L'ultrattività dell'art. 79 l. 392/1978 per i vecchi contratti di locazione abitativa non disdettati e tacitamente rinnovati

04 Luglio 2018

La Corte di Appello di Salerno conferma la sentenza di prime cure che ha applicato, ad un contratto rinnovatosi tacitamente sotto la vigenza della l. n. 431/1998, la disciplina previgente quoad canone...
Massima

Nel caso di pendenza, alla data di entrata in vigore della l. n. 431/1998, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello c.d. equo da determinarsi ai sensi degli artt. 12 ss. della l. n. 392/1978, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi dell'art. 2, comma 6, della l. n. 431/1998, il conduttore - in difetto di una norma che disponga l'abrogazione dell'art. 79 della menzionata l. n. 392/1978 in via retroattiva o precluda l'esercizio delle azioni dirette a rivendicare la nullità di pattuizioni relative ai contratti in corso alla suddetta data - è da considerarsi legittimato, in relazione al disposto del comma 5 dell'art. 14 della medesima l. n. 431/1998, ad esercitare l'azione prevista dall'indicato art. 79 diretta a rivendicare l'applicazione, a decorrere dall'origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza venutasi a verificare successivamente alla stessa data in difetto di idonea disdetta, del canone legale con la sua sostituzione imperativa, ai sensi dell'art. 1339 c.c., al pregresso canone convenzionale illegittimamente pattuito; tale sostituzione, in ipotesi di accoglimento dell'azione, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della l. n. 431/1998.

Il caso

Il caso da cui prende le mosse la decisione in commento vedeva il conduttore di un immobile ad uso abitativo chiedere (ed ottenere) dal Tribunale di Salerno l'accertamento che il contratto, stipulato durante la vigenza della l. n.392/1978 legge e tacitamente rinnovato nel vigore della novella del 1998, era soggetto alla prima - quoad canone - con il conseguente accertamento della nullità della clausola con cui si pattuiva un canone convenzionale ultralegale e la condanna della locatrice alla restituzione di quanto versato in eccedenza rispetto all'ammontare del c.d. canone equo.

La resistente, soccombente in primo grado, proponeva appello lamentando la indebita estensione della domanda restitutoria anche al periodo contrattuale ricadente sotto la disciplina della legge n.431 del 1998 che aveva invece introdotto il canone c.d. libero con conseguente sanatoria del canone ultralegale a far tempo dalla rinnovazione automatica del contratto, nonché la prescrizione del diritto per il periodo antecedente il decennio dalla domanda.

L'appello così proposto veniva rigettato dalla Corte salernitana che, richiamando gli arresti giurisprudenziali anche più recenti, concordava con l'applicazione della legge del 1978 al contratto, anche successivamente al tacito rinnovo ai sensi dell'art.14 della l. n.431/1998.

La questione

La pronuncia in commento ritorna su un tema in passato ampiamente dibattuto: se sia possibile per il conduttore, in presenza di un contratto di locazione ad uso abitativo, in corso alla data di entrata in vigore della l. 9 dicembre 1998, n.431 («Disciplina delle locazioni e del rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo») esercitare l'azione ai sensi dell'abrogato art. 79 (che fissava la determinazione in via legale del canone di locazione) e richiedere l'applicazione del canone legale (c.d. equo) fin dall'origine del contratto con la sostituzione imperativa di esso al canone convenzionale ultralegale e con effetti anche con riferimento al periodo successivo alla vigenza della l. n. 431 citata.

La problematica nasce dalla modifica della disciplina delle locazioni abitative per effetto della legge n.431/1998 che, con l'art.14, che ha espressamente abrogato larga parte della normativa previgente e, in particolare, della l. n.392/1978. Tra gli interventi abrogativi più incisivi quello - sia pure parziale - dell'art. 79 nella parte in cui prevede la nullità delle clausole con cui le parti abbiano previsto un canone superiore a quello legale o una durata diversa da quella imposta ex lege ovvero altri vantaggi per il locatore in contrasto con l'impianto e finalità della legge del 1978.

Secondo l'art.14, comma 5, della l. n.431/1998, tuttavia, ai contratti, per la loro intera durata, e ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della novella, continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni anteriormente vigenti.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Appello ribadisce quella che è ormai da anni l'indirizzo consolidato della Suprema Corte, secondo il quale la l. n.392/1978 continua ad applicarsi - quoad pena - anche ai rapporti di locazione sorti prima dell'entrata in vigore della l. n.431/1998 e per tutta la loro durata, con la conseguenza che l'eventuale previsione di un canone superiore alla misura legale dovrà essere dichiarata nulla e sostituita automaticamente con le corrispondenti disposizioni normative ai sensi degli artt.1339 e 1419 .c.c.

La problematica di diritto intertemporale si poneva per effetto della scelta del legislatore del 1998 di attuare una sorta di «liberalizzazione controllata del settore delle locazioni a fini abitativi», dando spazio ad una «maggiore autonomia negoziale delle parti» - così la relazione al progetto di legge del proponente, in atti dell'8^ Commissione permanente della Camera dei Deputati, presentata alla Presidenza il 12 giugno 1998 - in particolare nella determinazione del canone locativo, restituito al libero mercato, cui corrispondeva una accentuazione dell'intervento cogente del legislatore in tema di durata e di stabilità del rapporto.

Prima della l. n. 431/1998, il canone era determinato in base a parametri fissi, il contratto aveva una durata minima predeterminata di quattro anni e la rinnovazione era preclusa dalla disdetta anche immotivata del locatore; dopo la novella, il canone diveniva libero ma con tendenziale durata di due quadrienni, giacché, dopo il primo, la mancata rinnovazione rimaneva condizionata da una disdetta del locatore possibile solo per motivi predeterminati e tassativi.

La successione normativa che interveniva su un rapporto di durata destinato svilupparsi sotto la vigenza di due discipline così antitetiche rendeva necessario un coordinamento rinvenibile nell'art. 14 e nei principi generali in tema di contratti di durata con riferimento ai quali, in difetto di una previsione di retroattività dell'abrogazione delle norme, l'azione, tendente ad evidenziare la nullità della pattuizione per effetto della norma vigente al momento della conclusione della pattuizione e (poi) abrogata, rimane proponibile perché il suo esercizio si fonda sul fatto che l'abrogazione vale solo per il futuro e non risente di essa, sicché anche la rinnovazione del rapporto avviene al canone legalmente dovuto ai sensi dell'art.1597 c.c..

Il contrasto tra il citato art. 14 - che risolveva il problema intertemporale della normativa applicabile ai contratti stipulati prima della vigenza della novella, stabilendo la continuazione dell'applicazione della disciplina previgente - e l'art.2, comma 6,della l.n.431/1998 secondo il quale «i contratti di locazione stipulati prima dell'entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo» è solo apparente.

L'art. 2 citato si riferisce esclusivamente al profilo della durata del contratto - come sintetizzato dalla Corte di Appello nella pronuncia in commento - precisando che «i contratti di locazione, la cui durata si sovrapponga al succedersi normativo, sono soggetti quoad canone alla legge n.392/78 e quoad durata alla legge n.431/98».

Secondo la lettura accolta da alcuni tribunali di merito (Trib. Aosta 6 giugno 2011, n. 278), nella disamina delle due norme transitorie innanzi richiamate «l'art. 14, comma 5, riveste una valenza di carattere generale, stante l'assenza di riferimento ad uno specifico istituto», sicché, «avuto riguardo ai principi generali in tema di applicazione della lex specialis, si deve assumere che l'art. 2, comma 6, della legge citata costituisca una deroga alla regola dettata dall'art. 14, comma 5, in tema di disciplina transitoria valevole per i rapporti in corso. Trattasi in altri termini di una norma transitoria a carattere speciale e in quanto tale prevalente sulla disposizione di carattere generale» (App. Torino n. 962/2004; Trib. Torino 21 febbraio 2006).

Il principio espresso chiaramente in Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2009, n.12996, non sembra essere mai stato oggetto di ripensamento da parte del Supremo Collegio. Sul punto esiste, infatti, un «diritto vivente consolidato» – come testualmente si legge in Cass., sez. III, 29 settembre 2015, n.19231 - con richiami a Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2015, n. 3596; cui adde Cass. n. 24498/2013, Cass. n. 17696/2013 e Cass. n. 26802/2013 - ritenuto anche conforme al dettato costituzionale sul presupposto che è l'inerzia del locatore che, pur potendo dare disdetta, lascia che il contrato si rinnovi che determina che il contratto rimanga regolato, quanto alla durata, dalla nuova legge e, quanto al canone, da quella precedente.

La giurisprudenza di merito ha, invece, fornito soluzioni contrastanti.

Alle sentenze che hanno svolto un ragionamento sovrapponibile a quello seguito dalla pronuncia in commento (Trib. Bergamo 23 gennaio 2003) si oppongono altre decisioni secondo cui la previsione pattizia del canone, a seguito del passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina, riacquisterebbe pieno vigore (App. Trento, sez. dist. di Bolzano 20 dicembre 2004, n. 230, e App. Torino 6 maggio 2004, n. 398), con l'avallo di parte della dottrina, critica nei confronti di un'impostazione per effetto della quale si determinerebbe la ultrattività dell'art.79 della l.n.392/1978 - abrogato il 23 dicembre 1998 - ben al di là della rinnovazione tacita del contrato avvenuta nella vigenza della l. n.431/1998 e sino alla sua naturale scadenza.

Osservazioni

L'art. 79 della l. n. 392/1978, per effetto della sua prevista ultrattività, opera per intero nel suo dettato originale, sicché «il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge».

Da cui - prosegue la Corte di Appello di Salerno - l'esperibilità dell'azione di ripetizione e il rigetto dell'eccezione di prescrizione decennale sollevata dal locatore ai sensi dell'art.2946 c.c.

L'orientamento più recente - Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2010, n.16009 - che la Corte d'Appello mostra di condividere, ritiene che il rispetto del termine semestrale per l'azione di recupero esclude l'applicazione della prescrizione decennale. Il predetto termine semestrale di “decadenza” fa sì, in sostanza, che se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore é esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa é già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente é stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (in termini analoghi anche Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2004, n.10128).

Non è neanche necessario che la contestazione del conduttore sia formulata nel corso del rapporto locatizio.

Orbene, la disciplina dell'equo canone nasceva per governare l'emergenza ed era intrinsecamente provvisoria. Infatti anche nell'intenzione del legislatore (art. 12) i criteri dettati dalla normativa del 1978 per la determinazione del canone c.d. equo avrebbero dovuto applicarsi fino alla «attuazione della riforma del catasto edilizio urbano». Eppure, per effetto dell'ultrattività dell'art. 79 citato, confermata nella pronuncia in commento, sembrerebbe di assistere ad una sopravvivenza imperitura di una disciplina che àncora il canone, sia pure calmierato, su dati fittizi - anno di costruzione, vetustà, costo unitario di produzione - che risultano oggi tutt'altro che “equi” e non rispondenti alle logiche del libero mercato, incapaci, in ogni caso di riflettere in qualche misura il valore effettivo dell'immobile locato e con il rischio di incentivare operazioni speculative.

Guida all'approfondimento

Grassi, Tacita rinnovazione di contratto di locazione stipulato prima della legge del 1998 e disciplina applicabile, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 159;

Del Chicca, Una sentenza di non facile lettura, in Arch. loc. e cond., 2012, fasc. 6, 696;

Mirenda, Il regime transitorio delle locazioni in corso, in Rass. loc. e cond.,1999, 380;

Di Marzio - Falabella, La locazione, Torino, 2001.

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