Il condominio deve provare la sussistenza del caso fortuito per evitare di risarcire un soggetto caduto sulle scale dello stabile
09 Luglio 2018
Massima
In caso di caduta sulle scale condominiali, spetta al presunto danneggiato l'onere di provare il danno e il nesso causale tra la cosa e il danno, mentre non gli spetta dare prova dell'insidiosità della res, di contro spetta al custode l'onus probandi riguardante il c.d. caso fortuito, ossia quell'elemento esterno che cagiona o concorre a cagionare l'incidente eliminando la responsabilità oggettiva del custode della cosa.
Il caso
Un condomino agiva in giudizio avverso il condominio nel quale abitava affermando di essere caduto dalle scale del palazzo e avere subito un grave danno fisico in conseguenza di tale sinistro. Egli, che aveva convenuto il condominio in giudizio considerandolo - a buon diritto - proprietario e custode delle scale, lamentava come queste fossero state viscide, bagnate dal detersivo e comunque pericolose in quanto prive di copertura antiscivolo. L'attore domandava, quindi, il ristoro della frattura che si era procurato a causa della caduta. Si costituiva in giudizio lo stabile domandando il rigetto della azione attorea, affermando come la domanda fosse infondata in fatto e in diritto e comunque chiamando in causa la propria compagni assicurativa per essere manlevato dall'onere risarcitorio in caso di eventuale sconfitta giudiziale. L'assicurazione succitata si costituiva in giudizio contestando la domanda principale e affermando la sussistenza, quantomeno, di un concorso di colpa ex art. 1227 c.c. del danneggiato per non avere usato la dovuta perizia nel salire le scale. Nel caso concreto, concludeva il decidente, l'attore ha adempiuto all'onere probatorio rispetto alla propria domanda; di contro, «nessun significato elemento di prova è stato offerto dal convenuto condominio, onde dimostrare che tale episodio abbia il carattere del fortuito, né sono emersi profili di colpa addebitabili all'attore, dal momento che l'istruttoria non ha evidenziato alcun elemento sulla base del quale poter ritenere che l'evento dannoso si verificò a causa, o anche a causa, di comportamenti imprudenti dello stesso, o di suoi comportamenti non giustificabili nel contesto in cui si verificò l'evento». Alla luce di tali considerazioni, il giudice accoglieva la domanda e condannava il condominio a risarcire il danno. La questione
Si trattava di verificare se, dal punto di vista probatorio, il danneggiato avesse assolto l'onere, ex art. 2697 c.c., di fornire prova sul danno e sul nesso causale che lega la res al pregiudizio patito, in quanto spetta al proprietario (melius al custode) il più arduo compito di fornire la prova liberatoria rispetto alla responsabilità che oggettivamente deriva per qualsiasi danno derivante dalla cosa. Tale prova contraria può essere fornita unicamente dimostrando l'esistenza di un caso fortuito, ossia una circostanza esterna che intervenga a cagionare o contribuisca a cagionare il danno, eliminando quindi il nesso eziologico tra la cosa e l'incidente. Le soluzioni giuridiche
Nel caso in questione, il giudice pronunciava sentenza basandosi sulla applicazione della normativa vigente in materia di responsabilità oggettiva. La caduta dalle scale del condominio, difatti, è un caso di incidente che consente l'applicazione dell'art. 2051 c.c.: tale norma afferma che «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito». Al fine di decidere, quindi, il giudice ha analizzato la vicenda, anche dal punto di vista interpretativo (si veda infra) e valutato il diverso onere probatorio per le parti. Il danneggiato, difatti, ha dato prova, sia mediante l'escussione dei testi, sia grazie alla consulenza tecnica d'ufficio, della sussistenza di un nesso causale tra le scale condominiali e il danno fisico da lui patito e compatibile con gli esiti traumatici di una caduta dalle scale. Fornita la prova della bontà della domanda attorea l'esito del giudizio è quasi inevitabile: il giudice deve accordare il risarcimento al richiedente a meno che il custode della cosa riesca a fornire una prova liberatoria. Tale prova è costituita dal c.d. caso fortuito (sulla cui analisi si approfondirà nel paragrafo successivo). Il caso fortuito, nel contesto processuale in questione, è costituito da un fatto esterno, imprevedibile, che ha l'esito di cagionare da solo l'incidente o recare un sostanziale apporto alla dinamica del sinistro di modo da rendere impossibile per il custode prevenire gli esiti dannosi lamentati dal danneggiato. Nel caso di una caduta dalle scale, ipoteticamente, il condominio avrebbe dovuto provare la sussistenza di una grave imperizia del danneggiato o di un comportamento di un terzo (ad esempio una spinta) che rendesse del tutto esente da colpa il condominio, derubricando la cosa da causa primaria dell'incidente a mero teatro di una condotta di un terzo (o di un elemento terzo). Così non è stato. Nel giudizio in questione, il condominio non ha fornito alcuna prova in merito alla presenza di un caso fortuito e il giudice l'ha quindi condannato a risarcire il danno subito dal condomino.
Osservazioni
La sentenza del Tribunale di Napoli in commento appare condivisibile. Il pregio della decisione è quello di illustrare chiaramente il quadro normativo e fornire una corretta interpretazione della legge, costituendo così una base per la decisione finale. Il giudice infatti fornisce due ordini di precisazioni di diritto. In prima battuta, egli compie una valutazione diacronica sull'interpretazione dell'art. 2051 c.c. Viene illustrato nella sentenza come un orientamento giurisprudenziale risalente, facesse derivare la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. alla colpa. In caso di danno quindi il custode sarebbe stato tenuto a risarcire per non avere posto in essere tutte le cautele necessarie per evitare il sinistro. Tale orientamento risultava maggioritario sino all'anno 1997 circa e portava all'emissione di svariate sentenze incentrate su tale principio di diritto (a titolo esemplificativo, v. Cass. civ., sez. I, 1 marzo 1995, n. 2301; Cass. civ., sez. III, 13 maggio 1997, n. 4196). In seguito, la giurisprudenza ha avuto un revirement e, seguendo la dottrina, ha cominciato ad iscrivere la responsabilità ex art. 2051 c.c. non più tra le fattispecie rette dal principio della colpa, ma piuttosto dal principio della responsabilità oggettiva. In ragione di tale orientamento, il proprietario sarebbe stato responsabile per il danno non tanto per avere omesso delle cautele, quanto in ragione dei doveri di custodia e quindi la responsabilità derivava dalla cosa in re ipsa. Esempi di questo “nuovo” orientamento venivano indicati dal giudice di merito in Cass. civ., sez. III, 20 maggio 1998, n. 5031, e Cass. civ., sez. III, 12 maggio 1999, n. 4689. In ragione di questo nuovo atteggiamento della giurisprudenza, il proprietario di una res diveniva responsabile del danno in ragione della sua custodia, a meno che questi non riuscisse a dare prova della sussistenza di un caso fortuito. Ulteriore elemento di diritto validamente discusso dal giudice era la definizione di caso fortuito che egli spiegava come «fattore o elemento interruttivo o eliminativo del nesso eziologico tra res e danno, fattore che ben può identificarsi anche con il comportamento del terzo e con il fatto colposo del danneggiato». Corretta appare anche la precisazione pratica riguardante il diverso onere probatorio delle parti. Il giudice sottolinea, infatti, come per il danneggiato sia sufficiente dare prova del danno e del nesso causale che lega la cosa al pregiudizio patito, essendo escluso ogni onere probatorio sulla insidiosità della res in quanto non previsto dalla norma. Dal punto di vista del custode, invece, il giudice specifica che al fine di superare la richiesta risarcitoria egli debba fornire prova della sussistenza di un caso fortuito, ossia elemento in grado di elidere il collegamento tra la cosa e il danno. Il giudice - a parere di chi scrive - ha correttamente valutato gli elementi costitutivi della disciplina e, sulla base dell'istruttoria processuale, ha reputato adempiuto l'onere probatorio del solo attore, correttamente, quindi, condannando il condominio convenuto. Belfiore, Il binomio “causalità giuridica - causalità materiale” e i criteri di determinazione del danno da risarcire, in Europa e diritto privato, 2017, fasc. 1, 117; AA.VV., Il nuovo condominio a cura di Triola, Torino, 2017, cap. XX. |