È ammissibile una consulenza contabile in sede di opposizione a decreto ingiuntivo?

Adriana Nicoletti
06 Marzo 2019

Molto spesso, quando si propone opposizione ad ingiunzione di pagamento pervenuta dal condominio per debiti maturati per spese comuni, siano essi afferenti alla gestione in corso e determinati in sede di approvazione del preventivo, oppure riferiti a passate annualità...
Massima

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali dovuti in forza di consuntivo e preventivo di gestione, non possono avanzarsi doglianze circa l'erroneità del riparto delle spese di detti oneri, che trovano la loro fonte nelle delibere assembleari approvative degli specifici ordini del giorno. Il condomino, infatti, dispone degli ordinari mezzi di impugnazione delle delibere assembleari ai sensi degli artt. 1137 ss. c.c. quando intende avanzare doglianze circa l'erroneità dei conteggi di riparto degli oneri tra i condomini, talché se non annullata o sospesa la delibera costituisce titolo per la legittima richiesta di decreto ingiuntivo.

Il caso

In seguito ad emissione di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ottenuto da un condominio per mancato pagamento di oneri condominiali approvati in sede di consultivo e di preventivo per il successivo anno, i condomini ingiunti proponevano opposizione nel merito, chiedendo la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto e l'espletamento di consulenza contabile. Per questo profilo istruttorio la domanda veniva respinta. Sempre in corso di causa, il giudice, ai sensi dell'art. 185-bis c.p.c., formulava alle parti una proposta conciliativa accettata in sede di udienza e successivamente revocata dall'opponente sempre in tale sede. Il Tribunale, alla luce della genericità dell'opposizione, dell'avvenuto pagamento dell'intera somma ingiunta e del comportamento processuale del debitore in relazione all'immotivato rifiuto all'adesione alla proposta conciliativa del giudice, revocava il decreto per intervenuta sanatoria della morosità, respingeva l'opposizione e condannava l'opponente al pagamento delle spese di lite liquidate in entità severa.

La questione

Due sono le questioni che sono emerse dalla lettura della sentenza in esame. La prima riguarda l'ammissibilità, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, avente ad oggetto oneri di carattere condominiale scaturiti da delibere assembleari, di una consulenza tecnica di ufficio di carattere contabile che abbia per oggetto il riesame di elementi che, passati al vaglio dell'assemblea, sono stati approvati e ripartiti in via definitiva. La seconda ha posto in rilievo il comportamento processuale della parte rispetto alla proposta conciliativa avanzata dal magistrato: prima accettata e, poi, rifiutata.

Le soluzioni giuridiche

La decisione cui è pervenuto il Tribunale capitolino nel rigettare il ricorso è, a parere di chi scrive, indenne da critiche.

Quanto alla domanda di nomina del CTU il giudicante ha correttamente motivato che il condomino deve manifestare le proprie rimostranze, circa la non correttezza delle ripartizioni delle spese portate in votazione, in sede assembleare. Ciò significa che il condomino (assente, contrario o astenuto) nei termini di legge procede ad impugnare la delibera come disposto dall'art. 1137 c.c. La mancata impugnativa delle delibere assembleari nel tempo (nella fattispecie è emerso che il condomino, a decorrere dagli anni '90, aveva sollevato una serie di contestazioni circa le modalità del riparto degli oneri condominiali senza mai fare valere in via giudiziaria le proprie eccezioni) rende le stesse definitive e passate in giudicato.

Ma sul punto il giudice ha anche specificato quali siano le diverse posizioni di opponente e opposto nell'ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo: il primo deve dare prova della sussistenza degli elementi che hanno modificato ed estinto la propria obbligazione, il secondo deve dimostrare la fondatezza del proprio credito.

Per quanto concerne, poi, la proposta conciliativa formulata alle parti come per legge, dal tenore della decisione e in particolare dalla condanna del soccombente ad una pesante liquidazione delle spese legali, dimostra quanta importanza sia stata conferita dal Magistrato alla valutazione del comportamento processuale della parte.

Osservazioni

La pronuncia ha messo in luce profili che, pur se consolidati in dottrina e in giurisprudenza, meritano ancora un approfondimento.

In primo luogo si deve ricordare la definitività delle delibere assembleari che, non impugnate nei termini di legge per ottenere la loro annullabilità, sono obbligatorie per tutti i condomini. L'art. 1137, comma 1, c.c., infatti, dispone che «le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini», ma la stessa disposizione deve essere coordinata con il comma 2, che indica modalità e termini per l'azione giudiziaria. Il rinvio alle norme che “precedono” si riferisce al doppio quorum assembleare (costitutivo e deliberativo, questo da considerare in relazione alla prima e alla seconda convocazione, nonché a particolari fattispecie che prevedono maggioranze fisse) e alla presenza (personale o delegata) alla riunione degli aventi diritto che devono avere ricevuto, tutti, l'avviso di convocazione. Mentre è evidente che, ai fini dell'impugnativa, deve essere tenuto presente anche l'art. 66 disp. att. c.c., che dispone in modo particolareggiato in materia. Sussiste, inoltre, una immediata efficacia delle delibere che si desume sempre dall'art. 1137, comma 3, c.c. il quale demanda al solo giudice il potere di sospenderne l'operatività.

Il Tribunale ha affermato che la delibera non annullata o sospesa è titolo per la legittima richiesta di decreto ingiuntivo, richiamando un principio consolidato e secondo il quale l'atto assembleare prova l'esistenza del credito legittimando anche la condanna del singolo condomino a pagare le somme all'esito del giudizio di opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto (Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 2005, n. 27292). Mentre per quanto concerne il rapporto tra il giudizio di impugnativa della delibera e quello di opposizione al decreto ingiuntivo è pacifico che non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria.

È stato, infatti, rilevato che tale situazione non giustifica la sospensione del procedimento di opposizione ex art. 295 c.p.c., tenuto conto, da un lato, che il diritto di credito del condominio alla corresponsione delle quote di spesa per il godimento delle cose e dei servizi comuni non sorge con la delibera assembleare che ne approva il riparto, ma inerisce alla gestione dei beni e servizi comuni, sicché l'eventuale venir meno della delibera per invalidità, se implica la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo, non comporta anche l'insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni di fatto erogati e considerato, dall'altro, che l'eventuale contrasto tra giudicati che potrebbe, in ipotesi, verificarsi in seguito al rigetto della opposizione ed all'accoglimento della impugnativa della delibera, potrebbe essere superato in sede esecutiva, facendo valere la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo come conseguenza della dichiarata invalidità della delibera (Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4672).

In questo quadro si inserisce la questione inerente alla possibilità di chiedere, in sede di opposizione, l'esperimento di consulenza contabile che costituirebbe, tra l'altro, una consulenza esplorativa allorché le doglianze siano del tutte generiche e, per questo, non ammissibile in quanto tendente ad accertare circostanze di fatto (Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2005, n. 14306).

Anche per tale profilo, il Tribunale capitolino si è uniformato al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito secondo il quale la mancata impugnativa della delibera preclude al condomino intimato di sollevare in detta sede eccezioni di merito attinenti ad oneri di spese contenute in consuntivi e preventivi che non siano state fatte valere nella naturale sede di impugnativa (Trib. Roma 7 gennaio 2016, n. 188; Trib. Milano 24 settembre 2015, n. 10718; Trib. Roma 2 gennaio 2015, n. 30; Cass. civ., sez. II, 12 novembre 2012, n. 19605).

Un ultimo cenno va dedicato alla rilevanza del comportamento processuale della parte che, nel caso specifico, prima aveva accettato la proposta formulata dal magistrato e, poi, aveva opposto ingiustificato rifiuto, malgrado ne mancasse solo la formalizzazione. La decisione di condannare l'opponente al pagamento delle spese del giudizio in un importo pari a circa la metà del valore del decreto ingiuntivo non può che essere condivisa, proprio in considerazione della grave condotta tenuta dal soggetto.

L'attuale testo dell'art. 185-bis c.p.c., tuttavia, anche se non contiene più, rispetto alla versione originale, la previsione secondo la quale il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituisca comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione non impedisce al giudicante un apprezzamento del modus agendi delle parti del giudizio.

Guida all'approfondimento

Nuzzo, Il condomino non può opporsi al decreto ingiuntivo per errori contabili approvati, in Condominioweb, 27 aprile 2016;

Santarsiere, Opposizione al decreto ingiuntivo e confronto con l'impugnazione delle deliberazioni condominiali, in Arch. loc. e cond., 2015, 528;

Battaglia, Opposizione a decreto ingiuntivo e impugnazione di delibera assembleare, in Il civilista, 2010, fasc. 12, 52.

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