Mancata comunicazione all'A.F. di generalità e domicilio degli eredi: valida la notifica singola e personale dell'accertamento

04 Marzo 2019

Anche in ipotesi di mancata comunicazione all'Amministrazione Finanziaria di generalità e domicilio fiscale degli eredi (che facoltizza alla notifica collettiva ed impersonale nell'ultimo domicilio del defunto), sussiste l'obbligo di notificare l'avviso di accertamento singolarmente e personalmente agli eredi, ogni qualvolta l'Ufficio disponga, comunque, delle necessarie informazioni per procedere alle notifiche nel domicilio individuato, atteso che l'art. 6 della L. n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) impone all'Amministrazione di utilizzare, in ogni caso, le informazioni in suo possesso per far giungere i propri atti a conoscenza dei destinatari.
Massima

Anche in ipotesi di mancata comunicazione all'Amministrazione Finanziaria di generalità e domicilio fiscale degli eredi (che facoltizza alla notifica collettiva ed impersonale nell'ultimo domicilio del defunto), sussiste l'obbligo di notificare l'avviso di accertamento singolarmente e personalmente agli eredi, ogni qualvolta l'Ufficio disponga, comunque, delle necessarie informazioni per procedere alle notifiche nel domicilio individuato, atteso che l'art. 6 della L. n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) impone all'Amministrazione di utilizzare, in ogni caso, le informazioni in suo possesso per far giungere i propri atti a conoscenza dei destinatari.

Il caso

Con plurimi avvisi di accertamento notificati singolarmente e personalmente agli eredi, l'Agenzia delle Entrate richiedeva, a quest'ultimi, i tributi dovuti dal loro dante causa. Tali atti impositivi erano indirizzati ai singoli eredi e ciò, sebbene nessuno degli aventi causa avesse posto in essere la comunicazione di cui al comma 2 dell'art. 65 d.p.r. n. 600/1973.

Avverso tale rettifica gli eredi frapponevano ricorso tributario, poi accolto dalla competente Commissione Tributaria Provinciale. A fronte di tale decisone, l'Agenzia delle Entrate proponeva atto di appello principale, respinto dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria.

Nello specifico, il secondo Giudice riteneva inesistente l'atto impositivo, giacché la relativa notifica, effettuata a carico dei contribuenti, quali eredi del de cuius, non era né regolare né, tantomeno, sanabile.

Nello specifico la Commissione Regionale affermava che, poiché ciascun erede aveva comunicato le proprie corrette generalità e il proprio domicilio fiscale all'Amministrazione, la notifica avrebbe dovuto essere fatta ad ogni singolo erede, nominativamente e singolarmente.

Anche in ragione dell'evidente errata rappresentazione della realtà (erano gli stessi eredi ad affermare che la notifica era stata effettuata singolarmente e personalmente), l'Ente Impositore proponeva Ricorso per Cassazione, affidandolo a tre motivi.

In particolare, la ricorrente Agenzia con il primo motivo lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art. 65 del d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 156 c.p.c. mentre, con il secondo motivo, deduceva violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell'art. 36 del D.Lgs, n. 546/1992 e, con il terzo, eccepiva l'omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, sempre in ordine alla ritenuta irregolarità della notificazione ed alla inesistenza dell'avviso di accertamento.

Nello specifico, con il primo motivo, il ricorrente Ufficio sosteneva che la CTR era in corsa in un mero fraintendimento fattuale giacché, seppure il secondo Giudice aveva affermato che la notifica avrebbe dovuto essere fatta ad ogni singolo erede nominativamente e singolarmente, gli stessi contribuenti avevano ammesso che gli avvisi erano stati spediti in busta chiusa con intestazione personale ai singoli eredi e non collettivamente ed impersonalmente nell'ultimo domicilio del defunto.

Ad ogni modo, il ricorso degli eredi induceva a ritenere sanato qualsivoglia (eventuale) difetto di notifica, in considerazione della pacifica applicabilità del citato art. 156 c.p.c. anche agli avvisi di accertamento.

Tale motivo era condiviso dalla Cassazione, la quale accoglieva il ricorso e disponeva l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio della causa, per nuovo esame, alla CTR della Calabria in diversa composizione, anche in relazione alle spese del giudizio.

Ad avviso dei Giudici Supremi, ogni qualvolta l'Ufficio disponga delle relative informazioni, anche in ipotesi di mancata comunicazione di generalità e domicilio fiscale degli eredi (che legittima la notifica collettiva ed impersonale nell'ultimo domicilio del defunto), sussiste l'obbligo di notificare l'avviso di accertamento singolarmente e personalmente agli aventi causa.

La questione

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se, laddove gli eredi di un contribuente non abbiano provveduto ad effettuare la comunicazione prescritta dal comma 2 dell'art. 65 d.P.R. n. 600/1973, ma l'Ufficio disponga, ugualmente, delle relative informazioni, sia o meno legittima la notifica dell'avviso di accertamento effettuata singolarmente e personalmente ai predetti aventi causa.

Nel caso che ci occupa, invero, sebbene mai nessuna comunicazione ex comma 2 art. 65 d.P.R. n. 600/1973 fosse stata effettuata dagli eredi, l'Ente Impositore aveva notificato singolarmente e personalmente gli atti impositivi agli aventi causa.

Quest'ultimi frapponevano ricorso, poi accolto dai Giudici di Merito.

Ciò detto, l'Ufficio sindacava la decisione del Giudice di Merito, sostenendo la correttezza della notifica, anche in ragione della sanatoria di cui all'art. 156 c.p.c..

Tale censura era accolta dalla Suprema Corte, la quale riteneva regolare l'operato dell'Ufficio.

La soluzione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituti coinvolti. L'art. 65 del d.P.R. n. 600/1973 regola la notifica degli atti impositivi intestati al dante causa.

A mente del comma 4 del citato art. 65 d.P.R. n. 600/1973 la notifica degli atti intestati al dante causa è effettuata agli eredi, solidalmente responsabili per le obbligazioni tributarie dirette (v. comma 1 art. 65), impersonalmente e collettivamente nell'ultimo domicilio del dante causa (v. Cass. 13136/2018) ed è efficace nei confronti degli stessi che, almeno 30 giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione prevista dal comma 2.

In breve, in deroga alla responsabilità “parziaria” di cui agli artt. 752 e ss. e 1295 c.c., l'art. 65 prevede che per le obbligazioni di carattere tributario gli eredi sono responsabili in solido e non per quota ereditaria (v. Cass. Civ., n. 22426/2014), attribuendo in sostanza all'erario la facoltà di richiedere anche a ciascuno di essi, di onorare l'intero debito del de cuius (v. CTR Roma 446/14/2010).

Ai fini IVA, invece, in assenza di indicazioni la riguardo, è applicabile la norma di cui all'art. 752 c.c. e, quindi, non la responsabilità solidale di ciascun coerede, bensì la responsabilità pro quota di questi (v. Cass. n. 30966/2017).

Medesimo discorso per ciò che attiene ai tributi locali ove, in mancanza di norme speciali che vi deroghino, deve essere applicata la comune regola di ripartizione dei debiti ereditari pro quota di cui agli artt. 752 e 1295 c.c., non essendo applicabile in via analogica, la regola speciale della solidarietà dei coeredi di cui all'art. 65 del d.P.R. n. 600/1973 (v. CTP Salerno 2504/3/2018).

In sintesi, laddove venga notificato un atto impositivo intestato esclusivamente de cuius e per un tributo diverso rispetto a quello sui redditi e, dunque, per un tributo per il quale non è applicabile la solidarietà passiva, la procedura notificatoria è considerata del tutto inesistente (v. CTR Lazio 700/39/2015).

A mente del comma 2 del citato art. 65, gli eredi del contribuente devono comunicare all'ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa, le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale; trattasi di comunicazione a forma libera che può essere presentata direttamente all'ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (v. Cass. n. 15417/2008).

In ordine alla forma, come affermato più volte dal Giudice di Legittimità, sebbene la comunicazione in parola sia un atto a forma libera, la dichiarazione di successione non può validamente sostituire detta comunicazione (v. Cass. n. 5746/2018 e Cass. n. 17430/2013).

Né, tantomeno, la dichiarazione dei redditi presentata dall'erede può surrogare la comunicazione di cui al citato art. 65 (v. Cass. n. 23416/2015 e CTR Piemonte 1368/7/2017).

Difatti, se è effettuata la comunicazione di cui si è detto, gli atti impositivi vanno notificati personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da costoro comunicato.

All'opposto, laddove tale comunicazione non venga effettuata, l'Ente Impositore può notificare gli atti intestati al dante causa nell'ultimo domicilio dello stesso (v. Cass. civ., n. 18729/2014), ma indirizzando l'atto agli eredi collettivamente e impersonalmente (v. Cass. n. 228/2014, Cass. n. 26718/2013, Cass. n. 10659/2013 e Cass. n. 3225/2007).

Come confermato da innumerevoli sentenze della Corte di Cassazione (si vedano Cass. nn. 10659/2003, 11447/2002 e 3865/2001), il rispetto di tale procedimento notificatorio non costituisce dato puramente formale (v. Cass. 8213/2014) ma, incidendo sul rapporto tributario perché relativo ad un soggetto non più esistente, è causa di nullità assoluta ed insanabile della notifica e dell'avviso di accertamento (v. Cass. 18729/2014).

A titolo meramente esemplificativo, laddove gli eredi abbiano effettuato la comunicazione di cui al comma 2 e l'Ufficio effettui la notifica in modo impersonale e collettivo, la procedura notificatoria va considerata nulla e il relativo atto fiscale è illegittimo (v. CTP Bari 158/11/2013).

È, del pari, insanabilmente viziata (v. Cass. 9717/2015) la notificazione dell'atto tributario notificato al defunto, in data successiva al suo decesso, mediante la procedute per i soggetti irreperibili (v. art. 140 c.p.c.).

Difatti, la morte del destinatario non può essere equiparata alla sua irreperibilità (v. Cass. 26718/2013) ovvero al rifiuto di ricevere l'atto (v. Cass. 2010/311): pertanto la notifica effettuata al defunto con le modalità eseguita ai sensi dell'art. 140 c.p.c. va considerata totalmente invalida (v. Cass. n. 5747/2018).

In sintesi, il citato art. 65 pone a carico degli eredi un onere di informazione, la cui inosservanza dispensa “gli Uffici finanziari dalla ricerca specifica e individuale di ciascun erede, quale che sia il tempo trascorso dall'apertura della successione” (v. Cass. n. 7645/2006).

Tale norma fiscale consente agli uffici finanziari di azionare direttamente nei confronti degli eredi le obbligazioni tributarie, il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del contribuente (v. Cass. 11477/2002 e Cass. n. 3865/2001).

A mente del comma 3 dell'art. 65 d.P.R. n. 600/1973, tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi e dei chiamati all'eredità che potranno, così, presentare ricorso nell'interesse del proprio dante causa.

Ratio della norma, è quella di introdurre un maggior tempo per quegli adempimenti che il de cuius avrebbe potuto tempestivamente curare, se non fosse intervenuto il decesso (v. Cass. 18424/2017).

Tale proroga dei termini, trattandosi di disposizione eccezionale (v. art. 14 Preleggi), va applicata esclusivamente agli eredi e ai chiamati all'eredità e non può essere estate oltre i casi espressamente previsti (v. Cass. n. 18792/2017).

Preme evidenziare che qualora l'ufficio tributario non abbia contezza della morte del contribuente, perché gli eredi non hanno provveduto alla comunicazione prevista dal comma 2 dell'art. 65 del d.P.R. n. 600/1973 e tale notizia non sia pervenuta in altro modo all'ufficio (v. Cass. 973/2018), quest'ultimo può legittimamente notificare l'atto impositivo al contribuente defunto e nel di lui domicilio fiscale (v. Cass. 12886/2007).

Soltanto in tale circostanza, la notifica destinata al defunto va considerata valida ed efficace (v. Cass. 16699/2005).

Va da sé precisare che a mente dell'art. 8 D.Lgs. 18.12.1997 n. 472, le eventuali sanzioni comminate al defunto non sono trasmesse agli eredi, in quali sono responsabili unicamente della somma capitale e dei relativi interessi (v., anche, art. 7 L. n. 689/1981, a mente del quale “l'obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”).

Ed ancora, atteso che a mente dell'art. 65 d.P.R. n. 600/1973, gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie (v. Cass. 21982/2013 e Cass. 780/2011) il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa (v. Cass. 22426/2014), l'Ufficio che pretende da un contribuente le imposte non versate da parte del defunto, deve provare la sua qualità di erede.

A tal fine, non è sufficiente la produzione della mera denuncia di successione presentata, poiché occorrono gli atti dello stato civile, dai quali è dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela che legittima alla successione, ovvero di qualsiasi altro documento dal quale possa, con pari certezza, desumersi la sussistenza di tale qualità.

È, difatti, onere dell'Amministrazione finanziaria creditrice del contribuente deceduto (v. art. 2697 c.c.), l'onere di provare l'accettazione dell'eredità da parte degli eredi, per poter esigere l'adempimento dell'obbligazione stessa (v. Cass. n. 3611/2016).

Tornando al caso in premessa, atteso che ciascun erede aveva dato comunicazione all'Amministrazione Finanziaria delle proprie corrette generalità e del proprio domicilio fiscale, a detta della Commissione Regionale della Calabria, ex art. 65 d.P.R. n. 600/1973, la notifica degli atti avrebbe dovuto essere effettuata ad ogni singolo erede nominativamente e singolarmente. Per l'effetto il secondo giudice riteneva irregolare la notifica dell'atto impositivo, dichiarato nullo.

Avverso tale decisone frapponeva ricorso l'Ente Impositore il quale evidenzia che a prescindere dal fatto che la Commissione Regionale non si era avveduta che la notifica, in verità, era stata effettuata a ciascun singolo erede, la proposizione di rituale ricorso da parte degli eredi indice a ritenere sanato qualsivoglia vizio o difetto di notifica.

Tale tesi, era condivisa dalla Suprema Corte.

A detta del Giudice di Legittimità, anche in ipotesi di mancata comunicazione all'Amministrazione di generalità e domicilio fiscale degli eredi (che facoltizza alla notifica collettiva ed impersonale nell'ultimo domicilio del defunto), sussiste l'obbligo di notificare l'avviso di accertamento singolarmente e personalmente agli eredi, ogni qualvolta l'Ufficio disponga comunque delle necessarie informazioni per procedere alle notifiche nel domicilio individuato.

Per l'effetto, sebbene l'Ente Impositore non abbia ricevuto la comunicazione prescritta dal citato art. 65 d.P.R. n. 600/1973, laddove detto Ufficio disponga delle informazioni necessarie per procedere alle notifiche, potrà effettuare la notifica agli eredi personalmente e singolarmente.

Osservazioni

Con la sentenza in commento, i Giudici della Sezione Tributaria, prendendo posizione sulla modalità notificatoria in caso di decesso del contribuente.

Difatti, come affermato dalla Suprema Corte, laddove l'Ufficio sia comunque a conoscenza dello status di erede, esso è tenuto ad effettuare le notifiche in modo personale e singolare e ciò, a prescindere dalla ricezione della comunicazione di cui al più volte richiamatoart. 65 d.P.R. n. 600/1973 (v. Cass. 803/2011 e Cass. 26124/2007).

L'indirizzo in parola è, invero, ispirato dall'art. 6, comma 1, della L. n. 212/2000 (cd. principio di effettiva conoscenza), che impone all'Amministrazione l'obbligo di utilizzare, in ogni caso, le informazioni in suo possesso al fine di far giungere i propri atti a conoscenza dei destinatari (v. Cass. n. 26124/2007).

In alcune pronunzie, infatti, la Suprema Corte richiamando il citato art. 6 L. n. 212/2000, ha parificato la conoscenza giuridica da parte dell'A.F., alla comunicazione effettuata per mezzo della dichiarazione di successione (v. Cass. 10659/2003), ritenendo superflua detta comunicazione laddove la qualità di erede, era effettivamente conosciuta.

Ora, ulteriore tematica affrontata nell'ordinanza n. 27897/2018 emessa dalla Sezione tributaria della Suprema Corte, attiene al problema dell'operatività della sanatoria, per raggiungimento dello scopo, ovverosia quella sanatoria delle nullità che opera laddove nonostante un'invalida notifica, il contribuente mostri di aver avuto piena conoscenza del contenuto dell'atto e riesca, adeguatamente, ad esercitare il proprio diritto di difesa (v. Cass. Civ., n. 8374/2015 e Cass. civ., n. 1088/2013).

In tali circostanze, a sostegno di una domanda di annullamento, il contribuente non potrà dedurre i vizi relativi alla notificazione o giovarsi dei difetti dell'atto (v. Cass. n. 654/2014).

Invero, tornando al caso della notifica effettuata agli eredi, stante la pacifica applicabilità dell'art. 156 c.p.c. anche agli avvisi di accertamento (v. Cass. Civ., SS. UU., n. 19854/2004), laddove l'Ufficio non rispetti il disposto di cui al più volte citato art. 65 d.P.R. n. 600/1973, il ricorso ritualmente proposto dagli aventi causa, induce a ritenere sanato qualsivoglia (eventuale) difetto di notifica.

In altri termini, laddove il contribuente sia posto in grado di conoscere i termini della pretesa tributaria e riesca ad approntare, così, un'adeguata difesa, è sanata la nullità della relativa notificazione (v. Cass. n. 21071/2018).

Tale sanatoria, come correttamente affermato dalla sentenza in commento è, altresì, applicabile laddove in sede di notifica, non sia ottemperato quanto previsto dal comma 2 dell'art. 65 d.P.R. n. 600/1973.

Difatti, dal combinato disposto degli artt. 6 L. n. 212/2000 e 156 c.p.c., laddove l'Ufficio sia, comunque, a conoscenza dello status di eredi e, nonostante la mancata comunicazione di questi, effettui le notifiche agli eredi singolarmente e personalmente e questi abbiano frapposto ricorso, la nullità della notificazione deve ritenersi sanata (v. Cass. Civ., n. 22476/2015).

In ragione dell'applicazione della sanatoria per il raggiungimento dello scopo, se il contribuente mostra di aver avuto piena conoscenza del contenuto dell'atto e ha potuto adeguatamente esercitare il proprio diritto di difesa, lo stesso soggetto passivo non potrà, dedurre i vizi relativi alla notificazione, da intendersi pienamente regolare.

In conclusione, sebbene l'art. 65 del d.P.R. n. 600/1973 prescriva due differenti modalità notificatorie a seconda che gli eredi abbiano o meno comunicato all'Ente Impositore la qualifica di avente causa, ogni qualvolta l'Ufficio disponga delle relative informazioni, sussiste comunque, anche in ipotesi di mancata comunicazione di generalità e domicilio fiscale degli eredi (che legittima la notifica collettiva ed impersonale nell'ultimo domicilio del defunto), l'obbligo di notificare l'atto impositivo singolarmente e personalmente.

A maggior ragione che l'eventuale e tempestivo ricorso degli eredi, comporta la sanatoria di qualsiasi difetto di notifica, per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c..

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