Parcheggi comunali pluripiano coperti e “aree blu” di sosta urbane: no alla TARSU per la società di gestione

Ignazio Gennaro
19 Dicembre 2018

La Società privata concessionaria del servizio di gestione dei parcheggi comunali pluripiano coperti e delle “aree blu” di sosta urbana non è tenuta al pagamento della TARSU sulle relative superfici.
Massima

La Società privata concessionaria del servizio di gestione dei parcheggi comunali pluripiano coperti e delle “aree blu” di sosta urbana non è tenuta al pagamento della TARSU sulle relative superfici.

Le aree in questione, infatti, sono e rimangono di esclusiva proprietà del Comune il quale ne concede l'uso al solo fine di gestire il parcheggio auto in determinati orari ed in determinate giornate, nonché di limitarne l'uso concessorio a favore dei soggetti esenti.

Tali aree non possono essere in alcun modo assimilate alle autorimesse, fanno parte del patrimonio indisponibile del Comune sul quale l'Ente locale ha l'obbligo della spazzatura il cui costo viene già corrisposto indistintamente dai Cittadini: pertanto vanno escluse dalla tassazione.

Ammettere una tesi diversa significherebbe riconoscere un doppio introito tributario per la pulizia dello stesso luogo.

Il caso

Il Comune di Palermo notificava alla Società privata affidataria dei servizi di gestione dei parcheggi comunali pluripiano coperti e della “aree blu” di sosta urbana un avviso di accertamento con il quale contestava l'omessa denuncia ai fini TARSU 2011 di una superficie di circa 26mila metri quadrati, corrispondente agli stalli adibiti a parcheggi pubblici di auto (coperti e scoperti) e chiedeva il pagamento dell'importo complessivo di circa 474mila euro tra imposte e sanzioni.

La Società impugnava il provvedimento dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, rilevava preliminarmente di essere affidataria della gestione del servizio di parcheggio ed eccepiva: il difetto di motivazione del provvedimento impugnato; la violazione e falsa applicazione degli artt. 59, 61, 62, 63 e 66 del D.Lgs. n. 507/1993 (disciplina della TARSU); la carenza del presupposto impositivo in quanto le aree non producono rifiuti tassabili; che concretamente in capo al Comune di Palermo venivano a concentrarsi sia la soggettività passiva che attiva dell'obbligazione con conseguente estinzione della pretesa tributaria per “confusione” (art. 1253 c.c.); nonchè la violazione del regolamento comunale in materia di Tarsu.

Il Comune di Palermo intimato si costituiva in giudizio, difendeva la legittimità del proprio provvedimento e della relativa pretesa, contestava la fondatezza dei motivi di ricorso, concludeva per il rigetto del ricorso.

La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, con la sentenza in rassegna, accoglieva il ricorso della Società affidataria ritenendo che alla stessa “va riconosciuta la qualifica di gestore del servizio di parcheggio pubblico su stalli con strisce blu e non anche di gestore dell'area pubblica ove tali stalli sono collocati rimanendo solo un affidatario di un servizio pubblico nei limiti del parcheggio di auto in un luogo pubblico facente parte del patrimonio indisponibile del Comune sul quale lo stesso Ente locale ha l'obbligo della spazzatura che viene corrisposta indistintamente dai Cittadini e nel quale è vietato buttare rifiuti ai sensi degli artt. 15 e 24 del Codice della Strada”.

A parere della Commissione territoriale quindi “ammettere la tesi dell'Ufficio significherebbe riconoscere un doppio introito tributario per la pulizia dello stesso luogo”.

La questione

La problematica in esame si incentra sul “rapporto giuridico” intercorrente tra la Società di gestione e le superfici adibite a parcheggi coperti e “aree blu” di sosta urbane.

Secondo la Società di gestione nella fattispecie concreta difettava il presupposto oggettivo della Tarsu in quanto la stessa era soltanto “incaricata di un servizio pubblico comunale ed è il Comune che rimane proprietario delle aree determina le tariffe, la tipologia e la quantità degli stalli”, inoltre “non è titolare del diritto di superficie e non poteva usucapire gli stalli, per cui in capo al Comune veniva a concentrasi sia la soggettività attiva che passiva, la carenza del presupposto oggettivo della TARSU poiché le aree non erano suscettibili di produrre rifiuti tassabili essendo soggette allo spazzamento e non al conferimento e la TARSU è un tributo sinallagmatico che corrisponde al pagamento del servizio reso il cui costo era pagato da tutti i cittadini per cui la richiesta rappresentava una duplicazione di entrate”.

A parere del Comune di Palermo, ente impositore, invece il rapporto tra la Società di gestione e le aree in questione andava qualificato quale “detenzione” in forza di un verbale di consegna sottoscritto dalla Società “come gestore delle aree di parcheggio conseguente ad una convenzione”: quindi suscettibile di far sorgere l'obbligazione tributaria ai sensi dell'art. 62 del D.Lgs. n. 597/1993.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 62 D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507 (“Disciplina della tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”) individua i “presupposti impositivi” e contempla le “condizioni di esclusione” del tributo disponendo che

1) “La tassa é dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio e' istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa”.

Il successivo comma nel disciplinare i casi di esenzione dal tributo dispone che

2) “non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati”.

Il comma 5) del medesimo articolo prevede quindi che “Sono esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l'obbligo dell'ordinario conferimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari”.

La Società ricorrente ha articolato la propria difesa evidenziando che le aree, sia coperte che scoperte, destinate a parcheggi sarebbero incapaci di produrre rifiuti.

A tal fine ha correlato le previsioni dell' art. 62 D.Lgs. n. 507/1993 con quelle del nuovo Codice della Strada (D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285), il quale all'art. 15 dispone che “su tutte le strade e loro pertinenze è vietato: f) depositare rifiuti o materie di qualsiasi specie, insudiciare e imbrattare comunque la strada e le sue pertinenze; f-bis) insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento; i) gettare dai veicoli in movimento qualsiasi cosa” e dell'art. 24 che disciplina le pertinenze delle sedi stradali estendendo alle stesse i relativi divieti.
A parere della Società ricorrente nella fattispecie concreta non poteva considerarsi sussistente il presupposto impositivo in quanto l'art. 62 del D.Lgs. n. 507/1993 nel disciplinare i soggetti passivi e soggetti responsabili del tributodispone che “la tassa è dovuta da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui all'art. 62” mentre la stessa società non poteva essere considerata titolare del “diritto di superficie” (o di altro diritto), ed inoltre non sussisteva il requisito dell'esclusività dell'uso degli stalli.

Da parte dell'Ente impositore, invece, veniva contestato alla Società la “detenzione” delle aree in questione in forza di un verbale di consegna conseguente ad una convenzione stipulata con lo stesso Comune.

Osservazioni

Il Collegio territoriale nell'accogliere il ricorso della Società di gestione ha riconosciuto alla stessa la qualifica di “gestore del servizio” di parcheggio pubblico su stalli con “strisce blu” e non anche quella di “gestore dell'area pubblica” ove tali stalli ricadono, ciò in quanto la società ricorrente ha la disponibilità “di scopo” e non “di potere” di tali stalli ed aree.

La Commissione Provinciale, richiamando il citato art. 62 ha rilevato “che le aree de quibus per loro stessa natura e per diversi altri motivi non sono assimilabili ad autorimesse e pertanto devono essere escluse dalla tassazione”.

Ad avviso dei Giudici tributari l'area in questione, infatti, è e rimane di esclusiva proprietà del Comune il quale ne concede l'uso al solo fine di gestire il servizio di parcheggio auto essendo la società soltanto un affidatario di un servizio pubblico nei limiti del parcheggio auto in un luogo pubblico facente parte del patrimonio indisponibile del Comune.

La Società nella sostanza, quindi, si limita soltanto a gestire un servizio su un'area che è e resta nella proprietà e disponibilità del Comune mentre tra la Società e l'area su cui viene svolto il relativo servizio non vi sarebbe alcun rapporto rilevante ai fini TARSU.

Secondo i Giudici palermitani, inoltre, le aree in questione sono e restano a far parte del patrimonio indisponibile del Comune il quale ha già l'obbligo della relativa spazzatura ed il cui costo viene corrisposto da tutti i Cittadini.

Su tali aree gli artt. 15 e 24 del Codice della Strada (che vanno letti in combinato con le esenzioni dal pagamento del tributo disciplinate dall'art. 62 del D.Lgs. n. 507/1993) pongono l'espresso divieto di deposito di rifiuti in quanto aree di pertinenza stradale.

Quindi una ulteriore pretesa tributaria anche nei confronti della Società di gestione si concretizzerebbe in una duplicazione dell'imposta.

Riferimenti giurisprudenziali

Di avviso diverso, rispetto alla Commissione territoriale, la Corte di Cassazione la quale con quattro distinte pronunce rispettivamente la n. 3772/2013, n. 13100 del 25 luglio 2012 e le nn. 15950 e 15851 del 2011, ha statuito che la società incaricata della gestione del servizio di sosta a pagamento dei veicoli nelle "strisce blu" è tenuta a pagare la Tassa di smaltimento dei rifiuti al comune proprietario delle strade con riferimento alle aree (strade o parcheggi) demaniali concessi in uso alla stessa: “In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, il presupposto impositivo è costituito, ai sensi dell'art. 62 D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, dal solo fatto oggettivo della occupazione o della destinazione del locale o dell'area scoperta. Ne consegue che attesa la funzione esclusiva della concessione dell'area stradale destinata a parcheggio è dovuta la TARSU sull'area sottratta all'uso normale e collettivo della generalità dei cittadini.

Il gestore del servizio di sosta a pagamento dei veicoli su aree demaniali di proprietà comunale, in quanto detentore degli spazi ricevuti in concessione, è assoggettato alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU). Infatti, le aree demaniali destinate a parcheggio a pagamento, delimitate con appositi stalli dipinti, sono sottratte all'uso normale e indiscriminato da parte della collettività e il fatto che i pedoni possano attraversarle quando gli stalli non sono occupati, è circostanza irrilevante rispetto all'uso specifico e limitato delle stesse aree a cui, peraltro, nessuno è autorizzato a porre ostacolo o impedimento con una utilizzazione diversa. (Cassazione civile, sez. trib., 25 luglio 2012, n. 13100 – conformi: nn. 15950 e 15851 del 2011).

Secondo i Giudici di legittimità, quindi, gli spazi stradali in ragione del rapporto concessorio non sono più disponibili alla libera fruizione dei cittadini, cosa che escluderebbe l'imposizione, bensì sottratti all'utilizzo pubblico proprio in ragione della presenza degli stalli per consentire la sosta delle auto.

Gli “Ermellini” hanno ritenuto cheil concessionario dell'area tecnicamente debba essere considerato quale “detentore” ai sensi dell'art. 62 c. 2 del D.Lgs. n. 507/1993 e sia quindi tenuto al pagamento del tributo dovuto per lo smaltimento dei rifiuti, nella considerazione che detti spazi concretamente vengono sottratti al libero uso dei cittadini risultando destinati all'uso specifico della sosta degli autoveicoli.

Con altra più recente statuizione sul tema è stato affermato il principio secondo il quale “la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), in virtù dell'art. 62, comma 1, del D.L.gs. 15 novembre 1993, n. 507, che costituisce previsione di carattere generale, è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessoriead abitazioni); ne consegue che sia le deroghe alla tassazione indicate dal comma 2 del medesimo art. 62, sia le riduzioni delle tariffe stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denunzia originaria o in quella di variazione. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad aree detenute dal contribuente per concessione demaniale, restando indifferente - per la tassazione a suo carico - che il loro utilizzo fosse in prevalenza di terzi).” (Cass. civ., sez. trib., 15 febbraio 2013, n. 3772).

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