Responsabilità del Ministero della Difesa per morte del militare esposto a particelle di uranio impoverito e motivazione per relationem

Salvatore Ferrara
17 Dicembre 2018

In caso di accertato difetto di informazione, pianificazione e predisposizione di misure di sicurezza, sussiste la responsabilità del Ministero della difesa per la morte dovuta a malattia neoplastica di un militare precedentemente impegnato in teatri bellici ove era stato impiegato uranio impoverito?
Massima

La sentenza di appello che si rifaccia alla motivazione della statuizione impugnata non è nulla, qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all'organo giudicante e risultino in modo chiaro, atteso che il giudice del gravame può aderire a quella motivazione senza necessità, ove la condivida, di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri ( Nella fattispecie, la Corte territoriale aveva ritenuto esistente non solo il collegamento causale tra l'attività espletata in missione dal militare e l'evoluzione della patologia tumorale obiettivamente diagnosticata e rappresentante la causa primaria del decesso ma anche il nesso causale tra il comportamento colposo dell'Autorità militare, circa la mancata informazione adeguata del personale militare in servizio, la mancata pianificazione e valutazione degli elementi di rischio, la mancata predisposizione e consegna delle misure di protezione individuale atte almeno a ridurre il rischio da affrontare, e la detta patologia).

Il caso

Un Caporal Maggiore dell'Esercito italiano muore di ritorno da una missione in Bosnia. I congiunti del militare convengono in giudizio davanti al Tribunale di Roma il Ministero della Difesa, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, lo Stato Maggiore dell'Esercito italiano e dallo Stato Maggiore della Difesa per sentirli dichiarare responsabili della morte del loro congiunto, dovuta a patologia tumorale insorta a causa dell'omessa adozione di misure di prevenzione, precauzione e sicurezza idonee a ridurre al minimo i rischi per la salute derivanti dall'inalazione di particelle tossiche prodotte dall'esplosione di proiettili composti da uranio impoverito nel territorio bosniaco, con conseguente condanna del Ministero della Difesa al risarcimento dei danni subiti sia iure proprio sia iure hereditario. Il Giudice di prime cure, in accoglimento delle domande degli attori, accertata la responsabilità del Ministero della Difesa, condanna quest'ultimo alla liquidazione del danno ai familiari della vittima per l'omessa adozione di misure di cautela idonee a ridurre al minimo i rischi per la salute dei militari. La sentenza viene confermata in appello per la parte del danno richiesto dai congiunti iure proprio escludendo la posta risarcitoria iure hereditatis in ordine al quale la Corte accoglieva l'eccezione di difetto di giurisdizione. Il Ministero della Difesa ricorre dunque per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi.

La questione

Le questioni giuridiche affrontate nel caso in esame sono le seguenti:

- in caso di accertato difetto di informazione, pianificazione e predisposizione di misure di sicurezza, sussiste la responsabilità del Ministero della difesa per la morte dovuta a malattia neoplastica di un militare precedentemente impegnato in teatri bellici ove era stato impiegato uranio impoverito?

- nel caso in cui, sebbene a diverso titolo, i congiunti della vittima abbiano percepito dalla medesima amministrazione convenuta benefici economici, questi dovranno essere scomputati dall'importo dovuto a titolo di risarcimento del danno?

Le soluzioni giuridiche

Ad entrambi i quesiti la Corte di Cassazione fornisce risposta positiva.

Sulla responsabilità del Ministero della Difesa, oggetto dei primi due motivi di ricorso trattati congiuntamente, la Suprema Corte convalida il giudizio della Corte di merito che, con motivazione per relationem,aveva ritenuto esistente non soltanto il collegamento causale tra l'attività espletata in missione dal militare e l'evoluzione della patologia tumorale diagnosticata che condusse la vittima al decesso, ma anche il nesso causale tra il comportamento colposo dell'Autorità militare e la detta patologia. La Corte di Cassazione ha trattato congiuntamente i primi due motivi di ricorso poiché la Corte territoriale aveva rigettato le doglianze concernenti il merito della controversia non soltanto perché ritenute generiche ed aspecifiche (primo motivo del ricorso) ma anche in quanto superate dalla condivisa motivazione dell'impugnata sentenza, riportata integralmente senza alcuna ulteriore argomentazione (secondo motivo del ricorso). Circa la dedotta violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c., la S.C., riprendendo il proprio uniforme orientamento secondo cui la motivazione non necessariamente deve presentare i requisiti di originalità tipici dell'opera letteraria, ribadisce la validità della tecnica di redazione della decisione per relationem, purché le ragioni della stessa siano attribuibili al giudicante e risultino in modo chiaro.

Nella fattispecie la S C. ha ritenuto che la motivazione adottata dalla Corte di Appello fosse sorretta da “ragioni… chiare ed esaustive”, ed idonee a superare le censure concernenti il merito della controversia. La Cassazione accoglie, invece, il terzo motivo del ricorso avanzato del Ministero, facendo applicazione delle recenti pronunce a Sezioni Unite Cass. civ., Sez. Un., n. 12564/2018 e Cass. civ., Sez. Un., n. 12565/2018. Secondo la Cassazione, pur in presenza di titoli differenti, vale la regola del diffalco nel caso in cui vi sia unicità del soggetto responsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato ad erogare al danneggiato una provvidenza di natura indennitaria. La Corte, dunque, rigetta i primi due motivi di ricorso e accoglie il terzo, cassando la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.

Osservazioni

La massima della ordinanza, riguardante i primi due motivi del ricorso del Ministero della Difesa, investe essenzialmente un tema procedurale (art. 132 n. 4 c.p.c.), quello della motivazione per relationem, che la Suprema Corte, conformemente al proprio costante indirizzo, ritiene consentita ove la stessa sia attribuibile al giudice dell'appello e le ragioni giustificatrici della decisione emergano in modo chiaro senza necessità di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri.

Ma il valore innovativo della ordinanza in commento, che per la prima volta ha visto occuparsi - per motivi non di sola giurisdizione- i giudici di legittimità della questione del nesso di causalità tra esposizione ad uranio impoverito e morte del militare conseguente a malattia neoplastica (per un maggior approfondimento, vedi anche v. F. CAPPELLO, Esposizione ad uranio impoverito ed insorgenza di tumori, Focus 26 aprile 2018 in Ridare.it), si coglie nell'aver condiviso le ragioni giustificatrici della motivazione di merito. Per apprezzare appieno il significato del pronunciamento della Suprema Corte, in realtà piuttosto essenziale, occorrerà pertanto leggere l'ordinanza in commento scorgendo in filigrana la motivazione della sentenza App. Roma n. 3214/2016 validata dalla ordinanza in questione.

All'esito di un iter argomentativo alquanto articolato la Corte capitolina, riportandosi in toto alla sentenza di primo grado, ha dichiarato la responsabilità del Ministero della Difesa, attenendosi allo schema di motivazione dettato della Cassazione (Cass. civ., sez. III sent., 21 maggio 2013 , n. 12401) in tema di causalità omissiva.

In particolare la Corte di merito, dopo aver affermato la natura pericolosa delle particelle di metalli pesanti ed uranio impoverito diffuse nell'ambiente, in quanto “incontrastabile constatazione desumibile dagli studi scientifici in materia patogenetica ed epidemiologica”, elenca una serie di norme la cui violazione integra la base della colpa specifica in materia di prevenzione delle malattie e di tutela della igiene e della salute dei lavoratori nel caso di diffusione nell'ambiente di sostanze nocive. La nocività di dette particelle, la cui pericolosità prescinde dalla concentrazione, per i giudici di merito, è di tipo cancerogeno e\o mutageno.

La natura pericolosa di tali sostanze – implicante una responsabilità ex art. 2050 c.c. oltre che ex art. 2087 c.c.- sospese nell'aria contaminata dei teatri bellici per effetto di fenomeni meteorologici o per il semplice sollevamento prodotto dal rotolamento delle ruote dei cingolati, avrebbe imposto, secondo la Corte capitolina, al datore di lavoro, oltre al preventivo accertamento della presenza delle stesse nel teatro operativo, un particolare onere di informazione circa i rischi dell'esposizione e l'attuazione di adeguate misure di prevenzione e di protezione dei lavoratori, quali i dispositivi di protezione individuale - DIP-, necessari in situazioni del genere. Secondo la motivazione dei giudici di merito, passata in giudicato per effetto dell'ordinanza della S.C. in commento, la condotta omissiva del Ministero della Difesa configura una violazione di natura colposa alle prescrizioni imposte non solo dalle leggi e dai regolamenti (colpa specifica ), ma anche delle regole di comune prudenza, diligenza ed esperienza in relazione al caso concreto (colpa generica ). Affrontato in questi termini il tema della causalità giuridica la Corte di merito ha anche accertato la causalità materiale tra l'esposizione all'uranio impoverito e la morte del militare, condividendo le conclusioni diagnostiche ed eziopatologiche delle commissioni mediche. A rafforzare il giudizio della Corte di Appello le risultanze della Commissione parlamentare di inchiesta istituita con deliberazione dell'11 ottobre 2006, basate su pareri di esperti circa la natura genotossica dell'uranio impoverito con la conseguente insussistenza di un valore soglia, i reperti biologici attestanti la presenza di metalli pesanti di origine esogena, e le pregresse buone condizioni di salute del militare. La Corte di merito, sulla base di una serie di criteri di discernimento di tipo scientifico, ha ritenuto sussistere almeno “ una presunzione di certezza legale” circa il nesso causale tra l'esposizione e conseguente inalazione alle predette sostanze tossiche, a prescindere dalla concentrazione, e gli effetti principali dannosi di tipo cancerogeno e mutageno.

Su queste basi la Corte territoriale, con motivazione approvata dai giudici di legittimità, ha ritenuto esistente non solo il collegamento causale tra l'attività espletata in missione dal militare e l'evoluzione della patologia tumorale obiettivamente diagnosticata e rappresentante la causa primaria del decesso (causalità materiale) ma anche il nesso causale tra il comportamento colposo dell'Autorità militare, e la detta patologia (causalità giuridica).

Guida all'approfondimento

S. RODRIGUEZ, Missioni all'estero e uranio impoverito: la responsabilità del Ministero della Difesa nei confronti dei propri dipendenti, Responsabilità civile e previdenza, 2012, 2, 619;

A. MANTELERO, Uranio impoverito: i danni da esposizione e le responsabilità, Danno e responsabilità, 5/2012, 543.

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