Accesso nei locali, accertamento invalido prima dei sessanta giorni

25 Ottobre 2018

In caso di accesso nei locali della società, l'accertamento emesso prima dei 60 giorni è invalido se il contribuente ha già consegnato i documenti all'Amministrazione finanziaria.
Massima

In caso di accesso nei locali della società, l'accertamento emesso prima dei 60 giorni è invalido, se il contribuente ha già consegnato i documenti all'Amministrazione finanziaria. L'illegittimità dell'atto emesso “ante tempus” è posto a garanzia del contraddittorio ed è principio costituzionale, e il vizio invalidante consiste nell'effettiva assenza del requisito dell'urgenza la cui ricorrenza deve essere provata dall'Amministrazione finanziaria.

Il caso

La controversia in oggetto trae origine da un accertamento condotto non solo a “tavolino” ma anche mediante accesso nei locali della società da funzionari dell'Agenzia delle Entrate che hanno acquisito, in contraddittorio con la parte, la documentazione richiesta e redatto il relativo processo verbale. I funzionari, autorizzati dal Dirigente dell'Area Controlli, hanno proceduto alla verifica della rispondenza dei dati degli estratti conto bancari trasmessi dagli Istituti di credito e quelli risultanti dalla contabilità della società, informando la parte dei 60 giorni di tempo per presentare memorie, osservazioni e richieste all'Ufficio competente.

La questione

La questione affronta il tema dell'accertamento emesso prima del termine di 60 giorni di cui all'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000, il quale stabilisce che l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di 60 giorni, termine entro cui il contribuente può comunicare le proprie osservazioni e richieste nonché produrre documentazione idonea a tutelare la propria posizione.

L'art. 12 costituisce concreta attuazione dei principi di collaborazione e buona fede legati alla diretta applicazione di principi costituzionali (buon andamento e imparzialità) e di quelli comunitari (Corte di Giustizia, causa C-276/12 e C-349/07), per cui il mancato rispetto del termine in esame determina la sanzione di invalidità dell'atto.

L'art. 37-bis del d.P.R. n. 600/1973 stabilisce che l'ufficio finanziario deve emanare, a pena di nullità, l'avviso di accertamento, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inoltrare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta. Tale norma costituisce concreta attuazione dei principi di collaborazione e procedimentale delle fattispecie abusive al pari dell'art. 12, comma 7, ed entrambe devono essere interpretate unitariamente secondo l'interpretazione della giurisprudenza comunitaria.

Nel caso in esame la società ha impugnato l'avviso di accertamento ai fini IVA, IRPEG ed IRAP emesso dall'amministrazione finanziaria sulla scorta delle risultanze di una verifica fiscale che aveva riguardato anche i conti correnti bancari intestati alla società. La Commissione tributaria provinciale non ha accolto il ricorso, mentre i giudici di appello hanno accolto l'appello della società annullando l'atto impositivo impugnato sulla violazione del contraddittorio endoprocedimentale previsto dal citato art. 12. L'Ufficio ha proposto ricorso per Cassazione eccependo di aver eseguito un'indagine bancaria-finanziaria, regolarmente autorizzata, e non una verifica fiscale in loco, come sostenuto dai giudici della CTR.

La Suprema Corte, non accogliendo il ricorso, ha ritenuto che nel caso in esame è stato condotto l'accertamento non soltanto “a tavolino”, ma anche mediante accesso nei locali della società dove “i funzionari hanno semplicemente acquisito, in contraddittorio con la parte, la documentazione richiesta”. A ciò va aggiunto che la società ha riprodotto nel proprio atto di costituzione parte del contenuto del processo verbale in cui si da atto dell'accesso eseguito nonché dell'informazione data alla parte del termine di 60 giorni per presentare memorie, osservazioni agli Uffici competenti.

I giudici di legittimità hanno evidenziato, inoltre, che l'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000, deve essere intrepretato nel senso che l'inosservanza di tale termine dilatorio di 60 giorni determina “l'illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contradittorio procedimentale”:

Le garanzie fissate dal citato art. 12 si applicano a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati all'acquisizione di documentazione. In tema di garanzie per il contribuente, l'obbligatorietà del contraddittorio, esclude l'ammissibilità della cd. “prova di non resistenza”, ma anche ogni ipotesi di consegna della documentazione contabile effettuata spontaneamente dal contribuente presso gli uffici dove viene eseguita la verifica a quella compiuta presso la sede della società e poi proseguita negli uffici dell'amministrazione, sussistendo l'obbligo del contraddittorio solo in tale ultimo caso.

Le soluzioni giuridiche

Il tema del

contraddittorio endoprocedimentale

è senza dubbio oggetto di dibattito sia dottrinale che della giurisprudenza e, nonostante i casi affrontati siano di diversa natura, non si è pervenuti da una risoluzione definitiva della questione. A parere dello scrivente sarebbe auspicabile una rivisitazione della normativa da parte del legislatore, anche in ottemperanza del riconoscimento del principio del contraddittorio da parte della Corte di Giustizia Europea.

Giurisprudenza

I giudici di legittimità hanno ritenuto che l'avviso di accertamento non può essere emesso prima del termine di 60 giorni anche in caso di atti di accesso istantaneo per l'acquisizione di documentazione.

La garanzia di cui all'art. 12 comma 7, Legge n. 212/2000, si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, compresi gli atti di accesso (Cass. n. 8750/2018).

L'avviso di accertamento emesso prima del termine di sessanta giorni decorrenti dal rilascio del verbale di chiusura della verifica è nullo, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Detto termine è posto a garanzia del contradittorio e costituisce espressione dei principi di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente (Cass. n. 11613/2017).

In materia di garanzie del contribuente, sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972, impone la redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni di accesso o ispezione nei locali dell'impresa, e solo dal rilascio di copia di detto verbale decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l'avviso di accertamento ai sensi dell'art. 12, comma 7, Legge 27 luglio 2000, n. 212.

L'art. 12 costituisce concreta attuazione dei principi di collaborazione e buona fede legati alla diretta applicazione di principi costituzionali (buon andamento e imparzialità) e di quelli comunitari (cfr. Corte di Giustizia, causa C-276/12), per cui il mancato rispetto del termine in esame determina la sanzione di invalidità dell'atto (Cass. civ. n. 19013/2016; 11993/2015; CTP Rieti n. 65/2016).

Ex adverso se l'Agenzia delle Entrate non procede ad alcuna verifica nei locali dell'impresa, non c'è violazione delle norme dello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000), che risultano funzionali ad assicurare una equilibrata composizione delle contrapposte esigenze delle parti nell'esecuzione della verifica ossia il contraddittorio tra le parti (Cass. n. 8246/2018).

Osservazioni

Da quanto sinora osservato emerge che l'attuale elaborazione della normativa vigente effettuata dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, non riesce sempre a disegnare aspetti rilevanti in una prospettiva interna o in quella comunitaria.

È auspicabile dopo le diverse posizioni della giurisprudenza di legittimità, spesso anche in contrasto, un intervento della Corte Costituzionale che, superando le difficoltà pregresse sopra accennate, possa fornire un interpretazione rispettosa dell'orientamento comunitario, rendendo efficaci i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Sino ad ora l'intervento delle Sezioni Unite (decisione n. 18184/2015) aveva posto fine ad una interpretazione estensiva della norma di cui trattasi, ma successivi pronunciamenti di legittimità hanno rimesso in discussione quanto affermato con tale sentenza

talvolta, pure della Corte EDU80), in ogni caso per il tramite del ricorso

In definitiva, sembra irrinunciabile un intervento mirato dei giudici delle leggi essendo necessario interpretare al meglio il dettato dell'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 oppure, in alternativa, riscrivere ex novo la norma da parte del Legislatore.

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