Codice Civile art. 2315 - Norme applicabili.InquadramentoLa disciplina positiva della s.a.s. è sottoposta ad un duplice rinvio: l'art. 2315 c.c. richiama le disposizioni relative alla società in nome collettivo le quali (art. 2293) rimandano, a loro volta, alle norme dettate per le società semplici. Le disposizioni delle società semplici e delle società in nome collettivo trovano, dunque, applicazione sia pure con gli adattamenti imposti dalla presenza di due categorie di soci con diversi poteri e diverse responsabilità per le obbligazioni sociali (Campobasso, 128). Socio incapaceLa partecipazione di incapaci in veste di accomandatari è soggetta alla disciplina dettata dall'art. 2294. È dubbio però se la stessa disposizione si applichi anche all'accomandante, che non è un socio a responsabilità illimitata. Favorevole all'applicabilità è chi osserva che l'accomandante può assumere la responsabilità illimitata per atti di immistione compiuti dal suo rappresentante (Montalenti, 267; la dottrina prevalente è tuttavia contraria: Campobasso, 132; Ferrara, 217). Disciplina della prescrizioneL'applicabilità della disciplina della prescrizione è venuta in considerazione, rispetto alla società in accomandita semplice, sotto due diversi profili: a) per quanto attiene la durata del termine prescrizionale stabilito per i diritti che derivano dai rapporti sociali: si è ritenuto applicabile il termine breve di cinque anni, trattandosi di società che deve essere iscritta nel registro delle imprese (Cass. I, n. 4603/1985); b) per quanto attiene il regime della sospensione: era opinione costante in passato che la causa di sospensione del termine prescrizionale prevista dall'art. 2941 n. 7 (secondo la quale la prescrizione è sospesa tra le persone giuridiche e i loro amministratori) non si applicasse alle società in accomandita semplice, essendo esse sprovviste di personalità giuridica (fra le altre, Cass. n. 4603/1985; App. Bologna 9 novembre 1979, Giur. it. 1980, I, 2, 440); peraltro, non erano mancate opinioni nel senso dell'applicazione anche a tale tipo sociale (Trib. Napoli 17 aprile 1998, in Soc., 1998, 1324). La questione è stata poi risolta da Corte cost., n. 322/1998, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 2941, n. 7, c.c., nella parte in cui non prevede che la prescrizione rimane sospesa tra la società in accomandita semplice ed i suoi amministratori per le azioni di responsabilità contro costoro finché sono in carica (su ordinanza di rimessione di Cass. I, n. 127/1997); analoga decisione di incostituzionalità è stata poi assunta per le s.n.c. (Corte cost. n. 262/2015). Sul tema, amplius al commento all'art. 2941, n. 7, in questo Codice, Parte I. Modifiche dell'atto costitutivoÈ stato ritenuto applicabile anche alle società in accomandita semplice il principio, desumibile dall'art. 2252 c.c., secondo cui il contratto sociale può essere modificato anche a maggioranza, ove ciò sia convenuto dai soci ed è stata conseguentemente ritenuta legittima una clausola statutaria che consentiva la modifica dell'atto costitutivo di una società in accomandita semplice a maggioranza assoluta di capitale, collocando sullo stesso piano soci accomandatari e soci accomandanti (nel caso di specie quest'ultimi erano titolari della maggioranza del capitale): Pret. Cuneo 7 marzo 1983, Giur. comm. 1983, II, 925; Trib. Milano 22 dicembre 1989, Giur. merito 1991, 550. Ulteriori casi di specieSono stati ritenuti applicabili alla società in accomandita semplice: a) il principio, sancito dall'art. 2304, secondo cui i creditori sociali non possono pretendere il pagamento dei singoli soci se non dopo l'escussione del patrimonio sociale (Cass. III, n. 15036/2005; Cass. I, n. 7100/1993, in Soc. 1993, 1349); con la precisazione cheIl beneficio d'escussione previsto dall'art. 2304 c.c. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (Cass. III, n. 22629/2020 la quale ha precisato, altresì, che la responsabilità illimitata e solidale del socio accomandatario può essere fatta valere dal creditore per tutte le obbligazioni contrattualmente assunte nel nome della società, anche se è diverso il soggetto che per quest'ultima abbia contratto con il terzo). b) l'art. 2302 sulla tenuta obbligatoria dei libri e delle altre scritture contabili prescritte dall'art. 2214 (Cass. I, n. 908/1971); c) il divieto di concorrenza sancito dall'art. 2301, limitatamente però al socio accomandatario (Trib. Torino 15 aprile 1991, Soc. 1991, 1242), non essendo detta disposizione applicabile al socio accomandante (Cass. I, n. 2887/1989); d) il diritto a percepire gli utili dopo l'approvazione del rendiconto (Trib. Milano 29 aprile 1991, Foro pad. 1992, I, 2, 259); e) il principio secondo cui alla cancellazione della società dal registro delle imprese e ai relativi adempimenti non consegue anche la sua estinzione, che è determinata soltanto dalla effettiva liquidazione di (tutti) i rapporti giuridici pendenti (Cass. I, n. 16500/2004); f) gli artt. 2286 e 2287 c.c. disciplinanti le cause ed il procedimento di esclusione dei soci di società di persone, in virtù del rinvio contenuto negli artt. 2315 e 2293, non ravvisandosi incompatibilità né con l'art. 2318, che attribuisce solo agli accomandatari la facoltà di diventare amministratori della società, ma non esclude la nomina di terzi, né con il regime giuridico della nomina e della revoca degli amministratori medesimi, previsto dall'art. 2319, in quanto non incidente sul perdurare del rapporto sociale (Cass. I, n. 8570/2009); g) l'art. 2262 in forza del duplice richiamo di cui agli artt. 2315 e 2293, che subordina il diritto agli utili alla (sola) approvazione del rendiconto, precisando che in tali società l'approvazione del bilancio è un atto che spetta istituzionalmente ai soci accomandatari e che, se uno solo è il socio accomandatario, il momento dell'approvazione del bilancio coincide con quello della sua presentazione (Cass. I, n. 15304/2007). BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; Ferrara, Gli imprenditori e le società, Milano, 1975; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Montalenti, Il socio accomandante, Milano, 1985. |