Accertamento, notizia anonima non equivale ad indizio

Enzo Di Giacomo
04 Dicembre 2018

In caso di accesso domiciliare autorizzato dell'Autorità Giudiziaria, il giudice tributario deve verificare che il relativo provvedimento sia motivato e che faccia riferimento ad elementi riconosciuti come indizi. L'obbligo di motivazione del provvedimento di autorizzazione all'accesso domiciliare risulta assolto solo se sono indicate la nota e l'autorità richiedente nonché la specificazione dei gravi indizi di violazione della legge fiscale.
Massima

In caso di accesso domiciliare autorizzato dell'Autorità Giudiziaria, il giudice tributario deve verificare che il relativo provvedimento sia motivato e che faccia riferimento ad elementi riconosciuti come indizi. L'obbligo di motivazione del provvedimento di autorizzazione all'accesso domiciliare risulta assolto solo se sono indicate la nota e l'autorità richiedente nonché la specificazione dei gravi indizi di violazione della legge fiscale.

Il caso

La controversia in esame trae origine da una verifica fiscale compiuta dalla Guardia di Finanza, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, su una ditta individuale esercente attività di ristorante-bar. Sulla scorta di tale documentazione, l'Agenzia delle Entrate ha emesso alcuni avvisi di accertamento e di rettifica per il recupero a tassazione di maggiori introiti ai fini IVA, IRPEF ed ILOR.

Tali atti sono stati impugnati dal contribuente che ne ha eccepito l'illegittimità sostenendo la carenza del presupposto dei gravi indizi di violazione di norme tributarie per l'accesso domiciliare compiuti dal militari nonché il difetto di motivazione del decreto del Procuratore della Repubblica.

La questione

La questione affronta l'insufficiente motivazione della decisione della Commissione Tributaria Regionale che avrebbe confermato, senza motivarlo, la legittimità del decreto di autorizzazione emesso dalla Procura della Repubblica, sebbene fondato su informazioni anonime, lamentando sia la mancanza di motivazione e sia la mancata sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria alla base della perquisizione domiciliare.

La decisione di secondo grado non aveva accolto la doglianza rilevando che, in considerazione degli atti depositati, l'autorizzazione del Pubblico Ministero presentasse tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente. Allo stesso modo i giudici di appello avevano ritenuto immotivate le eccezioni concernenti la mancanza dei ”gravi indizi”, atteso il rinvenimento, proprio nell'abitazione, di contabilità parallela che dimostrava la reale situazione contabile dei ricavi del reddito dell'attività di ristorazione.

Nel caso in esame, attese le eccezioni formulate dalla parte ricorrente, l'Agenzia delle Entrate contestava ex adverso proponendo memoria di costituzione e la parte proponeva ricorso incidentale.

Avverso detta sentenza, la Corte emetteva la sentenza n. 10568/2010 che, accogliendo il secondo motivo del ricorso incidentale, cassava la sentenza di appello ritenendo fondata la denuncia di omessa motivazione, e rinviando la causa ad altra sezione della competente CTR.

A seguito di riassunzione, la Commissione di secondo grado rigettava l'appello ritenendo la richiesta di accesso della GdF e l'autorizzazione legittime, presentando tutti i requisiti di cui all'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972.

La Suprema Corte ha ritenuto che in tema di accertamento delle imposte, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica, prescritta in tema di IVA dall'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972, è contraddistinta da ampio margine di discrezionalità, da cui discende la natura necessariamente sintetica della motivazione; l'obbligo motivazionale è assolto quado sono indicate la nota e l'autorità richiedente, con la motivazione che il decreto è giustificato dalla presenza di gravi indizi di violazione tributaria, la cui valutazione deve essere eseguita “ex ante” con prudente apprezzamento.

Il primo comma del citato art. 52 si limita a richiedere rispettivamente l'autorizzazione del capo dell'ufficio e quella del Procuratore della Repubblica, senza fissare specifici presupposti, mentre il successivo secondo comma prevede, per accessi in locali ad uso solo abitativo, non solo l'autorizzazione del Procuratore ma anche la sussistenza di “gravi indizi di violazione tributaria”, ossia trattasi non di un semplice nulla-osta ma di u provvedimento valutativo di specifici presupposti giustificativi dell'ingresso nell'abitazione.

Il giudice tributario, in sede di impugnazione di atto impositivo su libri, registri ed altre prove reperite mediante accesso domiciliare autorizzato dalla Procura, ha il potere-dovere di verifica se il decreto sia motivato (motivazione concisa o per relationem) nonché di controllare la presenza di elementi a cui l'ordinamento giuridico conferisca valore indiziario, atteso che una diversa letture del citato art. 52 aprirebbe dubbi di costituzionalità.

Relativamente alla questione sulla attendibilità del provvedimento che ravvisi indizi in notizie anonime, è stato ribadito che l'indizio non è prova, nemmeno presuntiva, in quanto si esaurisce nella cognizione di un accadimento diverso da quello da dimostrare.

La notizia (verbale o scritta) di fonte non individuata (ossia anonima) e non individuabile non assurge ad indizio e che l'accesso all'abitazione non può rappresentare il primo atto ispettivo in seguito ad una denuncia anonima, essendo necessario un minimo di indagine e di riscontro, e non rilevando neppure il fatto che la dichiarazione anonima non identificata diventi attendibile a posteriori.

Relativamente ad un provvedimento di autorizzazione dell'accesso domiciliare, adottato senza motivazione - ovvero con motivazione giuridicamente sbagliata -, questo è inutilizzabile a sostegno dell'accertamento tributario delle prove reperite mediante la perquisizione, atteso che tale inutilizzabilità deriva dalla regola generale secondo cui la mancanza del presupposto di un procedimento amministrativo inficia anche gli atti ad esso collegati.

Per quanto sopra i giudici hanno accolto il ricorso ritenendo inutilizzabili per l'accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate le prove reperite attraverso la perquisizione domiciliare.

Le soluzioni giuridiche

Giurisprudenza

In tema di accertamento delle imposte, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'accesso domiciliare, prescritta in materia di IVA dall'art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è connotata da un ampio margine di discrezionalità, da cui discende la natura necessariamente sintetica della relativa motivazione. “L'obbligo motivazionale deve pertanto ritenersi assolto nel caso in cui risultino indicate la nota e l'autorità richiedente, con la specificazione che il provvedimento trova causa e giustificazione nell'esistenza di gravi indizi di violazione della legge fiscale, la cui valutazione dev'essere effettuata "ex ante" con prudente apprezzamento"; (Cass. n. 23824/2017).

L'autorizzazione della Procura all'accesso domiciliare è condizionata dall'esistenza di gravi indizi di violazioni tributarie e che tale provvedimento è soggetto a sindacato da parte del giudice, in merito all'effettiva esistenza degli indizi stessi e alla presenza di una motivazione idonea. Per cui il giudice tributario deve valutare la legittimità del provvedimento che autorizza l'acceso in luoghi esclusivi del contribuente (Cass. ord. n. 28188/2013).

Se l'autorizzazione del procuratore della Repubblica, che consente ai verificatori fiscali l'accesso domiciliare in esecuzione di un controllo, non contiene le indicazioni sui gravi indizi di violazioni tributarie allo scopo di reperire libri, registri, documenti e altre prove delle violazioni, il conseguente accertamento è nullo (Cass. Civ., n. 6836/2009).

Diversamente da quanto sopra si era pronunciata in precedenza la Suprema Corte affermando che il decreto di autorizzazione di cui trattasi non richiede l'indicazione dei “gravi indizi” di violazioni di norme tributarie (Cass. n. 9611/2008).

Attesi i diversi pronunciamenti della Suprema Corte emersi nel corso degli anni, sarebbe auspicabile una nuova pronuncia delle sezioni unite sul tema in esame.

Allo stesso modo sarebbe opportuno che il legislatore riformulasse le disposizioni normative chiarendo i limiti della motivazione del provvedimento emesso dalla Procura, nonché delineasse gli esatti confini del “gravi indizi” per i quali potrebbe essere consentiti gli accessi domiciliari nonché presso aziende e imprese commerciali.

Osservazioni

Il decreto emesso dal Procuratore della Repubblica che autorizza l'accesso domiciliare per motivi fiscali rappresenta senza dubbio il passaggio più delicato dell'attività di verifica fiscale compiuta dalla Guardia di Finanza e/o dall'Amministrazione finanziaria; infatti lo stesso è finalizzato a recuperare, non solo la documentazione ufficiale in mano al contribuente, ma anche e soprattutto la presenza di ogni altro documento utile alla ricostruzione della capacità contributiva del soggetto.

Tale atto è da ritenersi invasivo per la sfera privata del soggetto sottoposto a verifica, attesa la provvisoria sospensione della propria attività lavorativa ed una invasione del domicilio, rilevando il fatto che l'accesso può essere iniziato presso qualsiasi luogo in cui l'Amministrazione finanziaria ritiene di poter individuare i documenti od altro utili al controllo o verifica da svolgere.

E' necessaria, quindi, una rivisitazione della materia, soprattutto per tutelare le garanzie del contribuente sottoposto a verifica, così come enunciate dalla Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.