Il deposito cauzionale va restituito al conduttore in mancanza di apposita domanda giudiziale del locatore

07 Febbraio 2019

Il giudicante è stato chiamato ad accertare e dichiarare la risoluzione per grave inadempimento del conduttore in un contratto di locazione ad uso abitativo, ma anche...
Massima

In tema di locazione ad uso abitativo, costituisce grave inadempimento, ai sensi dell'art. 1455 c.c., il mancato versamento della pigione da parte del conduttore, però il locatore deve restituire il deposito cauzionale al conduttore non potendosi compensare la cauzione con i canoni impagati senza aver espletato un'azione giudiziale.

Il caso

Il locatore con atto di citazione conveniva in giudizio il conduttore per sentir convalidare lo sfratto per morosità, ex art. 663 c.p.c., intimato in ragione del mancato pagamento dei canoni di locazione di un contratto di locazione sottoscritto dalle parti, relativo ad un rapporto locatizio ad uso abitativo.

Alla prima udienza di comparizione, l'intimante confermava la persistenza della morosità e, di contro, il conduttore si opponeva alla convalida di sfratto, adducendo l'inidoneità dell'immobile a fondamento della sua difesa per motivi igienico-sanitari e spiegava domanda riconvenzionale per i danni subiti e per la restituzione del deposito cauzionale.

Il giudice adìto si pronunciava sulla richiesta di emissione di ordinanza di rilascio, ex art. 665 c.p.c., accogliendola, non sussistendo gravi motivi, fissando la data del rilascio e ordinava il mutamento di rito ex artt. 420 e 667 c.p.c., fissando altra udienza di discussione. Nel merito, il giudice non ammetteva alcuna richiesta istruttoria delle parti costituite, posto che il giudizio era da considerarsi di natura documentale, poiché l'Asl intervenuta sullo stato dei luoghi non aveva riscontrato alcuna irregolarità, nonché del contratto di locazione stipulato dalle parti e prodotto in atti

Il giudicante, pertanto, dall'attento esame della documentazione prodotta in atti, ha dedotto che le eccezioni del conduttore fossero del tutto infondate, sussistendo i presupposti per la declaratoria, ex art. 1453 c.c., della risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore, con condanna al pagamento dei canoni di locazione

Rigettava la domanda del conduttore circa la presunta inidoneità dell'immobile, poiché minimamente provata e accoglieva la spiegata domanda riconvenzionale circa la restituzione della cauzione in favore del resistente, con applicazione degli interessi legali dal rilascio dell'immobile sino al soddisfo.

Confermava l'ordinanza di rilascio, ex art. 665 c.p.c., emessa nel corso del procedimento sommario e condannava il conduttore al pagamento delle spese di lite in favore del locatore.

La questione

Si trattava di verificare se fossero presenti, nella fattispecie posta al vaglio del Tribunale competente, i presupposti della declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso abitativo, sottoscritto tra le parti, ex art. 1453 c.c. nonché accertare la fondatezza della spiegata riconvenzionale del convenuto in ordine all'inidoneità dell'immobile e della restituzione della cauzione.

La dichiarazione per risoluzione per l'inadempimento rinveniva dal mancato adempimento delle pigioni da parte del conduttore, da considerarsi di non scarsa rilevanza da parte del giudice adìto. In altri termini, il comportamento del conduttore non era proporzionato alla buona fede contrattuale, andando ad incidere in modo assai significativo sul sinallagma contrattuale in relazione al concreto interesse del locatore all'esatta e tempestiva prestazione. Di contro, vi era anche da valutare l'eccezione, ex art. 1460 c.c., sollevata dal conduttore circa l'inidoneità dell'appartamento ricevuto in locazione, e se fosse giustificato il mancato versamento dei canoni per i detti vizi dell'unità immobiliare locata per uso abitativo.

Invece, va accolta la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto in ordine alla restituzione della cauzione, non compensabile con i canoni impagati del conduttore.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale, in sede monocratica, secondo cui il mancato pagamento dei canoni di locazione comporta la risoluzione per inadempimento, nella disciplina dei rapporti locatizi ad uso abitativo. Considerato che, seconda espressa previsione, di cui all'art. 1571 c.c., la locazione costituisce il contratto tipico con sui una parte si obbliga a fare godere all'altra una cosa mobile o immobile verso un determinato corrispettivo.

Infatti, l'art. 1587 c.c. pone tra le obbligazioni principali del conduttore quella di versare, nei termini convenuti o alla scadenza pattuita, il canone di locazione, contro il godimento della cosa altrui ed il locatore di ricevere l'esatta e puntuale corresponsione della pigione.

Dunque, il corrispettivo non può essere sospeso sia totalmente che parzialmente, con autoriduzione, ai sensi dell'art. 1460 c.c. ed è legittima solo quando venga a mancare completamente la prestazione del locatore, sicché anche in questo caso vi è l'alterazione dell'equilibrio sinallagmatico del negozio (Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n. 18987; Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2015, n. 1317).

In tema di risoluzione di inadempimento, il giudice, per valutare la gravità, deve tener conto di un criterio oggettivo, avuto riguardo all'interesse del creditore all'adempimento della prestazione attraverso la verifica che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, sì da dar consistenza al comportamento di entrambe le parti (Cass. civ., sez. III, 19 settembre 2016, n. 18345).

Il giudicante nella fattispecie esaminata, ha valutato la non scarsa rilevanza del'inadempimento nel corso del giudizio di merito, spettando al giudice di valutare la gravità o meno dell'inadempimento anche in relazione a determinate circostanze inerenti il contratto (Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 2014, n. 25853).

Corretta è anche l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale pugliese in ordine all'accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dal conduttore in ordine alla restituzione del deposito cauzionale.

La funzione del deposito cauzionale, previsto dall'art.11 della l. 27 luglio 1978, n. 392, è, infatti, quella di garantire il locatore per l'adempimento di tutti gli obblighi, legali e convenzionali, gravanti sul conduttore, e, quindi, non soltanto quello del pagamento del canone ma anche quello di risarcimento dei danni per l'omesso ripristino dei locali.

L'obbligazione del locatore di restituirlo sorge al termine della locazione, non appena sia avvenuto il rilascio dell'immobile locato; nel caso il ricorrente lo trattenga, senza proporre domanda giudiziale per l'attribuzione in tutto o in parte dello stesso a copertura degli specifici danni subiti o di importi rimasti impagati, il conduttore può esigerne la restituzione (Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2010, n. 9442; Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2002, n. 14655; Trib. Salerno 11 ottobre 2012, n. 2121).

Nella fattispecie posta al vaglio del magistrato monocratico, il locatore non avendo proposto alcuna domanda giudiziale di attribuzione totale e parziale dello stesso, di talché è giusta la condanna alla restituzione della cauzione in favore del conduttore, comprensivo degli interessi legali maturati dal giorno del rilascio dell'immobile.

Per completezza, nel rapporto locatizio ad uso abitativo, l'ordinamento offre un'ulteriore scelta al conduttore moroso (oltre quella di pagare tutti i canoni, interessi e competenze legali banco iudicis), ovvero può sanare la morosità nel corso del giudizio sommario di intimazione di sfratto per morosità, chiedendo al giudice adito la concessione del termine di grazia, ex artt. 5 e 55 della l. n. 392/1978, senza, di contro, alcuna forma di opposizione, ma tale possibilità non è stata adottata dal conduttore del presente caso, ritenendo rilevante l'eccezione ex art. 1460 c.c. (App. Napoli 6 maggio 2015, n.1727).

Osservazioni

La disposizione dell'art. 1453 c.c. contiene un precetto fondamentale ove si individua la presenza di un contratto a prestazioni corrispettive e in caso di inadempimento la risoluzione.

L'azione di risoluzione per inadempimento è da configurarsi come un'azione di accertamento costitutivo (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2010, n. 13248) e dalla formulazione della norma dell'art. 1455 c.c., combinata con la norma contenuta nell'art. 1453 c.c., si deduce che la gravità dell'inadempimento si deve determinare considerando la posizione di entrambe le parti, quindi sia l'inadempimento di una che l'interesse all'adempimento dell'altra (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2017, n. 1428).

ll deposito cauzionale viene tradizionalmente ricondotto al genus del pegno irregolare: la somma passa in proprietà del locatore che può liberamente disporne con il solo obbligo di restituire il tantundem quando venga meno la causa della garanzia, ovvero le obbligazioni del conduttore siano state esattamente adempiute; esso si perfeziona mediante la consegna al locatore, al momento della stipula del contratto, della somma pattuita, o di altri beni fungibili, ovvero ancora mediante fidejussione bancaria prestata a garanzia della corretta esecuzione del rapporto (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 3525).

In ambito locatizio, la forma di garanzia più utilizzata è tuttora costituita dal deposito cauzionale che consiste nella consegna di una somma di denaro, in genere pari a tre mensilità del canone di locazione.

Al termine della locazione - previa verifica del buono stato dei locali e dell'adempimento delle obbligazioni contenute nel contratto - il locatore riconsegna la somma, e un conguaglio degli interessi maturati. Il limite di tale forma di garanzia è costituito principalmente: dall'entità delle somme garantite (tre mensilità di canone) spesso modesta rispetto ai tempi lunghi di un'azione legale comprensiva della fase esecutiva; dalla circostanza di essere fruttifero di interessi legali, spesso superiori a quelli bancari percepiti dal locatore. Con riferimento alle locazioni abitative, l'abrogazione parziale dell'art. 79 della l. n. 392/1978 consente di derogare all'art. 11 stessa legge (quanto alla misura e alla natura fruttifera del deposito) con l'unico limite che la pattuizione non sia volta ad eludere la norma di cui all'art. 13 della legge n. 431/1998 attribuendo al locatore vantaggi non dovuti e privi della natura della sinallagmaticità: infatti, l'art. 13 si riferisce solo al canone e alla durata contrattuale quali elementi non modificabili in pregiudizio del conduttore.

Per evitare quanto più possibile che il locatore subisca le conseguenze negative dell'inadempimento del conduttore i proprietari hanno dovuto ricorrere sempre più spesso a forme di garanzia a tutela del pagamento del corrispettivo e delle spese accessorie che costituiscono una delle obbligazioni principali del conduttore, a norma dell'art. 1587 c.c. e quelle che, più frequentemente, rimangono inevase. Uno dei rimedi possibili è la pattuizione del pagamento di ratei di canone anticipati, consentita solo per le locazioni abitative, disciplinate dalla l. n. 431/1998 nelle quali le parti possono liberamente determinare il numero delle rate. È frequente, quindi, nella pratica che, in alternativa al deposito cauzionale il locatore convenga con il conduttore che questi, prima del contratto oppure al momento della sottoscrizione o in un tempo immediatamente successivo, rilasci altra forma di garanzia, alternativa o sostitutiva del deposito, in particolare una polizza fideiussoria, bancaria o assicurativa per l'eventuale inadempimento dell'inquilino a tutti gli obblighi derivanti dal contratto, dal mancato versamento dell'affitto o delle spese accessorie sino ai danni all'immobile.

Nel caso in cui il conduttore si sia reso inadempiente, la ritenzione della cauzione da parte del locatore al termine della locazione è legittima soltanto quando consegue ad una pronuncia giudiziale. Nel denegato caso, il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell'immobile da parte del conduttore senza però proporre domanda giudiziale per l'attribuzione della stessa, in tutto o in parte, a copertura di specifici danni subiti o canoni impagati, il conduttore può richiedere ed ottenere l'emissione di un decreto ingiuntivo da parte del giudice del luogo ove è sito l'immobile per ottenere il pagamento di quanto dovutogli: spetterà semmai al locatore, in sede di opposizione, far valere i propri diritti in ordine ai lamentati danni riscontrati nell'immobile rilasciato ovvero ad altre inadempienze poste in essere dal conduttore in riferimento al concluso rapporto di locazione (Trib. Roma 16 giugno 2016, n. 12246).

Per meglio dire, a fronte dell'inadempimento del conduttore, pertanto, il locatore non può semplicemente trattenere la somma versata a titolo di cauzione, ma deve agire in giudizio affinché gli sia legittimamente attribuita; in tal caso l'obbligo restitutorio diviene esigibile solo all'esito del relativo giudizio (Cass. civ., sez. VI, 25 febbraio 2015, n. 3882).

Guida all'approfondimento

Cirla, Le ultime giurisprudenziali sul deposito cauzionale nel contratto di locazione, in condominioelocazione.it, 16 febbraio 2018;

Nardone, Deposito cauzionale, in Condominioelocazione.it, 11 ottobre 2017;

Ferrari, Vizi dell'immobile, conoscibilità e sospensione dell'adempimento, in Condominioelocazione.it, 20 settembre 2017;

Frivoli - Tarantino, Le proroghe nel contratto di locazione ad uso abitativo, Milano, 2015, 66;

Monegat, In nessun caso il conduttore può ridursi autonomamente il canone, in Immob. & proprietà, 2015, fasc. 2;

Pennazio, Inidoneità del bene locato e rimedi esperibili dal locatore, in Giur. it., 2011, fasc. 12.

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