Il rinnovo di un contratto di locazione non si estende automaticamente all'eventuale contratto di sublocazione collegato
02 Luglio 2018
Massima
Il contratto di sublocazione è collegato al contratto di locazione in ragione dell'identità dell'oggetto; tuttavia questo rapporto non comporta il venire meno dell'autonomia contrattuale delle parti e in particolare modo non comporta che la rinnovazione oltre la scadenza del contratto principale comporti necessariamente la rinnovazione del vincolo subordinato. Il caso
Con atto di citazione ex art. 645 c.p.c., l'attrice proponeva opposizione a un decreto ingiuntivo notificatole dal convenuto in ragione dell'asserito mancato pagamento da parte della stessa di canoni di locazione scaduti. Mediante il citato atto l'attrice opponente affermava di non dovere detta somma dato che il contratto di sublocazione, in ragione del quale essa aveva detenuto l'immobile oggetto di causa, era scaduto e non era mai stato rinnovato. Il convenuto, di contro, deduceva l'avvenuta rinnovazione del contratto principale di locazione e quindi richiedeva il pagamento delle somme ingiunte sulla base dell'automatica rinnovazione del contratto di sublocazione come conseguenza della rinnovazione del vincolo principale. Il Tribunale, all'esito del giudizio, accoglieva l'opposizione ritenendo che il contratto di sublocazione fosse cessato per la cessazione del contratto di locazione e che la stipula ex novo del contratto di locazione non comportasse automatica stipula anche del contratto di sublocazione, essendo del tutto carente la volontà della parte contraente. La vicenda approdava in seguito alla Corte d'Appello, la quale accoglieva il gravame proposto e in riforma della sentenza di prime cure condannava l'attrice opponente al pagamento delle somme oggetto del decreto ingiuntivo.
La questione
La vicenda in questione è incentrata sulla disciplina dei rapporti tra il contratto di locazione e quello di sublocazione. L'art. 1595 c.c. disciplina la materia affermando che «Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione. Il subconduttore non può opporgli pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti secondo gli usi locali. Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui». Sulla base della citata norma, quindi, si può affermare che il rapporto tra i due contratti sia tanto stretto da comportare che alla rinnovazione del contratto di locazione consegua diretta a inevitabile rinnovazione del contratto di sublocazione? Le soluzioni giuridiche
A replicare al predetto quesito ci pensa la Corte di Cassazione con la sentenza 15 marzo 2018, n. 6390. Tale decisione seguiva la proposizione del ricorso dell'attrice in opposizione, soccombente in grado di appello, la quale aveva adito la Suprema Corte lamentando l'errata applicazione della Corte d'Appello dei precetti dell'art. 1595 c.c. citato in precedenza. La Cassazione accoglieva il ricorso proposto sulla base dei seguenti motivi. Con la creazione dell'art. 1595 c.c. il legislatore ha inteso regolare la disciplina dei rapporti tra locazione e sublocazione stabilendo un equilibrio tra le parti nel quale nessuna delle parti ha vantaggio sull'altra. È pur vero, infatti, che la norma presuppone la costituzione di un rapporto diretto tra i due contratti, dato che si prevede che «la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui», ma tale previsione è controbilanciata dalla circostanza del divieto di pregiudizio delle ragioni del subconduttore. Il contratto di sublocazione è collegato a quello di locazione, e addirittura subordinato allo stesso, ma non vi è mai identità tra i due rapporti, dato che ognuno conserva la propria autonomia. Per dirla con le parole della Corte, «il collegamento tra i contratti, che qui risiede nella identità (totale o parziale) dell'oggetto, impone che il locatore non possa essere privato, quando vi ha diritto, della restituzione dell'oggetto attraverso la stipulazione da parte del conduttore di un contratto di sublocazione; peraltro, a sua volta il subconduttore deve in tal caso restare "senza pregiudizio" nel suo rapporto con il sublocatore. E ciò significa che il contratto di sublocazione è collegato al contratto di locazione ma non da esso "assorbito" e asservito, vale a dire avvinto al punto che le parti del rapporto "principale" possano essere stesse governare pure l'esecuzione, e - soprattutto - prima ancora il contenuto dell'accordo correlato, ovvero anche apportare un "pregiudizio" al subconduttore nel subcontratto che non si limiti a coincidere con quanto spetta nel contratto principale al locatore: al di là di questa coincidenza, che incardina il collegamento, rimane invece integro per il resto il rapporto sublocatore-subconduttore come dalle parti di tale rapporto - e solo da esse - disciplinato nel regolamento negoziale». Sulla base di questi principi, quindi, la Corte d'Appello aveva errato nel valutare che al rinnovo del contratto di locazione corrispondesse analogo e contemporaneo rinnovo del contratto di sublocazione, dato che questo rinnovo costituirebbe una violazione dei diritti della parte subconduttrice, che si vedrebbe costretta al rispetto di un accordo dalla stessa non voluto e addirittura potenzialmente non conosciuto. Preso atto dell'autonomia dei due contratti, quindi, la Cassazione affermava come nel caso concreto si potessero applicare i principi generali che regolano l'autonomia contrattuale delle parti e di conseguenza si potesse applicare al caso in oggetto l'art. 1372 c.c. che prevede che i contratti hanno effetto sui terzi solo nei casi previsti dalla legge (cosa che non pare possa verificarsi in questo caso). Alla luce di tali valutazioni la Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la decisione del giudice di merito e rinviava ad altra sezione della Corte d'Appello affinché decidesse la vicenda tenendo conto del seguente principio di diritto «nel caso in cui ad un contratto di locazione sia collegato come contratto derivato un contratto di sublocazione avente in quanto tale ad oggetto, totalmente o parzialmente, lo stesso bene oggetto del contratto principale, l'autonomia negoziale delle parti del contratto locatizio non si estende a disciplinare il regolamento negoziale del contratto derivato». Osservazioni
La sentenza in commento appare pienamente condivisibile. La Cassazione sottolinea, nuovamente, come la sussistenza di un rapporto di sublocazione non comporti il venire meno di tutti i diritti del subconduttore, ma casomai una serie di peculiarità (si pensi alla nullità conseguente quella del rapporto di locazione) poste a tutela delle parti. Nel caso che in commento la Corte d'Appello aveva inspiegabilmente accolto il gravame della parte convenuta opposta, dichiarando dovuti dei canoni di locazione (o meglio: sublocazione) per un contratto di sublocazione inesistente. Nessun contratto di sublocazione era stato infatti stipulato per il periodo corrispondente a quello della quantificazione dei canoni, dato che questo era già naturalmente scaduto; il rapporto di locazione, però era stato rinnovato e la Corte d'Appello aveva affermato come la rinnovazione del rapporto principale avrebbe comportato automatica rinnovazione del contratto subordinato. Certamente tale interpretazione non appare condivisibile. Il subconduttore, qualora passasse tale principio, sarebbe costretto a subire a tempo indeterminato gli effetti di un contratto deciso da altri (proprietario e conduttore), cosa non accettabile sulla base di principi vigenti. L'art. 1321 c.c. nel definire un contratto, pone al centro della stessa disciplina la sussistenza di un accordo tra le parti, ossia la volontà univoca delle parti (espressa o tacita) di «costituire, regolare, estinguere» rapporti giuridici patrimoniali. L'ordinamento, quindi, limita moltissimo i casi in cui una persona può essere parte di un contratto senza avere manifestato la sua volontà e, a tal fine, l'art. 1372 c.c. sovviene nell'affermare che «Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge». Tra i due contratti, locazione e sublocazione, sussiste un rapporto di collegamento e dipendenza ma non di identità e ciò permette di stabilire rigidi confini (correttamente ribaditi dalla Cassazione) tra le due discipline e prevederne così gli effetti pratici. Zarriello, Brevi note in tema di sublocazione, in Arch. loc. e cond., 2014, fasc. 2, 220; Masala, Cessione del contratto di locazione di un immobile adibito ad uso non abitativo e consenso del locatore, in Riv. giur. sarda, 2004, 172; AA.VV., Effetti del contratto a favore di terzi, Milano, 2000. |