Non si può impugnare la delibera assembleare per ciò che essa non prevede
30 Gennaio 2019
Massima
Si può impugnare una delibera assembleare solo per il suo contenuto, e non per ciò che avrebbe dovuto, secondo il ricorrente, essere stato deliberato. Il caso
Un condomino impugnava una delibera condominiale del proprio stabile lamentando alcune presunte violazioni che avrebbero reso invalida la deliberazione stessa. Tali argomentazioni erano, in prima battuta, la mancata convocazione di alcuni condomini (non il ricorrente, che aveva regolarmente partecipato all'assemblea). Il ricorrente, poi, lamentava l'illegittimità della delibera nella parte in cui aveva deciso di affidare dei lavori di manutenzione ad una azienda che aveva fornito un preventivo non considerato tra i più vantaggiosi dallo stesso. Da ultimo, il condomino contestava come, in vista di una futura mediazione, il condominio si fosse limitato a incaricare il legale che avrebbe dovuto assisterlo, senza dare mandato all'amministratore di condominio di presenziare all'incontro in nome e per conto dello stabile.
La questione
La sentenza in commento è suddivisa, in realtà, in tre differenti sezioni, relative alla decisione sul merito delle varie eccezioni sollevate dal ricorrente e che per la prospettazione dello stesso sarebbero tutte suscettibili di rendere invalida la delibera assembleare. La prima censura, difatti, riguardava la presunta violazione dell'art. 66 disp. att. c.c. nella parte in cui alcuni dei condomini non erano stati ritualmente convocati all'assemblea in questione. La seconda eccezione era relativa alla scelta di una impresa che aveva presentato un preventivo meno conveniente (a parere del ricorrente) delle altre chiamate a partecipare alla presentazione. Da ultimo, il ricorrente affermava la necessità per il decidente di annullare la delibera in ragione del mancato conferimento dell'incarico all'amministratore di condominio di partecipare ad un futuro incontro di mediazione con il legale del palazzo, lui sì nominato nel corso dell'assemblea. Le soluzioni giuridiche
Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma rigettava integralmente il ricorso proposto. In merito al primo motivo di impugnazione, il giudice affermava la carenza di legittimazione ad agire del ricorrente con riguardo alla mancata convocazione di altri condomini. È pur vero, infatti, che l'assemblea è invalida per la mancata convocazione anche di un solo condomino, ma tale vizio si traduce in mera annullabilità della delibera, ed è azionabile solamente dall'avente diritto, ossia il soggetto non convocato all'assemblea. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 1441 c.c., infatti, «l'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge» (pacificamente tale disposizione si applica a tutti gli atti negoziali, ivi compresa la delibera presa dall'assemblea condominiale). Il secondo motivo di doglianza, parimenti, veniva rigettato integralmente in quanto, affermava il giudice, «in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea». Per dirla in parole povere, a patto che l'assemblea non abbia violato alcuna norma nel prendere la decisione questa è valida, a prescindere dall'utilità e razionalità della stessa. Da ultimo, il giudice sottolineava l'inaccoglibilità della doglianza del ricorrente nella parte in cui pretendeva di ottenere l'annullamento della delibera per avere questa omesso di incaricare l'amministratore a partecipare alla mediazione. Non possono, infatti, costituire oggetto di impugnazione decisioni non prese dall'assemblea. In conclusione, il giudice rigettava il ricorso e condannava il condomino a rifondere le spese del giudizio allo stabile. Osservazioni
La decisione commentata appare corretta per la quasi totalità, presentando una possibile pecca nel finale. Dal punto di vista della decisione di merito, infatti, non si può che condividere il ragionamento del decidente, così come sintetizzato nel paragrafo che precede. Il ricorso depositato dal condomino era, infatti, del tutto infondato e poteva perfino apparire dilatorio. È possibile affermare, difatti, che ictu oculi l'atto introduttivo contenesse argomentazioni prive di pregio e che sarebbero andate incontro ad un rigetto. Il giudice, quindi, ha correttamente sviscerato i motivi di ricorso soffermandosi sulle ragioni del loro rigetto. La potenziale pecca, nel finale della decisione, sta nella mancata condanna della parte ricorrente ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Tale norma afferma al comma 1 che, «se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza». Alla luce del contenuto del ricorso quindi, sarebbe stato auspicabile che il giudice pronunciasse altresì una condanna ex art. 96 c.p.c., al fine di costituire un detraente per i condomini dall'impugnare delibere assembleare con motivazioni recisamente infondate.
Scarpa, Omessa convocazione del condomino, interesse ad agire ed onere della prova, in Immob. & proprietà, 2011, 420; Celeste, Interesse del condomino ad impugnare la delibera assembleare, in lmmob. & diritto, 2006, fasc. 6, 20; Giagnotti, La responsabilità processuale scaturente dalla proposizione della domanda infondata e dall'imprudente utilizzo di strumenti processuali, in Diritto & giustizia, 2017, fasc. 179, 12. |