Facciate del condominio: l’ammaloramento e il distacco dell’intonaco rientrano tra i gravi difetti che giustificano l’azione ex art. 1669 c.c.

13 Luglio 2018

Chiamato ad accertare l'inadempimento da parte della ditta convenuta nell'esecuzione dell'opera commissionata dal condominio, il Tribunale di Pordenone ha evidenziato che l'ammaloramento ed il distacco dell'intonaco rientrano tra i gravi difetti...
Massima

In tema di responsabilità dell'appaltatore, il difetto di costruzione che, ai sensi dell'articolo 1669 del c.c., legittima il committente alla relativa azione, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente a un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata (quale, ad esempio, l'intonaco) incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Pordenone, il condominio conveniva in giudizio Tizia, titolare della ditta individuale, al fine di accertare l'inadempimento contrattuale nell'esecuzione dell'opera commissionata o, in via subordinata, la responsabilità ex art. 1669 c.c.

Costituendosi in giudizio, Tizia contestando le avverse domande, in particolare chiedeva la verifica dell'autografia della sottoscrizione apposta al contratto di appalto per effetto della querela di falso. Inoltre la convenuta chiedeva al giudicante una nuova CTU volta ad individuare e descrivere con metodo scientifico i reali vizi strutturali dell'immobile oggetto di causa, stabilendo se il degrado lamentato dall'attore era ascrivibile a tali vizi/difetti strutturali ovvero ad una esecuzione delle opere appaltate alla convenuta non a regola d'arte.

La questione

La questione in esame è la seguente: in merito alla realizzazione dell'opera non eseguita regola d'arte (lavori di ritinteggiatura e sistemazione della facciata del condominio), è applicabile l'art. 1669 c.c. quando i vizi riguardano elementi accessori o secondari (distacco di intonaco)?

Le soluzioni giuridiche

Prima di analizzare gli aspetti giuridici, occorre evidenziare che dall'espletata istruttoria di causa era emerso che, in data 28 aprile 2006, veniva concluso un contratto di appalto tra il condominio e la ditta convenuta avente ad oggetto i lavori di ritinteggiatura e sistemazione di intonaci ammalorati sull'immobile del condominio la cui sottoscrizione era stata (nel presente giudizio) contestata da parte convenuta con la proposizione della querela di falso.

Tuttavia, nonostante tali censure, l'avvenuto svolgimento dei lavori non era stato contestato dalla convenuta e risultava comunque provato dalla documentazione e dalle prove testimoniali assunte. Difatti dall'istruttoria era emerso che, dopo circa un anno dall'ultimazione dei lavori, si erano manifestati alcuni problemi nella facciata nord dell'edificio. Inoltre era stato acclarato che l'odierna convenuta aveva riconosciuto il difetto, ammettendo la propria responsabilità per aver tinteggiato con intonaco sottostante troppo fresco e provvedendo in seguito alla ritinteggiatura.

Successivamente, nel corso dell'anno 2011, si riproponeva il medesimo inconveniente nelle pareti esposte a nord/est. Per tali ragioni, il condominio iniziava un procedimento per accertamento tecnico preventivo, il cui risultato evidenziava la sussistenza dei vizi lamentati e la loro riconducibilità causale all'opera eseguita dalla parte convenuta: nella specie risultavano provati i vizi consistenti nel distacco dell'intonaco su ampie superfici. Secondo il perito, i vizi riscontrati dipendevano da una non corretta esecuzione degli intonaci oltre ad una evidente incompatibilità dei diversi materiali utilizzati che avevano causato l'evidente degrado delle facciate dell'edificio.

Ebbene, premesso quanto innanzi esposto, la sussistenza e le cause dei vizi risultavano conosciute in maniera certa a partire dal 4 aprile 2013, giorno di deposito della CTU. A tal proposito si evidenzia che, per costante giurisprudenza di legittimità, il termine annuale per la denuncia dei vizi ex art. 1669 c.c. decorre, per l'appunto, dalla conoscenza certa dei vizi e dei difetti e delle loro cause, che può essere ricondotta anche al momento dell'espletamento della perizia nel procedimento di ATP (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2014, n. 9966; Cass. civ, sez. II, 23 gennaio 2008, n. 1463). Da tale momento decorre poi il termine prescrizionale di un anno per la proposizione dell'azione.

Dunque, fatte queste dovute precisazioni, conformemente all'orientamento giurisprudenziale in materia, il Tribunale di Pordenone ha specificato che nel caso di specie, per quanto concerne la responsabilità dell'appaltatore, è applicabile l'art. 1669 c.c., trattandosi di vizi che afferiscono a gravi difetti che logorano la funzionalità dell'edificio. Difatti il grave difetto che legittima l'azione di responsabilità nei confronti dell'appaltatore ai sensi dell'art. 1669 c.c. può consistere in qualsiasi alterazione conseguente ad una realizzazione dell'opera non a regola d'arte, anche se relativa ad elementi accessori o secondari, ma che comunque non ne consenta l'impiego duraturo cui è destinata (Cass. civ, sez. II, 14 gennaio 2016, n. 456). Con particolare riferimento alle problematiche riscontrate nel caso in esame, secondo il giudice, l'ammaloramento ed il distacco dell'intonaco rientrano dalla giurisprudenza tra i gravi difetti che giustificano l'azione ex art. 1669 c.c., essendo l'intonaco uno strumento di protezione dell'edificio (in tal senso Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 2017, n. 456, relativa ad analoga fattispecie, in presenza di scrostamento e il rigonfiamento dell'intonaco conseguente a una esecuzione non a regola di arte).

Pertanto, accertati il rispetto del termine dell'azione (denuncia dei vizi) e il nesso eziologico dei danni per mala gestio dei lavori eseguiti dalla ditta convenuta, il giudice adito ha considerato ininfluente ogni eccezione di parte convenuta relativa al contratto d'appalto. Per tali motivi, il Tribunale di Pordenone ha ritenuto irrilevante la querela di falso presentata da parte convenuta nei confronti del contratto d'appalto medesimo; per le suesposte ragioni, il giudicante ha condannato la ditta convenuta al risarcimento dei danni nei confronti di parte attrice nella misura determinata dal CTU di circa 42 mila euro.

Osservazioni

Come noto, in edilizia il rivestimento (verticale o murale e orizzontale, quest'ultimo se sottostante definito pavimento) è applicato agli elementi strutturali di un edificio con finalità di accrescimento della resistenza alle aggressioni degli agenti chimico-fisici, anche da obsolescenza, e atmosferici, svolgendo anche funzioni estetiche; in tale quadro le fessurazioni o microfessurazioni (tra le quali le cavillature) di intonaci (o anche di altri tipi di rivestimento), se non del tutto trascurabili, a prescindere dalla possibilità di dar luogo o no a infiltrazioni, realizzano comunque nel tempo una maggiore esposizione alla penetrazione di agenti aggressivi sugli elementi strutturali, per cui esse - pur se ascrivibili a ritrazione dei materiali - sono prevenute mediante idonee preparazioni dei rivestimenti in senso compensativo e idonea posa.

Premesso ciò, in argomento, giova ricordare che l'art. 1669 c.c. prevede che quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Dunque, la ratio sottesa alla norma è diversa a seconda che si ritenga che preveda una responsabilità contrattuale (1218 c.c.) o aquiliana (2043 c.c.): nel primo caso essa è posta a tutela dell'interesse del committente ad usufruire a lungo di un bene a ciò destinato e, perciò, prevede una garanzia che si protrae oltre il termine biennale di cui all'art. 1668 c.c.; nel secondo caso è posta a salvaguardia di un superiore interesse pubblico che si identifica con l'incolumità di chiunque possa venire a contatto con l'immobile.

La norma in esame, che unitamente all'art. 1667 c.c. disciplina le ipotesi di responsabilità dell'appaltatore, fino a qualche tempo fa, aveva creato nella giurisprudenza di merito e di legittimità vari dubbi interpretativi, risolti dall'intervento delle Sezioni Unite: «il contrasto ha visto da un lato chi limitava l'applicabilità della disposizione in esame alla sola ipotesi della costruzione ex novo degli edifici e, dall'altro, chi invece ne estendeva l'operatività anche all'ipotesi della ristrutturazione degli immobili».

Difatti, secondo un primo orientamento, i giudici di legittimità hanno osservato che l'art. 1669 c.c. delimita con una certa evidenza il suo ambito di applicazione alle opere aventi ad oggetto la sola costruzione di edifici o di altri beni immobili di lunga durata (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 2007, n. 24143). A tale conclusione, la Cassazione è in un primo momento pervenuta attraverso l'interpretazione letterale della norma, laddove questa raccorda il termine “opera” a quello di “edifici o di altre cose immobili, destinate per loro natura a lunga durata”, per poi connettere e disciplinare le conseguenze dei vizi costruttivi della medesima opera, così significando che la costruzione di un edificio o di altra cosa immobile, destinata per sua natura a lunga durata, costituisce presupposto e limite di applicazione della responsabilità prevista in capo all'appaltatore.

Secondo altro orientamento, invece, risponde ai sensi dell'art. 1669 c.c. anche l'autore di opere realizzate su di un edificio preesistente, allorché queste incidano sugli elementi essenziali dell'immobile o su elementi secondari rilevanti per la funzionalità globale. Per meglio dire, secondo tale orientamento, l'opera cui allude la norma non si identificherebbe necessariamente con l'edificio o con la cosa immobile destinata a lunga durata, ma ben potrebbe estendersi a qualsiasi intervento, modificativo o riparativo, eseguito successivamente all'originaria costruzione dell'edificio, con la conseguenza che anche il termine di compimento, ai fini della delimitazione temporale decennale della responsabilità, ha ad oggetto non già l'edificio in sé considerato, bensì l'opera, eventualmente realizzata successivamente alla costruzione dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 4 novembre 2015, n. 22553).

Perciò, trattandosi di interpretazioni diametralmente opposte, al fine dirimere il contrasto interpretativo, le Sezioni Unite, privilegiando l'interpretazione estensiva della norma, hanno precisato l'art. 1669 c.c., è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo (Cass. civ., sez. un., 27 marzo 2017, n. 7756).

Invero, secondo l'indirizzo ora accolto (confermato anche dall'ultimo provvedimento di legittimità - Cass civ., sez. II, 24 aprile 2018 n. 10048) anche i vizi che riguardino elementi secondari ed accessori, come i rivestimenti, devono ritenersi tali da compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.

In conclusione, quand'anche le fessurazioni o crepe siano inidonee a mettere a rischio altri elementi strutturali e quindi impattino anche dal punto di vista estetico, e siano eliminabili con manutenzione anche meramente ordinaria, esse - in quanto incidenti sull'elemento pur accessorio del rivestimento (di norma, l'intonaco) - debbono essere qualificate in via astratta, ove non siano del tutto trascurabili, idonee a compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene e, quindi, a rappresentare grave vizio ex art. 1669 c.c.

Guida all'approfondimento

Dalaffe, Rovina di edificio: la Cassazione precisa i confini della garanzia dell'appaltatore, commento a Cassazione civile, SS.UU., sentenza 27 marzo 2017 n. 7756, in www.altalex.com del 18 aprile 2017;

Meo - Jerovante, Gravi difetti degli edifici condominiali”, Milano, 2013, 51;

Brandolini, La responsabilità dell'appaltatore e del direttore dei lavori per vizi e difformità delle opere. Risarcimento e stima del danno nella giurisprudenza”, Rimini, 2011, 137;

Ballati, La responsabilità dell'appaltatore e del direttore dei lavori, Ed. Halley, 2006, 140.

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