Vessatorietà della clausola contenuta nella polizza r.c. auto che penalizzi la riparazione del veicolo presso carrozzerie non convenzionate
24 Agosto 2018
Massima
È vessatoria la clausola contenuta nella polizza r.c. auto, non specificamente approvata e sottoscritta dall'assicurato, che in caso di riparazione del veicolo penalizza, con l'applicazione di un maggior scoperto contrattuale, la scelta di rivolgersi a un carrozziere di fiducia anziché alle officine convenzionate. Il caso
L'assicurata si rivolgeva al Giudice di Pace, contestando la legittimità della clausola “riparazione confort” contenuta nella polizza r.c. auto, per violazione degli obblighi di trasparenza e buona fede di cui all'art. 1337 c.c., e degli artt. 131 e 1 cod. ass., trattandosi di pattuizione volta a limitare, ovvero in talune ipotesi a escludere, l'obbligo indennitario dell'assicuratore, come tale idonea a produrre i propri effetti solo ove adeguatamente pubblicizzata dall'assicuratore, tenuto a condurre sul punto un'adeguata trattativa individuale. Nel caso di specie, non era stata dimostrata né l'accettazione del contenuto della clausola, né che l'assicurata fosse a conoscenza della sua esistenza. Oltre a ciò l'assicurata lamentava la violazione dell'art. 33 cod. cons. per insussistenza del sinallagma tra il contenuto della clausola e lo sconto sul premio assicurativo. Prevedeva la clausola in questione che se l'assicurato decide « a) di riparare il proprio veicolo presso un'altra ... autofficina non convenzionata con la Società, per le garanzie ... omissis..., Eventi Socio Politici, ... è applicato lo scoperto del 20% aggiuntivo rispetto a quello pattuito sulla Scheda di polizza; se quest'ultimo non è pattuito, è comunque applicato lo scoperto del 20%. In ogni caso il contraente non potrà aderire all'opzione "Riparazione Confort" in occasione dell'eventuale rinnovo successivo». Il Giudice di Pace respingeva la domanda attorea, decidendo secondo equità ex art. 113, comma 2 c.p.c. La sentenza era impugnata dall'assicurata dinanzi al Tribunale di Torino. Resisteva l'assicuratore, facendo rilevare che: nella fattispecie, si trattava di rinnovo di una polizza già sottoscritta e vigente tra Compagnia e contraente, essendo pertanto sufficiente richiamare la versione del fascicolo informativo applicabile e i parametri economici aggiornati, mentre le condizioni dettagliate erano state indicate nella polizza originaria; l'assicurata sapeva di aver sottoscritto una riduzione dei premio in funzione della clausola “riparazione confort”, come specificato nel contratto, con conseguente legittima presunzione della conoscenza di detta clausola, spettando all'appellante dimostrare il contrario; la clausola non impediva all'assicurata di scegliere la tipologia di indennizzo preferita, salvo aumento dello scoperto; l'art. 1905 c.c. non esclude pattuizioni come quella in esame e l'art. 2058 c.c. è applicabile in materia di responsabilità extracontrattuale; non vi era un significativo squilibrio tra diritti e obblighi poiché, a fronte all'accettazione della clausola, l'assicurata beneficiava di un sensibile sconto sul premio assicurativo; l'adempimento dell'assicuratore non era subordinato alla riparazione presso officine convenzionate, essendo l'assicurata libera di rivolgersi a carrozzerie di propria fiducia senza che venisse meno l'obbligo indennitario; non vi era alcuna sostituzione del carrozziere convenzionato all'assicuratore, non essendo la Compagnia esentata dall'erogare a favore di quest'ultimo (seppure nella misura convenzionata) il corrispettivo in denaro per le riparazioni; non vi era alcuna restrizione contrattuale nei confronti dei terzi, avendo il contraente la più ampia libertà di rivolgersi a un carrozziere non convenzionato; infine, la Corte di cassazione, con sentenza n. 16386/2002 ha ritenuto non vessatoria la clausola di riduzione delle tariffe per le prestazioni eccedenti limiti prefissati. La questione
È valida la clausola “riparazione confort” inserita in una polizza r.c. auto, che preveda l'applicazione di un maggior scoperto contrattuale qualora l'assicurato decida di far riparare il proprio veicolo presso una carrozzeria non convenzionata con la Compagnia assicuratrice? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Torino ha accolto l'appello, riformando in toto la sentenza impugnata e condannando l'assicuratore al pagamento in favore dell'assicurata dell'importo corrispondente alla differenza tra il danno subito, la franchigia contrattualmente applicabile e la minore somma corrisposta dalla Compagnia assicuratrice. Con particolare riguardo alla questione se la clausola contestata sia vessatoria, come tale da approvarsi specificamente per iscritto ex artt. 1342, comma 2 e 1341, comma 2 c.c., ritiene il Tribunale che detta pattuizione integri, in effetti, una «restrizione alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi», penalizzando di fatto la scelta dell'assicurata di rivolgersi a una carrozzeria/autofficina di fiducia per la riparazione del veicolo. Secondo il giudice l'aumento rilevante della percentuale di scoperto (più del doppio rispetto a quanto previsto in caso di riparazione tramite carrozzeria convenzionata), oltre all'impossibilità di aderire all'opzione “riparazione confort” in occasione dell'eventuale rinnovo di polizza, integra una restrizione della libertà contrattuale dell'assicurata. Ritiene il giudice non pertinente il richiamo alla sentenza della Corte di cassazione n. 1317/1998, poiché non estensibile al caso di specie, riguardando e valorizzando detta decisione il peculiare processo di formazione del contratto di mediazione, per il quale il diritto alla provvigione consegue alla conclusione dell'affare per effetto dell'intervento del mediatore (la sentenza richiamata ha escluso la vessatorietà della clausola con cui il contraente assume l'impegno a stipulare un contratto preliminare di vendita con il futuro acquirente individuato dal mediatore, integrando detta clausola un patto interno al rapporto concluso fra le parti, senza comportare alcuna restrizione della libertà contrattuale verso i terzi). Né è stato ritenuto pertinente alla fattispecie il richiamo alla sentenza n. 16386/2002, nel qual caso la Suprema Corte, pronunciandosi in tema di prestazioni specialistiche da parte di laboratorio di analisi in regime di accreditamento, ha ritenuto non vessatoria la clausola di riduzione delle tariffe per le prestazioni eccedenti i limiti prefissati, non essendo inclusa nella tassativa elencazione di cui all'art. 1341, comma 2, c.c., né potendo rientrare, neppure in via di interpretazione estensiva, in alcuna delle ipotesi previste dalla sopra citata norma.; l'incidenza della clausola in esame sulla libertà dell'assistito di scegliere la struttura sanitaria cui rivolgersi per la prestazione è irrilevante, essendo la clausola diretta a operare fra i soggetti della convenzione, senza che l'assistito possa subire alcun condizionamento nell'esercizio del suo potere di scelta nell'ambito dell'organizzazione sanitaria pubblica e di quella privata convenzionata. Osserva il Tribunale che «nella specie la restrizione / compressione della facoltà di scelta riguarda non già un terzo ma il contraente c.d. debole e l'effetto della clausola non la riduzione delle tariffe fra le parti per le prestazioni eccedenti certi limiti di fatturato (quindi, uno sconto concordato legato all'aumento di fatturato) bensì la restrizione nella facoltà di scelta dell'assicurato inerente il soggetto mediante il quale provvedere alla riparazione al fine di ottenere la prestazione garantita. Pertanto, rientrando la clausola di cui trattasi tra quelle elencate nell'art. 1341 co. Il c.c. (e non essendo necessaria alcuna altra condizione cfr., sebbene per altro tipo di clausole, sempre rientranti nell'elencazione di cui all'art. 1341 II co, c.c., Cass. civ., sez. 6 - 3, Sentenza n. 14737 del 14 luglio 2015) alla mancanza di specifica approvazione per iscritto consegue la nullità ed inefficacia parziale nei confronti della parte aderente». Rileva, inoltre, il Tribunale l'inapplicabilità al caso di specie del comma 3 dell'art. 34 del d.lgs. n. 206/2005, trattandosi di clausola «non riproduttiva dell'art. 2058 c.c. che consente e non impone di fatto al danneggiato di richiedere la reintegrazione in forma specifica». Esaurite le premesse in iure, a fronte delle deduzioni dell'appellante e tenuto conto che nella "quietanza" di rinnovo prodotta in giudizio le diverse previsioni della clausola contestata non erano esposte per esteso (essendo riportata solo la percentuale di scoperto), in contrasto con l'ipotesi della trattativa individuale sulla pattuizione in esame – il Tribunale ha rilevato che l'assicuratore, sul quale incombeva l'onere della prova, non ha dimostrato la specifica sottoscrizione della predetta clausola che, pertanto, non ha effetto nei rapporti tra le parti e, per conseguenza, della cessionaria. Per completezza, è richiamata nella sentenza in commento la disciplina del codice del consumo che, all'art. 34 d.lgs. n. 206/2005, prevede, per il contratto concluso mediante moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, in capo al professionista, l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore. Osservazioni
La clausola, prevista nella polizza r.c. auto che, in caso di riparazione del veicolo presso determinate officine convenzione con la Compagnia assicuratrice, preveda un risparmio sul premio assicurativo o una riduzione dello scoperto e, viceversa, qualora l'assicurato ai rivolga a una carrozzeria di fiducia, penalizzi di fatto tale scelta, stabilendo un aumento della percentuale dello scoperto, può prestarsi a contestazione quanto a vessatorietà, con conseguente nullità-inefficacia, a meno che detta clausola non sia stata comunicata in modo chiaro all'assicurato. Difatti, secondo la sentenza in commento, comportando una restrizione della libertà contrattuale di quest'ultimo, la clausola “riparazione confort” deve essere oggetto di trattativa individuale e, quantomeno, specificatamente richiamata e approvata per iscritto in calce al contratto assicurativo, richiamando in tal modo, adeguatamente, l'attenzione dell'assicurato. In caso di contestazione, spetterà all'assicuratore dimostrare che l'assicurato abbia accettato il contenuto della clausola in questione, non potendo invocare che, mediante la sottoscrizione della polizza, egli non potesse ignorare, tra le altre, detta pattuizione contrattuale, ciò in quanto «la sottoscrizione del generico richiamo alle condizioni di assicurazione, perché inidoneo a focalizzare l'attenzione del contraente debole sull'effettiva portata e contenuto delle singole clausole, sia inidonea a dimostrarne l'accettazione da parte dell'assicurato», come affermato dal Tribunale di Torino, che richiama, ex pluribus, Cass. civ., sez. II, 29 febbraio 2008, n. 5733 e Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 2009, n. 26225.
Giudice di pace Torino, sez. VI, 12/06/2015, n. 2682 |