Responsabilità aggravata e termine per la richiesta nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione
14 Dicembre 2018
Massima
La domanda per responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c. può essere proposta anche in cassazione, ma a pena di inammissibilità deve essere contenuta nel controricorso. Il caso
Una condomina cita in giudizio una società che affermava avere un titolo idoneo a superare la presunzione di appartenenza alla proprietà comune di un portone relativo ad un immobile. Il tribunale e la Corte d'appello rigettano la domanda sul rilievo che tale portone non rientrava nella proprietà condominiale. La condomina proponeva ricorso in Cassazione, lamentandosi che ai sensi dell'art. 1117 c.c. il bene in questione doveva essere considerato come bene comune, mentre la società resistente proponeva controricorso e, successivamente depositava memoria ex art. 380-bisc.p.c. con la quale chiedeva la condanna della ricorrente al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. La Corte di cassazione rigetta il ricorso principale, dichiarando inammissibile la domanda di condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c., perché formulata soltanto con la memoria ex art. 380-bisc.p.c. e non con il controricorso. La questione
La questione in esame è la seguente: nel giudizio in Cassazione qual è il termine per la domanda di condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. Le soluzioni giuridiche
Come noto la responsabilità aggravata può essere fatta valere a fronte di tutte quelle condotte processuali che, improntate a mere finalità dilatorie, comportino pregiudizievoli ricadute sui tempi del processo determinando nel contempo come è stato nel presente giudizio lamentato dal controricorrente sulla base degli elementi agli atti una danno non soltanto patrimoniale, da liquidarsi in forma equitativa dal giudice, secondo i parametri dell'illecito extracontrattuale. Il suddetto assunto trova conforto oltre sui numerosi arresti sopra riportati anche sulla considerazione che le innovazioni normative (l. 24 marzo 2001, n. 89, cd. legge Pinto), anche a livello costituzionale (art. 111, comma 2, Cost. come introdotto dalla l.cost. 23 novembre 1999, n. 2), regolanti i tempi del processo unitamente alle recenti pronunce delle Sezioni Unite di riconoscimento della vincolatività delle statuizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo sulla liquidazione dei danni sofferti per l'eccessiva durata del processo (Cass. civ., Sez. Un., n. 1338/2004) – inducono a ritenere che possa ormai ritenersi acquisito nel patrimonio di ciascun cittadino il diritto a vedersi risarciti i danni derivanti da ingiustificati ritardi nella definizione del giudizio scaturenti eziologicamente da condotte dilatorie, da inquadrarsi tra gli illeciti extracontrattuali, sia che si voglia individuare un collegamento stretto tra responsabilità ex art. 96 c.p.c., e la violazione del dovere di lealtà e di probità di cui all'art. 88 c.p.c., sia che, invece, si intenda seguire la tesi secondo cui, pur sussistendo tra le due fattispecie codicistiche una diversità (per riguardare l'art. 96c.p.c. l'introduzione della causa ed, invece, l'art. 88c.p.c. il comportamento nella causa), non possono tuttavia negarsi profili di reciproca interdipendenza e connessione sul piano logico–giuridico tra i due istituti in oggetto (non potendosi negare che un comportamento leale e probo non possa mai concretizzare in un illecito extracontrattuale e che viceversa una condotta contraria ai principi di lealtà processuale possa essere sottratta ai profili della responsabilità extracontrattuale, quale quella di cui all'art. 96c.p.c.). Fatte tali premesse, si osserva che la pronuncia in commento offre un contributo relativo alla ricostruzione del quadro procedurale della responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Sul punto, deve osservarsi che è assolutamente consolidato il principio secondo cui l'istanza di risarcimento dei danni derivanti dalla responsabilità processuale aggravata può essere proposta soltanto nello stesso giudizio nel quale sia insorta tale responsabilità (Cass. civ., n. 12029/2017; Cass. civ., n. 10993/2007; Cass. civ., n. 3573/2002). Tale principio discende dalla constatazione che nessun giudice può giudicare la temerarietà processuale meglio di quello stesso che decide sulla domanda che si assume temeraria (in quanto soltanto tale giudice può accertare quale sia stato l'animus del soccombente e soprattutto quali siano stati i riflessi del processo al di fuori dello stesso, nonché sulla circostanza che la valutazione del presupposto della responsabilità processuale è così strettamente collegata con la decisione di merito da comportare il rischio, ove fosse separatamente condotta, di un contrasto pratico di giudicati; cfr.Cass. civ., n. 1952/2015; Cass. civ., n. 12952/2007). Dal principio secondo cui l'istanza ex art. 96 c.p.c. può essere proposta soltanto nello stesso giudizio in cui è insorta la responsabilità aggravata, discende che essa non può essere proposta in via autonoma, consequenziale e successiva, davanti ad altro giudice (Cass. civ., n. 18344/2010) e che, pertanto, l'azione risarcitoria avanzata in un autonomo giudizio deve considerarsi radicalmente inammissibile (Cass. civ., n. 12029/2017). Peraltro, atteso che non è proponibile in un autonomo giudizio, l'istanza può essere proposta anche in sede di precisazione delle conclusioni, considerato, peraltro, che spesso è proprio al termine dell'istruttoria che la parte istante è in grado di valutarne la fondatezza e di offrire al giudice gli elementi per la quantificazione del danno subito (Cass. civ., n. 15964/2009; Cass. civ., n. 3941/2002). Da quanto precede, consegue che la domanda di condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96, comma 1,c.p.c. può essere proposta anche in sede di legittimità, in relazione ai danni che si assumano derivati dal giudizio di cassazione, per avere causato un inutile svolgimento di attività processuale, ma che la responsabilità per il pretestuoso esperimento del ricorso per cassazione o anche del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione può essere affermata soltanto ove la relativa domanda sia stata formulata con il controricorso, e non nella memoria di cui all'art. 378 c.p.c. o nel corso della discussione orale, stante l'esigenza di garantire in via effettiva il principio fondamentale del contraddittorio e di tutelare il diritto di difesa del destinatario della stessa, con un congruo termine per esercitare la facoltà di replica (Cass. civ., n. 22659/2012; Cass. civ., n. 17300/2003). Pertanto, la domanda di responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c. ben può essere proposta anche in cassazione, ma a pena di inammissibilità solo con controricorso (Cass. civ., n. 29415/2017; Cass. civ., n. 20914/2011; Cass. civ., n. 24645/2007; Cass. civ., n. 13395/2007; Cass. civ., n. 3388/2007; Cass. civ., n. 3552/1985; Cass. civ., Sez. Un., n. 8363/1990). In altri termini, siffatta domanda è proponibile per la prima volta in sede di legittimità, ove si tratti di danni che si riconnettano esclusivamente al giudizio di cassazione. Essa, peraltro, per evidenti ragioni di tutela del principio del contraddittorio deve essere contenuta nell'unico atto del processo di cassazione che viene notificato alla controparte e quindi idoneo ad assicurare il rispetto del contraddittorio, e non può essere pertanto proposta per la prima volta in sede di discussione orale ovvero nella memoria ex art. 380-bisc.p.c.. Osservazioni
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ribadisce l'orientamento consolidato che fa leva sul principio del contradittorio. La Suprema Corte, oltre a ribadire la necessità che si tratti di danni derivanti dalla proposizione del ricorso (Cass. civ., n. 22659/2012), ha individuato un termine preclusivo per la proposizione dell'istanza ex art. 96 c.p.c., ritenendo che la stessa debba essere proposta con il controricorso. È infatti considerata inammissibile l'istanza formulata, per la prima volta, con la memoria ex art. 380-bis c.p.c. ovvero in sede di discussione orale, in quanto: – il controricorso, a differenza della memoria ex art. 378 c.p.c., viene notificato alla controparte e, pertanto, consente la corretta instaurazione del contraddittorio sulla questione, garantendo un congruo termine per la replica, laddove, al contrario, la proposizione dell'istanza con la memoria ex art. 380-bisc.p.c. ovvero in sede di discussione orale contrasterebbe con il principio del contraddittorio e finirebbe per ledere il diritto di difesa della controparte: la memoria ex art. 380-bisc.p.c. così come la discussione orale costituiscono sedi in cui è consentito alla parte interessata soltanto illustrare e chiarire le difese già svolte nell'atto introduttivo. Peraltro, secondo una sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite in sede di regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. civ., n. 522/1991), sarebbe addirittura incostituzionale, per violazione dell'art. 24 Cost., una interpretazione del sistema che ammettesse la proponibilità dell'istanza con la memoria ex art. 378 c.p.c. o nel corso della discussione orale, in quanto l'istanza ex art. 96 c.p.c. integra pur sempre una domanda di attribuzione di un bene della vita, sulla quale la controparte deve essere messa in grado di difendersi.
*Fonte: www.ilProcessoCivile.it
|