Il trattamento IVA delle prestazioni accessorie

05 Marzo 2019

Le operazioni accessorie possono essere effettuate direttamente dal cedente o prestatore, ovvero per suo conto e a sue spese, laddove il tratto oggettivo, caratterizzante la natura accessoria dell'operazione, è quello della sua unitarietà.
Massima

Le operazioni accessorie possono essere effettuate direttamente dal cedente o prestatore, ovvero per suo conto e a sue spese, laddove il tratto oggettivo, caratterizzante la natura accessoria dell'operazione, è quello della sua unitarietà. Quello che rileva è quindi che si tratti, in sostanza, di un'unica operazione, come accade quando l'operazione accessoria non sarebbe stata posta in essere se non fosse stata posta in essere quella principale, essendo entrambe funzionalmente collegate ad ottenere lo stesso identico bene o lo stesso identico servizio.

Il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 351 del 9 gennaio 2019, ha chiarito il trattamento IVA in caso di prestazioni accessorie.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale, rigettato l'appello principale della Società contribuente, e accolto quello incidentale dell'ufficio, in parziale riforma della decisione di primo grado, che aveva disapplicato le sanzioni, confermava integralmente l'avviso di accertamento, con il quale l'Amministrazione finanziaria aveva recuperato IVA 2007, ritenendo indebita la detrazione di imposta in relazione ad una fattura passiva per prestazioni di consulenza esterna, considerate dall'ufficio «accessorie», ai sensi dell'art. 12, d.P.R. 26 ottobre1972 n. 633, rispetto all'operazione principale, esente IVA, di acquisto di partecipazioni azionarie.

La Commissione Tributaria Regionale, dopo aver premesso di condividere le ragioni dell'ufficio, nonché, in parte qua, le motivazioni della sentenza di primo grado, con riferimento alla «concorde e costante giurisprudenza comunitaria e nazionale di legittimità», statuiva, nel merito, la non assoggettabilità a IVA delle operazioni accessorie (rappresentate da consulenze) rispetto all'operazione principale, laddove, peraltro, il comportamento tenuto non consentiva di configurare nella fattispecie la buona fede al fine di evitare l'irrogazione delle sanzioni.

La questione

La contribuente, per quanto qui di interesse, ricorreva davanti alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione dell'art. 12 d.P.R. n. 633/1972 e deducendo che il giudice di appello era incorso in errore laddove aveva ritenuto la consulenza «accessoria» rispetto all'operazione di cessione di azioni, a riguardo evidenziando che la consulenza era stata successiva all'acquisto, che era stata fatta da un soggetto terzo, che sotto il profilo strumentale non poteva considerarsi unitariamente alla cessione di azioni, e che le spese sostenute per la stessa consulenza dovevano quindi farsi rientrare in quelle «generali» dell'impresa, con il conseguente diritto alla detrazione IVA.

Le soluzioni giuridiche

Il ricorso, secondo la Suprema Corte era infondato.

Evidenziano infatti i giudici di legittimità che, a parte la non perfetta coincidenza della definizione di «accessorietà», che parte della dottrina ha ritenuto di dover ravvisare tra giurisprudenza unionale, che prescinderebbe del tutto dall'identità soggettiva tra chi ha posto in essere l'operazione principale e chi ha posto in essere quella «accessoria», e prassi domestica, che considera che l'operazione «accessoria» possa essere fatta anche da un terzo per conto di chi ha posto in essere l'operazione principale (CGUE sez. VI n. 76/2001, con riferimento all'art. 11, Parte A, par. 2, lett. b) dir. 17 maggio 1977 n. 388 cd. VI Direttiva; Risol. min. 8 marzo 1988 n. 550145, con riferimento all'art. 12, comma 1, d.P.R. n. 633 cit., laddove viene stabilito che le operazioni «accessorie» possono essere effettuate «direttamente dal cedente o prestatore, ovvero per suo conto e a sue spese»), deve essere sottolineato che, secondo la più convincente dottrina, il tratto «oggettivo» che si considera caratterizzante la natura «accessoria» dell'operazione è quello della sua unitarietà, declinato sotto diversi profili come, per esempio, quello del nesso di strumentalità, ovvero quello della dipendenza etc.

Soluzione che viene peraltro condivisa anche dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimità, per le quali quello che in effetti rileva è che l'unica operazione non venga artificiosamente frazionata, come si verificherebbe quando più operazioni costituiscano, in realtà, un tutto unico, e cioè quando l'operazione «accessoria» non sarebbe stata posta in essere se non fosse stata posta in essere quella principale, con la conseguenza che entrambe debbono ritenersi funzionalmente collegate ad ottenere lo stesso identico bene o lo stesso identico servizio (CGUE, sez. I n. 88/2010; Corte giust. sez. VI n. 76 cit.: Cass. Civ., sez. trib. n. 13312/2013; Cass. sez. trib. n. 20029/2011).

In base a tali considerazioni, la CTR aveva quindi correttamente deciso, avendo dapprima fatto emergere, senza contestazione in fatto, che la consulenza era stata predisposta dalla controllante la cedente il «pacchetto azionario», con la conseguenza, in diritto, che la stessa era stata fatta per conto della contribuente, come appunto previsto dall'art. 12, comma 1, d.P.R. n. 633 cit.

In secondo luogo, poi, la CTR aveva altrettanto correttamente constatato - per l'appunto dopo aver accertato in fatto che la consulenza era stata svolta «in occasione della cessione delle partecipazioni» - la natura oggettivamente «accessoria» dell'operazione.

E questo in modo conforme alla rammentata giurisprudenza, che come detto, individua il carattere «accessorio» della operazione nel caso in cui questa non vi sarebbe stata se non fosse stata posta in essere quella principale.

La Corte rileva infine che neppure spettava la disapplicazione delle sanzioni in ragione della mancanza di colpa derivata dalla obbiettiva incertezza delle disposizioni che disciplinavano la concreta fattispecie, dato che l'obbiettiva incertezza che comporta la disapplicazione è soltanto quella del giudice, in ragione delle plurime possibilità interpretative delle disposizioni e non invece come nel caso in esame, in cui l'incertezza interpretativa era semplicemente quella soggettiva del contribuente (cfr., Cass. sez. trib. n. 18405/2018), dovendosi peraltro anche precisare che l'obbiettiva incertezza niente ha a che fare con la differente problematica della non colpevolezza (cfr., Cass. Civ., sez. trib. n. 13076/2015).

Osservazioni

Una prestazione, in conclusione, può essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando non ha per colui che la riceve, un'autonoma utilità, ma costituisce il mezzo per fruire del servizio principale offerto dal prestatore.

Per valutare l'accessorietà di una operazione occorre, quindi, che intercorra un nesso di funzionalità necessaria, nel senso che la prestazione che si ritiene accessoria deve assumere una posizione subordinata rispetto a quella principale.

In conclusione, più prestazioni, formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, ad imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un'unica operazione solo quando non sono indipendenti (cfr. anche Cass. Civ., n. 17836 del 6 luglio 2018 e Corte di Giust., sentenza del 16 aprile 2015, Wojskowa Agenda Mieszkaniowa w Warszawie, C-42/14).

Come infatti anche affermato dalla Corte Comunitaria «in taluni casi, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un'unica operazione quando non sono indipendenti. Si tratta di un'unica operazione, in particolare, quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui una o più prestazioni costituiscono una prestazione principale, mentre la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie, cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. Una prestazione dev'essere considerata accessoria e non principale quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore (sentenza del 16 aprile 2015, Wojskowa Agenda Mieszkaniowa w Warszawie, C-42/14, EU:C:2015:229, punto 31 e giurisprudenza ivi citata)».

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