È impugnabile il decreto della Corte d'Appello di revoca dell'amministratore di condominio?

27 Agosto 2018

La sentenza che si annota conferma l'orientamento che nega l'ammissibilità del ricorso in cassazione avverso il decreto di reclamo contro il provvedimento del giudice di prime cure sulla revoca dell'amministratore di condominio, trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione, che però...
Massima

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto con il quale la Corte d'Appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale di revoca dell'amministratore di condominio, trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione, e stante la carenza di attitudine al giudicato dello stesso, essendo impugnabile unicamente la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento.

Il caso

Il ricorrente, in proprio ed in qualità di amministratore del condominio, con due distinti ricorsi di identico contenuto, impugna ex art. 111 Cost., il decreto della Corte d'Appello, che, pronunciando sul reclamo avverso il provvedimento del Tribunale, aveva dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di revoca giudiziale dall'incarico di amministratore di condominio proposta dal singolo condomino, compensando tra le parti le spese processuali dei due gradi di giudizio e ripartendo in pari quota le spese dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio.

La questione

La quaestio juris esaminata dai giudici di legittimità verte sull'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto con il quale la Corte d'Appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale sulla revoca dell'amministratore di condominio, previsto dagli artt. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c. trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione, con la sentenza che si annota, premesso che nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell'amministratore l'interessato legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore e non il condominio (Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2013, n. 23955), ribadisce l'orientamento consolidatosi nella stessa giurisprudenza di legittimità secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la Corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto emesso dal Tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio, previsto dall'art. 1129 c.c. e dall'art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di un provvedimento di volontaria giurisdizione. Tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. civ., sez. VI/II, 27 febbraio 2012, n. 2986; Cass. civ., sez. VI, 1 luglio 2011, n.14524; Cass. civ., sez. un., 29 ottobre 2004, n. 20957).

Osservazioni

La presente fattispecie trae origine dal decreto emesso dalla Corte d'Appello che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere sulla domanda di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, e la compensazione delle spese di lite, sulla scorta dell'intervenuta estinzione dell'incarico di amministratore, atteso che la CTU, pur escludendo gravi irregolarità gestionali dell'amministratore di condominio, aveva comunque rilevato carenze di trasparenza nella contabilità condominiale.

La pronuncia in commento della Cassazione, si uniforma dunque all'orientamento già emerso in seno alla stessa giurisprudenza di legittimità su analoga controversia (Cass. civ., sez. VI, 27 febbraio 2012, n. 2986), secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso il decreto con il quale la Corte d'Appello provvede sul reclamo avverso il decreto del Tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio ai sensi dell'art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di un provvedimento di volontaria giurisdizione, sostitutivo della volontà assembleare, per l'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela dell'interesse alla corretta gestione dell'amministrazione condominiale in ipotesi tipiche - contemplate dall'art. 1129 c.c. - di compromissione della stessa, che, pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, non ha carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, del diritto su cui il provvedimento incide.

I provvedimenti di volontaria giurisdizione - emessi in forma di decreto dal giudice ordinario in sede di reclamo in materia di revoca dell'amministratore del condominio, ai sensi dell'art. 1129, comma 3, c.c. - non sono, infatti, suscettibili di produrre effetti di giudicato, tanto che le parti interessate possono nuovamente ricorrere al giudice per chiedere un nuovo provvedimento in senso difforme da quello precedente (Cass. civ., sez. II, 15 maggio 2000, n. 6249; Cass. civ., sez. II, 25 agosto 1993, n. 8994).

Tutela che, per l'amministratore eventualmente revocato, non potrà essere in forma specifica, ma soltanto risarcitoria o per equivalente, non esistendo un diritto dell'amministratore alla stabilità dell'incarico, attesa la revocabilità in ogni tempo, in base all'art. 1129, comma 2, c.c., onde la diversità dell'oggetto e delle finalità del procedimento camerale e di quello ordinario, unitamente alla diversità delle rispettive causae petendi, così come impedisce di attribuire efficacia vincolante al provvedimento camerale nel giudizio ordinario, del pari non consente di ritenere che il giudizio ordinario si risolva in un sindacato del provvedimento camerale.

È viceversa confermata, con la sentenza in commento, l'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la statuizione, contenuta nel provvedimento, relativa alla condanna alle spese del procedimento, la quale, inerendo a posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, ha i connotati della decisione giurisdizionale e l'attitudine al passaggio in giudicato indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui essa accede (Cass. civ., sez. un., 29 ottobre 2004, n. 20957, che componendo il contrasto manifestatosi nell'ambito della giurisprudenza di legittimità, ha stabilito che i provvedimenti emessi in materia di revoca degli amministratori di condominio sono ricorribili per cassazione per il capo concernente le spese di giudizio, essendo la relativa statuizione dotata dei caratteri di definitività e di decisorietà richiesti ai fini dell'applicabilità dell'art. 111 Cost. Le Sezioni Unite hanno escluso, invece la ricorribilità della pronuncia di merito, in quanto di natura sostanzialmente cautelare e comunque tale da non pregiudicare, per l'amministratore revocato la facoltà di fare valere in sede di cognizione ordinaria i propri diritti, sia pure al limitato fine di una tutela di natura risarcitoria.

Va altresì precisato che nella stessa controversia sottoposta al vaglio delle sezioni unite il condomino istante, all'esito di un procedimento conclusosi con il rigetto della richiesta di revoca, era stato condannato al pagamento delle spese del giudizio sostenute dall'amministratore, e la statuizione di condanna al pagamento delle spese del procedimento è stata ritenuta conforme al principio della soccombenza fissato nell'art. 91 c.p.c. applicabile a tutti i procedimenti, anche a quelli camerali di volontaria giurisdizione, in cui vi siano delle posizioni contrapposte (in senso conforme, v. Cass. civ., sez. VI, 1 luglio 2011, n. 14524; Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2005, n. 8085). Del resto, l'art. 91 c.p.c. si riferisce ad ogni processo, senza distinzioni di natura e di rito e il termine “sentenza” è usato nel senso di provvedimento che, nel risolvere contrapposte posizioni, chiude il procedimento stesso innanzi al giudice che lo emette, quindi, anche se tale provvedimento sia emesso nella forma dell'ordinanza o del decreto (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2006, n.14742).

Un'ultima considerazione si impone prima di chiudere la breve disamina che precede. Nel periodo anteriore all'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 1129 c.c. sostituito dall'art. 9 della l. 220/2012, in vigore dal 17 giugno 2013, le spese del procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio non erano ripetibili nel rapporto interno tra il condomino vittorioso che le aveva anticipate ed il condominio, nei cui confronti pure si producono gli effetti della decisione, per cui il condomino vittorioso nel procedimento, prestata acquiescenza al diniego di liquidazione delle spese, non poteva deviare potestativamente sugli altri condomini il rischio d'insolvenza dell'amministratore (Cass. civ., sez. II, 1 settembre 2014, n. 18487).

Attualmente, per effetto della citata modifica normativa, ai sensi del comma 11 dell'art.1129 c.c. la revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.

La revoca può altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'art. 1131 c.c., se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità.

Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal n. 3) del comma 12 dell'art. 1129 c.c., i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore.

In caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all'autorità giudiziaria, ed in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.

Quest'ultima disposizione è applicabile solamente ai casi in cui la domanda di revoca giudiziale è subordinata al tentativo di revoca per via assembleare.

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