L'accertamento parziale come strumento per aggirare l'”unicità e globalità” dell'atto impositivo

Sebastiano Barusco
13 Novembre 2018

Il ricorso all'accertamento parziale previsto dall'art. 41 bis, d.P.R. n. 600/1973, non preclude una integrazione o reiterazione dell'accertamento medesimo e non richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Amministrazione, da indicare in modo specifico a pena di nullità del nuovo accertamento.
Massima

Il ricorso all'accertamento parziale previsto dall'art. 41-bis, d.P.R. n. 600/1973, non preclude una integrazione o reiterazione dell'accertamento medesimo e non richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Amministrazione, da indicare in modo specifico a pena di nullità del nuovo accertamento.

Il caso

La sentenza analizza la disciplina dell'accertamento parziale disciplinato dall'art. 41-bis del d.P.R. n. 600/1973.

Nello specifico, la questione concerne quanto affermato dalla sentenza di secondo grado, oggetto di ricorso per cassazione da parte dell'Agenzia delle entrate, secondo la quale “l'utilizzo dell'accertamento parziale, il cui obiettivo è quello di agevolare il recupero dei tributi, consentendo all'Ufficio anche di reiterare la pretesa fiscale, non viene precluso dall'assoluta carenza del necessario presupposto costituito dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, atti o fatti che, come detta l'art. 43 del d.P.R. n. 600/1973, debbono essere specificatamente indicati nell'avviso, a pena di nullità”.

La Cassazione, sul punto, precisa che il ricorso all'accertamento parziale rappresenta uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, ove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie. Esso non preclude una integrazione dell'accertamento medesimo, anzi a tal fine, a differenza di quello generale previsto dall'art. 43 del d.P.R. n. 600/1973, non richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte della Amministrazione, da indicare in modo specifico a pena di nullità del nuovo. E aggiunge: “L'obbligo sanzionato con la nullità dell'accertamento trova ragione nella ipotesi di un accertamento generale, non invece in quello parziale, nel quale anzi proprio la sollecita emersione di materia imponibile consente una rideterminazione dell'imponibile, e della relativa imposta, che non pregiudica la sua possibile e futura integrazione (anche in questo caso nei limiti ovviamente della decorrenza dei termini di esplicazione dei poteri accertativi)”.

La questione

La sentenza in commento affronta la delicata questione della possibilità riconosciuta all'Amministrazione di reiterare un avviso di accertamento in assenza dei presupposti previsti dall'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, ovvero in presenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Infatti, la norma testé citata, dispone che, entro il termine di decadenza, “l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Agenzia delle entrate. Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte”.

Si tratta di una limitazione che trova il proprio fondamento nel principio di “unicità e globalità” dell'avviso di accertamento, posto a garanzia del contribuente, di cui si dirà infra.

L'accertamento parziale, nella formulazione oggi in vigore, di fatto aggira tale principio e di questo se ne rendono conto gli stessi Ermellini quando affermano che “coerenza tuttavia vuole che l'accertamento non sia a singhiozzo, e cioè che, dopo un primo accertamento parziale, ne segua un altro basato su altri elementi acquisiti sin dall'origine ma non contestati, perché ciò pregiudica una linea difensiva unitaria e complessiva da parte del contribuente”.

Nonostante ciò, concludono i Giudici affermando che l'accertamento parziale può essere liberamente reiterato anche in assenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi ovvero dei presupposti previsti, a pena di nullità, dall'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in esame offre lo spunto per alcune riflessioni sul tema del rispetto del principio dell' ”unicità e globalità” dell'avviso di accertamento. Si tratta di un principio radicato nel nostro ordinamento dal quale discende che l'avviso di accertamento deve essere “unico” per ogni periodo d'imposta e “globale” nel senso che deve ricostruire la base imponibile complessiva del contribuente. Tale principio si fonda, tra le altre, sulle norme della Costituzione (art. 97, buon andamento e imparzialità dell'Amministrazione – art. 24 e art. 113, diritto di difesa e giusto processo), sulle norme dello Statuto dei diritti del Contribuente (art. 10, L. n. 212/2000, principio dell'affidamento), sulle norme del procedimento amministrativo (art. 1, L. n. 241/1990, economicità, efficacia, imparzialità dell'azione amministrativa; principio di non aggravamento). Non è questa la sede per approfondire il tema ma è evidente che le norme sopra richiamate hanno quale ratio quella di evitare che il potere accertativo venga utilizzato in modo distorto, o ancor peggio arbitrario, attraverso la notifica di più avvisi di accertamento per un unico periodo di imposta.

Unica eccezione a detto principio è rappresentata dall'accertamento integrativo previsto dall'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, in base al quale solo in presenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi vi è la possibilità per l'Amministrazione di integrare o modificare un avviso di accertamento già notificato.

Una deroga al principio dell'unicità e globalità dell'avviso di accertamento è prevista per l'accertamento parziale (per le imposte diretteart. 41-bis, d.P.R. n. 600/1973 – per l'IVA - art. 54, comma 5, d.P.R. n. 633/1972) per il quale vi è l'espressa previsione normativa sulla possibilità di reiterazione dello stesso. Tale deroga, tuttavia, aveva una ragion d'essere atteso che originariamente detto strumento accertativo, concepito come un “tertium genus”, era utilizzabile unicamente in presenza di “segnalazioni” qualificate provenienti dalla Guardia di Finanza, da pubbliche amministrazioni da enti pubblici o dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria.

Si trattava, in sostanza, di accertamenti pressoché automatizzati ovvero conseguenti a meri incroci di dati in possesso dell'Amministrazione.

Nel corso degli anni, però, è stata ampliata la possibilità di utilizzo dello stesso includendovi non solo le “segnalazioni” ma anche i processi verbali di constatazione conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche, fino a ricomprendervi tutte le attività istruttorie di cui all'articolo 32, primo comma, numeri da 1) a 4) d.P.R. n. 600/1973 e nonché quelle di cui all'art. 51, secondo comma, numeri da 1) a 4), d.P.R. n. 633/1972.

Evidente, quindi, che oggi l'avviso di accertamento parziale è ampiamente utilizzabile con la conseguenza che, a differenza dell'accertamento integrativo (art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973 e art. 54, comma 3, d.P.R. n. 633/1972), non necessita, per la sua reiterazione, della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

In sostanza, mentre un accertamento ordinario può essere compiuto una sola volta con riferimento a un determinato periodo di imposta, l'accertamento parziale può essere ripetuto e lascia quindi “campo libero” alla notifica di successivi avvisi di accertamenti per il medesimo periodo di imposta.

Infatti, la Cassazione ha affermato che l'avviso di accertamento parziale non è diverso da quelli “ordinari” atteso che è solo una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, per cui può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo e il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare (Cass. Civ., 15 giugno 2018, n. 15826).

Appare del tutto evidente che detta impostazione, di fatto, oltre ad essere in palese contrasto il principio sopra richiamato dell'”unicità” e “globalità” dell'atto impositivo, permette di aggirare la previsione dell'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, dal momento che non è necessaria la “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” per notificare un avviso di accertamento integrativo o modificativo.

Osservazioni

Ci sembra che definire l'accertamento parziale come strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile non lo distingua certo dagli accertamenti ordinari che hanno esattamente le medesime finalità. Ancor di più oggi che, come detto, l'accertamento parziale può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo e il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare (Cass. Civ., 15 giugno 2018, n. 15826).

Per di più appare contraddittoria l'affermazione in base alla quale l'accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole (Cass. civ., 4 aprile 2018, n. 8406).

Infatti, delle due l'una: o si tratta di accertamento differente dagli accertamenti ordinari in quanto deve trovare la propria fonte su automatismi argomentativi, o anch'esso è annoverabile tra gli accertamenti “ordinari” con la conseguenza deve soggiacere alle medesime regole di questi ultimi, ivi compresa quella della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi per essere integrato.

In tal senso la giurisprudenza di merito ha correttamente affermato che “il requisito della novità è necessario anche quando l'avviso rettificato abbia avuto natura parziale perché la nozione di accertamento parziale non indica che l'oggetto sia limitato a singoli elementi, né che esso sia caratterizzato da provvisorietà rispetto a quello ordinario, ma soltanto, che in base alla formula normativa usata, l'imposizione è fondata su segnalazioni provenienti da determinate fonti di conoscenza (soggetti esterni all'Ufficio finanziario procedente) nonché implicitamente in grado, in forza di un c.d. automatismo argomentativo, di fornire, in base ad una verifica elementare, gli elementi di contenuto dell'atto” (CTR Friuli Venezia Giulia, sentenza 2 aprile 2015, n. 133).

In conclusione, i presupposti per l'utilizzo dell'art. 41-bis, d.P.R. n. 600/1973, nella formulazione vigente, per di più ulteriormente “ampliati” dall'interpretazione della giurisprudenza di legittimità, portano a ritenere che l'avviso di accertamento parziale sia equiparabile in toto agli accertamenti ordinari distinguendosi da questi ultimi solo perché non deve soggiacere ai medesimi “paletti” normativi, primo fra tutti l'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, e ciò in palese contrasto con il principio dell'”unicità e globalità” dell'avviso di accertamento.

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