottenere la legittimazione a partecipare nonché per la nomina di un legale che rappresenti l'ente di gestione (art. 71-quater disp. att. c.c.). Dunque prevedere, ai fini della procedibilità della domanda, l'obbligo di comparizione personale delle parti, comporta, in pratica, che le parti, se accettano di comparire, lo debbano fare personalmente (tranne “casi eccezionali”, come la delega ad altro soggetto). A tal proposito, è importante anche evidenziare che la legge tutela l'interesse alla riservatezza delle dichiarazioni delle parti (principio fondamentale per il corretto funzionamento della mediazione). Difatti nel caso in cui le parti si siano decise a «entrare in mediazione», non vi è dubbio che in questa fase l'interesse alla riservatezza giochi un ruolo preponderante, se non esclusivo, al fine della conciliazione. Va precisato che sono espressamente tenuti al rispetto di tale obbligo non solo i mediatori, ma tutti coloro i quali, a qualunque titolo, prestino la propria opera o il proprio servizio nell'organismo di mediazione ovvero nell'ambito della procedura di mediazione. In quest'ottica, sembra corretto ritenere che quando il mediatore, contravvenendo alla suddetta prescrizione, renda note le dichiarazioni rese e le informazioni apprese nel corso della mediazione, commetta un illecito che determina a suo carico una responsabilità civile per danni. Il vincolo di riservatezza riguarda, poi, anche i procedimenti davanti l'autorità giudiziaria. Effettivamente, il principio generale fissato nella prima parte del primo comma dell'art. 10 - ossia quello della generale inutilizzabilità nel giudizio civile successivo al procedimento di mediazione delle dette dichiarazioni e informazioni, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni - deve indurre a preferire una interpretazione estensiva in forza della quale sono anche non ammissibili, se riferire alle medesime dichiarazioni ed informazioni, l'interrogatorio, sia libero sia formale, la confessione e la prova documentale. Coerentemente con il resto della disciplina in tema di riservatezza, si esclude anche che il mediatore possa essere sentito quale testimone sulle informazioni conosciute nell'esercizio delle sue funzioni, e conseguentemente, si parifica la protezione del mediatore con quella assicurata al difensore, estendendo al primo le disposizioni contenute nell'art. 103 c.p.p. e nell'art. 200 c.p.p. concernenti rispettivamente le garanzie di libertà del difensore e la disciplina del segreto professionale. Ebbene - alla luce di tutto quanto innanzi esposto - seguendo il ragionamento espresso dal giudice di Udine con l'ordinanza in commento, sembrerebbe che le citate norme di legge (artt. 9 e 10 d.lgs. n. 28/2010), trattandosi di disposizioni che fanno eccezione alla regola generale in virtù del quale il terzo che sia a conoscenza di fatti rilevanti ai fini della decisione di una causa non soltanto, può, ma, anzi, se citato a deporre, deve testimoniare, in forza dell'art. 14 disp. prel. c.c., deve concludersi che le medesime leggi sono suscettibili di stretta interpretazione, restando preclusa qualsiasi applicazione analogica. Pertanto, la conclusione raggiunta dal giudice friulano, pur conforme al testo del d.lgs. n. 28/2010, tuttavia, pone dei dubbi in merito alla stessa ratio deflattiva della mediazione: difatti, con l'ulteriore rinvio della causa per l'assunzione della prova testimoniale si rischia che il giudizio si prolunghi ulteriormente a discapito degli interessi delle parti in causa. |