Il condominio non è responsabile per gli stipendi non pagati dalla ditta appaltatrice
13 Settembre 2018
Massima
Il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti i quali sono persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali. Ne consegue che, quando un condominio è committente in un contratto di appalto, esso non è anche responsabile in solido con l'impresa appaltante per la retribuzione e il versamento dei contributi dei lavoratori impiegati per la realizzazione delle opere. Il caso
Tizio e Caio, operai specializzati nel settore edile, deducendo di aver lavorato alle dipendenze dell'impresa beta nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2014 per un appalto conferito dal condominio (lavori di rifacimento della facciata), hanno chiesto la condanna in solido dell'impresa e del condominio al pagamento delle rispettive spettanze lavorative di circa 10 mila euro. Il condominio convenuto, costituendosi in giudizio, ha chiesto preliminarmente l'estromissione dal giudizio e contestato nel merito le domande. L'impresa beta è rimasta invece contumace. La questione
La questione in esame è la seguente: le retribuzioni non pagate dalla ditta appaltatrice possono essere richieste dagli operai nei confronti del committente condominio? Le soluzioni giuridiche
A seguito dell'espletata istruttoria di causa (prove testimoniali) era emerso che entrambi i ricorrenti avevano lavorato presso il condominio occupandosi del rifacimento della facciata ed osservando il normale orario di lavoro di cantiere. Inoltre era emerso anche che Tizio era il responsabile dei lavori, circostanza che comportava l'inquadramento nel VI livello del CCNL edili rivendicato in ricorso. A tal proposito, il giudicante ha osservato che non essendo ipotizzabile l'intercorrenza del rapporto di lavoro con due distinte parti datoriali (condominio e impresa), deve ritenersi provato che entrambi i rapporti (Tizio e Caio) erano stati intercorsi con la sola ditta Beta sia perché era sostanzialmente pacifico che i lavori di rifacimento della facciata condominiale erano stati alla ditta Beta subappaltati (da altra società), circostanza che rendeva necessaria l'assunzione di manodopera da parte della subappaltatrice incaricata della materiale esecuzione dei lavori, sia perché l'unica busta paga prodotta in giudizio risultava essere stata emessa dalla ditta Beta. Per le suesposte ragioni, il Tribunale di Torino ha disatteso la domanda di condanna del condominio ai sensi dell'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003. Difatti, l'art. 29, comma 3-ter, di tale decreto espressamente esclude dalla solidarietà passiva, tra committente ed appaltatore sancita dal comma 2, il committente persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale. A tal proposito, il Tribunale adìto, richiamando il condivisibile orientamento espresso in punto dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. VI/II, 22 maggio 2015, n. 10679), ha precisato che il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti i quali sono persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali. Di conseguenza, secondo il giudice torinese, il condominio (ente di gestione collegiale di interessi individuali sfornito di autonomia patrimoniale e personalità giuridica) deve essere escluso dal campo applicativo dell'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003. E ancora, nella sentenza in esame, il giudicante ha ritenuto non applicabile nei confronti del condominio il precetto di cui all'art. 1676 c.c. (diritti degli ausiliari dell'appaltatore verso il committente) in quanto era stato provato in causa che il condominio aveva correttamente trattenuto l'importo ancora dovuto alla ditta appaltatrice a seguito della diffida ricevuta dai due odierni ricorrenti. Per meglio dire, era stato documentalmente provato che a seguito del pignoramento eseguito, il condominio aveva reso la dichiarazione di terzo precisando l'esistenza della diffida dei due ricorrenti ma il giudice dell'esecuzione, con ordinanza, aveva assegnato al creditore procedente l'intera somma trattenuta e il condominio aveva quindi adempiuto all'ordine giudiziale. Pertanto, il credito dell'appaltatrice, correttamente trattenuto dal committente a seguito della domanda dei due lavoratori, si era quindi estinto per successivo factum principis; di talché,il condominio è stato riconosciuto esente da responsabilità stante l'impossibilità sopravvenuta, discendente dall'ordine giudiziale, di trattenere le somme ancora dovute all'appaltatrice. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale ha disposto la condanna solo nei confronti della parte datoriale stante l'inapplicabilità dell'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003. In conclusione il giudice ha condannato la parte datoriale a pagare ai ricorrenti la somma di circa 10 mila euro a titolo di retribuzioni non corrisposte oltre alla rivalutazione monetaria. Osservazioni
Ai sensi dell'art. 1655 c.c., l'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro. Tale norma si applica anche alle opere ordinate dalle compagini condominiali. Da una parte, si pone l'appaltatore, ossia l'impresa prescelta per l'esecuzione dei lavori, dall'altra l'amministratore, quale legale rappresentante del condominio. Detto più chiaramente: le due parti del contratto saranno l'impresa e il condominio. Visto e considerato che per costante insegnamento dottrinario e giurisprudenziale il condominio non è fornito di personalità giuridica e che per di più l'amministratore è il rappresentante dei condomini in ragione delle loro quote, si può tranquillamente affermare che le parti sono l'impresa e tutti i condomini. Premesso quanto innanzi esposto, la pronuncia in commento appare interessante in quanto si sofferma in merito alla questione della responsabilità solidale in tema di appalto. Più semplicemente, l'espressione codicistica (art. 1292 c.c.) prevede che due o più soggetti possano risultare entrambi obbligati al pagamento di un debito o comunque all'esecuzione di una prestazione in favore di un creditore. In tale situazione il creditore ha diritto di pretendere il pagamento dell'intero suo credito (o l'esecuzione dell'intera prestazione dovuta) indifferentemente da uno dei soggetti solidalmente responsabili, e l'adempimento effettuato da uno di essi libera anche gli altri. Particolare, per ciò che concerne gli appalti, è la disposizione dell'art. 1676 c.c. secondo cui coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda. In buona sostanza, dalla citata norma discende il diritto del dipendente nei confronti dell'appaltatore di ottenere il pagamento del proprio credito retributivo direttamente dal committente, ma con un duplice ed importante limite a tutela di quest'ultimo: il committente è tenuto a pagare solo i dipendenti dell'appaltatore e solo nei limiti delle somme di cui egli è ancora debitore nei confronti dell'appaltatore al momento in cui il dipendente chiedeva il pagamento. Con specifico riferimento riguardo al contratto di appalto in merito al regime di responsabilità solidale nell'ambito retributivo, previdenziale ed assicurativo la disciplina di riferimento è oggi rappresentata dall'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003. In base all'odierno testo è previsto che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro resti obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il termine decadenziale di 2 anni dalla cessazione dell'appalto, al pagamento: dei trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori impiegati nell'appalto; delle quote del trattamento di fine rapporto maturato dai lavoratori ivi impiegati, limitatamente al periodo di esecuzione del contratto stesso. L'art. 29, comma 3-ter, del d.lgs. n. 276/2003, invece prevede che le disposizioni di cui al comma 2 non trovano applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale. Dalla lettura coordinata dei commi 2 e 3-ter, discende che l'obbligazione solidale sugli emolumenti retributivi e relativa contribuzione sarà applicabile solamente a committenti imprenditori o datori di lavoro, intendendo per tali comunque coloro che utilizzano personale dipendente per l'espletamento della propria attività professionale esercitata, come peraltro richiamato dal comma 3-ter relativamente a committenti persone fisiche, ricordando che gli stessi soggiaceranno alla coobbligazione de qua nel caso di esercizio di impresa o attività professionale. Quindi, il vincolo di corresponsabilità resta escluso nel caso in cui il committente sia una persona fisica che non esercita attività d'impresa (si pensi, ad esempio, al privato che fa ristrutturare la propria abitazione o al condominio che appalta un servizio di pulizie dell'edificio). In conclusione, aderendo all'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez.II,9 giugno 2000, n. 7891) secondo cui il rapporto di condominio non fa sorgere un soggetto dotato di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, ma solo un ente collettivo di gestione, che opera nello stesso interesse ed in rappresentanza comune dei partecipanti, comporta che il condominio andrà, quindi, letto come una comunione di più committenti persone fisiche non esercenti attività d'impresa o professionale, non rientrando, pertanto, nel disposto del comma 2 dell'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003.
|