Il nuovo redditometro e il rispetto della privacy
01 Ottobre 2018
Massima
L'utilizzo di dati disponibili, non conforme alle regole vigenti, può condurre a risultati inadeguati esclusivamente in violazione di diritti che attengono al rapporto tributario. Il caso
Il contribuente proponeva ricorso dinnanzi al Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Pozzuoli, avverso l'Agenzia delle Entrate, lamentando violazione della privacy conseguente all'applicazione del metodo sintetico e del cd. redditometro. Chiedeva, altresì, che i giudici di prime cure ordinassero all'Agenzia delle Entrate di astenersi dall'acquisire dati e informazioni mediante tale metodo sintetico e, qualora, già acquisite di procedere alla cancellazione. Si costituiva in giudizio l'Agenzia controdeducendo. In qualità di interventore si costituiva in giudizio il Tribunale di Napoli che rassegnava conclusioni analoghe a quelle presentate dal contribuente. Il Tribunale di Napoli accoglieva il ricorso del contribuente, ordinando contestualmente all'Agenzia delle Entrate di non intraprendere alcuna ricognizione e di cessare ogni eventuale attività di accesso, ispezione e verifica. L'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione (che accoglieva le doglianze della ricorrente) condividendone i motivi di ricorso. In particolare l'Amministrazione Finanziaria asseriva che il bene giuridico esposto a rischio dal D.M. non è un diritto della personalità, anche se dovesse derivare dalla violazione del D. Lgs. n. 196/2003, di guisa che non potrebbe configurarsi il pericolo di un danno grave ed irreparabile tale da richiedere la immediata tutela ex ante, dovendosi, invece, ritenere sufficiente la tutela ex post per il contribuente, allorquando questi ritenga di essere assoggettato ad oneri tributari maggiori del dovuto a causa dell'illegittimità del redditometro applicatogli. La questione
Il contribuente proponeva ricorso dinnanzi al Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Pozzuoli, al fine di ottenere la sospensione dell'azione accertatrice con metodo sintetico intrapresa dall'Ufficio sulla propria posizione reddituale, nonché la cancellazione di tutti i dati acquisiti. In particolare il contribuente lamentava un pregiudizio al diritto alla privacy. Il Tribunale di Napoli accoglieva il ricorso del contribuente. L'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione che accoglieva le doglianze dell'Ufficio.
Le soluzioni giuridiche
Per la rideterminazione del reddito l'Amministrazione Finanziaria può avvalersi di metodi induttivi, mediante elementi e circostanze di fatto certi. È il caso del cd. metodo sintetico che ridetermina la pretesa erariale partendo dalle spese sostenute dal contribuente nel corso del periodo d'imposta. Si tratta di un metodo invasivo della sfera giuridico – patrimoniale del contribuente, pertanto, prima di effettuare il controllo attraverso il metodo sintetico, l'Agenzia delle Entrate ha chiesto un “controllo preliminare” al Garante della privacy ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. n. 196/2003 (in tema di diritto alla privacy) al fine di assicurare la conformità del trattamento dei dati personali alla disciplina relativa alla protezione dei dati personali. Il Garante, chiamato a pronunciarsi su un eventuale pregiudizio al diritto alla privacy, derivante dal metodo sintetico, ha escluso che il trattamento in esame fosse fondato unicamente sul “trattamento automatizzato” di dati personali di cui all'art. 14, comma 1, del Codice. Il pregiudizio è escluso in ragione del fatto che, prima dell'emissione dell'atto impositivo, sono previsti due momenti obbligatori di confronto con il contribuente come previsto dall'art. 38, 5 comma, d.P.R. n. 600/1973 che testualmente dispone “l'ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218”. La norma de qua disciplina il cd. doppio contraddittorio (C. SCALINCI, Lo statuto e l'auretta dei principi che…..incomincia a sussurar: il contraddittorio preventivo per una tutela effettiva e un giusto procedimento partecipato, in Riv. dir. Trib, 2014, 7-8): con il primo il contribuente viene invitato a giustificare lo scostamento e qualora le giustificazioni addotte non siano sufficienti ad impedire l'emissione di un avviso di accertamento, l'Ufficio è tenuto ad avviare un procedimento di accertamento con adesione per tentare il raggiungimento di un accordo con il contribuente. La partecipazione del privato in tal modo diventa strumentale al conseguimento non di una qualsiasi decisione, ma della decisione “migliore” (G. M. ESPOSITO, Il diritto all'iniziativa procedimentale, Napoli, 2012).
Affinchè il doppio contraddittorio non sia semplicemente una mera condizione di procedibilità che l'Ufficio è tenuto a rispettare al fine di evitare di incorrere in una “violazione di legge” è stata prevista una “doppia motivazione” (A. COLLI VIGNARELLI, Mancata considerazione delle osservazioni del contribuente e invalidità dell'atto impositivo in Riv. Dir. Trib., 2014, 6). L'Ufficio, dunque, è tenuto a convocare il contribuente (primo contraddittorio) e, qualora non ritenga ammissibili le giustificazioni da questi addotte, deve indicarne le ragioni (prima motivazione) [Sia consentito un rinvio a D. MENDOLA, Contenzioso e giurisdizione tributaria. Strategie difensive, Salerno, 2016]. Una volta attivata la procedura di accertamento con adesione, in assenza di accordo è tenuto ad indicare le ragioni ostative (seconda motivazione). Il Garante, nell'ottica di ridurre i rischi specifici connessi ai diritti fondamentali e alle libertà costituzionali dei soggetti interessati e al fine di rendere il trattamento dei dati personali conforme alla disciplina recata dal Codice, ha prescritto all'Agenzia delle Entrate di adottare, prima dell'inizio del trattamento, alcuni interventi relativi alla qualità e alla conservazione dei dati, all'informativa al contribuente, all'individuazione della reale situazione familiare dello stesso, nonché alla determinazione del contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva. Nell'ambito della verifica preliminare da parte del Garante sono stati individuati alcuni accorgimenti idonei a correggere fattori che possono generare imprecisioni nei dati: qualora si ravvisino valori palesemente in contrasto con il quadro informativo complessivo relativo al contribuente, devono effettuare ulteriori controlli preventivi sulla correttezza dei dati utilizzati, provvedendo alle opportune modifiche, prima di procedere all'invito del contribuente. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari e il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità di comunicazione dei dati e delle informazioni, estendendo l'obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali. Il provvedimento deve, altresì, prevedere adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e organizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione, che non può superare i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi (in tal senso Tribunale di Napoli n. 10508 in www.dejure.it). Viene, così, escluso ex ante il rischio diviolazione del diritto alla privacy, con la possibilità di verificare ex post l'effettività della tutela.
Osservazioni
I giudici di legittimità hanno escluso la violazione del diritto alla privacy partendo dall'assunto che l'oggetto della tutela non è un diritto della personalità (diritto alla privacy), bensì il rapporto obbligatorio intercorrente tra Amministrazione Finanziaria e contribuente ovvero la pretesa fiscale oggetto del rapporto sostanziale. L'oggetto, dunque, dell'azione accertatrice non è rappresentato dal diritto costituzionalmente garantito, ma dal rapporto obbligatorio intercorrente tra l'Amministrazione Finanziaria e il contribuente. La Corte di Cassazione con l'esaminanda pronuncia evidenzia che il diritto alla privacy viene interessato solamente in via indiretta dall'intervento dell'Ufficio. Disporre la sospensione dell'attività di controllo, significherebbe ammettere un'ingiustificata ed arbitraria opposizione da parte del contribuente all'azione amministratrice con conseguente pregiudizio all'interesse pubblico. Se da un lato, il contribuente ha interesse a veder tutelato il proprio diritto alla privacy, dall'altro l'Amministrazione ha il dovere di tutelare, oltrechè amministrare il pubblico interesse, nella fattispecie quello fiscale. Impedire sic et simpliciter l'azione accertativa significherebbe pregiudicare il pubblico interesse che trova tutela costituzionale diretta all'art. 53, comma 1, Cost. a tenore del quale “tutti devono concorrere alle spese dello Stato in ragione della propria capacità contributiva”. D'altronde, il metodo sintetico si applica sulla base delle categorie cd. a rischio, pertanto in questa ottica l'azione di contrasto all'evasione, condotta dagli Uffici impositori deve tendere a conseguire risultati sempre più soddisfacenti in termini di efficacia, proficuità, deterrenza e repressione delle violazioni fiscali. La strategia attuata per garantire quei risultati riserva un ruolo particolare all'accertamento sintetico del reddito. Tale strumento è basato su indicatori di capacità contributiva, in virtù della quale tutti i cittadini devono concorrere alla spesa pubblica in modo da garantire risultati rilevanti in termini di recupero di redditi sottratti a tassazione, effettuando, pertanto, controlli mirati nei confronti dei contribuenti appartenenti a settori economici che presentano una maggiore propensione all'evasione. Obiettivo dell'azione accertatrice è, dunque, preminentemente comunitario, considerando che l'evasione costituisce un problema non solo fiscale ed economico, per i risvolti sulla concorrenza leale, ma anche sociale. Infatti, l'evasione genera iniquità e discriminazione, rispetto a coloro che concorrono alla spesa pubblica (ad es. per i servizi pubblici, spontaneamente o tramite il prelievo fiscale impositivo, in base alla propria capacità contributiva, rispettando in tal modo il supremo dovere costituzionale). |