Il divieto di sorpasso e l’obbligo di tenere strettamente la destra, due regole a confronto
27 Febbraio 2019
Massima
Il divieto di sorpasso è norma contenuta nell'obbligo di tenere strettamente la destra e non integra un rapporto di specialità tra norme, ma mero concorso formale. Il caso
Il Giudice di pace respingeva ricorso avverso sanzione amministrativa, a cui seguiva appello. Il Tribunale accoglieva parzialmente l'impugnazione, affermando che, sebbene il divieto di sorpasso debba essere contestato ex art. 148 c.d.s, in luogo dell'art. 143 comma 12 c.d.s., «non comporta nullità l'avere riportato nel verbale di contestazione un testo di legge diverso da quello violato, ove l'interessato sia stato posto in condizione di conoscere adeguatamente il fatto ascrittogli e dunque di esercitare il diritto di difesa»; cionondimeno, condannava, comunque, la Prefettura alle spese del doppio grado di giudizio. Il Ministero dell'Interno e la Prefettura, pertanto, ricorrevano in Cassazione, ritenendo che la manovra di sorpasso con contestuale invasione dell'opposta corsia integrasse anche la fattispecie della circolazione contromano e quindi un concorso formale di violazioni. La questione
Il divieto di sorpasso, ex art. 148 c.d.s., è norma speciale rispetto al divieto di guida contromano, ex art. 143 c.d.s., ovvero integra un mero concorso formale? Le soluzioni giuridiche
La sentenza in commento ripete il testo dell'arresto Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2006 n. 21083 ed analogamente a quello ha una motivazione piuttosto ermetica. La Corte distingue il sorpasso dalla invasione di corsia. Afferma che il sorpasso non comporti necessariamente l'invasione dell'opposta corsia di marcia, sebbene (di regola) avvenga sulla sinistra del veicolo che procede nella stessa corsia. Tuttavia, in prossimità delle curve o dei dossi e in ogni caso di scarsa visibilità, il sorpasso è sempre vietato, dovendo prevenirsi il non avvertibile pericolo derivante dalla possibilità della presenza di altri utenti. Pertanto l'obbligo di circolare strettamente a destra differisce dal divieto di sorpasso, perché la prima condotta di guida s'impone sempre, anche quando la strada è libera, ex art. 143, comma 1, c.d.s. Circolare strettamente a destra non è una norma di tutela contro gli altri (ossia tutelarsi e reagire efficacemente ad un altrui comportamento pericoloso), ma di tutela verso gli altri (cioè volta ad impedire che la propria invasione dell'opposta corsia non garantisca che venga rilevata dai veicoli antagonisti). Pertanto, l'obbligo di tenere strettamente il margine destro è norma più ampia rispetto al divieto di sorpasso, in quanto ivi contiene anche il divieto di sorpasso, di talché realizza un concorso formale e non un rapporto di specialità tra norme. Osservazioni
Malgrado il testo non agevole, la sentenza ha il merito di ribadire che l'obbligo di tenere strettamente la destra è assoluto e incondizionato, tale da integrare altri obblighi di condotta, ad esempio quello di non superare in curva, nei dossi o nei tratti con scarsa visibilità, ex art. 148, comma 10, c.d.s. Il rilievo non è di poco momento, se si consideri che «sussiste la violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata, previsto dall'art. 14, l. 24 novembre 1981 n. 689, tutte le volte in cui la sanzione venga irrogata per una fattispecie, individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate dalla norma, che sia diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione, posto che in tali casi viene leso il diritto di difesa del trasgressore medesimo» (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2011 n. 9790). Pertanto, non sussiste violazione del principio suddetto contestare il divieto di sorpasso mediante la norma, di più ampia portata, del divieto di guida contromano, ovvero corrispondente all'obbligo di marciare strettamente a destra. In ogni caso, valga considerare che non vige nella materia un regime estremamente formalistico, perché, a parità di fattispecie, in tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, «non comporta nullità l'avere riportato nel verbale di contestazione un testo di legge diverso da quello violato, ove l'interessato sia stato posto in condizione di conoscere adeguatamente il fatto ascrittogli e dunque di esercitare il diritto di difesa» (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2008, n. 2201), ovvero non rilevano “errori circa la individuazione della norma applicabile in concreto” (Cass. civ., sez. I, 29 marzo 2006 n. 7123; Cass. civ., sez. I, 18 luglio 1997 n. 6621; Cass. civ., sez. I 3 gennaio 1991 n. 24; Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 1990 n. 352). Se, ai fini della sanzione, non osta il diverso testo di legge, ovvero errori sulla norma, parimenti è indifferente la diversa qualificazione giuridica, al netto (sempre) della fattispecie: infatti, «il mutamento dei termini della contestazione rispetto all'originario verbale di accertamento della violazione non è causa di illegittimità del provvedimento sanzionatorio qualora riguardi soltanto la qualificazione giuridica del fatto oggetto dell'accertamento, sulla cui base l'ente irrogatore abbia ritenuto di passare dalla contestazione di un illecito a quella di un altro, purché, a fondamento del rettificato addebito, non sia stato postoalcun fatto nuovo, atteso che, in tale evenienza, va esclusa la violazione del diritto di difesa, mantenendo il trasgressore la possibilità di contestare l'addebito in relazione all'unico fatto materiale accertato nel rispetto delle garanzie del contraddittorio» (Cass. civ., sez. II ,10 marzo 2016 n. 4725). |